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lunedì 8 aprile 2019

Quell'oscuro oggetto del desiderio - Luis Buñuel (1977)

(Cet obscur objet du désir)

Visto in Dvx.

Un borghese parigino si innamora della cameriera, che a parole sembra amarlo di rimando, ma nei fatti continua a frustrare le sue intenzioni sentimentali, ma soprattutto sessuali. Nel mentre una stagione stragista sembra investire la Francia.

Ultimo film di Buñuel che torna, come sempre, ad attaccare la borghesia. Con una regia più misurata del solito e una trama decisamente più coesa, che si slancia qui e la in singoli episodi surreali o in ammicchi al suo pubblico; questo sembra più un divertito film alla Buñuel che non un'opera onestamente indipendente.
Un certo piacere nel mostrare sé stesso unito a una decisa ripetitività della vicenda rendono questo gradevole film non molto appassionante. Vedere Buñuel che continua giocare a fare sé stesso in tono allegro sarebbe piacevole se almeno non si rischiasse la noia.

Magnifica l'idea di far interpretare lo stesso personaggio a due attrici diverse, spiazzante, soprattutto per le fisicità totalmente distanti.
Un encomio anche al solito Rey, anche lui più divertito del solito e leggiadro mattatore della vicenda.

venerdì 24 novembre 2017

Schock - Mario Bava (1977)

(Shock)

Visto in Dvx.

Una donna con un figlio dal precedente matrimonio torna nella casa in cui l'ex marito si suicidò con il nuovo compagno. Inutile dire che cominceranno strani avvenimenti, soprattutto in relazione al figlioletto.

Ultimo film di Bava (per il cinema), spiace dire che non è all'altezza delle aspettative. L'idea di partenza (chiara solo nel finale) è buona, ma quello che manca è la tensione.
Il film è un lungo girare intorno al finale, una lunga preparazione in cui la trama è gestita bene, ma il ritmo quasi totalmente assente e le scelte visive sono copie d'idee viste mille volte.
Non so se è un problema effettivo o se è solo un film invecchiato, ma vedendo il finale direi più la prima ipotesi.
Si, perché il finale è inaspettatamente buono. Il twist plot funziona, ma soprattutto ci sono idee ottime, la tensione è presente, le creazioni realizzate sono originali e sorprendono (in parte) con molta inventiva (il bambino che diventa l'adulto, la scena dell'armadio) e il meglio inizia con la famosissima scena dei capelli (che si può vedere qui); giustamente la più famosa, nonché la migliore sequenza del film (delle mani di luce che tolgono la coperta e i capelli antigravitari!).

Anche se siamo lontani anni luce dalle capacità del regista, con quel finale, tutto sommato, si chiude con dignità una grande carriera.

mercoledì 8 febbraio 2017

Guerre stellari - George Lucas (1977)

(Star Wars)

Visto in VHS.

Vabbè; il primo capitolo di guerre stellari è sempre quello, non c'è molto da riassumere per la trama e pure le cose da dire sono già state dette.

Io l'ho sempre visto nella sua versione del ventennale; non sono esperto sulla questione, ma se non sbaglio si tratta del primo, pesante, rimaneggiamento operato da Lucas dove fa capolino un imbarazzante CG che, in molte occasioni, rimane inferiore agli effetti speciali materici originali. Questa è il rimaneggiamento dove viene creata la controversia sulla morte di Greedo, viene introdotto Jabba a cui pestano pure la coda; dove funzionano i rimaneggiamenti è negli esterni che acquistano in corpo e credibilità. Comunque un pò poco per giustificare i cambiamenti.

