giovedì 28 luglio 2011

Dietro la maschera - Peter Bogdanovich (1985)

(Mask)

Visto in DVD. Bogdanovich si dev’essere sniffato dello zucchero di canna non raffinato anziché la solita cocaina e partorisce il film più melenso e patetico della storia delle malattie rare. È comunque importante dire che nei confronti di questo film non potrò essere totalmente oggettivo, perché mi causò un trauma infantile quando, in giovane età (anni ’90) lo vidi in tv per la prima volta; inoltre fu citato con stile in una puntatona di X-files.

Cher (ah ah ah ah) è la madre (ah ah ah ah) che la da a tutti (niente di strano in questo) di una adolescentello con la leontiasi (Stoltz). Ovviamente ha grosse difficoltà nell’inserimento sociale e si trova completamente a suo agio solo nel gruppo di motociclisti della madre. Com’è come non è incontra Laura Dern in un camping per ciechi (ah ah ah ah), ci si mette insieme e poi muore.

Film prevedibile minuto per minuto che trova due idee buone in tutto. Nel fatto che comunque venga presentato il ragazzo è un outsider che trova la sua nicchia di sopravvivenza solo nel gruppo di outsiders della madre; e poi la bella scena in cui Stoltz spiega alla Dern cosa sono i colori (ricordo che lei è cieca; e dalla nasciata pure).

Complessivamente è un film banale, con una amdre coraggio poco credibile e una regia silenziosa come Dio nei film di Bergman.

mercoledì 27 luglio 2011

In un mondo migliore - Susanne Bier (2010)

(Hævnen)

Visto ad un cineforum. Un ragazzino appena trasferito in una scuola fa amicizia con un ragazzo da tutti scherzato perché assomiglia ad un topo, infatti tutti lo chiamano faccia di topo… in effetti assomiglia davvero ad un topo dunque… ma vabbé, il ragazzetto difende l’amichetto/si difende sprangando il bullo più grosso e minacciandolo con un coltello. Poi il padre di faccia di topo (che il medico senza frontiere) viene preso a schiaffi da un tizio, per dimostrare ai ragazzetti che le tra adulti ci si può spiegare senza violenza va a prendersi un altro paio di schiaffi senza reagire, al che il ragazzetto psicotico ritiene che la non violenza sia una cazzata e decide di mettere una bomba fatta in casa (la ricetta sull’internet) nella macchina dello schiaffeggiatore… ma vuoi che nel tentativo non finisca in mezzo faccia di topo (sfigà com’è)? Oddio ma allora la violenza fa male!

Film idealmente carino, in cui il male è dappertutto, i genitori non sono meno incasinati dei figli e nonostante gli sforzi tutto sfugge loro di mano lo stesso, la violenza è endemica e sostanzialmente non subordinabile al raziocinio… però…

Però la storia è nel complesso poco credibile, è noiosa da far paura e girata in pseudo-dogma (che odio e disprezzo). E come se non bastasse (ma già la noia basterebbe eccome) ecco che ci si mette pure un happyending finale che propria fa a pugni con tutto il resto del film. Brava Bier; sputtana l’unica idea buona del film.

martedì 26 luglio 2011

Squadra omicidi, sparate a vista! - Don Siegel (1968)

(Madigan)

Visto in DVD.
Un paio di poliziotti d’assalto (di cui Widmark) tentano di arrestare un sospettato che non è di loro competenza, ma a causa di una opportuna donna nuda, non solo si lasciano sfuggiere il sospettato, ma si fanno pure rubare le pistole. Non ci si immagina il casino in centrale; per forza che devono ritrovarlo entro la fine del weekend. Nello stesso tempo il capo della polizia (Fonda) è alle prese con moglie, amante e un dilemma morale, denunciare l’amico di sempre?!

Per carità, sarà anche privo dei cliché del genere poliziesco, però è un prevedibile film in cui due storie appena appena vicine scorrono in parallelo, l’una (quella di Widmark) più interessante dell’altra (che è salvata dalla sola presenza di Fonda). Poche idee, poca maestria, per lo più messa nel montaggio, una serie di musiche terribilmente anni ’70 (anche se siamo nel '68, quindi volendo è un precursore) e quello che si ottiene è un passabile film fatto di poliziotti che vanno contro le regole, ma sono onesti dentro e di amicizie salvate dalla menzogna…

Niente di che, solo un poliziesco anni ’70.

lunedì 25 luglio 2011

Cineocchio - Dziga Vertov (1924)

(Kinoglaz)

Visto in DVD. Vertov realizzò decine di documentari prima di affinarsi e fare L’uomo con la macchina da presa; uno dei più noti del primo periodo è proprio questo Cineocchio (concetto che in realtà tornerà fuori a nche in Tre canti su Lenin).

