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lunedì 5 agosto 2019

Addio, Mr. Chips! - Sam Wood, Sidney Franklin (1939)

(Goodbye, Mr. Chips)

Visto in Dvx.

Un anziano insegnate ripercorre, con un lungo flashback, la sua vita e la sua carriera. Dagli inizi a metà '800, il suo rigore giovanile, l'innamoramento, il suo addolcirsi, lo scoppio della prima guerra mondiale.

Questo film è un prodotto particolare; totalmente figlio del suo tempo è un'opera in linea con i gusti dell'epoca, ricca di buoni sentimenti e un pizzico di ironia (molto british), con personaggi simpatici inseriti in un contesto storico fittizio (non c'è mai un'epoca ben caratterizzata) con un (pesante) accenno alla prima guerra mondiale, di cui si parla senza eroismo, ma senza prenderne le distanze, anzi, con un certo orgoglio nazionalista.
Il tutto viene gestito con una fotografia buona, ma nella norma per l'epoca e una regia invisibili portata avanti da Sam Wood e dal non accreditato Sidney Franklin, entrambi amati registi di polpettoni sentimentali dell'epoca (anche se Wood io lo conosco di più per "Una notte all'opera").
Un oggetto strano perché è un film grazioso, senza smagliature e sbagli grossolani, con un cast completamente in parte e una scorrevolezza comunque invidiabile, che rappresenta bene l'orientamento del pubblico dell'epoca, ma che si dimentica più velocemente di un blockbuster di scarso gusto attuale. Un oggetto strano per il suo buonismo di fondo e una visione mitica della guerra all'epoca appena finita. Un oggetto strano perché solo l'anno dopo un film del genere non sarebbe più stato possibile.

lunedì 20 novembre 2017

Zangiku monogatari - Kenji Mizoguchi (1939)

(Id. AKA La storia dell'ultimo crisantemo)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Il figlio di un noto attore di kabuki sembra non aver preso il talento del padre; quando, per giunta, si innamorerà di una ragazza di umile estrazione si allontanerà dalla famiglia vivendo in povertà. Trascorsi 5 anni, e dopo un duro apprendistato, sarà divenuto un ottimo attore, la famiglia gli chiederà di tornare e la ragazza, per amor suo, si farà da parte senza che nessuno glielo chieda per permettere il ritorno. Il giorno del grande successo di pubblico del ragazzo, la ragazza starà morendo, ma vorrà che lui non le rimanga vicino per non togliergli il suo momento di gloria.

Mizoguchi è uno che ha sempre fatto melodrammi durissimi senza sfociare nel sentimentalismo più spitno in un miracolo di equilibrismo quasi sempre mantenuto. In questo film, non solo le regole del suo cinema sono rispettate, ma per tutta la durata non sembra neppure di assistere ad altro che a un dramma familiare, con un'impennata di melodramma nello straziante finale.
Da molti considerato il film più femminista di Mizoguchi, credo che la definizione sia esagerata, il personaggio femminile è il più potente della filmografia del regista e rappresenta in toto la figura della donna angelicata classica, ma ha più i contorni della martire che non della ragazza emancipata; più che un film femminista è un film femminile, o almeno con un grande rispetto per la sua protagonista (l'unica, a mio avviso, a uscirne bene).

Lo stile di regia è ottimo, basato tutto su lunghi piani sequenza, per lo più con carrelli laterali; evidentissimo nell'ottima scena del treno con l'inquadratura dall'interno all'esterno e molto ben realizzato nella lunga passeggiata notturna dell'inizio. Inoltre la macchina da presa si muove attorno o dentro le location sfruttando in toto gli spazi ricostruiti (in una sequenza il teatro viene mostrato nel suo complesso, anche se in porzioni distinte, prima la platea e il palco, poi il dietro le quinte e quindi lo spazio sotto il palco).

