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domenica 21 febbraio 2021

The commitments - Alan Parker (1991)

 (Id.)

Visto su Mubi, in lingua originale sottotitolato.


Un gruppo di amici del proletariato di Dublino mettono su una band, decidono di fare cover di canzoni soul; prenderanno amici e conoscenti e riusciranno ad avere un piccolo seguito locale cercando di fare il grande salto...

Alan Parker è un regista versatile, che si concentra sui personaggi più che sul contorno indipendentemente dal genere. Qui non si fa eccezione; la storia di una band con molte buone intenzioni, ma realizzazione minore è tutta un gioco di relazioni; è l'insieme di desideri, di velleità e di intenzioni a partire da un substrato sociale ben definito con molti limiti e che vede in un progetto campano per aria un modo per prendere ossigeno.

Ma non c'è vittimismo o delusione nel finale, il tutto è toccato da una vena ironica che trasforma un potenziale dramma in una commedia musicale godibilissima e in cui l'incredibile ottimismo e vitalità del protagonista trasforma il finale agrodolce in una vittoria morale.

La macchina da presa non fa scelte estetiche devastanti, ma riesce a gestire in maniera chiara un cast corale e permette di realizzare molti numeri musicali (ci sono diverse canzoni mostrate per intero durante i concerti) sono suonate benissimo e gestite in maniera impeccabile tanto da risultare parte fondamentale del film e non una pausa nel ritmo complessivo.


lunedì 2 novembre 2020

Viaggio all'inferno - Fax Bahr, George Hickenlooper, Eleanor Coppola (1991)

(Heart of darkness: a filmmaker's apocalypse)

Visto su Mubi, in lingua originale sottotitolato.

Durante le riprese di "Apocalypse now" la moglie di Coppola gira il back stage (su indicazione del marito) e registra alcune loro conversazioni su nastro. Da quel materiale origina questo documentario, unitamente a interviste ai diretti interessati e qualche immagine di repertorio. Quello che viene fuori è la descrizione (edulcorata) di uno dei più fortunati fallimenti della storia del cinema.
Viene quindi impresso su pellicola tutte le voci che circondarono il film; i set distrutti dal tifone, gli elicotteri offerti dallo stato filippino che venivano improvvisamente portati via (anche in mezzo alle riprese) per combattere i comunisti da qualche parte, l'attacco di cuore di Martin Sheen, la sceneggiatura improvvisata, il cambio in corsa del protagonista (Keitel verrà fatto fuori dopo un paio di settimane di riprese), parzialmente le sostanze d'abuso e le uccisioni rituali di galline, maiali, ma soprattutto del bufalo.
Personalmente mi ha colpito particolarmente le riprese dell'incipit con uno Sheen fatto come un cotechino, sanguinante e sproloquiante; così come le scene con Brando e Coppola che gira in torno non sapendo cosa fargli fare oltre ai dialoghi con Hopper che, fuori scena, è peggio di Sheen della scena ricordata poco fa.
Anche se forse i documenti migliori sono gli sfoghi, solo audio, di Coppola che preconizza il fallimento e che si chiede perché siano tutti così accomodanti, il film sarà orribile, lui fallirà personalmente, ma tutti i presenti sembrano possibilisti.

Un pò accomodante, taglia molto la parte sulle droghe, che pure vengono nominate, ma glissando (sembra essere noto ad esempio che l'arrivo di Hopper però rappresentò l'arrivo di droga fresca per tutti che portò nuovi disagi aggiuntivi alla produzione); rimane un documentario interessante sul fallimento più di successo di sempre, con dietro le quinte fantastici e che rende giustizia a Coppola che ne esce, più che come visionario, come un santo per aver dovuto sopportare tutto quello e tutte quelle persone (leggasi, come sempre, Hopper e Brando).

lunedì 28 maggio 2018

Whore (puttana) - Ken Russell (1991)

(Whore)

Visto in Dvx.