Siamo proprio dalle parti del film del ’29, con immagini di vita vera prese dalla strada, ma ancora non è estremizzato come nel film successivo. Questo è proprio un documentario. Le idee però non mancano e se il montaggio che mostra la stessa scena da molte angolature o la soggettiva dell’ambulanza colpiscono per la forma, mentre le immagini dei senzatetto, cocainomani, mutilati, cadaveri e morti in diretta colpiscono per il contenuto; il vero colpo di genio è il rewind di lunghe sequenze, dai tuffatori, al pane che torna farina al fenomenale ritorno di una bistecca al bue da cui è stata tratta

giovedì 21 luglio 2011

Vecchia America - Peter Bogdanovich (1976)

(Nikelodeon)

Visto in DVD. Negli anni ’10 un avvocato si ritrova suo malgrado trasformato in regista cinematografico di una troupe brancaleoniana. Verranno vessati dal monopolio (il cartello formato da chi deteneva i brevetti della macchina da presa che pretendevano di essere gli unici a poterla usare ed arrivavano spesso all’uso delle armi da fuoco; tra i capi del monopolio c’era Edison), fregati dal produttore, entreranno nelle fila della catena di montaggio di Hollywood, poi ci si metterà pure l’amore; ma alla prima di “La nascita di una nazione” di Griffith si renderanno conto che il gioco che avevano compiuto fino a quel momento può anche essere arte.

Film tratto dalla vita e dalle memorie di Allan Dwan (che Bogdanovich intervistò a lungo) che dal cinema di quegli anni prende le gag slapstick che circondano i protagonisti (soprattutto Ryan O’Neal), mentre l’intricato gioco delle parti è preso pari pari dalle commedie alla Hawks.
Complessivamente il film intrattiene ed è carino, ma la storia non si capisce mai dove voglia andare a parare ed appare quindi sconclusionato fin dall’inizio... comprensibile che sia stato un fiasco.

Comunque fa sempre piacere vedere Tatum O’Neal sullo schermo.

mercoledì 20 luglio 2011

Un'estranea fra noi - Sidney Lumet (1992)

(A stranger among us)

Visto in VHS. La Griffith è una poliziotta che deve indagare su un omicidio avvenuto all’interno della comunità ebrea ortodossa, ovviamente dovrà travestirsi tingendosi i capelli di nero. Vuoi che la restia poliziotta non rimanga affascinata dal semplice mondo degli ebrei ortodossi nonché da un fighetto locale (uno che sapeva memoria il Talmud dall’età di 4 anni).

Prevedibile film di buoni sentimenti in ambientazione “esotica”, che per una volta rinuncia agli amish che ormai già si conoscono fin troppo. Il film è diretto con il pilota automatico,senza voglia e con la fotografia di un programma tv degli anni ’70; inoltre la banale trama è peggiorata da una mancanza di ritmo, suspense ed empatia che nello scontro finale (fisico, in cui tutti gli innocenti sono in pericolo, ma anche morale, in cui tutti gli insegnamenti di una vita sono altrettanto in pericolo) si conclude in 5 secondi dando le stesse emozioni di una puntata di Forum.

martedì 19 luglio 2011

Predator - John McTiernan (1987)

(Id.)

Registrato dalla tv. Un gruppo di ex militari specializzati in recuperi vengono mandati nella foresta sudamericana e prendere un ministro… al di la del fatto che le cose non sono come erano state dette, ma si inserisce nella vicenda pure un alieno che sa rendersi trasparente che pare essere venuto sulla terra per tenersi un po in allenamento con la caccia.

Quintessenza dell’action macho anni ’80. C’è tutto, muscoli ipertrofici, militari con un passato che vorrebbero dimenticare, tirannosauri superdotati, professionisti nell’arte di uccidere ed esplosioni. C’è proprio tutto.

