lunedì 30 marzo 2020
I ragazzi del retrobottega - Michael Powell, Emeric Pressburger (1949)
Visto su Mubi, in lingua originale sottotitolato.
Durante la seconda guerra mondiale a Londra proliferano le ricerche sulle armi. Uno degli ingegneri più promettenti, amputato ad una gamba i cui dolori (e la cui depressione) lo trattengono ai limiti dell'alcolismo. Verrà contattato per scoprire la nuova arma lanciata dagli aerei tedeschi che sembra fare strage per lo più di bambini (curiosamente profetico circa le mine anti uomo).
Solido film romantico con dramma della coppia Powell e Pressburger. Curiosamente per la coppia il film è in un bianco e nero a cui non mi hanno mai abituato, ma che è gestito benissimo, con un uso noiresco delle ombre negli interni (per lo più in casa) e che arriva all'espressionismo tedesco nella scena dell'allucinazione (scena eccessiva per il film, ma da incorniciare per la costruzione) per poi andare all'opposto con una luce candida e pervasiva nella scena di tensione sulla spiaggia.
Pur non essendo il migliore film del duo siamo davanti a un'opera che attraversa diversi generi riuscendo con semplicità nei cambi improvvisi, parte come una commedia, attraversa il dramma romantico, il thriller per chiudersi di nuovo con il romanticismo.
la costruzione del protagonista è buona e sfaccettata riuscendo a creare un eroe romantico perfetto, gli altri vengono lasciati sullo sfondo e sono utili solo a muovere i vari generi.
La regia ottimale si fa ricordare soprattutto per due scene, la prima quella dell'allucinazione già citata (che, ripeto, ho trovato magnifica pur nella ridicolaggine della bottiglia gigante) e quella finale sulla spiaggia dove i registi tentanto (e riescono) a creare tensione in piena luce con un'attività statica per lo più con il racconto e con l'accumulo di eventi precedenti.
PS: titolo italiano fuorviante e immotivato (una traduzione quasi letterale di qualcuno che non vide mai il film?)
lunedì 15 gennaio 2018
Le mura di Malapaga - René Clément (1949)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.
Un fuggitivo dalla Francia fugge in Italia a bordo di una nave; vorrebbe raggiungere Napoli, ma a causa di un mal di denti è costretto a scendere a Genova. Tolto il dente viene raggirato e perde tutti i soldi; depresso e disilluso decide di costituirsi, ma la centrale di polizia sovraffollata sembra respingerlo. Decide quindi di andare a mangiare in una trattoria e non pagare (avendo solo 2000 lire false), così che sia la polizia a venire da lui. Nella trattoria conoscerà una donna separata dal marito e con una figlia che gli farà riconsiderare i piani per il futuro.
Dolce, ma mai stucchevole, storia di un uomo distrutto dalla vita (e dalle proprie scelte) che torna ad avere della speranza; ma è anche la storia di una donna distrutta dalla vita che torna ad aver speranza.
Non succede quasi nulla dopo l'incontro fra i due; non ci sono storie d'amore epocali; ma una storia di emozioni che tornano a nascere tra le rovine della seconda guerra mondiale.
Ovviamente è una coproduzione franco-italiana, non un film americano, quindi il finale non sarà dei migliori.
Opera osannata dalla critica dell'epoca (vincitrice di un Oscar come miglior film straniero e a Cannes), ma presto dimenticata. Forse non è il devastante capolavoro che sembrava all'epoca, ma certamente è un film da recuperare in quanto coniuga magnificamente il realismo poetico francese (i giochi di ombre, le strutture in notturna usate in maniera quasi espressionista, un certo gusto noir nel mood, il personaggio antieroico protagonista, nonché la faccia quasi patognomonica di Gabin) con il neorealismo italiano (situazioni di vita vera della protagonista e dei personaggi di contorno; le vere rovine della Genova post-bellica utilizzate come ambiente, ma anche come mezzo per creare il mood, i piccoli sentimenti che diventano protagonisti). Scelta questa che portò all'epoca a criticare Clément (stupidamente) per essersi lasciato trascinare dal modo italiano di fare film.
