Visualizzazione post con etichetta 1948. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta 1948. Mostra tutti i post

venerdì 31 maggio 2019

Venere e il professore - Howard Hawks (1948)

(A song is born)

Visto in Dvx.

La donna di un boss cerca la fuga dalla polizia riparandosi in una casa abitata da sette professori di musica che stanno scrivendo la più completa enciclopedia musicale di sempre. Proprio in quel mentre stanno affrontando lo spinoso problema della musica contemporanea che ignorano completamente.

Commediola musicale (ma non è un musical) di Hawks che fa il remake di sé stesso ("Colpo di fulmine", una sorta di versione live action di Biancaneve).
Ne viene fuori una fiacca commedia romantica estremamente scontata, piuttosto fastidiosa e con due protagonisti anemici. La regia di Hawks è decisamente assente e si abbassa ad assecondare questo desolante spettacolino.
Spiace però che venga fuori un film così secondario nonostante il richiamo di nomi così importanti della musica (dove compare un giovanissimo Armstrong) e impreziositi dal cameo in travestimento di Benny Goodman (uno dei professori).
Da vedere solo un paio di numeri musicali; le improvvisazioni con Goodman e la registrazione della storia della musica.

Mi auguro fosse solo un film alimentare.

mercoledì 5 settembre 2018

Tragedia a Santa Monica - André De Toth (1948)

(Pitfall)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un dipendente di un azienda di assicurazioni ingaggia un detective privato per scoprire dove sono i soldi rubati da un carcerato, li scoprono nella casa della donna del detenuto. Il detective però si innamora della donna (non corrisposto), mentre l'assicuratore (ok, non è un assicuratore) se ne innamora ricambiato. Il detective comincerà un stalkeraggio di entrambi e un'accurata distruzione delle loro vite.

Noir originale (e molto sussurrato) per la trama comprensiva di una femme fatale involontaria e vittima innocente lei per prima, ma anche per come i protagonisti siano eroi in senso positivo, ma che si macchiano di un peccato (alla fine vengono puniti in quanto complici di un doppio tradimento che viene "espiato" del tutto dopo il perdono della moglie del protagonista). Interessante la figura psicotica di Burr e di come si muova con grazia e sulla distanza distruggendo tutto ciò che incontra (peccato per un eccesso di straniamento nella recitazione).
L'effetto finale però è deludente. Non tanto per il finale tanto consolatorio e tanto rapido da essere stato, sicuramente, la gioia di Hays, ma per la totale assenza di ritmo che affossa il film fin dalla seconda scena, che si dilunga troppo nel sentimentalismo per tentare il colpo al cuore, ma che ottiene solo un deragliare dell'attenzione dello spettatore.
Peccato, perché da un film di serie B ci si poteva aspettare più coraggio e con le premesse che c'erano l'effetto finale poteva essere potente.

mercoledì 18 aprile 2018

Il tesoro della Sierra Madre - John Huston (1948)

(The Treasure of the Sierra Madre)

Visto in Dvx.

Una coppia di americani senza soldi decide di associarsi con un vecchio conosciuto in una paese messicano per mettersi a cercare oro nelle montagne. Nonostante il vecchio li avesse messi in guardia circa i rischi del mestiere (la fame d'oro che porta tutti a dubitare di tutti) si mettono in marcia; ovviamente il vecchio avrà ragione.

Huston confeziona un perfetto film d'avventura dall'andamento più da commedia che da dramma, ma dai risvolti tragici (anche se sarebbe meglio definirli amari).
Se l'effetto finale non è memorabile come altre opere del periodo, sicuramente il film gode di un ritmo perfetto, con un susseguirsi di eventi disgiunti, ma a ritmo continuo che non riescono mai a far cadere l'attenzione. L'interesse per la commedia aiuta a rendere gradevole l'insieme, ma los cavo psicologico è aiutato dal sottotesto melodrammatico che esplode in un finale beffardo (anche se speranzoso) ai limiti del noiresco.
La regia ben calibrata aiuta senza svolazzi eccessivi, ma con il solito occhio attento, soprattutto nei confronto della profondità di campo.
Il cast è tutto tra il buono e l'impeccabile, con un Bogart in grande spolvero in una parte (finalmente) non noir; credibile, ampio nella gamma di emozioni e sempre sul pezzo da vita a una delle sue interpretazioni migliori.


lunedì 15 agosto 2016

La città nuda - Jules Dassin (1948)

(The naked city)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

A New York viene commesso un omicidio, la polizia indaga e il film ne segue le mosse, gliinterrogatori, le analisi, i pedinamenti e l'inseguimento finale fino alla risoluzione della vicenda.