E bisogna pure ammettere che il film è veramente bello. La tensione c’è (credo più sfumata che non 30 anni fa, ma c’è) e regge dall’inizio alla fine. Tratta con tale noncuranza il tema fantascientifico da renderlo credibile nonostante l’eccesso di sospensione dell’incredulità. Schwarzenegger è perfetto nella parte e può anche permettersi di non recitare come suo solito ottenendo comunque un ottimo risultato.

Poi volendo c’è anche tutto un discorso sulle similitudini tra i militari e l’alieno, tante e tali da far sembrare gli antagonisti legati dai medesimi principi e dalla medesima voglia di vincere una sfida.
Il finale, primordiale, con un corpo a corpo tra due entità così simili è la punta di diamante di un film davvero ben realizzato.

Il difetto principale, a mio avviso, è proprio la prima (e unica vera e propria) scena d’azione, quella dell’assalto ai guerriglieri. La sequenza è ricca di mitragliate ed esplosioni è vero, ma è confusa, casuale, senza una regia dietro che riesca a tirarne la fila.

lunedì 18 luglio 2011

Ricomincio da capo - Harold Ramis (1993)

(Groundhog day)

Visto in tv. Un cinico metereologo di Chicago deve fare l’annuale servizio tv su una marmotta di provincia che “predice” quanto lungo sarà l’inverno. Arrivato nel paesino vivrà tutta la giornata fino alla fine, svegliandosi poi sempre nello stesso giorno, reiteratamente.

Film stupendo che esaurisce completamente l’argomento del reiterarsi del tempo. La sceneggiatura comprende tutto ciò che potrebbe essere fatto in quella situazione. Comincia con l’incredulità, la paura, il dubbio sulla sanità mentale, la gioia della scoperta di nuove opportunità, l’approfittarsi di quella situazione e delle persone, la disperazione, i tentativi di suicidio, lo sfruttare l’occasione per acquisire nuove capacità ed infine l’utilizzo dei nuovi poteri per adempiere alle nuove responsabilità. In questo film c’è tutto.

Poi ci si aggiunge Murray, da sempre abbonato alla parte dell’arrogante e superficiale che poi cambia; qui come al solito funziona da dio, è divertente ed estraniato come dovrebbe.

La cosa migliore del film poi è il fatto che non spiega nulla. Non dice il perché tutto abbia inizio. E neppure è chiaro il perché tutto finisca (è perché è diventato buono? Perché ha fatto innamorare la MacDowell? Perché ha esaurito tutte le possibilità? Ecc…).

Davvero un ottimo film, con un’idea geniale che poteva sputtanarsi rapidamente nella noia, ma evita ogni rischio con capacità e garbo.

PS: il regista, Ramis, è l'attore che interpretò il grande Egon Spengler!

venerdì 15 luglio 2011

I guardiani del destino - George Nolfi (2011)

(The adjustment bureau)

Visto al cinema. C’è tutto un filone del cinema americano che si basa sul destino e sulla lotta dell’uomo contro ciò che è scritto, anzi a ben vedere quasi tutto il cinema americano deriva da questo concetto (Rocky è destinato al fallimento contro il chimicamente pompato Drago, eppure lotta contro il proprio destino e riesce a vincere); beh, per quello che ho visto io, mai come in questo film il concetto di destino è mai stato palesato e strutturato.

Dio è un presidente d’azienda/polizia che si occupa dell’organizzazione del destino di tutti, ha un piano preciso e se qualcuno rischia di farlo deragliare si preoccupa di farlo tornare in range quanto prima grazie a squadre specializzate. Beh la corsa politica di Matt Damon sembra essere in pericolo a causa di una ragazza, ovviamente il cielo vuol farli separare, ma i due faranno di tutto per rimanere insieme.

Detto in altre parole è un film d’amore certo. Ma qual è l’unico modo per rendere digeribile un film romantico (almeno a me)? Trattarlo come un thriller; e allora ecco che la polizia celeste si organizza per fermarli di nascosto, Damon che sa tutto invece lavora alla luce del sole tanto non ha niente da perdere, ma non può parlarne a nessuno o sarà resettato, e giù con le fughe, gli isneguimenti, i trucchi per far separare i due ecc… Con questo escamotage il film riesce ad essere romantico senza essere sdolcinato e si fa seguire con empatia dall’inizio alla fine.