Quello che viene fuori è una storia magnificamente condotta su un doppio binario legato benissimo che prende il meglio dai due modi di raccontare una storia e da vita a minuscole situazioni che si lasciano ricordare per giorni (su tutte la scena in cui Gabin ordina due grappe e la cameriera si illude che sia per offrirne a lei; una scena tutta giocata con le immagini e non con le parole).
Gabin ovviamente ci sguazza in un personaggio del genere (non credo che potessero scegliere qualcun altro); come coprotagonista invece c'è una bilingue Isa Miranda, incredibilmente brava e non irritante (solo quando parla in italiano sembra non riuscire a trattenere il suo modo strascicato di parlare).
lunedì 25 settembre 2017
Il sangue della bestia - Georges Franju (1949)
Visto qui.
Se "Earthling" inserisce qualcosa di nuovo, il discorso di fondo è più vecchio di quanto ci si possa aspettare. Al di là della questione meramente alimentare, la violenza sugli animali perpetrata nell'industria della carne ha un antesignano illustre. Questo cortometraggio documentaristico di un, quasi, neofita Franju. Prima dei suoi splendidi lungometraggi surreali il regista francese si pose nella scia del documentario, direi, pionieristico. Lo è perché la sua opera prima è degli anni '30, lo è per le difficoltà di realizzare documentari veri e proprio in quei decenni, ma qui lo è soprattutto il tema, all'epoca decisamente poco mainstream.
Il documentario mostra il macello di alcuni animali (mucche, cavalli, maiali) in alcuni mattatoi della periferia parigina. Le sequenze delle uccisioni sono mostrate senza reticenze e con un distacco che evita il voyerismo (e devo ammettere che impressionano poco grazie al bianco e nero) e vengono introdotte da alcune brevi spiegazioni fatte con voice off mentre la macchina da presa mostra i quartieri dove sono presenti i macelli.
Questo corto è certamente originale per l'epoca, ma lo trovo molto più interessante per la sua realizzazione. Ci sono inserti arty con gli stacchi da una scena all'altra fatti tramite oggetti (un ventaglio che si apre), inquadrature dolcemente e tranquillamente surreali (il lampadario sospeso nel nulla, l'uomo seduto a tavola in mezzo a una spianata in esterni) che sembrano voler esaltare l'impatto visivo della macellazione a cui si assisterà poco dopo. Al di là della realizzazione però, c'è anche una certa intelligenza nel portare avanti il concetto (questo documentari non sono mai crudamente obiettivi); con una serenità incredibile, Franju, sembra voler fare dei paralleli fra la periferia urbana (dove sono costruiti i mattatoi) e quella umana; dove uomini allo sbando si concentrano attorni a luoghi non di orrore, ma di fredda indifferenza professionalità.
lunedì 26 dicembre 2016
La rosa di Bagdad - Anton Gino Domeneghini (1949)
Visto in DVD.
La figlia del Califfo vuole scegliere il futuro sposo fra tutti coloro che raggiungeranno la capitale. Un mago malvagio vuole prendere il potere tramite il matrimonio eliminando tutti pretendenti prima che arrivino in città. Un ragazzo senza mezzi riuscirà a salvare la situazione.
Questo è il film che si contende il trofeo di primo lungometraggio d'animazione europeo con l'altro italiano "I fratelli dinamite". Tecnicamente fu iniziato prima ma durante la seconda guerra mondiale è inutile dire dei ritardi di produzione, fu poi inviato a Londra per il technicolor. Le uscite al cinema avvennero a distanza di pochi mesi, forse meno. Onestamente il primato conta poco, possono tranquillamente condividerlo.
La sostanziale differenza fra i due è che il film dei fratelli Pagot è una cavalcata anarchica in un mondo surreale, mentre qui siamo più dalle parti del canonico cartoon favolistico in un ambiente esotico.
L'animazione è decisamente discontinua (non credo che debba sorprendere, la guerra non rallenta solo la produzione, ma avrà inficiato la lavorazione nel suo complesso), ma presa nell'insieme decisamente buona, i disegni sono rotondi e dolci a metà tra la Disney (a cui sembra attingere a piene mani) e l'animazione sovietica.