Questo è comunque un film su cui ho spesso cambiato opinione, l'ho odiato e l'ho apprezzato alternativamente. Attualmente non posso che chiedermi cosa ne sarebbe stato se non avesse avuto successo al botteghino (sarebbe stato ricordato come una eccentricità scifi anni '70) ed è fuori discussione che a livello di contenuti è attaccabile da molti punti di vista; ma d'altra parte non riesco a non riconoscerli un'intuizione di fondo geniale; la fusione fra generi.
"Star wars" è un film di kung fu senza kung fu, con il passo del western, ma di ambientazione fantascientifica e fantasy. In quest'ottica viene forgiato il pilastro portante della serie, la forza; dando il destro a un misto fra tecnologia e animismo con un background che tutti i personaggi conoscono, ma che sfocia nella leggenda più che nella storia (i Jedi), a cui tutti fanno riferimento, senza avere mai la necessità di citarlo direttamente.
Sempre in questa ottica vengono indovinati molti dettagli estetici come alcuni costumi (Obi Wan è un misto fra un judoka e un frate cappuccino, Darth Vader è un villain un misto fra il villain di un fumetto e un nazista), anche se ad onor del vero molti altri sono imbarazzanti (i caschi giganti giustamente sfottuti da Brooks); ottimi gli interni delle astronavi (la morte nera è fatta da corridoio stilosi che, per una volta, non derivano da "2001: odissea nello spazio").
Ottima anche la struttura narrativa che mette lo spettatore al centro di una vicenda già in essere e senza dover spiegare troppo fa percepire che tutti i personaggi hanno una storia intricata alle spalle; un punto di forza che darà verrà spiegato con i sequel/prequel.
Infine c'è la grazia incredibile di Alec Guinness e la presenza scenica (per me iconica) di Cushing.

Un film per ragazzini con uno scontro di spade (laser) tra i peggiori di sempre, che però rimane magnifico e da adito a un epicità che solo Lucas vent'anni dopo riuscirà a diminuire.

lunedì 9 maggio 2016

La macchina nera - Elliot Silverstein (1977)

(The car)

Visto in Dvx.

Una macchina nera comparsa dal nulla e (apparentemente) senza pilota, semina il panico in una cittadina nel deserto americano. La polizia darà vita a una caccia al mostro per poter riportare la normalità.

Un film horror anni '70 che si inserisce nella serie dei film con oggetti assassini? Una serie di chicche di sceneggiatura tra cui uno dei dialoghi più idioti di sempre (quello fra il trombettista…ok è un corno inglese e il marito violento) e qualche picco tocco politically uncorrect  (il padre che non mette il casco e dice alle figlie di fare quello che dice e non quello che fa, o le telefonate di insulti nei confronti dell’agente nativo americano).

Al di là dei dettagli, questo è il classico film dal presupposto idiota che siamo tutti pronti a deridere e disprezzare; ma una volta accettata la balzana idea di base (che comunque di li a poco darà vita a Christine) si nota che il film non è gestito come un horror classico  (momenti paurosi non ce ne sono neanche per sbaglio; ma direi che è una scelta consapevole), ma più sul modello de “Lo squalo” di Spielberg: , la macchina solo accennata all’inizio e mostrata da metà film in poi, la caccia di questo squalo di terra che sembra sbucare dal nulla, il suo annunciarsi da distante senza doversi per forza mostrare, l’effetto da thrilling degli inseguimenti o della minaccia in attesa (come per la scena della scolaresca tenuta sotto assedio dentro al cimitero). Il film sposta completamente il proprio asse su un genere diverso (e piuttosto nuovo) azzeccandone tutti i crismi e il ritmo.
Le scene sono inoltre ben realizzate nonostante il budget limitato e l'estetica della macchina è vincente (ha proprio "un'espressione" demoniaca) tanto da essere citata nei decenni a venire fino a Futurama.

Non un capolavoro, ma un’ottima sorpresa.

PS: il protagonista è il padre del, più fortunato, Josh Brolin.

venerdì 11 dicembre 2015

Hausu - Nobuhiko Ôbayashi (1977)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un gruppo di ragazze decide di passare le vacanze a casa di una parente della madre (morta da tempo) di una di loro. Inizialmente tutto sembra andare per il meglio con una gita in cmapagna di un gruppo di giapponesine (quindi regazzine entusiaste anche di fare i mestieri in casa al posto della donna paralitica), però iniziano a scomparire una dopo l'altra, mentre la più fantasiosa di loro sembra avere elle allucinazioni in cui vede teste volanti che le mordono il sedere.

Film giapponese che rappresenta la punta di diamante dell'impossibilità di classificazione. Oggetto strano parte come una commediola kawai adolescienziale, vagamente sentimentale, passa poi all'horror con punte splatter notevoli con immersioni in ambienti action e tanta comicità di dubbio gusto.
Ma quello che più sconvolge è come il tutto stia perfettamente unito insieme senza soluzione di continuità e ben rappresentato da un'estetica al limite dello schizofrenico.ù
Si perché quello che vince è un gusto estetico kitsch unito a una regia perfettamente consapevole di ciò che fa (e molto competente). Per capirci siamo dalle parti de "Le lacrime della tigre nera", ma con molte più capacità, molta più autoironia e molta più fantasia.

