lunedì 29 agosto 2016

Dark was the night - Jack Heller (2014)

(Id.)

Visto in Dvx, in lignua originale sottotitolato in inglese.

In un paesino del nord degli USA vengono trovate delle strane impronte nella neve, come di un animale, bipede, ma con gli zoccoli. Nello stesso periodo cominciano a scomparire dei capi di bestiame. I due poliziotti si mettono a indagare, mentre uno dei due viene sempre più bersagliato da inquietanti presenze notturne.

Horror classicheggiante nello svolgimento con tanto (troppo) family drama.
Certo non è un film che inventa nulla, ma inizia fin dalla prima scena mettendo in campo una cura per le immagine che fa la differenza; colori desaturati, fotografia raffinata, utilizzo dei paesaggi in maniera emotiva (quelle lande innevate riescono a essere inquietanti anche senza mostrare nulla) e un buoi della notte solido come un muro. A fronte di tutto questo sforzo il film però trascina una trama (come già detto) canonica (che di per sé non è un problema) appesantita dalle pretese di scandaglio psicologico e agnizione dovute al recente passato del protagonista; scelta che poteva anche essere utile a rimpolpare la trama tra un'indagine e l'altra, ma che qui diventa rapidamente ripetitiva e senza significato.
Il finale si permette di rovinare tutto con una creatura particolarmente insignificante e mal realizzata con un CGI di qualità medio-bassa che però stride tantissimo con il resto della fotografia.

Un film horror perfetto per i presupposti, ma sbagliato nelle due cose fondamentali.

PS: Kevin Durand non è proprio un attore impeccabile, ma è riuscito ad avere un'espressione dolente variamente declinata adatta al film, un paio d picchi di agnizione ben condotti, ma soprattutto due occhi con notevoli borse identici a quelli di Christopher Walken... paura...

venerdì 26 agosto 2016

L'alba dei morti dementi - Edgar Wright (2004)

(Shaun of the dead)

Visto in DVD; in lingua originale sottotitolato in inglese.

Film di zombi con agnizioni familiari con due protagonisti che sono degli adolescenti mai cresciuti. Il classico film di Pegg/Wright in ambiente romeriano con spiccato accento comico.

Al di la della gustosa regia di Wright che qui è in grande spolvero senza gli eccessi (comunque ottimi) di "Scott Pilgrim", con dinamismi perfetti, giochi di montaggio che oggigiorno sono in pochi a realizzare e piccoli piani sequenza; al di là di tutto questo quindi (che già basterebbe) c'è tutto quello che negli altri due episodi della trilogia del cornetto mostreranno ampiamente. Qui c'è affetto e profonda conoscenza del genere parodiato e l'ironia non viene utilizzata per battute idiote o gag slapstick completamente disgiunte dal racconto. Qui si gioca con un pubblico trattandolo alla pari, Wright sa che noi sappiamo che è un film di zombi, sa come funzionano questi film, ci continua a dare notizie che qualcosa di strano sta succedendo, ma tenendolo sempre sullo sfondo (pur essendo spesso pervasivo, come il suono dell'amblanza che obbliga i personaggi a parlare a voce alta per sovrastarlo); gioca con le aspettative e continua a creare suspense o scene action con i normali gesti della vita quotidiana (la preparazione al mattino del protagonista) e inserisce queste situazioni in un mondo normale dove tutti, normalmente, si comportano come zombi senza neppure accorgersene. Tutto questo lavoro di fino fatto con le aspettative è, decisamente, l'aspetto migliore del film e la lunga prima parte è quella meglio riuscita e più gustosa.
Nella seconda parte (quando l'epidemia esplode e con lei la trama) il film perde, per ovvi motivi, tutto il gioco iniziale, ma mantiene il ritmo, acquisisce una selva di citazioni (mai fini a sé stesse; ed è questa la grande forza di Wright) e riannoda tutti i fili lasciati fino a quel momento in sospeso (miriadi di dettagli anticipati nella prima parte vengono ripresi e riutilizzati giustificandone la presenza all'inizio, anche i videogame usati dai protagonisti vengono sfruttati per creare sequenze su quello stile).