Una prostituta racconta la sua vita quotidiana, il suo recente passato, il rapporto con clienti e protettore.
Noioso film a tema di un Ken Russell invecchiato che tenta di ribattere al successo di "Pretty woman" che riteneva falso sulla luce positiva data al mondo della prostituzione.
Quello che ne viene fuori è una serie di inquadrature, per lo più fisse, dove Theresa Russell declama direttamente alla macchina da presa blaterando sulla realtà di una prostituta condendola con iperboli di squallore inarrivabili e idiote (il martio alcolista che le vomita sull'insalata... WTF?) tutte mirate a sostenere un assunto iniziale che nessuno avrebbe messo in dubbio. Il blando tentativo finale di mettere un poco di trama su questa struttura riesce solo a rendere il tutto più imbarazzante (per evidenti problemi di scrittura).
Inaccettabile anche il cast, la nostra Russell è eccessiva, ma sembra rispondere a una richiesta precisa, i pochi altri personaggi principali, sono invece inadatta e basta.
Tutto sommato però quello che indispettisce di più è che il Russell dietro la macchina da presa (per l'ultima volta per un lungometraggio per il cinema), pur con un certo impegno nella fotografia, non ha più guizzi, non ha più il suo tocco surreale, la sua cura nell'immagine a effetto e inaspettata. Quello che rimane è un brutto film inutile.

lunedì 22 maggio 2017

Jungle fever - Spike Lee (1991)

(Id.)

Visto in Dvx.


 Un architetto (mi pare...) si innamora della sua segretaria e inizia una relazione che lo porterà ad allontanarsi dalla moglie (con la quale era felicemente sposato)... storia banale se non fosse che lui è nero e lei italoamericana. Un problema per la New York dell'epoca. I rispettivi ambienti sociali reagiranno alla cosa, per lo più in maniera violenta o scomposta fino a influire sulla relazione; fra i due si insinuerà il dubbio di un problema razziale anche all'interno della coppia.

Tagliamo la testa al toro; nell'Italia d'inizio anni '90 il milkshake era un concetto inesistente ed è stato, assurdamente, modificato in zabaione... come se si potesse realmente bere 4-5 bicchieri da litro di zabaione.

Detto ciò il film è abbastanza nettamente diviso in tre parti. Quella ambientata ad Harlem è una commedia upper class molto chiacchierata, una sorta di Woody Allen con meno ironia; quella nel quartiere italoamericano è un dramma familiare di tutti i personaggi; a questi due emisferi si insinua fino a diventare preponderante nel finale il dramma sociale sulla tossicodipendenza.
L'idea meglio gestita è quella di mostrare il razzismo delle due comunità, vive di pregiudizi ognuno nei confronti degli altri, ma anche il pregiudizio interno rivolto a chi tradisce, alle varie gradazioni di carnagione o quello fra i generi. i caratteri descritti sono piuttosto luogocomunisti ed esagerate, ma l'effetto finale è buono.
Quello che sfugge è la necessità d inserire, non una, ma due storie; quella dell'amico della protagonista (il cui padre è interpretato da un Anthony Quinn vestito esattamente come mio nonno) e quella del fratello del protagonista che introduce la questione della droga. Quest'ultimo è chiaramente una sorta di necessità morale di Spike Lee, vista l'emergenza sociale dell'epoca; ma entrambe queste storie non fanno altro che rendere dispersivo il film e allungare in maniera artificiale una trama indipendente, dando il là a un finale obiettivamente brutto.

La regia è ottima e più rilassata del solito anche se piena di carrelli circolari, macchina da presa che pedina i personaggi e, per la prima volta, il personaggio che si muove di concerto con la macchina da presa entrambi posti sullo stesso carrello (cifra stilistica di Lee, qui utilizzata in mnaiera lenta e delicata con un effetto straniante particolare).
Il cast all'altezza da il destro a un grandissimo Snipes (attore che di solito fatico a sopportare), ma soprattutto permette a Jackson di dare vita a quella che, credo, possa essere considerata la sua migliore interpretazione.

lunedì 7 novembre 2016

La casa nera - Wes Craven (1991)

(The people under the stairs)

Visto in Dvx.