Una libertà formale estrema e molto cazzara, fatta di stilemi semplici ed esagerati con il tono paradossale di un cartone animato. C'è di tutto, mascherine, dissolvenze di una scena in un'altra, cieli e fondali finti e chiassosi, decorazioni degli interni esagerate, fermi immagine, musiche enfatiche (quelle dell'inizio sono piuttosto fastidiose e dal volume troppo alto), luci alla Sirk e viraggi di colore e giochi di montaggio mai visti (l'incipit mostra una riquadro centrale dello schermo virato in bianco e nero con una ragazza con un velo in testa e circondata di candele, la porzione attorno a questo riquadro è l'intenro di una classe che non si incastra con l'inquadratura centrale; poi il dettaglio al centro si muove verso sinistra finché non si sovrappone con il riquadro per poi continuare come un'unica inquadratura... difficile da spiegare, va visto); nel mezzo ci sono personaggi con nomi che caratterizzano il personaggio come nei 7 nani o nella spice girls (le protagoniste si chiamano Fantasy, Melody, Gorgeus, Prof, Sweet, Kung fu e Mac), sequenza fatte in stop motion e un finto film muto che serve a mostrare la storia di famiglia raccontata da una di loro con le amiche che fanno commenti in sovrapposizione.
Ci sono così tante idee messe sul fuoco (molte delle quali splendidamente cazzare) che è difficile ricordarle tutte.
bastino le prime scene. L'incipit è quello descritto sopra, poi cambio di scena e si assiste a un dialogo ripreso con un piccolo piano sequenza fatto da un lungo carrello posteriore; poi cambio di scena con un intermezzo da videoclip con molte mascherine, quindi nuovo cambio di scena si è a casa della protagonista sul balcone, un cielo di fuoco dipinto sullo sfondo, viene presentata la nuova compagna del padre che cammina al rallentatore con il vento che le muove costantemente il foulard.

Si concede inoltre quadretti decisamente più idioti con giochi con i suoni delle parole (la sequenza della ragazza che parla della testa decapitata nel pozzo), gag imbarazzanti (l'incidente di Mr. Togo che è degno di Mr. Bean, con l'insegnante che va all'ospedale per farsi togliere il sedere incastrato nel secchio; mentre nelle immagini prima ci sono alcuni personaggi che si muovono a ritmo di musica e si chiamano fra loro con il nome della professione).

In tutto questo, come già detto, ma è bene sottolinearlo, c'è dell'horror, con una casa infestata, presenze maligne, cannibalismo evidente. Ci sono morti continue, fontane di sangue e qualche buon momento splatter.

indubbiamente questa è una prova di forza più che un film in sé, ma è encomiabile come sia perfettamente bilanciato; si lascia andare solo nell'incasinato finale, dove la confusione (e la voglia di strafare) affossa il ritmo e lo rende piuttosto noioso.

Che possa piacere o meno, questo è uno dei pochi film che bisogna vedere, tutto quanto scritto non rende assolutamente quello che si avrà davanti agli occhi.

venerdì 30 ottobre 2015

Le colline hanno gli occhi - Wes Craven (1977)

(The hills have eyes)

Visto in dvx.

Famigliola wasp si perde in un deserto dove i militari fanno esercizi con armi radioattive; anziché animali giganti anni '50-'60 qui incontreranno un gruppo di redneck poco accomodanti.

Diciamolo subito. Nel mondo dell'horror anni '70 Wes Craven ha creato qualcosa di nuovo, nel precedente crea l'home invasion dove il caos del mondo (o la malvagità di uomini senza regole e senza morale) penetra nella quotidianità borghese; qui invece fa un passo indietro, in quanto è la normalità middle-class che si avventura nei territori del caos; forse un film meno innovativo, eppure molto, molto, più seminale dettando le regole per decenni.

