venerdì 30 agosto 2019

Verdens undergang - August Blom (1916)

(Id. AKA The end of the world)

Visto qui.

Una nuova cometa viene avvistata nel cielo, secondo i calcoli dello scopritore colpirà la terra causando devastazioni. Un finanziere deciderà di tenere la notizia nascosta per potervi lucrare.

Film apocalittico (il primo probabilmente) che presenta un evento inaspettato e impossibile da fermare e lo mischia con la borghesia senza scrupoli e la rivolta sociale.
In una parola un unico film che sembra parlare per allegorie della prima guerra mondiale (che la Danimarca guardava dalla posizione privilegiata del paese neutrale a pochi chilometri dagli scontri) e nello stesso tempo mostra i semi del disagio sociale che un anno più tardi sfocerà nella rivoluzione d'ottobre.

Se il tema è affascinante, la realizzazione della parte apocalittica è ben realizzata andando dalla pioggia di meteoriti allo tsunami. Nello stesso tempo la recitazione è buona, senza eccellenze, ma senza sbavature o esagerazioni.
Il vero problema è il ritmo, difficoltoso e dal fiato corto, con troppi personaggi aggiunti per bilanciare i cattivi con i buoni che rallentano ulteriormente.
Le immagini ben realizzate non riescono a compensare la mancanza di nerbo nella realizzazione.

lunedì 26 agosto 2019

Ted - Seth MacFarlane (2012)

(Id.)

Visto in aereo.

Primo lungometraggio di MacFarlane, ovviamente comico, con il piglio che ci si aspetta.
Diciamo subito che il film è divertente (più nella prima parte, molto meno nella seconda) e diverte nelle modalità classiche da "Griffin", ma con trovate nuove o riarrangiate per l'occasione (come la solita scena di lotta paradossale).
Quello che però aggiunge qualcosa a un film, altrimenti, normale è il livello meno evidente di spiegazione del bromance. Pur essendo sotto gli occhi di tutti fin da "Suxbad" solo qui viene reso evidente che il bromance è solo il sintomo più acuto della sindrome di Peter Pan, della sensazione alla "Stand by me" che non avrai mai amici come quelli avuti a 11 anni e, dunque, si cerca di prolungare la (pre)adolescenza fin oltre la mezza età.

Detto ciò, però, vanno sottolineati i difetti. Il calo della seconda parte è sostanzialmente dovuto a una trama fin troppo canonica per un film tutt'altro che normale oltre che per il reiterare situazioni solo per sostenere quella struttura narrativa; inoltre, purtroppo, sempre nella seconda parte la comicità lascia il passo a momenti più enfatici, ma normalizzanti che sminano il potenziale accumulato fino a quel punto e mi hanno fatto chiedere perché avessi cominciato a guardare questo film.

venerdì 23 agosto 2019

Angeli violati - Kôji Wakamatsu (1967)

(Okasareta hakui)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Di notte, un uomo con problemi nel gestire la propria sessualità, viene invitato a entrare in un convitto di infermiere per spiare due di loro che fanno sesso. Pessima idea che esiterà in un massacro.

Film dell'innovativo Wakamatsu, completamente figlio dei suoi tempi, volendo, fondamentalmente, mostrare un modo nuovo e più libero (sia nei temi che nella regia) di fare cinema.

L'effetto finale è un breve film di tensione e violenza che, se fosse rifatto oggigiorno, sfocerebbe nel torture porn; qui invece, rimane più il thrilling senza speranza delle protagoniste con uno scioglimento finale inaspettato.
Quello che salta subito all'occhio nella costruzione dell'opera è la buona fotografia in bianco e nero che riesce a rendere gustosa ogni scena e si concede alcuni, studiati, momenti di colore (il primo, a mio avviso, poco risucito, il secondo stupendo). La macchina da presa mobilissima, invece, è si un tentativo lodevole di dare dinamismo a una vicenda ambientato nelle stesse due stanze dall'inizio alla fine, ma viene poi svilita da un uso eccessivo e spesso mirato più a reiterare le stesse inquadrature che a dare significato.
Complessivamente un film interessante che però, nonostante gli indubbi pregi, non mi ha colpito particolarmente e, mi spiace ammetterlo, anche annoiato un poco nonostante il minutaggio striminzito.

lunedì 19 agosto 2019

L'uomo dell'anno - Barry Levinson (2006)

(Man of the year)

Visto ad un cineforum.