Un regazzino del ghetto viene convinto a rubare in una casa sigillata dall'esterno dove vive una coppia di ricchi pazzi; rimarrà bloccato li dentro e scoprirà di non essere l'unico ad avere difficoltà ad uscire.

Che poi gli si vuole bene a Craven, perché ha avuto un inizio carriera che ha creato uno standard e perché poi ha fatto cose da urlo reinventando di nuovo il genere e rendendolo anche intellettualmente pesante. Poi però ogni tanto da di matto e sputtana tutto. Qui ci sono troppi elementi tutti insieme, cannibalismo, mostri in cantina, genitori psicopatici, una casa-trappola, un pazzo vestito di latex e borchie che spara al soffitto, un bulldog come antagonista principale, porte e pareti fatte di polistirolo... tutto ciò diventa eccessivo quasi fin da subito e considerando che in diverse occasioni il tono è quasi da commedia (i due villain sono delle macchiette).
La cosa peggiore è che Craven sembra incerto sul timbro da dare, continua a cambiare, inizia con un horror classico, passa all'avventura (in salsa horror) per regazzini sul filone ben rappresentato da "I Goonies", poi passa al blando film di denuncia sociale e finisce con un film anticapitalista. Perché? Non li fonde mai insieme, li alterna soltanto riuscendo a rendere insoddisfatto chiunque abbia un'aspettativa seppur minima.

Non c'è mai un brivido vero, non c'è un briciolo di splatter (a chi interessa quell'aspetto), non c'è un'idea innovativa. Un film perdibile.

lunedì 24 ottobre 2016

JFK, un caso ancora aperto - Oliver Stone (1991)

(JFK)

Visto in tv.

La ricostruzione dell'indagine del procuratore di New Orleans Jim Garrison sull'omicidio di Kennedy. L'indagine verteva sull'idea di un complotto ad ampio raggio che comprendeva anche istituzioni quali il pentagono.
Film a tese creato ad hoc per spiegare che Kennedy era un comunista odiato dai suoi che avrebbe fatto finire la guerra fredda con 20 anni di anticipo ed evitato completamente la guerra del Vietnam.

Stone stoneggia come al solito, ma con molta più leggerezza dei film successivo e con più controllo e classe dei film precedenti. Ci sono i suoi movimenti di macchina, ma senza strappi; c'è il montaggio alla Eisenstein, ma con immagini più consone; cura della fotografia (e tutto quello che c'è dietro, dalle location agli abiti). A questo si aggiunge un cast enorme per quantità con attori all'apice ed emergenti in egual misura e con attori enormi messi in parti secondarie (come Sutherland) o in veri e propri camei (Matthau).

Mi pare evidente che questo non sia altro che non un film a tesi. E i film a tesi di solito li odio perché lavorano ogni secondo del minutaggio per farti concordare con la loro opinione. Ma Stone è un figo; sa gestire i tempi e sa sfruttare l'emotività; anzi, la crea dal nulla (beh parte dalla morte di uno dei presidenti più amati è ovvio, ma ci lavora sopra), ti spiega perché dovresti essere triste e riesce fartici sentire. Ovviamente neppure Stone è onnipotente e nella seconda (lunga) parte cede agli spiegoni (tutto Sutherland è usato per descrivere il contesto in cui si sarebbe sviluppata l'idea dell'omicidio) e sfocia in un finale eccessivamente enfatico dove Costner viene sfruttato per farti piangere con un lungo monologo patriottico... eppure, nonostante la caduta di stile, Stone riesce a mantenersi a livello, il ritmo rimane e per quanto si possa avere l'orticaria per l'ovvietà nella scena in cui un Costner commosso guarda in camere chiedendo cosa puoi fare tu... beh, funziona tutto.

mercoledì 21 gennaio 2015

Gli amanti del Pont-Neuf - Leos Carax (1991)

(Les amants du Pont-Neuf)

Visto in Dvx.