In questo caso Craven ci da dentro con grande successo nel creare un ambiente adatto; mette tutti gli elementi giusti nelle giuste dosi e costruisce una location che molti mestieranti attuali non hanno le capacità per mettere insieme; purtroppo però si perde completamente nella realizzazione della suspense che latita quasi sempre. Ci mette più attenzione al ritmo rispetto al precedente e riesce a produrre delle sequenze action.
Altri grossi difetti sono l'età (che si sente tanto nel doppiaggio... Accopparli, dicono che devono accopparli!!); la famiglia di antagonisti è francamente camp; e l'ultima parte tende alla noia, quando si scoprono le carte l'atmosfera viene persa del tutto.

Tutto sommato però non mi è dispiaciuto; inoltre lo stile di regia attendo ai primi piani e ai dettagli mi ha fatto pensare alla base da cui è partito Rob Zombie.

lunedì 10 agosto 2015

Non rubare... se non è strettamente necessario - Ted Kotcheff (1977)

(Fun with Dick and Jane)

Visto in Dvx.

Un ingegnere che lavora per la NASA perde il lavoro; lui e la moglie (borghesi che ci tengono a vivere a un certo livello e a non mostrare il cambio di status) decidono di provare a trovare entrambi un nuovo lavoro. Dopo qualche tentativo infruttuoso si rendono conto che a rubare i soldi si fanno più facilmente; però bisogna esserne portati.

Non un film schiettamente comico, ma una commedia allegra con un livello sempre mantenuto.
I due protagonisti sono assolutamente in parte, si mettono in gioco e tengono botta con credibilità fino alla fine.

A parte questo quello che ho notato è che è un film avanti sui tempi. In primo luogo vi sono, per la prima volta sullo schermo, delle calze con le dita; c'è la battuta dell'eschimese che fa la pipì molto prima che ne "Il cliente"; la moglie fa la pipì di fronte al marito molto prima di "Eyes wide shut"; viene citato "2001: odissea nello spazio" durante la festa della compagnia aerospaziale molto prima di Tarantino.

Alla regia c'è un insospettabile Kotcheff che guida senza troppa enfasi (ma neanche troppa infamia) regalando qualche buon momento tutto suo (come la buona costruzione della scena dei soldi buttati per strada).

Infine, per chi come me l'ha conosciuta solo avanti con gli anni, si può notare che Jane Fonda è splendida e riesce a essere pure simpatica nello stesso momento.

PS: da questo film il remake con Jim Carrey e Tea Leoni.

mercoledì 18 settembre 2013

L'ultima onda - Peter Weir (1977)

(The last wave)

Visto in Dvx.

In una Sydney sconvolta da un tempo sempre più inclemente si consuma l’omicidio di un aborigeno; gli accusati dell’assassinio sono un altro gruppo di aborigeni. Un’avvocato (che ha sogni lucidi in cui vede personaggi che conoscerà solo successivamente) prende a cuore la cosa e decide di difenderli entrando sempre più profondamente in un ambiente che non ha mai abbandonato la tribalità anche in un contesto urbano.

Film di un Weir che si dimostra fin da subito molto bravo a creare atmosfere sospese e surreali in ogni ambiente (a vedere Hanging rock si può pensare che gioca facile creando il perturbante nell'outback nell'800; ma qui riesce comunque nell'intento anche nella britannica Sydney degli anni '70), dando vita ad uno dei film più bagnati (sbaglio o l’umidità è un elemento molto sentito el cinema dell’oceania?) in cui l’acqua diventa parte integrante della storia. Affascinante soprattutto perché l’opera riesce ad essere assolutamente urbana e ancestrale nello stesso tempo.

Detto ciò i pregi del film finiscono. Encomiabile l’idea di fondo (con una sorta di apocalisse moderna non del tutto spiegata o spiegabile, solo da accettare), ma è gestita in maniera molto ingenua e irritantemente didascalica, ogni svolta deve essere sottolineata apertamente almeno un paio di volte sennò il film non va avanti.

Un film tutt'altro che perfetto che portò sullo schermo (tra i primi) la cultura aborigena sostanzialmente sconosciuta in Europa e che, oggigiorno, può essere apprezzato per vedere i primi passi di un ottimo regista.


lunedì 13 maggio 2013

I nuovi mostri - Dino Risi, Mario Monicelli, Ettore Scola (1977)

(Id.)

Visto in tv.

Film collettivo seguito del celeberrimo (che non ho visto….) film del solo Risi del 1963. È un film ad episodi completamente disgiunti gli uni dagli altri che dovrebbero mettere alla gogna i vizi di una nazione ipocrita ad ogni livello. Gli episodi sono in totale 14, ma la versione televisiva è ridotta a soli 9 episodi… purtroppo ho visto quest’ultima versione.