Togliamo subito un dubbio; il neorealismo è un'altra cosa. Tra le idee migliore messe in campo in questo film, Dassin decide di girare realmente in esterni della città di New York, ma il neorealismo (a cui a volte viene accomunato proprio per questa scelta) non è solo questo, anzi, forse gli esterni originali sono l'elemento meno caratteristico.

L'idea sopracitata è un valore aggiunto incredibile, dando spessore alle scene in esterni (che sono molte), permettendo alcune inquadrature originali e creando un inseguimento finale sul ponte che da solo è motivo sufficiente per vedere l'intero film.
Tuttavia Dassin non si limita a questo.
Costruisce un film per l'epoca molto diverso dai soliti, distante dal noir, più sul genere dei polizieschi televisivi attuali, con un gruppo di personaggi ben caratterizzati, un tono ironico. A questo poi si aggiunge una buona fotografia e una voce fuori campo inizialmente classica, ma che con lo svilupparsi della vicenda diventa ironica e ne finale da suggerimenti o fa il tifo per i personaggi.

Inoltre l'intera vicenda è ben condotta con un ritmo adeguato che non permette mai di stancarsi e con un cast in parte.

lunedì 11 luglio 2016

Senza pietà - Alberto Lattuada (1948)

(Id.)

Visto in Dvx.

Fine della guerra mondiale, una ragazza fugge verso Livorno per trovare i fratello che però non è più rintracciabile. entra quindi in contatto con il mondo di illegalità che gira attorno alle basi militari americane. Si innamorerà di un militare di colore e verrà adocchiata dal capo della malavita cittadina.

Interessante via di mezzo fra il neorealismo del dopo guerra e l'espressionismo.
Il neorealismo è ovunque; nella vicenda raccontata, nella scelta delle location (dove realmente imperversava la mala) e nella precisa volontà di mostrare i ruderi post bellici. Ruderi fisici (gli edifici sventrati che fanno da sfondo alla prima parte), umani (i personaggi senza etica, non cattivi, semplicemente al di là del bene e del male per poter sopravvivere) e morali.
L componente espressionista è tutta nella fotografia. Un bianco e nero pulito per poter sfruttare al meglio le ombre (si pensi alla fuga del militare americano); unito poi all'intelligenza di Lattuada nello sfruttare gli esterni in maniera estetica e nel ragionare sulla costruzione interna di ogni inquadratura.

La storia è buona (con il primo amore interraziale... che io sappia) nel descrivere un mondo in sfacelo dove (e qui si innesta il noir) è letteralmente più facile morire che amare. Quello che spiace è che non riesce a rendere perfettamente il senso di impotenza della protagonista; viene talvolta dichiarato, spesso percepito, ma non riesce a rendere ancora più drammatica una vicenda, sulla carta, totalmente nichilista (l'impossibilità di ritorno a Firenze, l'impossibilità a fuggire da Livorno, l'impossibilità di raggiungere una nave per gli USA o di sottrarsi agli interessi di quel mondo malavitoso).

Un film sorprendentemente buono che, leggo in giro sull'internet, fa il paio con il precedente (addirittura del 1946!) "Il bandito".

PS: prima apparizione di rilievo per la Masina.

venerdì 18 ottobre 2013

La terra trema: Episodio del mare - Luchino Visconti (1948)

(Id.)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in italiano.

Acitrezza, 1948, la famiglia di pescatori dei Valastro vede il ritorno di Antonio partito marinaio e tornato per continuare l’attività di famiglia. Però Antonio ha viaggiato, ha visto molti pezzi d’Italia (“Taranto, Bari, anche La Spezia”) ed è cresciuto mentalmente e non ci sta più a farsi sfruttare dai grossisti di pesce che continuano a pagare tutti una miseria e ad arricchirsi alle loro spalle. Dapprima proverà ad organizzare quella che sostanzialmente è una cooperativa di pescatori, ma si sa, le novità fanno paura; nessuno verrà convinto, ma la famiglia lo spalleggia e, impegnando la casa, si metterà in proprio. Come ai Malavoglia coi loro lupini (wikipedia mi ha appena avvertito che in effetti questo film è proprio tratto da I Malavoglia), anche ai Valastro la sfortuna sarà inclemente, tutto verrà perduto, la famiglia si disperderà e i soliti padroni vinceranno facilmente.

