venerdì 29 giugno 2012

Cosmopolis - David Cronenberg (2012)

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Visto al cinema.

Cronenberg dopo "Spider" aveva decisamente cambiato registro e aveva declinato i suoi temi usuali in modo completamente diverso, eliminando quell'idea di contagio/malattia e quel rapporto fra organico e inorganico, mantenendo inalterato il concetto di trasformazione. Con Cosmopolis si ritorna decisamente alle origini riprendendo compeltamente tutti i temi originali e impacchettati una confezione patinata e impeccabile.

Il film è tratto dall'omonimo libro di DeLillo da cui prende paro paro tutti i dialoghi e tratta di una giornata di un giovane magnate della finanza che attraversa la città per andare a tagliarsi i capelli mentre una minaccia di morte gli pende sulla testa e una sorta di indignados protestano per le strade. La giornata si svolge quasi integralmente dentro la sua limousine superattrezzata dove incontra gente, tratta affari, fa sesso, assiste a funerali subisce assalti ecc...
Come si diceva i temi ci son tutti, l'uomo-macchina che vive in una realtà alterata e fittizia (quella dell'altissima finanza) in cui le cose non sono come appaiono realmente, il suo rapporto di simbiosi totale con il veicolo (che diversamente da "Crash" è più un'estensione della personalità del protagonista), il mutamento che subisce a più livelli, dentro di se per il dubbio di non essere perfetto suggeritogli dall'imprevedibile andamento dello yuan, mutamente su di se con il continuo perdere pezzi (la cravatta, la giacca, la torta lanciatagli addosso da cui non si pulirà, i capelli tagliati male e solo a metà) che si rispecchia nell'assalto subito dalla macchina, e poi c'è un mutamento più generale l'intera società che sta subendo una metamorfosi negativa, una sorta di mondo in distruzione costante.

Qui dentro c'è tutto ed il tutto è realizzato con la solita cura per i dettagli con cui ci ha abituati Cronenberg da "Spider" in poi.

Detto ciò il film si presentava con un trailer devastante che lasciava presagire solo una noia soporifera e masturbatoria. Posso capire che non sia un film facile, ma effettivamente regge bene il ritmo, considerando che non succede praticamente niente il film ti mantiene attento, crea tensione costantemente e diverte quando deve; solo il finale viene completamente soverchiato dal chiacchericcio fine a se stesso ed il ritmo si affossa (anche se le ultime scene, che non si concludono, sono un bellissimo esempio di tensione riuscita).

Tutto sommato uno dei film più complessi di Cronenebrg, realizzato magnificamente, che può essere odiato con facilità, ma che non può essere liquidato con poche parole.

PS: ovvio che Giamatti è fantastico e si mangia le poche scene in cui compare, ma bisogna pure dire (lo dico? ma si dai) che Pattinson è semplicemente perfetto per la parte e la recita divinamente.

lunedì 25 giugno 2012

J. Edgar - Clint Eastwood (2011)

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Visto in DVD.
Di Clint Eastwood c’è di bello che, se proprio va male, racconta una storia per bene senza annoiare mai. Ecco, secondo me questo è il caso. La vita di Hoover, l’uomo che inventò l’FBI e il padre padrone più potente degli USA finché rimase in vita è la storia di un uomo anziano che cerca di ricordare il suo passato e di tramandarlo ai posteri senza che venga modificato dalle illazioni dei suoi detrattori. Nel farlo però, sarà inevitabile che sia lui a modificarlo in meglio. Ecco l’idea dell’impossibilità di giungere alla verità, della storia come menzogna condivisa e di una vita di solitudine a cui bisogna almeno trovare un motivo, sono tutti temi affascinanti, ma che di fatti vengono lasciati sullo sfondo. Sullo sfondo c’è pure la grandezza controversa del personaggio, non si ha mai ben chiaro quanto abbia le mani in pasta, quanto possa decidere in maniera indipendente, quanto sia lui il potere forte da sondare; e, d’altra parte, la sua vita privata viene ridotta al solito gelo che circonda i personaggi di potere da “Quarto potere” in poi.

Detto ciò il film è ben confezionato come si conviene a Eastwood, molto elegante e gelido come il suo protagonista; la storia è narrata con una scorrevolezza invidiabile anche se il lasso temporale considerato (ed i fatti narrati) sia enorme, senza cali di tensione o botte di noia particolari. Inoltre Eastwood ha una delicatezza ed un’aura talmente importante che può parlare di tutto senza creare scalpore, recriminazioni o contestazioni (passa dal travestitismo all’affair Kennedy come se niente fosse). Infine proprio il riprendere in mano quanto di già visto (una storia d'amore di un personaggio immerso nel proprio gelo e in quello che gli conferisce il potere che ha) denota le capacità del regista, lavorando sottotono, con poche scene madri utili per lo più a DiCaprio per cercare di vincere un Oscar che ad altro, Eastwood descrive una relazione impossibile tutta giocandola su scambi non verbali tra le 3 persone che ne vengono interessate.