Un comico televisivo, più per sfida e sberleffo che per reale volontà popolare si candida come presidente degli USA. Per un problema nel calcolo dei voti vince pure. Sarà ovviamente un presidente sui generis, finché una dipendente pentita della ditta che doveva contare i voti non si rivolge a lui per avvertirlo del bug. Nascerà una storia d'amore che sfocerà nel thriller.

Una commedia tranquilla e senza guizzi o spigolature che mostra una sorta di parabola alla Beppe Grillo non è un'idea accattivante, ma può essere condotta bene e portare a casa il risultato.
Una commedia romantica inserita in un contesto quanto di più lontano da quello sentimentale? certo non sarà la prima e tenderà a irritarmi parecchio, ma anche qui, se condotta con un minimo di intelligenza può essere l'innocuo film della domenica pomeriggio.
Un thriller politico sulle elezioni americane invece lo pretendo di un certo livello, i predecessori sono molti e spesso illustri, quindi chiederei una qualità di minima più alta.
Dire che Levinson sbagli a gestire uno di questi generi sarebbe ridicolo; decide di buttarli tutti insieme in un film che già dall'inizio fatica a trovare un suo ritmo. Il risultato è disastroso; una pochade che non sa dove arrivare e neppure come arrivarci, ma che per farlo preferisce annoiare senza pietà sprecando un cast con attori potenzialmente in parte (Williams come protagonista) e una serie di facce nelle retrovie da fare invidia (Walken! Goldblum).

venerdì 16 agosto 2019

Le donne della palude - Roger Corman (1956)

(Swamp women)

Visto in Dvx in lingua originale, ma visibile anche qui.

Da un carcere femminile una banda fugge con l'aiuto della compagna di cella di una di loro. LA fuga funziona grazie alle autorità conniventi che vogliono tornare in possesso di alcuni diamanti rubati dal gruppo e nascosti da qualche parte nella palude della Louisiana; la compagna di cella è, infatti, un'agente sotto copertura. Durante la fuga viene rubata una barca di un geologo e della fidanzata che morirà accidentalmente. La presenza dell'uomo causerà pulsioni e innamoramenti (ovviamente solo la buona si innamorerà davvero) che, uniti ai tradimenti interni del gruppo, porteranno alla distruzione del piano di fuga.

Interessantissimo film di exploitation ante litteram che rimane schiacciato solo dal suo essere stato realizzato troppo presto.
La trama prende rapidamente la strada dello scontro fra personalità borderline, il sospetto reciproco che cerca di smascherare l'altra con prove e malvagità, un gioco al massacro che viene a sua volta ammazzato dall'impossibilità di mostrare davvero alcunché o di dichiarare la volontà di fare cose eccessive (stupisce che la commissione Hays abbia approvato la morte dell'innocente e borghese ragazza del geologo, ma anche questa avviene a causa di un alligatore, per cause "naturali" e non per mano delle criminali).
L'arrivo dell'uomo, poi, apre un altro interessante tema, quello delle mai dichiarate pulsioni sessuali inappagate del gruppo di donne (forse una delle idee più innovative per quegli anni) che, anche in questo caso, rimane troppo nel non detto e in larga misura anche nel non fatto(viene accettata una o due seqenze vagamente allusive e la sublimazione dell'amore).
Il tutto coronato da una location formidabile (che sarebbe stato sfondo perfetto per il gioco al massacro e sponda magnifica per la parafrasi sessuale, ma che rimane, invece, solo una location) e dalla necessità di fare un film a modino con le attrici sempre con i capelli perfetti, trucco appena aggiustato e vestiti puliti.

Un film troppo avanti per la sua epoca che è stato ingiustamente maltrattato, anche, dalla condiscendenza del regista a rimanere nei percorsi imposti (perché Corman è titanico, ma pure paraculo)

lunedì 12 agosto 2019

Triangle - Christopher Smith (2009)

(Triangle)

Visto in Dvx.

Un gruppo di amici fa una gita in barca a vela, ma viene sorpreso da una strana tempesta. Dopo l'inevitabile naufragio vengono salvati da un transatlantico dove, sembra, non vi sia più nessuno. A questa serie di eventi buffi si aggiunge una serie di morti improvvise e una del gruppi con importanti disagi psicologici.