Unico neo sono, ovviamente, i ritmi dilatati che gonfiano il minutaggio in maniera eccessiva.

lunedì 23 gennaio 2017

Notre Dame - William Dieterle (1939)

( The Hunchback of Notre Dame)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Tratto dal romanzo di Hugo è la disaventura di Esmeralda, una zingara che ha la sfortuna di far innamorare di sé l'arcidiacono di Notre Dame, oltre al gobbo Quasimodo e a un saltimbanco (un O'Brien giovanissimo e magrissimo).

La trama è nota, anche se qui viene ripulita di un pò troppe complicazioni e di un pò di tragedia.
Di fatto è un dramma in costume degli anni '30 con un'occhio attento all'accogliere le differenze e a costruire ponti fra i diversi strati sociali. Dallo svolgimento scontato, ma dal ritmo godibili, personalmente l'ho molto apprezzato per l'opulenza della messa in scena, con centinaia di comparse e una ricostruzione pantagruelica (e fantasiosa) di Parigi, della facciata della cattedrale, entrambe le ricostruzioni utilizzate in maniera muscolare per realizzare scene che è difficile dmenticare. Belli anche i vicoli dei saltimbanchi con un uso delle ombre decisamente degno. Ottima anche la fotografia (bello il bianco e nero) e l'uso delle luci.

Nel cast, al di là di un brillante O'Brien in forma smagliante, va sottolineato Laughton. All'epoca tutto l'hype del film fu concentrato sul trucco per renderlo Quasimodo e l'effetto finale è effettivamente notevole; ma credo che vada sottolineata con più forza la magnifica espressione dolente che l'attore riesce a esprimere costantemente sotto quei chili di maschera.

mercoledì 11 maggio 2016

I grandi magazzini - Mario Camerini (1939)

(Id.)

Visto in Dvx.

Due dipendenti di un grande magazzino di Milano si innamorano, ma, ovviamente, all'inizio si respingono. Lui la insegue, lei si allontana e viene avvicinata dal capo del personale. Nel mentre si inseriscono una serie di furti di cui lei viene accusata; sarà lui a tirarla fuori d'impaccio.

Ennesimo film della coppia Camerini/De Sica con il ricongiungimento della già nota Assia Noris. Insomma viene costruita la solita commedia romantica molto leggera fatta di innamoramenti improvvisi e segreti, di avvicinamenti e allontanamenti, di crisi finale e del più classico scioglimento consolatorio. Non c'è molta inventiva, ma molta professionalità e un'idea ben precisa di quello che si sta facendo. Non c'è la tenerezza di Capra, la classe di Lubitsch o le sceneggiature alla Borzage, ma il film è onesto ed efficace; abbastanza diretto e compatto che riesce a rendere secondarie le ingenuità.
Non ci sono le idee visive di alcuni dei film precedenti di Camerini anche se diverse buone sequenze sono garantite. Quello che però fa la differenza è l'esperienza di chi sta lavorando.
De Sica ormai è un esperto della parte del ragazzo di buone speranze da quasi 10 anni, la Noris risulta molto brava nelle emozioni trattenute... curiosamente sbraga (e male) in quelle dove le emozioni sono più schiette. Inoltre c'è un'ottima risma di comprimari (da applausi la prestazione di Riento).

Non il migliore della solita coppia, ma una commedia rosa che avercene.

venerdì 15 aprile 2016

Donne - George Cukor (1939)

(The women)

Visto in Dvx.

Un gruppo di amiche passano da un matrimonio all'altro mentre Norma Shearer (la protagonista) pensa di avere un matrimonio ideale. Le sue amiche faranno di tutto per farle sapere dell'amante del marito. Il mondo le crollerà addosso, cercherà di superare il momento ignorandolo, ma poi capitolerà e chiederà anche lei il divorzio.

Film totalmente al femminile (letteralmente, gli uomini sono solo al telefono o fuori scena) sul modella della commedia upper class rapida e raffinata con pesanti inserti melodrammatici.
Il film, nella prima parte (quella prettamente comica), funziona bene, anche se con qualche tentativo comico di troppo (le due donne che, malignando, cadono nel cesto del negozio di profumi... davvero c'è bisogno dello slapstick?!); ma regge comunque bene.
Nella seconda, dove il dramma si fa strada invece si esagera in senso opposta, con talmente tanta agnizione da rendere stucchevoli molti momenti.