La costruzione della polizia del cielo ha un gusto così retrò (anni ’50) che sembra mutuata più da Liliom (anche se erano gli anni ’30, ma i poliziotti sono identici) che non dagli epigoni successivi.

giovedì 14 luglio 2011

Il cavaliere pallido - Clint Eastwood (1985)

(Pale rider)

Visto in VHS. Remake più o meno ufficiale di “Il cavaliere della valle solitaria”. Qui però c’è Eastwood (che è tutta un’altra cosa rispetto a Alan Ladd) che fa il pastore (!) e il pistolero, si installa nella famiglia di un cercatore d’oro e li difenderà dai cattivi di turno.

Se il film è esteticamente inferiore ai precedenti western eastwoodiani (soprattutto al chiassosissimo “Lo straniero senza nome”) il contenuto si fa più etereo. Il film all’idea originale aggiunge una dose di sovrannaturale e di misticismo. Non è tanto il fatto che Eastwood sia un prete a dare adito a letture secondarie, ma il personaggio che interpreta che compare nel film mentre la ragazza (personaggio messo al posto del bambino del film originale) prega Dio di far giungere loro un miracolo; il fatto che si presenti alla famiglia nel momento in cui vengono letti dei passi dell’apocalisse, ma soprattutto le cicatrici che ricalcano la forma delle pallottole dei fuorileggi ingaggiati dai cattivi ed il fatto che il capo di quei mercenari ritiene d’avere già ucciso Eastwood una volta. Niente viene spiegato, non vengono neppure date certezze, alcune cose vanno assunte, altre sono proposte, ma mai confermate, dando comunque alla storia un sapore più instabile.

Altra grande differenza rispetto al film originale, anche se l’ho già detta, è che il bimbetto idiota è stato sostituito dalla ragazza adolescente. La sostituzione permette di raddoppiare il rapporto complesso tra il cavaliere senza nome interpretato da Eastwood e la famiglia da salvare; se nel “Cavaliere della valle solitaria” la moglie si innamora dell’eroe senza mai mostrarlo, in questo sono in due ad innamorarsene, ma mentre la donna è ancora un personaggio compito la ragazza permette di rendere palese i sentimenti e, anzi, permette di creare rivalità fra madre e figlia.

Complessivamente comunque un gran film, probabilmente il migliore dei tre western di Eastwood con Eastwood.

mercoledì 13 luglio 2011

Nightmare VI: la fine - Rachel Talalay (1991)

(Freddy's dead: the final nightmare )

Visto in Dvx. Il film inizia con un’autocitazione “Welcome to the prime time, bitch” e si conclude con un RIP dedicato Freddy. Il sesto capitolo doveva essere, nelle intenzioni, quello realmente definitivo e veniva a coronare una saga ormai di culto. La storia a questo punto è relativamente importante, il film risulta essere solo un veicolo per mostrare le porzioni della vita passata di Krueger, da bambino sfigato ad adolescente degno d’entrare a far parte di Happy Days.

A questo punto il problema non è se la storia regge, ma quanto il film riesce a rendere del mito. Molte le idee e le citazioni, dal Mago di Oz all’inizio a Twin Peaks, alcuni gesti di stile (splatter) come una testa che esplode, ma a conti fatti il body count è scarso.

Il film fa sfoggio di una delle più sincere battute di Freddy, “Solo il mio è il vero Kung Fu, puttana” e nello stesso tempo una delle morti più idiote (con una delle scene più WTF della serie), ovviamente si tratta di quella nel videogioco (vedere dal minuto e 40).
Il film si butta nel cartoonistico spinto e cerca di acchiappare consensi con il 3D (o meglio, lo sconvolgente nuovo MEGADIMENSIONALE 3D), quando non era più di moda e quando non era ancora di moda… onestamente non so con quanto successo.

In definitiva, qui le idee che mancavano nei capitoli precedenti ci sono, ma la maggior parte sono cretine. Non un film malvagio, ma è più un film sulla costruzione del personaggio di Freddy che non un horror onesto o un film sul rapporto sogno/realtà. Si insomma, niente male se confrontato con i precedenti, niente di che come film in se.