Buona la gestione degli elementi magici che rendono godibile una storiella piuttosto sdolcinata. E se la messa in scena nel complesso non è originale qualche picco d'idee originali riesce ad ottenerlo (si pensi alla sequenza dei serpenti incantati dal flauto, degna di Fleischer).
lunedì 21 novembre 2016
Fiori nel fango - Douglas Sirk (1949)
Visto in Dvx in lingua originale sottotitolato.
Una donna esce dal carcere sulla parola dopo una condanna per omicidio. Il suo parole officer (non so come si dica in italiano) la mette in guardia circa il tornare a frequentare le stesse persone che l'hanno portata sulla cattiva strada. Per portarla verso una vita nuova le trova un lavoro come donna di compagnia della propria madre cieca. Il parole officer si innamora, si dichiara e i due si sposano. Quando l'ex della donna viene trovato morto lei viene sospettata e i due scappano insieme.
Un film particolare, un dramma sentimentale in ambiente poliziesco ben realizzato, una storia ancora molto godibile. Il dettaglio più interessante della trama è la discesa verso il basso, il crollo dalla vita borghese a quella da latitanti scontenti che inizia dal momento della dichiarazione d'amore; da quando l'amore arriva alla luce del sole, li la coppia dovrà darsi alla macchia.
L'idea dunque è buona, ma viene affossata nel finale che è più idiota che sdolcinato...
I protagonisti sono incredibilmente legnosi.
mercoledì 19 ottobre 2016
Corruzione - Robert Z. Leonard (1949)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Un aqgente federale viene inviato su un'isola del Sud America per indagare sui furti di motori d'aereo. Sull'isola incontra una coppia, si innamora della donna, viene avvicinato da un losco individuo che gli offre soldi per andarsene, infine si scontrerà con l'uomo che è andato ad arrestare. Nel mentre fingerà di andare a pesca di marlin.
Visto grazie al "Il mistero del cadavere scomparso" questo è un film dalla grande potenzialità, ma dallo svolgimento debole.
L'idea di base (l'eroe bloccato su un'isola in Sud America in cui tutti, o quasi, lavorano per il villain di turno) è buona e ha le pontezialità massime per un noir inquietante e nichilista; ma senza voler arrivare agli estremismi è comunque una base di partenza per un noir d'effetto. Il villain stesso poteva essere titanico (quella è l'impressione che se ne può evincere fin dall'inizio), ma appena appare in scena si riduce rapidamente al rango di un malfattore qualunque che vive fianco a fianco con l'eroe.
La regia con il pilota automatico non aiuta; anzi, il ritmo carente di quasi tutta la vicenda può allontanare anche i più motivati. Tuttavia azzecca un paio di momenti in maniera incredibile; la sparatoria nel buio con gli occhi che risaltano dalla tenebre è perfetta e l'inseguimento finale tra i fuochi d'artificio è dignitosissimo ed encomiabile per l'idea (di fatto poteva essere realizzato meglio, ma la morte del villain è comunque ben riuscita).
L'altro motivo di interesse per un film potenzialmente buono, ma in realtà mediocre è il cast (ed è anche il motivo per cui l'ho guardato); la Gardner è bravissima (e bellissima), Laughton è impeccabile (e magnificamente viscido) e Price è totalmente in parte.
venerdì 5 febbraio 2016
Doppio gioco - Robert Siodmak (1949)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Un uomo cerca di riconquistare la sua ex moglie di cui è ancora innamorato; purtroppo lei si è risposata (sembra per disperazione) con un gangster violento. L'ex marito decide di tentare un colpo con il gangster per fregargli i soldi e fuggire con la donna. Siamo in un noir, il piano si risolverà in uno spargimento di sangue e tutti i progetti naufragheranno.
Erano mesi che non vedevo un noir e anni (letteralmente) che non vedevo un film di Siodmak. Splendido ritorno.
Un noir denso, teso certamente ai soliti giochi del destino (quanto viene calcata la mano al caso nell'incontro fra i due ex coniugi nella stazione centrale), ma con una tendenza agli inganni reciproci che è già dichiarazione d'intenti nel titolo. perché più che la sfiga, qui a governare è l'inganno dei personaggi, tutti stanno ingannandosi a vicenda, nessuno escluso; e ovviamente gli inganni si ritorceranno contro chi li ha orditi.