Complessivamente il film è assolutamente da guardare, non è esattamente un film comico, è un grottesco degno del cinema spagnolo (ma d’altra parte, il grottesco è nel sangue di un certo cinema italiano) che fa risaltare su tutti l’ipocrisia della società, ma soprattutto al bravura degli attori. L’episodio del vescovo interpretato da Gassman, così come quello della madre portata all'ospizio con Sordi sono si della accuse sociali (banali e all'acqua di rose), ma soprattutto sono due prove d’attori, certamente caricaturali come vuole il tono del film, ma di assoluto livello; affascinante anche la macchietta del nobile romano in giro per ospedali interpretata sempre da Sordi. Essendo un film ad episodi il livello è altalenante, ma il tono è sempre mantenuto. L’unico cambiamento degno di nota è nei due episodi interpretati dalla Muti; le storie trattate lasciano le rotaie del grottesco per andare a parare in un cinismo veramente nichilista, senza speranza e con pochissima ironia, curiosamente questo cambio di tono non ammazza il film, anzi ne rende il mood più torbido.

Gli episodi censurati nella versione televisiva appaiono (ne ho solo letto le trame) particolarmente cinici o brutali che difficilmente potevano essere accettati dalla tv di stato di 30 anni fa...

giovedì 15 settembre 2011

Alta tensione - Mel Brooks (1977)

(High anxiety)

Visto in tv.
Thriller comico dedicato a Hitchcock. Brooks è uno psichiatra appena trasferito in un manicomio di fama di cui è divenuto direttore causa morte del predecessore. Ovviamente non è stata morte naturale. Indagando sugli ospiti del manicomio scoprirà esserci un famoso industriale di cui conoscerà la figlia ad un convegno, che sia lui la causa della serie di morti che si trascinano anche dopo il suo insediamento?

Solita parodia di genere che, nello specifico, parodia proprio i film del regista inglese in maniera più o meno evidente; palesi le situazioni tratte da Psyco, Vertigo e Uccelli (quest’ultima è forse la scena parodiata migliore). Complessivamente Brooks azzecca alcune situazioni comiche, ha alcune intuizioni geniali (nel viaggio in macchina iniziale la musica enfatica che accompagna uno svelamente che dovrebbe essere sconvolgente, proviene da un autobus che passa a fianco in cui un’orchestra sta facendo le prove, scena che verrà poi ripresa praticamente inalterata nei Simpson), ma complessivamente il film risulta invecchiato, con battute adatte ad un pubblico anni ’50 (ok, sto esagerando, ma mi fa strano pensare che negli anni ’70 ridessero per battute del genere) che ormai non hanno più la forza di sostenere un filmetto senza nessun altra forma di interesse. Frankestein Jr sembra essere una gemma solitaria.

martedì 4 gennaio 2011

Partitura incompiuta per pianola meccanica - Nikita Sergeevič Michalkov (1977)

(Neokonchennaya pyesa dlya mekhanicheskogo pianino)

Visto in VHS.

Il terzo film di Michalkov è ancora una volta un film in costume, e come al solito è un film di sentimenti ed emozioni contrastanti, che inevitabilmente esploderanno nel finale…

Ma come spesso succede nelle sue prime opere l’obbiettivo è troppo alto, vuol filosofeggiare dei massimi sistemi con poche carte in mano e s’illude di riuscirci senza annoiare. Ovviamente fallisce.

Il film inizia e finisce in maniera fascinosa per il repertorio umano che mostra, ma nel mezzo si perde troppo, in troppi scontri, in troppe banalità.

sabato 25 dicembre 2010

Incontri ravvicinati del terzo tipo - Steven Spielberg (1977)

(Close encounters of the third kind)

Visto in DVD.

Un film mitico che ha contaminato il genere e creato una serie di modi e di linguaggio per gestirne la messa in scena.

La storia è nota; un elettricista vede una serie di UFO e rimane ossessionato da una forma, da un’immagine, che scoprirà essere un monte. Riuscirà a raggiungerlo assieme ad altri rimasti sconvolti allo stesso modo e assisterà al primo incontro fra umani ed alieni.