Una studentessa delle belle arti, di buona famiglia, ma con una malattia agli occhi che la rende progressivamente cieca, si da al vagabondaggio per Parigi per la disperazione d'essere stata mollata; si ritrova a dividere il Pont Neuf in restauro con un giovane che fa il giocoleria e furti per vivere e un vecchio con un mazzo di chiavi che apre quasi qualunque edificio della città (e che spaccia ipnoinducenti). Tra i due giovani nascerà l'amore.

Inizia come un film iperrealista, quasi un documentario sui clochard della capitale francese, le docce comuni e le cure prestate. Piuttosto rapidamente perde questo tono e si lancia in un'atmosfera più di fiction ma al rallentatore; condisce diversi momenti con dei picchi di surrealismo e termina con un fare pedante e favolistico.
Ha di buono che Carax ha delle idee e sa anche creare delle immagini potenti; la famosissima scena dei due che ballano sul ponte sotto i fuochi d'artificio è giustamente famosa, il tuffo nella Senna all'Atalante è molto ben realizzato, la notturna al Louvre o l'incendio dei manifesti sono due idee molto buone che potevano rendere molto di più a livello visivo (e non ho citato l'ubriacatura in versione ridotta...). Però al di là di queste buone intenzioni il film non decolla, non decolla un pò per i personaggio francamente eccessivi (lui eccessivamente sociopatico, lei eccessivamente radical chic incazzata) e un pò (anzi, soprattutto) perché è la solita storia d'amore, non si discosta dall'ovvietà, crea ottimi momenti, ma il film poi prosegue sui binari del già visto.

mercoledì 22 ottobre 2014

Hook, Capitan Uncino - Steven Spielberg (1991)

(Hook)

Visto in tv.


Peter Pan ha deciso d rimanere nel mondo normale e di invecchiare; divenuto padre di famiglia ha ormai dimenticato tutto quello che fu. Tornato a Londra però scopre che i suoi figli sono stati rapiti da Capitan Uncino voglioso di vendetta, dovrà tornare sull'isola che non c'è, riguadagnare la fiducia dei bimbi Sperduti, ritrovare la capacità di volare e battere Capitan Uncino.

Dagli anni '80, fino alla prima metà dei '90 Steven Spielberg ha realizzato (come regista, ma anche come produttore) una serie di film per ragazzi, film seri, ben realizzati e dai temi (e dai toni) vari, non fotocopiati gli uni dagli altri. In questo filone si inserisce Hook.
Qui c'è una carica eversiva molto limitata rispetto ai film precedenti o al successivo "Jurassic Park", meno cura forse ma di sicuro un risultato più modesto.
I soldi messi in ballo sono enormi e riescono ad ottenere una serie di scenografie mozzafiato, in cui la macchina da presa di Spielberg si diverte a muoversi in scioltezza (bello il beccheggio dell'inquadratura quando Spugna parla con Uncino sottocoperta).
Quello che latita però è un'idea visiva originale e vincente, i bambini sperduti sono (alla meglio) dei punk in erba, mentre i pirati sono la fotocopia di quelli del film Disney. L'altro grande difetto è una storia molto più accomodante del solito. Proprio il dettaglio vincente delle produzioni di Spielberg viene mancare; è evidente che il pubblico a cui si rivolge ha un'età media più bassa del solito, quindi mette il piede sull'acceleratore dell'avventura (cosa positiva), del divertimento (e ci va bene) e su quello dei buoni sentimenti (...caz...). Il risultato però, nell'ottica del film per preadolescenti è ottimo; ricordo ancora l'obbligo assoluto ad essere disturbato, quando, da bambino, trasmettevano questo film in tv... Quindi a conti fatti pure questa esperienza è vincente, seppur meno buona per un pubblico più adulto.
A chi come me ora non riesce più ad apprezzare del tutto questo genere di film, bisogna sapersi accontentare di un sottotesto (già presente nel Peter Pan originale) della paura del tempo che passa e di una carrellata di attori da urlo tutti utilizzati in maniera impeccabili nelle parti che più potevano dare loro risalto (ovvio Williams adattissimo alla parte del protagonista, ottimo un Hoffman libero di fare tutte le faccette che vuole, impeccabile Hoskins nelle vesti uno Spugna pensato per lui), incredibile il numero di camei (di cui mi sono accorto solo recentemente) e, infine, incredibile come ancora ad ogni visione mi renda conto di qualcuno che fino ieri non avevo mai notato (stavolta mi sono accorto che l'anziana Wendy è la mia amata Maggie Smith).

mercoledì 3 settembre 2014

L'ultimo boyscout, Missione sopravvivere - Tony Scott (1991)

(The last boyscout)

Visto in tv.