In definitiva risulta un po’ vecchio nei temi, ma molto ben scritto, dialogato da dio e recitato magnificamente. Cukor gestisce bene le attrici, anche se riesce a dare dignità solo a quelle che non si limitano a essere delle macchiette. Un po' troppo diluito nel minutaggio; migliore nella prima parte nel descrivere un mondo wasp in veste da commedia, meno efficace nella seconda, dove la commedia si stempera nel romantico e nel dramma.

C’è anche un (non fondamentale) inserto a colori della sfilata di moda. Inutile ai fini del film, ma un'evidente prova di forza della produzione.

venerdì 18 settembre 2015

La regola del gioco - Jean Renoir (1939)

(La règle du jeu)

Visto in Dvx.

Per festeggiare un famoso aviatore appena tornato dalla sua ultima impresa, un nobile offre un weekend di caccia e divertimenti in una sua villa in campagna; alla festa verrà invitata anche la sua amante e l'aviatore si scoprirà presto essere innamorato della padrona di casa; a complicare il quadro vi sarà anche l'amore fedifrago della servetta moglie del guardiacaccia. In mezzo a questo romanzo d'appendice rimane sospesa la tragedia del finale.

Film sui generis; Renoir molla il suo verismo cinematografico e si da alla farsa o, per meglio dire, alla "fantasia drammatica". In effetti alla fine della visione quello che rimane più impresso è come in questo feuilleton si inserisce un dramma autentico e non smorzato dal tono avuto fino a quel momento; un twist nel ritmo che potrebbe giustificare in parte il fiasco al botteghino all'epoca.
Il film per tutta il resto del minutaggio sembra la base su cui verrà costruito anni dopo "Gosford Park"; nobili e servitù sotto lo stesso tetto, amori e intrighi che si intrecciano, comicità smaccata affiancata a un'ironia più sottile, il tutto condito con qualche personaggio più sfaccettato degli altri consapevole di ciò che accade e con negli occhi la tristezza (la Gregor ovviamente).

Durante la visione però quello che colpisce è altro; dialoghi rapidi e ben costruiti pur senza sfociare nella logorrea delle screwball comedy; montaggio da elogiare per la perfezione nonostante la rapidità; ma su tutto vince la libertà di Renoir con la macchina da presa, panoramiche a schiaffo e circolari, carrelli improvvisi e secchi, inquadrature dal basso, primissimi piani perfetti e densissimi, fuoco molto profondo con scene costruite su più piani, macchina da presa a inseguire i personaggi fino al gioco delle coppie durante la recita in cui la macchina da presa sembra letteralmente danzare con i personaggi in fuga.
Paragonare a Welles non è del tutto calzante, ma certamente qui c'è gran parte di quella libertà che di li a tre anni il regista americano vorrà prendersi.

PS: Renoir recita nella parte Octave, l'amico di tutti.

lunedì 26 maggio 2014

I viaggi di Gulliver - Dave Fleischer (1939)

(Gulliver's travel)

Visto qui, in lingua originale.

Primo lungometraggio della compagnia di Fleischer, concorrente diretta della Disney che mosse i primi passi negli anni '10 con dei cortometraggi a tecnica mista (un uomo live action che si confronta con personaggi disegnati) che si evolvettero in alcune serie animate di grande successo per tutti gli anni '20 (Betty Boop e Popeye sono stati i cavalli di battaglia).
Lo stile caratterizzato da un'anarchia visiva impressionante e da una ricerca di innovazione tecnologica (Max Fleischer inventò il rotoscopia, aggeggio atto a riprodurre in disegni un filmato in live action; metodo che rende più credibili i movimenti).
Quando negli anni '30 la Disney decise di buttarsi nella folle idea di un lungometraggio animato (e ottenne un enorme successo), Fleischer per non rimanere indietro decise di copiare l'idea. E come l'avversario decise di prendere una storia classica e fare a meno dei suoi personaggi classici...
Ottenne un totale disastro (anche a causa della guerra in Europa che ridusse il bacino d'utenza del film).