Sarò sempre più affezionato a "Hot fuzz" questo è ovvio, ma anche qui siamo davanti a un film quasi perfetto.

lunedì 22 agosto 2016

Il diavolo e la signora - William Dieterle (1936)

(Satan met a lady)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Questa è la seconda versione portata sullo schermo de "Il falcone maltese" di Hammett, la vicenda dunque ricalca quella del romanzo cambianto l'oggetto del contendere (qui sarebbe il mitico Olifante di Orlando) e i nomi dei personaggi. La vicenda produttiva di questo film è legato al codice Hays, il primo film infatti venne realizzato nel 1931 (un anno prima del codice) e, pare (ma io non l'ho ancora visto) che ci fossero eccessivi ammiccamenti sessuale e riferimenti a supposte omosessualità. Quando nel 1936 la Warner decise di rimettere in sala il film venne pesantemente bloccata dalla censura, decise quindi che gli veniva più facile realizzarne una versione del tutto nuova.
La nuova versione però venne realizzata con i cambiamenti già citati, ma soprattutto con una sterzata nel tono, di fatto venne creata una sorta di parodia, una versione ironica più sul modello de "L'uomo ombra" di poco precedente che di un hard boiled classico.

Quello che riuscirono a ottenere è una versione ancora molto divertente di una detective story con un protagonista splendido (descritto alla perfezione, rappresenta la versione scanzonata del classico investigatore privato che non sbaglia un colpo); una storia intricata quanto basta sostenuta da un ritmo pazzesco che non diminuisce neanche per un attimo e un arrogante menefreghismo per i dettagli che ci si può permettere (senza far incazzare lo spettatore) solo quando il resto del macchinario funziona alla perfezione.
William interpreta il protagonista con una savoir fair imbattibile; la Davis invece, pur essendo in parte, non è al suo meglio.

venerdì 19 agosto 2016

Il magnifico cornuto - Antonio Pietrangeli (1964)

(Id.)

Visto in Dvx.

Un uomo della borghesia di Brescia ha una (breve) relazione con un'amica della coppia. Da quel tradimento comincerà a farsi strada il dubbio... se lui è riuscito a tradire la moglie e a farla franca, allora anche la moglie potrebbe tradire lui e non farsi scoprire. L'uomo entrerà in un loop che lo porterà sempre di più verso l'ossessione.

Commedia grottesca di un Pietrangeli in piena forma. Tratta da un dramma francese, la sceneggiatura viene manipolata e messa in mano a un Tognazzi completamente in parte e ne tirano fuori quello che in definitiva è un dramma (la corsa in automobile per far confessare la moglie e la confessione falsa solo per farlo smettere), ma trattato con un'ironia e un gusto per la dissacrazione che sono da applausi (con continue allusioni sessuale... anche piuttosto esplicite).
Come detto Tognazzi è un valore aggiunto (scelta ovvia, ma direi doverosa), mentre la Cardinale mi è sembrata piuttosto persa, poco efficace; infine c'è la partecipazione, piuttosto defilata, di un Volonté talmente giovane da essere quasi irriconoscibile.
Dietro la macchina da presa Pietrangeli fa i miracoli; con un dinamismo molto vicino a quello del successivo "Io la conoscevo bene", ma senza quegli eccessi, costruisce un film veloce e molto interessante con diverse sequenze oniriche (le fantasie ossessive di Tognazzi) girate con ancora più libertà; il tutto fotografato in uno splendido bianco e nero.

Unico neo il minutaggio eccessivo che provoca inevitabili ripetizioni e, verso la fine, qualche sbadiglio. Peccato perché sarebbe stato un capolavoro di cinismo, invece così rimane un ottimo esempio di commedia italiana del periodo.

lunedì 15 agosto 2016

La città nuda - Jules Dassin (1948)

(The naked city)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

A New York viene commesso un omicidio, la polizia indaga e il film ne segue le mosse, gliinterrogatori, le analisi, i pedinamenti e l'inseguimento finale fino alla risoluzione della vicenda.

Togliamo subito un dubbio; il neorealismo è un'altra cosa. Tra le idee migliore messe in campo in questo film, Dassin decide di girare realmente in esterni della città di New York, ma il neorealismo (a cui a volte viene accomunato proprio per questa scelta) non è solo questo, anzi, forse gli esterni originali sono l'elemento meno caratteristico.

L'idea sopracitata è un valore aggiunto incredibile, dando spessore alle scene in esterni (che sono molte), permettendo alcune inquadrature originali e creando un inseguimento finale sul ponte che da solo è motivo sufficiente per vedere l'intero film.
Tuttavia Dassin non si limita a questo.
Costruisce un film per l'epoca molto diverso dai soliti, distante dal noir, più sul genere dei polizieschi televisivi attuali, con un gruppo di personaggi ben caratterizzati, un tono ironico. A questo poi si aggiunge una buona fotografia e una voce fuori campo inizialmente classica, ma che con lo svilupparsi della vicenda diventa ironica e ne finale da suggerimenti o fa il tifo per i personaggi.