Il film si fa ricordare soprattutto per la classicità nello sviluppo della trama (il lento disvelarsi della storia e il continuo mostrare sempre di più fino al finale dove gli alieni appaiono in carne e ossa. In questo Spielberg non è solo un maestro, ma anche uno degli inventori della formula magica giusta) a cui si sovrappone il soggetto, lo spunto alla base, estremamente originale. A fronte dell’idea della musica come linguaggio universale (altra grande invenzione, solo oggigiorno divenuta banale) vi è il concetto base degli alieni come forza positiva; dell’incontro come tentativo di comprensione. Si insomma, la fantascienza che mostra gli altri come essere viventi in tutto simili a noi e l’incontro come una possibilità di arricchimento. Se si esclude E.T. (che comunque è una favola per bambini e pertanto la creatura è per forza buona) questo è l’unico film con alieni apertamente positivo che io ricordi.

Poi per carità, il film è di una lentezza esorbitante e dopo averlo visto una volta si è a posto per tutta la vita, però uno sguardo lo merita.

venerdì 12 novembre 2010

Suspiria - Dario Argento (1977)

(Id.)

Visto in VHS.

Dopo "Profondo rosso" Argento si trova a doversi superare, o almeno provarci, quindi cambia finalmente registro, ambienta il film all’estero, cambia personaggi e dinamiche. Non ci si trova più di fronte ad un assassino dall’oscuro passato, ma ci si trova a metà via tra la casa stregata e la comunità demoniaca.

Il registra poi decide che stavolta non val la pena puntare sull’effetto diretto (che comunque c’è, e su tutte è magnifica la scena della ragazza che salta nella stanza piena di filo spinato), quanto di creare atmosfera puntando sull’accumulo. Accumulo di situazioni, di simboli, di simmetrie e di colori. Quindi si affida ad una scenografia geometrica al massimo (scelta azzeccata) e ad una fotografia dai colori violenti molto anni ’70 (scelta pessima), ci aggiunge poi continui momenti WTF come la sublime scena delle camole che cadono dal soffitto (scelta pessima).

A questo pout pourri di tentativi ci aggiunge pochi momenti di regia argentiniana, e quei pochi che ci sono affogati nell’eccesso delle immagini e non sempre vengono colti.

Il cast è abbastanza piatto, non sbagliato, semplicemente incolore. Anche se, come al solito, Argento si toglie il gusto di prendere un grande attore del passato in una parte importante (Alida Valli, mica cazzi).

Il film risulta irrilevanti, sostanzialmente innocuo ed inutile, con uno dei finali più scialbi di sempre (e mal realizzato a livello di effetti speciali), il che è un peccato.

PS: Ora ho capito da dove ha tratto ispirazione Sclavi per il suo numero 3.

mercoledì 15 settembre 2010

Un borghese piccolo piccolo - Mario Monicelli (1977)

Un impiegato del ministero (Sordi) piuttosto possessivo e maschilista, gonfio d'orgoglio, piccoloborghese e dalla figura titanica che pesa fortemente sulla famiglia creando la vita del figlio (Vincenzo Crocitti, che in una parte seria mi fa morire dal ridere) a propria immagine cerca di far entrare il suo unicogenito nello stesso ministero. Non si pensi male, Sordi interpreta un personaggio rico di difetti, ma tutto ciò che fa lo fa per un sincero ed enorme amore per il figlio, di cui è orgogliosissimo per il diploma in ragioneria e per il quale è disposto ad ogni sacrificio (entrerà nella massoneria solo per potergli dare una chance in più)... purtroppo il giorno dell'esame il figlio rimarrà ucciso in uno scontro a fuoco durante una rapina, la moglie di Sordi apprenderà la notizia dalla televisione e rimarrà sotto shock, incapace di muoversi e provvedere a se stessa; Sordi stesso cadrà in depressione, ma continuerà a collaborare con la polizia. Quando finalmente riuscirà a trovare il colpevole non avvertirà le autorità, semplicemente se lo rapisce per conto suo e lo porterà in una catapecchia fuori città. Anche lui non ha la minima idea di cosa farsene, ma il rapito morirà accidentalmente...
Film nerissimo di Monicelli assolutamete lontano dai torture movie odierni, non vi è vera e propria vendetta, non vi è tortura, è solo un uomo inadeguato ad affrontare ciò che gli è successo che agisce a caso senza avere idea sul da farsi. Il film però rimane sempre ironicissimo (la scena delle prove iniziatiche alla massoneria sono stupende), cinico oltre ogni dire a volte esagerando non poco (tutta la scena nel cimitero o il finale), talvolta invece si permette delicati tocchi di classe (come nella scena dell'assassinio, che avviene per caso, quasi senza che nessuno se ne accorga, neppure Sordi). Il film vuole essere una disincantata dichiarazione di morte di un cinema (quello della commedia all'italiana) impossibile da portare avanti perchè è la società ad essere cambiata, se una volta i difetti degli italiani potevano essere usati come sfottò e rendere simpatica una nazione, ora vengono visti come simpatiche limitazioni di uomini di borgata che possono però trasformarsi in armi letali; la società è malata in modo irreversibile e non si ride più di lei in tono comprensivo, si ride per non piangere, per non pensarci.
Ottima l'interpretazione di Sordi, forse la migliore in assoluto (in effetti la fine dei 70 e l'inizio degli 80 rappresentano il suo periodo migliore da un punto di vista recitativo); peccato per la Winters, completamente sprecata, non dico che avesse bisogno di un personaggio migliore, ma almeno una battuta decente potevano dargliela.

