giovedì 17 marzo 2011

Robin Hood - Allan Dwan (1922)

(Id.)

Visto in VHS.
Allan Dwan è forse il più misconosciuto dei mostri sacri del cinema. Si può dire che assieme a Griffith (cominciò solo 2 anni dopo di lui) ha creato l’arte cinematografica come oggi la conosciamo. Se Griffith ha inventato il linguaggio dei film, Dwan ha inventato le tecniche per realizzarli; è infatti merito suo l’invenzione del carrello (la prima inquadratura in movimento è in un suo film), il dolly (tecnicamente una macchina da presa montata su una gru) e fu il primo a creare l’inquadratura dall’alto (questa volta lo fece proprio per Griffith). Inoltre tenne a battesimo alcuni dei futuri registi più importanti, da Ford a von Stroheim fino a Fleming; oltre che alcuni attori, da Ida Lupino a Lon Chaney e creò il mito di altri come Shirley Temple o Gloria Swanson (la scena in cui Norma Desmond si traveste da Chaplin in “Viale del Tramonto”, cita proprio un film di Dwan “Manhandled”)… e questo è solo parte del suo merito.

Detto ciò bisogna aggiungere che scoprì e rese celebre pure Douglas Fairbanks; il primo eroe americano; protagonista indiscusso dei più importanti film d’azione del muto, autore di personaggi vincenti ma intrisi di una spacconeria ironica e comica che ebbero un successo sconvolgente (e Fairbanks fu il prototipo anche degli stuntman, realizzando di persona ogni scena action).

Questo film fu quello che decretò il successo della coppia Dwan/Fairbanks. Ovviamente la storia è sempre quella di Robin Hood con poche differenze (storia che non mi ha mai entusiasmato), ma il film si fa apprezzare per un gioco di inquadrature fisse reso molto snello dal montaggio piuttosto serrato che alterna al campo lungo/campo medio, la figura intera o il primo piano in un campo-contro campo rapidissimo che tiene desta l’attenzione in maniera continua. Le scenografie poi si fanno ricordare, più che per la bellezza in se per l’imponenza (un castello con stanze enormi e mura altissima, davvero impressionante) e che vengono sfruttate per le perfomance di un Fairbanks in stato di grazia, molto fisico e sempre efficace.

In ultima analisi, nonostante la non eccezionalità del soggetto, il film scorre via senza intoppi e senza momenti di stanca nonostante sia muto; un pregio indicibile. Nessun colpo di genio, ma una capacità di tenere le redini del film davvero impressionante.

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