PS: un premio tutto particolare per il trucco che invecchia DiCaprio, evidentemente hanno voluto copiare Ruggero De Ceglie e ce l'hanno fatta perfettamente.

giovedì 21 giugno 2012

Blood feast - Herschell Gordon Lewis (1963)

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Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Un egiziano, devoto alla dea Ishtar, decide che il momento per riportarla in vita è finalmente giunto. per farlo dovrà sembrare in modo poco motivato diverse borghesucce di bella presenza

Film che viene universalmente considerato la nascita dello spaltter ed in effetti è curioso vedere strappare delle lingue a mani nude ad una donna con un vestito anni ’60. Il ritmo è moribondi fin da subito, la sceneggiatura da 3° elementare, il protagonista ha una faccia veramente poco credibile… però le sequenze splatter sono dignitosissime per l’epoca e l’incipit didascalico come un film muto si fa seguire con interesse.

Un film più importante che non interessante… senza alcun motivo lo stesso Gordon Lewis ha deciso di farne un seguito 40 anni dopo

domenica 17 giugno 2012

Bamboozled - Spike Lee (2000)

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Visto in tv.

Un autore afroamericano della tv (un incredibile Damon Wayans in versione seria e chic) alle strette con i superiori decide di andarsene, anzi di farsi cacciare, col botto. Scrive un programma tralmente razzista, caricaturale e umiliante per i neri (riprendendo vecchi stilemi del 1800, ma anche del cinema fino agli anni '40) che il programma non potrà che affossare la rete e determinare il suo licenziamento... Come è ovvio immaginare il programma avrà successo, ma nessuno di quelli che ne prendono parte (dagli attori al produttore, ivi compreso Wayans) capiranno che sfruttare il successo finché dura li porterà alla distruzione fisica o morale.

Va detto, l'idea all'inizio del film non è malvagia, Spike Lee inizia con un film che riprende la sua personale lotta razziale come di consueto, ma deviandola nell'ironia e, per questo, rendendola molto più efficiace; decide poi di scagliarsi con particolare acrimonia contro lo show system tout court, sottolinenando l'idiozia di molta televisione nel maneggiare argomenti delicati, ma anche attaccando il suo amato cinema (molte sono le sequenze originali, tra cui un breve spezzone di "Nascita di una nazione", di "Via col vento" e, credo, de "Il cantante di jazz"). Purtroppo però il gioco si rompe presto, Lee si getta sul prosaico alla svelta ammazzando il ritmo ed il tono del film, non riesce a far ridere davvero nelle lunghe sequenze comiche (lo spettacolo tv ideato dall'autore, così come il cabaret tenuto dal padre), ritorna al suo solito modo di dire le cose che qui sembra un urlare nel deserto come non mai (cita se stesso e gli altri continuamente dalla sua battaglia contro i nigger di Tarantino al concetto di mental slavery degli afroamericani, ma tutto sa di raffazzonato, di già detto e di detto meglio in altre sedi) e il tutto fa deviare il film verso il già visto... Poi nel finale si butta pure nell'improbabile e allora il disastro è fatto.

Inoltre Lee sceglie di girare in digitale tutto il film tranne le scene dello show. Scelta curiosa motivata più che altro da questioni di budget. Di per se l'idea non è negativa, ma devo ammettere che vedere la regia classica di Lee (che usualmente mi piace molto), fatta di un montaggio vario e frenetico,  con questo sistema fa perdere di grazia alle capacità del regista e di credibilità al senso da "presa diretta" del digitale.

lunedì 11 giugno 2012

Il sorpasso - Dino Risi (1962)


(Id.)

Visto in VHS.
Per la trama passo ad un ente superiore.

Uno spaccato dell’Italia caciarona e godereccia degli anni ’60? Bah, non saprei. Quello che appare evidente è la descrizione di un personaggio drammatico perfettamente descritto, uno spaccone vittima di se stesso che non riesce ne ad avere reale successo nella vita per il suo comportarsi da adolescente e neppure riesce a godere in pieno della sua libertà e frenesia proprio perché abbastanza lucido da riconoscere d’essere un perdete. Che poi nel mezzo ci mettano tutta la musica di successo dell’epoca e citino film è solo un fatto incidentale… al massimo contestualizzante, ma non fondamentale.

Se il film fu un successo gran aprte del merito va a Gassman, mattatore assoluto come non mai, affiancato dalla spalla Trintignant, ma di fatto unico vero personaggio del film, vero protagonista della vicenda.
In secondo luogo, l’altro grande merito, è tutto della sceneggiatura. Non è solo l’idea delle situazioni create, dall’incipit con io vuoto di ferragosto dove per caso si incontrano le due solitudini dei protagonisti; quello che più conta è il ritmo sempre a livello, utili comunque a veicolare qualcosa. Poi c’è il divertimento; so che il film è stato improvvisato al 70% (cifra casuale ovviamente), ma fatico a crederlo, una serie di battute degne di essere raccolte in un bignami di aforismi, una serie di sequenze così rapide, è difficile pensare che vengano fuori dalla sola verve di Gassman. Se davvero è così, questo film è quasi esclusivamente merito suo.

PS: impossibile da credere anche che fu snobbato dalla critica dell’epoca… ma perché?!