A livello di linguaggio Siodmak introduce una situazione di tensione che viene rapidamente messa in una luce molto diversa, per capire cosa sta succedendo si avvale del suo fidato flashback, uno stratagemma che rappresenta circa metà film; poi riprende il percorso normale della trama, ma avendo caricato di significati quello che sta succedendo e si lancia in una serie di scene memorabili.
Dal punti di vista estetico c'è un uso magistrale delle luci specie negli interne (bellissimo l'uso nelle scene nell'ospedale che caricano di ansia la lunga sequenza dell'uomo nel corridoio), Siodmak inoltre tende a inquadrare un personaggio di spalle in primo piano e gli altri in secondo piano a fuoco permettendo una estremizzazione dei dialoghi in campo e contro campo oltre all'uso enfatico di contrapposizione in certe scene (come nell'entrata di Lancaster nella sala dove si trovano i gangster nel locale a inizio film).
Come dicevo nel finale ci sono una serie di sequenze memorabili; su tutte la scena della rapina (totalmente inverosimile, ma esteticamente bellissima) costituita da colluttazioni, scontri e sparatorie incorniciate da una cortina di fumo; ma anche la scena finale con il villain che spunta dalla porta buia come uno zombie (o una Lady Macbeth alla Kurosawa).
Ottimo il cast con un Lancaster che ci sguazza sempre nel noir, un Duryea che si fa notare e una De Carlo meno brava nella prima parte, ma migliora nel finale.
lunedì 8 aprile 2013
La costola di Adamo - George Cukor (1949)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.
martedì 8 novembre 2011
Tutti gli uomini del re - Robert Rossen (1949)
Visto in DVD.

La parabola politica del self made governatore che viene contagiato dalla follia del potere una volta insediatosi non sarà originale (credo neanche all’epoca), ma sarebbe decisamente funzionante e agghiacciante nella costruzione per il deraglio morale estremo a cui arriva quasto Willie Stark; purtroppo però il film ebbe qualche problema in post produzione. Il montaggio venne rimaneggiato più e più volte da persone diverse con il risultato di rendere la trama meno scandita, a tratti lenta e a tratti saltando porzioni, trasformando la lenta trasformazione dell’uomo buono in cattivo con improvvisi cambi di personalità. Questo problema, più un certo eccesso d’enfasi abbastanza diffuso fanno soffrire terribilmente il film.
venerdì 6 maggio 2011
Riso amaro - Giuseppe De Santis (1949)
Visto in VHS.

Quando si pensa ad un melò neorealista italiano degli anni 40, magari sviluppato dentro l’ambiente delle mondine si potrebbe (con un certo razzismo) pensare ad un’opera noiosa. Un luogo comune non fu più sbagliato di questo.
Riso amaro è un drammone denso e straziante come pochi, con un Gassman egocentrico e luciferino come mai in vita sua, tutto orchestrato su una trama solidissima e su immagini costruite con una coscienza del mezzo incredibile. È proprio qui che il film, a mio avviso, sorprende di più; questa è un’opera che parla con le immagine molto di più che con le parole e lo fa pure con immagine stupende. Nonostante l’epoca non proprio adatta ai budget elevati, De Santis fa un lavoro di piccoli carrelli continui e panoramiche da fare invidia, costruisce le scene in una maniera maniacale con inquadrature precise disposte su più piani e dense di atmosfera (si vedano le sequenze nel magazzino del riso con le dune bianche sullo sfondo o il finale nel macello, ad esempio). Stupendo anche il gioco di montaggio serrato che si esplicita in alcune scene come il ballo tra la Mangano e Gassman nelle risaie.
l film va avanti per inquadrature curatissime dense d’atmosfera, regalando alcune sequenze da manuale come quella sotto la pioggia dopo la violenza sulla Mangano o il già citato finale nel macello.
Un film giustamente famoso, ma comunque ancora sottovalutato.
PS: vogliamo trovarci un difetto a tutti i costi? Ok, allora io voto la voce fuori campo del finale, se l’incipit spiegato dall’uomo che guarda in mdp era stato elegantemente messo sotto forma di trasmissione radiofonica (applausi per l’idea) il finale è chiuso proprio nell’unico sistema non prettamente cinematografico che c’è.
lunedì 21 febbraio 2011
Il segreto d'una donna - Otto Preminger (1949)
Visto in DVD.