A Lilliput il re sta predisponendo le nozze della figlia con il figlio del re confinante, i due sovrani sono amicissimi, ma la divergenza di opinione sulla canzone da cantare alle nozze si risolve in una dichiarazione di guerra. Nel mentre, sulla spiaggia, i lillipuziani trovano un gigante che li aiuterà a risolvere la situazione.
Di fatto la storia è un lungo pretesto per mostrare scene bizzarre in cui i lillipuziani legano Gulliver, in cui i lillipuziani vestono Gulliver o in cui i lillipuziani mangiano con Gulliver; almeno fino a tre quarti di film, la trama non si muove da quanto accaduto nei primi 10 minuti. Ovviamente Fleischer voleva mostrare le proprie capacità tecniche (Gulliver infatti è realizzato tramite il rotoscopio).
Peccato perché il film è di una stupidità imbarazzante, i personaggi creati sono buffi, ma non hanno la follia creativa dei cortometraggi (il target è quello più infantile possibile) e la tecnica del rotoscopio affiancato ai disegni normali è assolutamente spaesante e riesce a rendere meno credibile il personaggio di Gulliver.
In definitiva è un film brutto, mal realizzato e assolutamente sotto gli standard minimi della compagnia che lo produsse.

venerdì 4 ottobre 2013

Mr. Smith va a Washington - Frank Capra (1939)

(Mr. Smith goes to Washington)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un giovane di provincia puro nelle intenzioni e idealista nel rapportarsi con le istituzioni americane (ammantante di quell’aura di misticismo e integrità che hanno solo loro) viene scelto come secondo senatore del suo stato. La scelta è stata pilotata da un magnate locale e dall'altro senatore (un tempo anch’esso puro); i due stanno tentando di far passare al congresso la costruzione di una diga che farà guadagnare loro parecchi soldi e cercano un nuovo senatore che non faccia troppe domande. Una volta a Washington per tenerlo buono gli offriranno al possibilità di portare avanti un suo emendamento circa la costituzione di un campo per ragazzi, purtroppo gli interessi di quella campo si scontreranno con quelli della diga; il neo eletto sarà pronto a denunciare i brogli, ma verrà battuto sul tempo e si attiverà una enorme macchina del fango.

Film  idealista fino alla nausea, semplice e lineare fino alla fantascienza si ricorda volentieri per lo sguardo disincantato che già in quegli anni c’era nei confronti delle istituzione (è vero che, comunque, questo sguardo serve a sottolineare l’assurda redenzione finale). Personalmente non ho molto apprezzato l’interpretazione di Stewart che da vita all'eterno suo personaggio del ragazzone semplice, ma qui è proprio eccessivo. Devo ammetter inoltre di non aver capito esattamente perché avrebbe dovuto convincere l’opinione pubblica della sua innocenza tenendo la parla 24 ore…

Tutto sommato è un film di Frank Capra (solare, idealista e buono), ma a questo gliene preferisco molti altri, qui è tutto eccessivo e troppo meccanico. Qualche buona idea non manca di sicuro, il cartoonismo della caccia a i giornalisti; l’enfasi esagerata, ma esteticamente impeccabile dell’arrivo a Washington; il mostrare i sentimenti di Stewart attraverso l’impossibilità di tenere il cappello in mano.

lunedì 1 aprile 2013

La voce nella tempesta - William Wyler (1939)

(Wuthering Heights)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

La voce nella tempesta” è, come rivela il titolo originale, Cime tempestose (ma devo dire che il titolo italiano è comunque affascinante). Dietro la macchina da presa William Wyler, tutto sommato una garanzia.