Un detective privato deve proteggere una ragazza, che però viene rapidamente fatta fuori; si mette ad indagare con il ragazzo di lei e scopriranno un giro di ricatti, bustarelle ed omicidi che comprende senatori e uomini d'affari. Da questo momento dovranno pensare a salvare se stessi.

Come si fa a realizzare un hard boiled moderno senza chiamare in causa Hong Kong? la risposta ce la da Shane Black: prendi il solito uomo distrutto dalla vita che lavora da detective privato (meglio se lo si fa interpretare ad un Bruce Willis in caduta libera dopo un paio di fiaschi, meglio se spettinato e stropicciato); gli si mette di fianco una spalla vergine dal punto di vista dell'azione a cui hanno però ucciso qualcuno di caro (se il protagonista è bianco meglio allora prendere un nero per fare da spalla); si immettono in un mondo dove è facile morire e difficile amare e dove le macchine esplodono solo a toccarle (e dove uccidere è più banale di timbrare il cartellino); gli si mette in bocca una serie infinita di battute (alcune ormai passate nell'uso comune); il tutto calato in un mondo californiano da action anni 80-90 (quando ancora le tette ed il sangue si potevano mostrare senza vergognarsi). Quello che ne può venir fuori (se si mette il tutto in mano a qualcuno di capace come Tony Scott) è un capolavoro nel suo genere.

Ecco con un cocktail del genere (e una gran botta di culo) viene fuori un film action pazzesco, con scene d'azione ottime, condite con un'ironia ed un gusto per l'assurdo ed il nonsense invidiabili (la scena dalla giga dice già tutto), il tutto immerso nel mondo complicato, oscuro e senza speranza dei noir classici (un valore aggiunto enorme che da una strigliata al concetto di action anni '90). Unica concessione al classicismo un lieto fine che tutto sommato neppure stona (e aprirebbe la porta ad un seguito).
Incredibile l'insuccesso di questo film che, di fatto, ammazzò le possibilità di creare questo nuovo genere, anzi questa rivisitazione del noir su scala più ampia ad Hollywood. Un'occasione persa. Un film da vedere (e solo dopo, casomai, disprezzare).

PS: l'unico neo che gli trovo è il titolo...

lunedì 6 febbraio 2012

La bella e la bestia - Gary Trousdale, Kirk Wise (1991)

(Beauty and the beast)

Visto in Tv. Ma che brutti film ho amato da regazzino?! Ma che brutti film ha fatto la Disney nel suo rinascimento?!
No perché fatta salva l’importanza di questo film per la bellezza dell’animazione e per essere stato il primo ad integrare l’animazione con il CGI (e lo fa benissimo come nella scena del ballo nel salone) per il resto è uno dei film più sciapi che ricordi.

I protagonisti sono banali e stupidi come pochi, le canzoni terribilmente uguali fra loro (e certamente molte sono state copiate da Les poissons) si salva giusto Beauty and the Beast, la storia in se non ha molti guizzi, mentre le caratterizzazioni, alcune scene e sketch sono copiati da “La sirenetta” (e alcuni in realtà verranno ripresi ne “Il re leone”)… l’unico vero motivo di interesse è per i comprimari. Mai come in questo film i personaggi secondari determinano il ritmo, l’andamento e anche la riuscita dell’opera. Non solo sono i personaggi più divertenti, ma anche i più interessanti, complessi e ben realizzati (comunque molto meglio costruiti dell’insipida protagonista femminile, che sembra una beghina con la faccia da vamp anni ’40); cosa sarebbe de La bella e la bestia se non ci fosse Lumiere? O la sua controparte Tockins? O quasi qualunque altro personaggio che non siano i principali.