mercoledì 11 agosto 2010

Wampyr - George Romero (1977)

(Martin)

Visto in DVD.

Romero tenta di fare con i vampiri quello che quasi dieci anni prima aveva fatto con gli zombi.
Ben prima di Christopher Pike e dei suoi libri elimina ogni orpello popolare alla figura del vampiro per renderlo il più "realistico" possibile. Così il vampiro diventa una creatura identica agli umani che quando gli monta la fame vera deve nutrirsi di sangue e che vive per sempre, e basta. Niente problemi con le croci, con l'aglio, con la luce, ha giusto un piccolo problema col sesso, ma giusto per la sua devianza nei confronti del sangue. Ok, in realtà il film non dichiara mai che il ragazzo sia un vampiro, anzi, diciamo che rimane costantemente in sospeso tra la realtà del vampiro e l'idea che sia solo un ragazzo parecchio disturbato con dei parenti messi peggio di lui; e questa è anche l'opinione di Romero, che credo tagli la testa al toro, però la storia non è chiaramente delineata per giungere a questa conclusione, ma pare che il film giunto in italia sia stato vittima di una cannibalizzazione da parte dei produttori/distributori...
L'idea è decisamente buona, anche perchè riesce a modernizzare una delle figure più usurate e nello stesso tempo ritornare alle origini (viene creato un parallelo maggiore con la religione che non l'odio per la croce fine a se stesso, tentano infatti un esorcismo; e ritorna il tema del vampiro come figura romantica/perversa), il tutto con la sfrontatezza di sottolineare come tutti gli altri film siano stati delle vaccate fino a quel momento.
Però non funziona; e non funziona perchè la storia è brutta. Dura troppo per quel poco che vuole dire, è troppo lenta e serve solo a mostrare le caratteristiche del vampiro, non a intessere un qualsiasi discorso. Poi ci mette anche una scena in cui il vecchio spiega tutto alla nipote, giusto per spezzare ulteriormente il soporifero ritmo del film. Il formato è talmente grossolano che anche l'ironico finale viene violentato da un'eccessiva frettolosità di realizzazione e da una certa mancanza d'idee.

martedì 24 novembre 2009

Sinbad e l'occhio della tigre - Sam Wanamaker (1977)

(Sinbad and the eye of the tiger)

Visto in DVD.

Il film unisce ad una trama insulsa e confusa una messa in scena ed una regia completamente anni settanta, con scenografia titaniche, colori chiassosi più di un vestito di Platinette, molti movimenti di macchina piuttosto afinalistici, costruzione delle scene su più piani, montaggio serrato e zoom come se piovessero... in poche parole una bestialità inutile.
ma questo film non è famoso in se, ma solo come portatore sano di Harryhausen; peccato che stavolta anche lui sbagli. Posso anche capire quanto sia difficile animare una tigre dai denti a sciabola, però i mostri che presenta sono senza fantasia, senza potere immaginifico (un minotauro di metallo sono in grado di vederlo praticamente identico anche nel telefilm dei Power Rangers), in una parola deludenti... quanto è lontano "Scontro di titani"...
Un pessimo film senza alcuna attenuante. tranne forse un semi-nudo della futura dottoressa Quinn...