Il film parte bene mostrando fin dall'incipit quale sarà l’impronta. Un film tutto in interni in cui il vero protagonista è però lo spazio esterno. La campagna inglese è infatti il luogo d’incontro segreto dei due amanti; il tempo atmosferico è l’espressione dei sentimenti dei protagonisti e sarà quasi sempre sferzante e avrà un peso diretto sulle loro vite; le dinamiche di vicinato nelle campagne, i rapporti di forza dati dalle gerarchie e dai sentimenti sono tutti trasferiti sul luogo fisico o sulla distanza. Wyler quindi lavora dall'esterno all'interno perché è in questo modo che si svolge la vicenda; la macchina da presa, all'inizio delle scene, è all'esterno e sembra spiare ciò che avviene da dietro una finestra, poi avvicinandosi entra direttamente nelle vicende in atto (talvolta avviene il contrario). Wyler poi mostra, ancora una volta soprattutto nell'incipit, di riuscire a costruire ottime scene anche in storie consunte.

Poi siamo davanti ad un tipico melodramma anni ’30, pomposo, enfatico, con occhi strabuzzati, lacrime trattenute ed amori declamati come a teatro; ma tutto sommato non annoia, anzi, il senso di un amore che per rabbia distrugge tutto e tutti è reso piuttosto bene e salvo qualche eccesso di manierismo il film funziona ancora.

… un punto in meno per la protagonista Merle Oberon, semplicemente non adatta a recitare come personaggio principale.

venerdì 23 settembre 2011

I ruggenti anni venti - Raoul Walsh (1939)

(The roaring twenties)

Visto in DVD.
Tre reduci della prima guerra mondiale tornano in patria dimenticati dai connazionali e finiscono presto nelle fauci della depressione (economica); uno si ricicla come avvocato (mica male), gli altri due (Bogart e Cagney ovviamente) si inseriscono nel giro del proibizionismo.

Film che chiude il genere gangsteristico classico, quello degli anni ’30; un film che affronta l’argomento dall’ultimo punto di vista che rimanesse, quello sociale. Mostra la nascita della deriva criminale degli anni ’20 a partire dalla prima guerra mondiale e ne spiega le mutazioni con inserti quasi documentaristici (nel senso moderno del termine) con voice over (tra l’altro la sequenza sulla crisi del ’29 è una delle scene migliori del film).

Che dire, da un pedigree del genere mi sarei aspettato uno Scarface che mi chiudesse in gloria un genere, invece questo è un film, certamente affascinante per l’approccio, ma decisamente più contenuto nei modi. Non c’è quasi mai una vera empatia (forse per il pessimo doppiaggio della versione italiana, o per l’attrice protagonista indegna e poco credibile sempre), mai un’idea sensazionale e mai una sequenza memorabile (a dire il vero il finale sui gradini di una chiesa è sia un’ottima chiusura, sia un’occasione persa, visto che avrebbe potuto essere molto più enfatico senza perdere credibilità).

La vera nota positiva è Cagney, perfettamente in parte, che da volto ad un personaggio non negativo, ma vittima degli eventi.

martedì 22 marzo 2011

La grande pioggia - Clarence Brown (1939)

(The rains came)

Visto in VHS.
Nell'India degli anni '30 abita un George Brent, conosciuto come un viveur da tutti ed in effetti lo è proprio, quello che si sa, forse, meno è che ha pure un cuore d'oro. La sua vita è abbastanza complessa, tutta tesa com'è tra un cocktail col suo amico Tyrone Power (medico indiano tanto figo che tutti ammirano) e la famiglia regnante del luogo, le avance di una sua giovane spasimante e le grinfie di una sua ex (la Loy) che presto punterà i suoi interessi verso il più giovane Power. Per fortuna verrà la pioggia torrenziale e il cedimento della diga a portare un pò di distruzione nella cittadina e a far muovere le cose verso il loro obbiettivo. Tutti si prodigheranno per salvare la popolazione, mentre le coppie si formeranno... qualcuno morirà nel tentativo, qualcuno prenderà il potere.

Melodrammone anni '30 senza particolari guizzi, che si fa sopportare solo per la simpatia di Brent e per gli effetti speciali dell'innondazione davvero lodevoli (cosa non si può fare con un buon modellino...). Niente di più.

martedì 14 dicembre 2010

Via col vento - Victor Fleming (1939)

(Gone with the wind)

Visto in VHS.