Gradevole invece sentire come non fosse ancora usuale usare come doppiatori dei personaggi famosi che niente hanno a che fare con la recitazione; ed è buffo invece rendersi conto di quanto questo cartone sia debitore all’iconografia creata da Cocteau per il suo omonimo film.

mercoledì 13 luglio 2011

Nightmare VI: la fine - Rachel Talalay (1991)

(Freddy's dead: the final nightmare )

Visto in Dvx. Il film inizia con un’autocitazione “Welcome to the prime time, bitch” e si conclude con un RIP dedicato Freddy. Il sesto capitolo doveva essere, nelle intenzioni, quello realmente definitivo e veniva a coronare una saga ormai di culto. La storia a questo punto è relativamente importante, il film risulta essere solo un veicolo per mostrare le porzioni della vita passata di Krueger, da bambino sfigato ad adolescente degno d’entrare a far parte di Happy Days.

A questo punto il problema non è se la storia regge, ma quanto il film riesce a rendere del mito. Molte le idee e le citazioni, dal Mago di Oz all’inizio a Twin Peaks, alcuni gesti di stile (splatter) come una testa che esplode, ma a conti fatti il body count è scarso.

Il film fa sfoggio di una delle più sincere battute di Freddy, “Solo il mio è il vero Kung Fu, puttana” e nello stesso tempo una delle morti più idiote (con una delle scene più WTF della serie), ovviamente si tratta di quella nel videogioco (vedere dal minuto e 40).
Il film si butta nel cartoonistico spinto e cerca di acchiappare consensi con il 3D (o meglio, lo sconvolgente nuovo MEGADIMENSIONALE 3D), quando non era più di moda e quando non era ancora di moda… onestamente non so con quanto successo.

In definitiva, qui le idee che mancavano nei capitoli precedenti ci sono, ma la maggior parte sono cretine. Non un film malvagio, ma è più un film sulla costruzione del personaggio di Freddy che non un horror onesto o un film sul rapporto sogno/realtà. Si insomma, niente male se confrontato con i precedenti, niente di che come film in se.

Forse vi ricorderete di me per scene come: bah, io ricordo con intensità solo la battuta del Kung Fu e la scena con il Freddy psichedelico… ma non so se le ricordo per merito o demerito (c'è pure un Johnny Depp educativo; si veda sempre qui).

lunedì 30 maggio 2011

Robin Hood principe dei ladri - Kevin Reynolds (1991)

(Robin Hood: prince of thieves)

Visto in tv. Ammetto che non l’ho seguito con la dovuta attenzione… però mi ha sorpreso in positivo. Disprezzo molto Robin Hood come personaggio e trovo noiosa la sua storia che ormai si conosce a memoria, anche se talvolta per motivi diversi mi metto a guardarne qualche versione (tipo quella di Dwan o quella della Disney).

Beh vedendo questa ci sono rimasto male. Mi sarei aspettato una sorta di “Titanic” nella brughiera e invece si rivela un film americano spigliato e divertente, con il classico super eroe che ha contro di se una antagonista cattivissimo e visivamente oscuro (non per niente lo interprete Alan Rickman prima che si sputtanasse facendo Harry Potter), mentre lui, Robin è biondo e con gli occhi azzurri (non per niente è interpretato da Kevin Costner prima che si sputtanasse con "Le parole che non ti ho detto"… o "Dragonfly"… beh si è sputtanato con troppi film). Ma qui è proprio il segreto, il film è una commedia a tutti gli effetti. La classica commedia romantica/azione all’americana, un film che da un colpo al cerchio ed uno alla botte e riesce ad accontentare un poco tutti tediando il meno possibile (da notare come molte versioni cinematografiche di Robin Hood utilizzino l’ironia come importante leit motiv).