Una sorta di documentario di finzione come è sempre il neorealismo più autentico (Umberto D. ad esempio) dove tutto quello che succede non è solo verosimile, ma anzi, è probabile. Tutto girato nella vera Acitrezza coi soliti attori presi davvero fra i pescatori del luogo (come al solito molto bravi essendo dei neofiti). E come spesso è anche quel genere di neorealismo un po’ paraculo, in fondo Visconti è un regista raffinato, ma ampolloso, vuole il realismo anche nella parlata, ma rendendosi conto che il dialetto di Acitrezza è troppo incomprensibile lo fa ridoppiare e visto che voleva la realtà lo fa doppiare in un dialetto siciliano… solo più chiaro (che comunque non ho capito quasi per nulla, per fortuna avevo i sottotitoli in inglese).
Inoltre, come spesso può succedere, questo è anche un grande affresco sociale, i ritmi della storia sono abbastanza lenti anche se le 2 ore e mezza sono ricche di avvenimenti, i dialoghi sono trascinati e l’attenzione rischia di calare spesso. Inoltre c’è una delle voci fuori campo più patetiche ed inutili di sempre.


Come contropartita però ci sono alcune immagini bellissime, una fotografia neorealista che trasforma ogni primo piano e ogni primissimo piano (ce ne sono pochi) in un’opera d’arte a se. Infine, come già detto, è quel neorealismo che fa un documentario con un film di finzione, l’esatto opposto dei mockumentary attuali.

PS: Realizzato, come si evince dal titolo, per essere il primo episodio di una trilogia "sociale", di fatto resterà l'unico ad essere girato.

martedì 5 luglio 2011

L'isola di corallo - John Huston (1948)

(Key Largo)

Visto in DVD. Un ufficiale reduce della seconda guerra mondiale va a far visita a Key Largo, isoletta al largo della Florida, ai parenti di un commilitone morto a Cassino e trova la famiglia assediata da una banda di gangster... se la trama sa di già sentito è solo perchè mymovies me l'ha copiata; detto ciò...

Un noir classicheggiante dall’atmosfera claustrofobica che presenta però un Barrymore più moraleggiante del solito, un Bogart più granitico del solito ed una Bacall più arrendevole del solito. Si insomma il film risulta complessivamente più canonico di quanto avrebbe potuto essere. Eppure fintanto che il film si svolge nell’albergo l’atmosfera è ben realizzata; per tutta la aprte iniziale non si ha la minima idea di cosa dovebbe succedere, poi non si ha idea di chi sia Robinson, infine non si ha idea di cosa sia venuto a fare li. La fuga in nave è una conclusione ben fatta e trattata in maniera originale, anche se scontata, ma comunque l’avessero realizzata la magia della convivenza forzata sarebbe stata perduta lo stesso.

Divertente inoltre come Robinson interpreti una sorta di Piccolo Cesare che, invece di morire, è stato costretto alla fuga; quindi ancora arrogante e megalomane, ma scottato dalla disfatta e smanioso di rimettere le mani su quanto perduto, anche se tutto quello che gli è rimasto è qualche aggancio, un gruppo di sgherri con il mal di mare ed un ex amante alcolizzata; tutto sommato ne viene fuori una figura tragica anche più dell’originale.

Alla fin fine un buon film, che però non compete con molta della produzione dello stesso Huston.

giovedì 19 maggio 2011

Fiume rosso - Howard Hawks, Arthur Rosson (1948)

(Red river)

Visto in VHS.
John Wayne perde l’amore della sua vita, decide quindi di ripiegare sulle vacche… ma a distanza di anni anche quelle lo tradiscono, e deve vendere la mandria per poter sopravvivere; si fa accompagnare nella missione da un gruppo di uomini e dal figlioccio Monty Clift (un ragazzo che ha allevato anni prima), nel tragitto perde alcuni uomini e altri fuggono, la cosa non gli va giù e diventa sempre più brutale finché i sottoposti non decidono l’ammutinamento… ma un ammutinamento ragionato e condotto da Clift, il ragazzo infatti si preoccupa affinchè gli interessi del patrigno vengano difesi… eppure Wayne sembra non comprendere il suo sforzo e si ripromette di uccidere Clift.