Forse vi ricorderete di me per scene come: bah, io ricordo con intensità solo la battuta del Kung Fu e la scena con il Freddy psichedelico… ma non so se le ricordo per merito o demerito (c'è pure un Johnny Depp educativo; si veda sempre qui).

martedì 12 luglio 2011

Tre canti su Lenin - Dziga Vertov (1934)

(Tri pesni o Lenine)

Visto in DVD. Abbastanza tempo dopo la morte di Lenin (1924) fu commissionato questo film di propaganda a Dziga Vertov, personaggio non proprio allineato e non proprio ben visto; quello che ne risulta è un documentario conformista piuttosto tarpato (le innovazioni del regista non erano adatte ad un film che doveva essere molto più mainstream); ma tutto sommato presenta diversi punti di interesse.

In primo luogo si nota quanto Vertov sia rimasto al cinema muto; questo tutto sommato è un film che comunica per lo più con dei cartelli e solo in minima parte con sequenze parlate.

Dal suo modo di fare cinema, Vertov, porta con se il montaggio che suggerisce, più che comunicare direttamente e un gusto tutto proiettato alle immagini di vita vera con totale assenza di attori professionisti. In questo senso la scelta di fare un documentario di propaganda permise al regista di fare ciò che aveva sempre fatto senza incorrere in pericoli; suddivide il film in tre canti che documentano, la situazione del Kazakistan prima e dopo l’intervento leniniano; la morte e i funerali di Lenin e la reazione della gente; il dopo Lenin, il modo in cui la nazione reagisce e lo stato delle cose in quel momento.

Oltre all’idea di base di cinema che comunichi come arte a se, il film si pregia di una serie di scene ben costruite, esteticamente pensate, e qualche (poche) idee originali alla Vertov, come la serie di immagini fisse a seguito degli spari dei cannoni durante il funerale, come a indicare la cristallizzazione della nazione in quel momento di profondo dolore.

Paradossalmente questo filmetto di neanche un’ora, sonoro, risulta più noioso e meno godibile de “L’uomo con la macchina da presa”.

lunedì 11 luglio 2011

Donne in amore - Ken Russell (1969)

(Women in love)

Visto in DVD. Tratto da un romanzo di H. B. Lawrence si parla del rapporto amoroso fra due sorelle ed una coppia di amici, ma amici di quelli veri, fino alla morte, amici di quelli che fanno la lotta nudi.

Il film è quello che ha lanciato Russell nell’olimpo della perversa albione cinematografica e devo ammettere che qui c’è gran parte di quello che verrà dopo: tanto chiacchiericcio filosofeggiante idealmente superbo, noia, peni. Il film, infatti, viene ricordato per lo più come il primo del cinema inglese a mostrare un nudo maschile integrale; in quest’ottica la scena madre di tutto il film è la sequenza di judo-nudo fra Alan “l’australianoBates e il feticcio Oliver Reed.

Direi che più o meno si sia detto tutto del film. In realtà bisogna ammettere che complessivamente è meno astruso delle opere successive del regista, manca tutta la sua visionarietà, i suo colori che colpiscono, la sua voglia di stupire ad oltranza; il che rende questo film stilisticamente banale e privo di quelli che sono i principali motivi di interesse nelle opere di Russell, per carità niente kitsch, ma tolto quello un lungometraggio di Russell diventa solo uno scatolone pieno di noia.

giovedì 7 luglio 2011

Dillinger è morto - Marco Ferreri (1969)

(Id.)

Visto in VHS. Michel Piccoli torna a casa, trova una pistola nascosta in dispensa, la smonta la olia bene e la ricostruisce; nel frattempo cucina, mangia, risponde al telefono, guarda filmini, da la buonanotte alla moglie, insidia la cameriera; poi piglia la pistola ammazza la moglie e se ne va di casa. Giunto al mare troverà una barca che ha appena perso il cuoco, ottimo inizio per una fuga…

Se c’è una cosa che odio sono i film a tema. Tutti tesi a dare addosso alla borghesia/famiglia/religione/eccetera in maniera più o meno ragionevole, più o meno ragionata, ma sempre duri e puri, disposti anche a perdere completamente la forma, l’estetica e l’intrattenimento, elementi questi che a mio avviso sono imprescindibili in un film, anche non tutti insieme, ma almeno uno!