Un film surreale alla "Lost" (se questo non fosse un insulto alla serie tv) che accenna alla mitologia greca (utile il paragone a Tantalo, inutile quello a Eolo... insesitenti altri) e giochicchia con il thriller senza mai averne davvero le capacità.
I discorsi messi in ballo sono molti, data la ripetitività degli avvenimenti e il carattere punitivo si potrebbe mettere al fuoco ben altra carne oltre all'idea di inferno (il poter interrompere la catena di eventi è appena accennato per fare minutaggio, le responsabilità dovute all'accettazione del gioco, la responsabilità una volta tornata a terra, l'identificazione delle colpa [è il figlio o è l'omicidio?], ecc...), ma ci si limita la minimo indispensabile.
Sembra che lo sceneggiatore (e regista) si sia innamorato del video dei Red Hot Chili Pepper e abbia voluto costruirci un film attorno con un entusiasmo secondo solo alla superficialità del tema.
Onestamente, non serve fare discorsi affascinanti, ma pesantissimi alla "Primer" o suggerire ben altre possibilità e soluzione infinite alla "Coherence" (entrambi esempi di film rompicapo, ma di ben altra fattura), sarebbe servito quantomeno un pò di attenzione nella parte thrilling per rendere dignitose le sequenze sulla barca (potenzialmente bellissime e con una tensione continua... sempre in potenza) e già avremmo avuto un altro film, senza scomodare mitologia e/o filosofia.
Invece il maggior interesse è la coerenza interna nel rendere il tutto circolare (encomiabile per come gioca con le scene iniziali riproposte nel finale), ma in maniera meccanica, vuota e (specie nel finale o dal secondo arrivo sulla barca) pretestuosa.

venerdì 9 agosto 2019

Cesare deve morire - Paolo Taviani, Vittorio Taviani (2012)

(Id.)

Visto in Dvx.

Nel carcere di Rebibbia vogliono mettere in scena il "Giulio Cesare" di Shakespeare. Data la rpesenza di alcuni lavori di rinnovamento nel teatro interno, la compagnia (con attori scelti tra i detenuti) dovrà fare delle prove itineranti nei vari spazi del carcere. Col progredire delle prove verrà messa in scena l'intera vicenda che mostrerà la sua attualità e continui collegamenti con la vita degli attori/detenuti.

Nel portare al cinema il teatro (specie il dietro le quinte) non c'è niente di più banale che mostrare quanto un testo di 500 anni abbia connessioni con attori contemporanei. I fratelli Taviani non si discostano di un millimetro, ma lo fanno magnificamente.
Partono dal finale dell'opera portata in scena ufficialmente. Lo spettacolo finisce, gli attori tornano nelle proprie celle; il film vira in bianco e nero e ricomincia dal casting con un climax emotivo pazzesco nella sequenza della scelta degli attori che fa il paio con il climax dell'intero film.
Il progredire del film si muove con le prove interrotti dagli attori che parlano di sè (recitando peggio che nella finzione teatrale) prendendo le distanze dall'opera aumentandone la metacinematograficità; a mio avviso questo gioco di specchi è forse la pecca del film (troppo pretenzioso, troppo finto), ma viene centellinato e, quasi sempre, gestito talmente bene che diventa utile a interrompere un flusso che avrebbe reso il film solo una rappresentazione shakespeariana.
Il vero pregio però sono le scelte estetiche, in primo luogo degli spazi. Le location utilizzate vanno in un crescendo di dimensioni, senso e coinvolgimento del resto del carcere con un utilizzo effettivo del luogo dove ci si trova (bellissimo i monologhi sul corpo di Cesare dove Bruto e Antonio sono nel cortile mentre la folla di romani li guarda da dietro le sbarre delle finestre del carcere).
Ovviamente c'è un lavoro importante nella scelta degli attori, non impeccabili, ma tutti (o quasi) adatti alla parte; oltre a una regia puramente cinematografica che cura le inquadrature per mettere in relazione fra di loro i personaggi con le profondità di campo (si pensi alla scena di Cassio e Bruto che guardano Cesare rifiutare la corona d'alloro) e i personaggi con il luogo con la costruzione della scena.

lunedì 5 agosto 2019

Addio, Mr. Chips! - Sam Wood, Sidney Franklin (1939)

(Goodbye, Mr. Chips)

Visto in Dvx.

Un anziano insegnate ripercorre, con un lungo flashback, la sua vita e la sua carriera. Dagli inizi a metà '800, il suo rigore giovanile, l'innamoramento, il suo addolcirsi, lo scoppio della prima guerra mondiale.