La moglie di un noto psicanalista si scopre cleptomane, per la vergogna di essere alla stregua delle pazienti del marito decide di tenere per se quest’oscuro segreto e si affida ad un ipnotista ciarlatano. Lui dapprima l’aiuta, le risolve i guai legati al furto e le elimina l’insonnia; poi però la sfrutta, e mentre è sotto ipnosi la utilizza per i propri scopi.
Sarò io che a pelle non sopporto le storie di ipnotisti superpotenti che fanno fare quel che vogliono agli altri, sarò io che le considero storie idiote, ma il film è decisamente inaccettabile.
Per carità, l’arte di Preminger di creare piccoli piani sequenza è esaltata dall’uso dei soli interni, e quindi la macchina da presa si trova a danzare fra i personaggi dando una cornice buona a quello che comunque rimane un film cretino.
lunedì 20 settembre 2010
Presi nella morsa - Max Ophüls (1949)
(Caught)
Visto in DVD.
Una ragazza che si guadagna da vivere come modella nei grandi magazzini sogna di incontrare il principe azzurro, possibilmente milionario… ovviamente lo incontra, e lo sposa pure, ma non sa che il matrimonio è stato solo un colpo di testa del riccone, fatto unicamente per dimostrare di poter avere tutto ciò che vuole… non saranno rose e fiori, tanto che la ragazza si troverà costretta a fuggire e a doversi guadagnare da vivere come segretaria di un medico…
Melodramma delle passioni contrastanti con il personaggio del magnate che sembra fatto apposta per Orson Welles (ho quindi il sospetto che sia ricalcato sulle figure interpretate dal grande regista), che pure nel suo buonismo generale, non stanca e non annoia quasi mai (giusto all’inizio è un po’ lento, ma deve ancora ingranare).
Ophüls conduce sicuro, mostrando la sua visione dinamicissima di cinema, fatta di carrelli continui, piccoli piani sequenza, di gesti degli attori portati a termine anche se per farlo bisogna attraversare diverse stanze. Un’idea di fare cinema che personalmente amo molto e non posso non approvare.
Non siamo davanti ad un capolavoro, ma ad un onesto dramma realizzato da uno che i film li sapeva fare davvero.
giovedì 15 aprile 2010
I fratelli Dinamite - Nino Pagot, Toni Pagot (1949)
Visto in DVD.
Primo film di animazione italiano e uno dei primo in technicolor.
La storia è l'apposizione di 3 o 4 avventure che questi tre fratelli hanno dovuto affrontare. Il film appare molto discontinuo e raffazzonato, una sorta di patchwork di idee, di soluzioni tecniche, di qualità dell'animazione e addirittura stile del disegno (nelle scene a Venezia i fratelli sono disegnati in maniera più rotonda e dettagliata rispetto a tutte le altre storie). Questo è dovuto alla lentissima lavorazione durata 7 anni, alla continua mancanza di fondi, alle questioni belliche intercorse nel frattempo e, immagino, all'avvicendarsi dei collaboratori dei fratelli Pagot.
Il film è oggettivamente brutto, piuttosto noioso e mal fatto, assolutamente fuori standard oggi, ma credo pure per l'epoca (fu un fiasco al botteghino) dato il gap qualitativo con la Disney.
L'insuccesso può però essere anche dovuto alla vena anarcoiode che pervade tutto il film, in cui succede un pò di tutto, dove neonati si ubriacano di rum, bambini fumano sigari, i tutori (lo zio dei 3 fratelli) sono alcolizzati, dei bambini finiscono all'inferno (dove c'è un diavolo che non smette di prendere a calci sempre lo stesso gatto, chiosando ogni volta "il diavolo non ha pietà")...
Certo, ci sono delle idee e delle intuizioni buone, come la scena del concerto (finchè non arrivano i fratelli) o le pene che infligge il diavolo; ma francamente non mi paiono sufficienti a giustificare un film tanto malfatto.
Da premiare però il tentivo, specie per le difficoltà che devono essere state affrontate.