Storia sentimentale in ambientazione western; il film è in realtà una storia di amicizia virile e di rapporto padre/figlio e in quest’ottica la trama funzione e risulta anche piuttosto originale data la contrapposizione tra i due protagonisti positivi; inoltre la storia d’amore che inevitabilmente c’è è utile per introdurre il personaggio femminile che farà da mediatore tra i due. Ovviamente il finale è positivo per tutti, anzi è addirittura stucchevole oltre la media… la cosa decisamente abbassa il livello complessivo del film.

Altro fattore positivo, a mio avviso, è un personaggio originale per Wayne, non proprio negativo, ma egocentrico e megalomane a cui il mondo crolla addosso, l’impero da lui fondato sta morendo e l’unico membro della sua “famiglia” gli volta le spalle; la vendetta appare l’unica possibilità. Si insomma un personaggio originale che però mantiene la fermezza granitica di Wayne.

La regia di Hawks, non proprio memorabile è però quietamente originale ed utilizza alcuni accorgimenti base per rendere migliore la fruibilità (come i primi piani tenuti per la partenza della mandria per renderla dinamica e sottolinearla, oppure la panoramica da Wayne a Wayne per mostrare la vastità della mandria da spostare). Complessivamente un buon lavoro; ben realizzato.

venerdì 13 maggio 2011

Lettera da una sconosciuta - Max Ophüls (1948)

(Letter from an unknown woman)

Visto in DVD. Nella solita Vienna d’inizio novecento una ragazzetta si innamora di un giovane vicino di casa, musicista dalla vita sregolata, ma dal talento ineccepibile. Lei lo seguirà da distante, innamorata, ma timida, senza interferire nelle sue avventure galanti o nella sua vita obliqua… poi una sera, anni dopo, sarà lui ad avvicinarsi a lei, si ameranno, ma solo per un poco, lei rimarrà incinta e lui sarà già fuggito; eppurelei continuerà ad amarlo; lo incontrerà anni dopo, quando lei sarà sposata e con una vita borghese magnificamente avviata (non mi si fraintenda, la vita borghese non in senso dispregiativo), lei lo rivede, si riaccende il suo amore ed è immediatamente disposta ad abbandonare tutto…

Il film, tutto presentato in flashback, che a mio avviso danno un poco più di dinamicità alla vicenda; è un inno gigantesco all’amour fou, amore estremo, ma sincero e nascosto, disposto a sopportare ogni cosa per poterlo avere.

La regia di Ophüls è quella standard, fatti di carrelli e piani sequenza, ma in questo caso il regista si trattiene, e realizza panoramiche e movimenti di amcchina più brevi e slanciati, più asciutto e quindi più efficace.

Il vero punto negativo del film è proprio nella storia. Al di la della contestabile teoria di base (lei è l’esempio perfetto della donna succube, non innamorata, ma accecata; oltre al fatto che lei si innamora solo perché lui è il figo locale, artistoide e maudit), la storia si muove in un enfasi eccessiva, in un formalismo romantico veramente troppo intenso, specie nel drammatico finale; non c’è nessun momento che risulti completamente autentico e nessun episodio che appaia minimamente dinamico.

Ophüls vince, il film no.

mercoledì 23 marzo 2011

Scarpette rosse - Michael Powell, Emeric Pressburger (1948)

(The red shoes)

Visto in Dvx.

Un giovane compositore ed una giovane ballerina incontrano un non più giovanissimo produttore di spettacoli teatrali… vuoi che non siano tutti dei geni bruciati dal sacro fuoco? Beh per dimostrarlo viene allestito uno spettacolo tutto nuovo, Scarpette rosse appunto… ma vuoi che una cosa non tiri l’altra e i due giovani si innamorino?... peccato che il produttore non ammetta che la passione per l’arte venga offuscata da quella per l’amato e cambi collaboratori qualora questi intreccino intrallazzi amorosi. In poche parola il produttore li scarica entrambi; ma la ballerina è davvero brava e dopo un anno di fermo per non oscurare/scontentare il marito si lascia sedurre di nuovo dall’arte e dal produttore e torna sulla scena. Nel tragico finale dovrà scegliere fra l’amore per un uomo e quello per il ballo.
Il sottotitolo di questo film sarebbe potuto essere “quando l’arte brucia l’anima”, e la storia verte integralmente su questo, mostrando personaggi che si sono concessi unicamente al fuoco sacro, altri che hanno preferito la vita terrena, e altri, coma la ballerina protagonista, che incerti sul da farsi finiranno tragicamente.
Più che la regia il lavoro più impressionante di questo film sono le titaniche scenografia. Nelle scene in esterni normali sono suggestive e ben realizzate, ma non sono niente rispetto alla scena del balletto. Quella scena vale tutto il film, un tripudio di surrealismo, sperimentale e totalmente riuscito, da far impallidire i musical odierni (anche se questo poi non è un musical) se si considera che è un film degli anni quaranta.
Poi per carità il resto del film è piacevole, mai stucchevole e ben diretto e il finale l’unico possibile, eppure dopo quella scena il resto è solo silenzio.