Questo film è un prodotto particolare; totalmente figlio del suo tempo è un'opera in linea con i gusti dell'epoca, ricca di buoni sentimenti e un pizzico di ironia (molto british), con personaggi simpatici inseriti in un contesto storico fittizio (non c'è mai un'epoca ben caratterizzata) con un (pesante) accenno alla prima guerra mondiale, di cui si parla senza eroismo, ma senza prenderne le distanze, anzi, con un certo orgoglio nazionalista.
Il tutto viene gestito con una fotografia buona, ma nella norma per l'epoca e una regia invisibili portata avanti da Sam Wood e dal non accreditato Sidney Franklin, entrambi amati registi di polpettoni sentimentali dell'epoca (anche se Wood io lo conosco di più per "Una notte all'opera").
Un oggetto strano perché è un film grazioso, senza smagliature e sbagli grossolani, con un cast completamente in parte e una scorrevolezza comunque invidiabile, che rappresenta bene l'orientamento del pubblico dell'epoca, ma che si dimentica più velocemente di un blockbuster di scarso gusto attuale. Un oggetto strano per il suo buonismo di fondo e una visione mitica della guerra all'epoca appena finita. Un oggetto strano perché solo l'anno dopo un film del genere non sarebbe più stato possibile.

venerdì 2 agosto 2019

The strangers - Bryan Bertino (2008)

(Id.)

Visto in Dvx.

Una coppia in (recente) crisi, va nella casa delle vacanze dopo una festa di matrimonio. Durante la notte 3 persone incomberanno su di loro, rubando i cellulari, mettendo fuori uso la macchina e minacciandoli senza alcuna speigazione.

Per me questo è l'inizio dell'home invasion come noi lo conosciamo. Si, i padri nobili del genere vanno da "Cane di paglia" ad "Arancia meccanica" o un più recente "Funny game", ma a conti fatti sono film con altri intenti, altre strutture, altri toni in cui interoccorono sequenze (a volte neppure lunghissime) con home invasion. Questo è il primo slasher classico che si concentra sul gioco del gatto con il topo di alcuni individui che invadono l'abitazione dei protagonisti (si, ok, siamo onesti, il primo è "Them", ma è stato meno seminale di "The strangers"... e poi l'ho scoperto solo molto di recente e non l'ho ancora visto).

Il film però sembra fare il paio con il contemporaneo "Vacancy" e, purtroppo per Bertino, quello era un film realizzato da dio. Entrambi inseriscono una coppia in crisi in une vento drammatico ed entrambi vorrebbero fornire un arco narrativo alla crisi, in entrambi i casi la coppia viene braccata e in entrambi i casi i motivi sono assenti (in "Vacancy" ci sono, ma sono esterni alla coppia). Peccato che "Vacancy" sia un film curatissimo sulla scrittura dei personaggi, sulla fotografia e la gestione degli spazi oltre che essere estremamente inquietante.
Bertino dal canto suo scrive una storia in cui il family drama è pretestuoso e mal utilizzato, idealmente utile a empatizzare, ma di fatto porta via minutaggio senza aggiungere niente di che; l'arco narrativo della coppia in crisi è tagliato con l'accetta e passa da "coppia che si lascia" a "coppia ancora innamorata" senza una vera evoluzione.
I villain del film sono piuttosto ridicoli, giocano troppo nella prima parte senza fare nulla di concreto, concedendo ampio spazio a un climax di tensione notevole, ma che si disperde nell'insistere sulla mancanza di sangue (dopo un pò che i cattivi non arrivano al dunque il pericolo percepito per la coppia scema e non mi interesso più all'incappucciato con l'accetta, tanto non li ammazza).
La fotografia è dozzinale, mentre la regia riesce a sfruttare un paio delle buone idee messe nella sceneggiatura.
E tutto questo è un peccato ancora maggiore, perché un paio di basi buone ci sono. I villain sulla carta sono perfetti, spietati, immtivati, incappucciati. Peccato perché il climax di cui dicevo nella prima mezzora (nonostante il family drama) riesce a creare uno stato di tensione costante che diventa intollerabile appena si vede il primo dei cappucci.
Nonostante il successo e la presenza di Liv Tyler (che hanno portato a un inspiegabile seguito 10 anni dopo!) è più un'occasione persa che non un film riuscito a metà.