Film noiosissimo, sostanzialmente senza trama, rappresenta la quintessenza del film a tema anni ’60-’70, senza particolare grazia o forma sta li ad annoiare il pubblico per poi strappare un applauso che sente obbligato perché per tutto il tempo ti ha fatto vedere quanto è più intelligente o più contro. Mi spiace, ma a mio avviso il cinema è altrove.

mercoledì 6 luglio 2011

Il ritorno di Cagliostro - Daniele Ciprì, Franco Maresco (2003)

(Id.)

Registrato dalla tv.Un mockumentary sulla peggior casa di produzione siciliana degli anni ’40 dalla nascita fino alla realizzazione del film che ne determinerà la morte definitiva.


Una disincantata ed amara commedia di Ciprì e Maresco sulla morte dei sogni. Si ride, e si ride tanto, forti di una comicità alla Jared Hess fatta di espressioni, corpi e tic più che di battute, con un gusto per il grottesco tutto particolare e con la loro decennale mania per i nani!!! (qui assolutamente non in veste comica).

Il film funziona, l’effetto comico e spiazzante c’è, la storia è interessante e l’interpretazione di quei due attori a cui si chiede di recitare c’è. Ovviamente è magnifico vedere Englund nella parte dell’attore americano. Il film funziona fino a metà, quando arriva il nano appunto, deus ex machina, che più mettere a posto i destini degli uomini li spiega, dando al fatto una luce completamente nuova, ma ammazzando definitivamente il ritmo del film.

Rimane comunque l’idea magnifica di un film (l’ultimo realizzato dalla casa di produzione) che in un modo o nell’altro porta alla rovina chiunque ne abbia preso parte, e rimane il senso di fine che sovrasta tutti. Bello, con un finale diverso sarebbe stato magnifico.

martedì 5 luglio 2011

L'isola di corallo - John Huston (1948)

(Key Largo)

Visto in DVD. Un ufficiale reduce della seconda guerra mondiale va a far visita a Key Largo, isoletta al largo della Florida, ai parenti di un commilitone morto a Cassino e trova la famiglia assediata da una banda di gangster... se la trama sa di già sentito è solo perchè mymovies me l'ha copiata; detto ciò...

Un noir classicheggiante dall’atmosfera claustrofobica che presenta però un Barrymore più moraleggiante del solito, un Bogart più granitico del solito ed una Bacall più arrendevole del solito. Si insomma il film risulta complessivamente più canonico di quanto avrebbe potuto essere. Eppure fintanto che il film si svolge nell’albergo l’atmosfera è ben realizzata; per tutta la aprte iniziale non si ha la minima idea di cosa dovebbe succedere, poi non si ha idea di chi sia Robinson, infine non si ha idea di cosa sia venuto a fare li. La fuga in nave è una conclusione ben fatta e trattata in maniera originale, anche se scontata, ma comunque l’avessero realizzata la magia della convivenza forzata sarebbe stata perduta lo stesso.

Divertente inoltre come Robinson interpreti una sorta di Piccolo Cesare che, invece di morire, è stato costretto alla fuga; quindi ancora arrogante e megalomane, ma scottato dalla disfatta e smanioso di rimettere le mani su quanto perduto, anche se tutto quello che gli è rimasto è qualche aggancio, un gruppo di sgherri con il mal di mare ed un ex amante alcolizzata; tutto sommato ne viene fuori una figura tragica anche più dell’originale.

Alla fin fine un buon film, che però non compete con molta della produzione dello stesso Huston.

lunedì 4 luglio 2011

Impressioni dal profondo - Leni Riefenstahl (2003)

(Impressionen unter wasser)

Visto in DVD. A 100 anni esatti la Riefenstahl realizza questo documentario frutto delle sue ripetute immersioni al largo delle coste keniote (effettuate con un’età compresa tra i 97 ed i 100, mi pare). Come dichiara la stessa regista ad inizio del documentario, questo film non vuol essere altro che una sorta di incitamento alla difesa delle meraviglie dei fondali marini, una presa di coscienza su quello che si sta per perdere e nulla più.

Il filmato relega il compito di rendere belle le immagini alla bellezza in se di quel mondo e alla stranezza dei suoi personaggi. Il compito della Riefentahl sembra solo quello di essere una spettatrice e proprio da spettatrice inquadra, senza soluzione di continuità e blando filo conduttore, una galleria di pesci, rettili, alghe e coralli. La regia si limita solo all’inquadratura… se come documentario può anche essere affascinante, come film non è niente di che.