Uno dei film più male interpretati dal pubblico; beh da chi non l’ha mai visto ovviamente. Non è un film d’amore, ma un immenso melodramma in costume.
Tutto in questo film è perfetto.
La fotografia a colori assolutamente all’altezza degli sfondi e delle scenografia. I fondali dipinti che sembrano dei veri e proprio quadri colpiscono per la potenza e l’aria che danno alle scene. Fleming dal canto suo utilizza ogni mezzo per poter sottolineare i personaggi, incastrarli nella fondamentale ambientazione storica e geografica; da urlo l’utilizzo della luce e soprattutto del controluce che ha reso famoso questo film…
Poi ci sono i personaggi; Rossella O'Hara parte con l’essere una ragazzina viziata e finisce con l’essere una donna disposta a tutto pur di ottenere il benessere sociale che la guerra le ha portatoto via; è vero che i suoi scopi sono leciti (non soffrire più la fame, ne lei ne la sua famiglia) ma è disposta ad ogni sotterfugio per poterli ottenere. Rhett Butler è un approfittatore che sfrutta ogni situazione per un vantaggio personale e le uniche buone azioni sono fatte a Rossella solo perché ne è innamorato. Tutti sono dei magnifici stronzi.
Infine la storia è un bildungsroman dove i personaggi imparano ad arrangiarsi senza une vera e propria crescita, ma un continuo tornare al punto di partenza. È una continua distruzione e ricostruzione, mentre i protagonisti girano attorno alle persone sbagliate in preda a sentimenti indirizzati malamente… e poi per l'epoca (anni '30) era un film su uno scottante episodio del recente passato; come fare un film sulla seconda guerra mondiale e la resistenza oggigiorno.
Stupendo. Un film di questa portata non ha eguali nella produzione cinematografica americana.

domenica 19 settembre 2010

Alba tragica - Marcel Carnè (1939)

(Le jour se lève)

Visto in VHS.

Un uomo (Gabin) dopo aver commesso un'omicidio di chiude nel suo appartamento dove ripercorre la disturbata storia d'amore con una ragazza, il rapporto ambiguo con una donna dalla dubbia moralità e il ricordo del "rivale", un uomo laido (stupendo come venga caratterizzato come un uomo abbietto senza bisogno che nulla venga mostrato) che si ritrova legato ad entrambe le donne di Gabin... visto il titolo si possono fare scommesse sul finale.
Film proletario (amorevolmente proletario anzi) di Carnè scritto da Prévert, con un'attenzione particolare per l'ineluttabilità della tragedia e l'insabilità dei sentimenti (entrambi i due amanti intrecciano rapporti con altre persone).
Un buon film che però non dona particolari sussulti o entusiasmi; un dramma godibile ancora oggi che dedica qualche attenzione particolare agli occhi dei protagonisti (da sottolineare le dissolvenze sui ripetuti flashback).
Grande Gabin.

venerdì 14 maggio 2010

Tramonto - Edmund Goulding (1939)

(Dark victory)

Visto in VHS.

Bette Davis
è una viziata ragazza piena di vita e di soldi che, toh, scopre di avere un tumore al cervello (un tumore molto teatrale tra l'altro, visto che non le darà alcun segno di se salvo cecità 3, massimo 4 ore prima della morte)... povera cara, si innamorerà del suo medico e vivrà una splendida storia d'amore prima dell'inevitabile.
Filmone strappalacrime anni '30 che dura troppo per quello che mostra e tende a strappare pure qualcosa d'altro oltre alle lacrime.
Ovvio che non è consigliabile vederlo; però ha dei pregi notevolissimi.
Prima di tutto Bette Davis, che mi piace pure se recita l'elenco del telefono. Poi la regia, che nella prima mezzora è davvero notevole, sembra ballare con la protagonista. Terzo il tema, in se ha i germi di Automn in november è vero, ma non bisogna dimenticare che è uno dei primi film che affronta a muso duro il tema della morte, senza possibilità di salvezza. Quarto il finale, pacchiano e zuccheroso oltre la decenza, però conquista. Infine vi è un'inutile comparsata di Ronald Reagan quando ancora recitava...