La messa in scena è un poco cialtrona, con un medioevo pulitino e di carta pesta degno di un buon film della Hammer, mentre la regia si permette libertà insperate che culminano con una serie di primi piani con lenti leggermente deformanti mica da ridere.

Come si diceva un prodotto buono un po per tutti… mi pento di averlo criticato prima di vederlo.

martedì 28 dicembre 2010

Delicatessen - Jean-Pierre Jeunet (1991)

(Id.)

Visto in DVD.

Agli inizi Jeunet era già Jeneut; meno fiabesco, ma sempre favolistico (se mi si passa l’espressione).

In un futuro post-apocalittico, in un condominio fuori città, il macellaio (padrone del palazzo) offre carne umana come cibo più pregiato, carne presa dai malcapitati che rispondono ad un suo annuncio di lavoro. Nel momento in cui, a rispondere a quell’annuncio, arriva un ex clown le cose cambiano; stralunato, ingenuo, con una felicità che dona gioia a chi gli sta accanto per il suo semplice esistere (si esatto, è un’Amélie in versione maschile)… ovviamente la figlia del macellaio si innamorerà di lui.

Jeunet non crea un unico personaggio, ma un intero mondo che ubbidisce alle sue regole. Tutti gli abitanti di quel condominio sono personaggi grotteschi, ingenui e vittime dell’ambiente o di loro stessi, sospesi in un mondo, certamente apocalittico, ma pur sempre sospeso, irreale e crudele proprio com’è nelle fiabe. La regia è dinamica e cartoonistica con la solita accuratezza assoluta nella fotografia e nella messa in scena; certo i movimenti di camera sono meno funambolici e gli inserti ancora non ci sono, ma le basi per tutti i suoi film futuri ci son tutti.

Complessivamente questo film è originale, divertente, ma niente di più, non offre nulla a livello di storia, ma poco importa, è solo un banco di prova.

mercoledì 1 dicembre 2010

Delitti e segreti - Steven Soderbergh (1991)

(Kafka)

Visto in VHS


Un film che utilizza Franz Kafka come personaggio di una storia dai continui rimandi alle opere e alla vita dell’autore stesso, pur non essendo ne l’una ne l’altra. L’idea è certamente buona e la realizzazione è anche di livello, con l’uso del bianco e nere e delle ombre sulla scia dell’espressionismo tedesco (molte anche le citazioni in quel senso). La storia è un thriller ambientato nel mondo kafkiano dei romanzi dell’autore ceco, cupo e assurdo. Il cast decisamente buono sostiene bene…. Però qualcosa non va.


Il clima da commedia grottesca che a volte assume, il senso di operazione intellettuale inutile e pretenziosa che si sento continuamente, o qualche decisa caduta di stile (tutta la scena ambientata nel castello è francamente eccessiva, nella messa in scena e nella caratterizzazione dei personaggi, piatti e al limite, oltre che banale nella realizzazione; perché raccontano tutto? E soprattutto perché qui è a colori? Facendo perdere gran parte del fascino originale).


La regia di Soderbergh garantisce di essere proprio un operazione intellettuale e ne detiene in effetti tutti i limiti, eppure per gran parte del suo minutaggio affascina, e lo fa con stile.

sabato 23 ottobre 2010

Point break, punto di rottura - Kathryn Bigelow (1991)

La trama è stranota; un gruppo di surfisti rapinano banche con addosso le maschere degli ex presidenti USA, e i soldi li reinvestono nelle vacanze. La polizia gli sta dietro, il neo arrivato Reeves deve infiltrarsi tra i surfisti per capire chi sono i colpevoli, verrà accettato da gruppo di Swayze, ma presto al questione morale non verrà a mancare.
Il tramonto del cinema d'azione anni '80 finisce con questo film atipico, che punta tanto sul dramma personale (e questo non è atipico), ma che pone spesso in dubbio da che parte stare.
Eccezionalmente note molte scene; la Bigelow si fa notare soprattutto all'inizio, quando ogni situazione utilizza le luci giuste e il montaggio adatto. Su tutte le scene migliori son quelle della rapina.
Altro punto a favore della Bigelow è quello di essere riuscita a rendere credibile, non tanto Reeves (che a volte succede), ma Swayze... giuro, per tutto il film sono riuscito a non pensare a "Ghost"!!!
Il film rimane comunque un minore, in cui la Bigelow si allena, ma ancora non ha affinato la tecnica. Un film d'azione carino, niente di più.

giovedì 30 settembre 2010

Cape Fear, il promontorio della paura - Martin Scorsese (1991)

(Cape Fear)

Registrato dalla tv.