Inoltre l'intera vicenda è ben condotta con un ritmo adeguato che non permette mai di stancarsi e con un cast in parte.

venerdì 12 agosto 2016

Dov'è la casa del mio amico? - Abbas Kiarostami (1987)

(Khane-ye doust kodjast?)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un ragazzino che abita in uno sperduto villaggio dell'Iran porta a casa, accidentalmnete, il quaderno di un compagno di classe. Per rintracciarlo perderà tutta la giornata fra labirinti di case e adulti non disponibili.

Partiamo dai difetti che sono indubbiamente importanti. Questo è il classico film lento, dove il neorealimso (questo è il neorealismo iraniano) risulta particolarmente pesante per la mancanza di attori accettabile e per una regia che, predilignedo, la verosimiglianza non cerca di portare maggiore ritmo o maggiori scioltezza. Inoltre la trama è piuttosto esile.

Tuttavia qui si concentrano alcuni dei pregi del neorealismo classico. La trama è semplice perché quello che si sviluppa è una fiaba, dove un bambino si immette in labirinti di pietre e di esseri umani che lo confondono o lo rallentano più che aiutarlo, come una sorta di Alice nel paese delle meraviglie dove nessuno dei personaggi incontrati risulta utile, ma tutti sembrano poter dare qualcosa. Il finale, è perfeto nella sua semplicità.Al di là poi del possibile metaforone che ho letto sull'internet (un film sulla fede) o le eventuali critiche al regime (soprattutto in quel decennio venivano spesso realizzati film con protagonisti dei bambini poiché era più facile passare il vaglio della censura, mascherando la metafora nella fiaba).
L'altro gande pregio del neorealismo è che, quando azzecca una faccia, azzecca tutto. Il piccolo protagonista ha un'espressione dolente che vale la perdita di qualità della fotografia e i disgi di una trama lieve. Infatti le parti peggiori (e più noiose) sono quelle in cui non compare (il lungo dialogo tra gli anziani).

Un bel film facile da odiare.

lunedì 8 agosto 2016

Indipendence day. Rigenerazione - Roland Emmerich (2016)

(Independence Day: Resurgence)

Visto al cinema, in lingua originale sottotitolato in spagnolo.

Sono passati esattamente 20 anni dai fattacci del film precedente e, curiosamente, gli alieni tornano per distruggerci; curiosamente gli unici a capire che qualcosa si muove sono gli stessi di 20 anni fa. Per fortuna saranno supportati dalle nuove leve dell'esercito per fermare la minaccia spaziale.

L'idea che qualcuno volesse fare un seguito di un blockbuster vecchio di vent'anni ormai tecnicamente superato e rimasto cult per i pochi di noi che lo videro al cinema... beh mi è sembrata una vaccata commerciale e un'idea idiota anche da ogni altro punto di vista.
...poi un piccolo hype ha cominciato a farsi strada...

Alla fine il film non è la cazzata pazzesca che temevo all'inizio, ma neppure quella incursione nell'action anni '90 riadattato che mi sarei aspettata.
Il minutaggio relativamente contenuto per il colossal che avrebbero voluto aiuta a rendere sopportabile un film d'azione con poche scene action degne di nota (esclusa la cavalcata finale della regina, tra l'altro, salverei solo due scontri aerei, che sono tra i combattimenti che mi piacciono meno); diversi punti confusi e molti spunti eccessivi e rubacchiati a altri film di quel genere.
Ho trovato invece buona l'idea di dare completa continuità con la vicenda precedente utilizzando quasi lo stesso cast (dopo vent'anni fa piacere rivedere Goldblum o Fichter fra i coprotagonisti).

A livello tecnico il film precedente aveva segnato il passo; gli effetti speciali all'avanguardia erano il cardine dell'hype prima dell'uscita e sono stati decisamente impressionanti, scalzati dalla mia memoria solo da "Matrix". Qui invece si confeziona il solito film ricco di CGI di qualità, ma sbrodolata dappertutto come se il poterlo fare giustificasse la necessità di farlo.

Un filmetto action per tutta la famiglia guardabilissimo; ma se il pregio principale è di rivedere alcuni attori dimenticati tornare in primo piano direi che siamo lontani dalla sufficienza piena.
Aspettiamo il terzo film per finire il cofanetto special edition.

venerdì 5 agosto 2016

Gli angeli dell'inferno - Howard Hughes (1930)

(Hell's angels)

Visto in Dvx, in lingua originale.

Due fratelli, innamorati della stessa donna (che flirta con tutti) si arruolano in aviazione per combattere i tedeschi (occhio alla data di realizzazione del film, è ancora la prima guerra mondiale!), dopo gloriose battaglie saranno candidati (anzi, si offriranno) per una missione suicida, verranno catturati e il loro eroismo sarà posto alle estreme conseguenze.

La storia produttiva è travagliata e piena di tracotanza, ma credo sia abbastanza nota; complessivamente si può riassumere in: Hughes è un tizio pieno di soldi con la passione degli aerei, vuole fare un film sulle battaglie aeree della prima guerra mondiale, ma rimane insoddisfatto dal lavoro quindi si mette dietro la macchina di presa, il tempo di finire il film e il sonoro invade le sale cinematografiche, Hughes non si perde d'animo, caccia fuori altri soldi e rigira tutto quello che deve. Il film viene distribuito ed è un successo.
L'unica nota che mi ha sempre dato un certo rammarico è che il regista ufficiale, prima della discesa in campo di Hughes, era James Whale (fu proprio l'inettitudine di quest'ultimo, secondo Hughes, nelle battaglie aeree che lo convinse a stracciare tutto e ricominciare da capo), di cui cedo rimanga ben poco; peccato perché sarei stato curioso di vedere cosa ne avrebbe tirato fuori.

Al di là di tutto comunque il risultato è assolutamente buono.
La trama piuttosto enfatica è ben utilizzata per veicolare le sequenze aeree e tutto sommato (nonostant eil minutaggio) non è quasi mai pesante.
In effetti però il vero valore aggiunto sono proprio le sequenze volute da Hughes, tecnicamente impressionanti esteticamente perfette fanno impressione ancora oggi (le calme immagini dei bombardamenti, lo zeppelin che esce dalle nubi, sono immagini che non sfigurerebbero in un film contemporaneo) e riescono a essere comunque strettamente legate al dramma messo in scena (si pensi al suicidio dei soldati tedeschi per far perdere peso) con un efficacia da pelle d'oca.
E in tutto questo c'è anche il tempo per un piccolo apologo antimilitarista.

lunedì 1 agosto 2016

Weekend - Andrew Haigh (2011)

(Id.)

Visto a un cineforum, in lingua originale sottotitolato in spagnolo.

Nella provincia inglese un ragazzo gay si porta a letto un altro ragazzo. La mattina dopo il distacco sarà più difficile del previsto; si rivedranno nel giro di pochissimo tempo, anche perché il ragazzo appena conosciuto alla fine di quel weekend dovrà partire per gli USA per due anni.

Togliamo subito tutti i dubbi: questo è un film romantico, molto chiacchierato, girato con una macchina da presa a mano. Mi pare che abbia solo caratteristiche negative...
Invece, la netto di qualche lentezza di troppo (davvero, i film quasi interamente chiacchierati mi sono difficili da portare a termine) si dimostra incredibilmente digeribile ed estremamente interessante in maniera molto simile, all'altrettanto chiacchierato, ("Prima dell'alba").
La macchina a mano molto mobile non è mai lasciata a sé stessa, ben controllata rende il film estremamente verosimile senza essere disturbante; intercalata com'è con intermezzi statici degli ambienti (per lo più case popolari) dove si muovono i personaggi in maniera incredibilmente affine ai lavori di Rosi.

Al di là della regia utilitaristica e non fastidiosa, il film vince per la semplicità (apparente) dell'argomento; una storia d'amore rapidissima messa in mano a due protagonisti combattuti. Combattuti dal desiderio di una relazione nonostante la conoscenza di una notte, il desiderio di frequentarsi senza sentirsi il giogo di una relazione (da parte del coprotagonista), il desiderio di una storia continuativa scevra dalle ipocrisie borghesi (forse il punto più debole e patetico del film messo in bocca al protagonista che ha velleità artistiche... luogo comune ormai inaccettabile, ma tuttavia toccato in maniera superficiale) infine il desiderio di una storia continuativa nonostante l'impossibilità di poterla avere.
Film tenero e dal sentimento privato che diviene universale girato bene e messo sulle spalle di due attori fantastici (perfetti per la parte, soprattutto Cullen che è un maestro nel mostrare sentimenti trattenuti).

La questione dell'omosessualità è decisamente sullo sfondo, ovviamente affrontata (l'outing, l'accettazione da parte della famiglia o degli amici, i rumori di fondo dei commenti omofobi), ma non diventa mai preponderante rendendo, quello che poteva essere un film più di nicchia, un film sull'amore (e del tipo migliore, per giunta).