Questo è l’ultimo film di Scorsese che mi mancava, e devo dire di essere rimasto completamente soddisfatto. La storia di colpe reciproche (i due protagonisti sono entrambi colpevoli e nessuno merita di vincere) e di vendetta è magnificamente scolpita da una regia molto dinamica, fatta di quei brevi carrelli caratteristici del regista che qui si fanno praticamente continui. Scorsese poi dona alcuni momenti di assoluta maestria nel delineare le atmosfere, con sequenze fiabesche con un De Niro lupo cattivo e tentatore (la scena nel teatro con Juliette Lewis) e altre in completo stile horror con un De Niro alla stregua di Freddy Kruger (nel finale, come ha giustamente sottolineato Mereghetti). E se non si può dimenticare De Niro che canta mentre affonda con uno sguardo da capitano Willard nell'acqua, il resto del film è un gustosissimo susseguirsi di citazioni (i fuochi d’artificio a sottolineare la passione come in Hitchcock) e di idee indipendenti (su tutte la visualizzazione dello sguardo confuso dal sonno durante i prima attimi del risveglio reso con l’utilizzo del negativo; perfetto, geniale, e terribilmente semplice).

Sono assolutamente d’accordo nel dire che non è il suo capolavoro, ma è uno dei suoi migliori film in ogni caso. Un incipit coeso nonostante la realizzazione con un’insieme di tecniche come questo è difficile da immaginare.

Questo film conferma la mia personale teoria secondo cui il periodo d’oro di Scorsese sono stati gli anni ’90, quando da “L’ultima tentazione di Cristo” del 1988, ad “Al di là della vita” del 1999, non solo non ha sbagliato un colpo, ma ha creato una galleria di film diversissimi per tema, stile ed epoca dimostrando in ognuno di questi una capacità nella regia che fa invidia a Kubrick.

lunedì 7 dicembre 2009

Barton Fink, è successo a Hollywood - Joel Coen, Ethan Coen (1991)

(Barton Fink)

Visto in DVD.

Io non amo i Coen, ma talvolta riesco ad apprezzarli. Normalmente girano sempre lo stesso film, fatto di perfezione formale, simmetricità, personaggi al limite del credibile, e virtuosismi visivi. Questo film si dimostra piuttosto in linea, oddio i virtuosismi visivi, seppure presenti, non sono così accentuati come in altri loro film; mentre i personaggi seppure abbastanza tipici sono particolarmente fastidiosi, il protagonista è stato descritto in maniera troppo convenzionale, come un artista impegnato troppo pieno di se e dei suoi ideali; non è dei coen un trattamento così banale.
Per dirla in un altro modo, normalmente i Coen fanno film freddi ed ironici insiemi. Questo film però è completamente a secco di ironia...
Si insomma, un film non da Coen che può rendere insoddisfatti tanto i fan, quanto i delatori del della coppia.
Stupiscono molto i 3 premi vinti a Cannes. Miglior regia forse ci sta anche (non so chi altro fosse in concorso), ma va detto che i coen stessi hanno fatto di meglio; miglior film mi pare proprio esagerato; miglior attore a Turturro... beh non è che reciti male è che se c'era da premiare qualcuno in questo film era Goodman, in quella che forse è la sua interpretazione migliore e più credibile di sempre, veramente brava a rappresentare l'uomo normale in stati d'animo normali.

Un ultimo appunto, il finale del film completamente surreale, assurdo ed autoriferito è un piccolo capolavoro, forse quanto di meglio i coen stessi abbiano prodotto fino a "Non è un paese per vecchi".