lunedì 24 gennaio 2011

Germania anno zero - Roberto Rossellini (1948)

(Id.)

Visto in DVD.

Film nerissimo e tragicissimo di Rossellini. In una Germania ferita a morte da una guerra da cui è ben lungi dal riprendersi, si muove Edmund figlio minore d’una famiglia disperata in cui tutti i suoi componenti (come tutti i personaggi del film comunque) sono vittime di un terribile individualismo (il fratello maggiore che non vuole prendere la tessera per i viveri per paura d’essere arrestato, il padre che ama lamentarsi più che essere un appoggio ecc…). Fuori dalla casa le cose non vanno meglio, e finisce a fare dei lavori per un suo ex insegnante, nostalgico del nazismo e tendenzialmente pedofilo (ma non sembra neppure essere l’unico), e poi si associa a due ragazzi che vivono di espedienti e prostituzione. In un contesto del genere il ragazzo sarà portato all’omicidio, un omicidio atroce, per quanto liberatorio , che lo porterà all’inevitabile finale.

Salvo nella figura dell’insegnante (le cui carezze eccessivamente sensuali sul giovane protagonista disturbano ancora oggi), il regista sembra essere in equilibrio perfetto, senza giudizi morali, mostrando una galleria di personaggi che sono colpevoli quanto innocenti, vittime e carnefici nello stesso momento; mostrandole quindi come essere umani che vivono nella tragedia come condizione normale (come dice la voce fuori campo all’inizio), in una concezione estremamente moderna del rapporto fra Germania e nazismo.

Se l’intero film si sviluppa come neorealista aumentando notevolmente l’effetto emotivo ed il disagio dello spettatore, il finale si presenta come un denso affresco di simboli di un’infanzia distrutta ed ormai irrecuperabile da qualunque forza, e accompagna chi guarda verso un finale logico, ma francamente non previsto.

Un film stupendo, moderno e sostanzialmente perfetto… anche se avrebbe bisogno di qualche restauro.

domenica 5 settembre 2010

La fossa dei serpenti - Anatole Litvak (1948)

(The snake pit)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Splendido film sulla follia e sul manicomio, tra i più onesti in questo campo, non ancora avvelenato dal luogo comunque libertario anni 60-70 della malattia mentale come diverso (e migliore) modo di vedere il mondo e che trasforma direttamente la psichiatria in una propaggine del demonio.
Questo film cerca invece di mostrare tutti i punti di vista; mostra infatti l'opinione del paziente nei confronti dei medici, delle strutture e della sua stessa malattia, del suo tentare di venirne fuori, delle sue sofferenze, della fiducia o sfiducia nelle metodologie mediche; ma viene mostrata anche la diversa consapevolezza dei medici, che risultano quindi non tutti ottusi o cattivi a livello del nido del cuculo (anche se la maggior parte si, ma ci si accntenta); e poi il rapporto con i pazienti, le metodologie usate (dell'epoca) senza troppi sensazionalismo, il transfert ecc...
Un film decisamente buono, che mostra un argomento nel modo più onesto possibile (fermo restando la drammattizzazione), e ci piazza pure qualche inquadratura ad effetto per far capire che Litvak non è l'ultimo arrivato.
La trama si muove con stile, con giusto un abbassamento del ritmo dopo la metà che viene presto recuperato, portando chi guarda a fare il tifo per la ottima Olivia de Havilland.

lunedì 14 giugno 2010

Idolo infranto - Carol Reed (1948)

(Fallen idol)

Visto in Dvx, in lingua orginale sottotitolato in inglese.

Nell'ambasciata francese a Londra, per un weekend, rimangono solo il figlio dell'amabsciatore, un maggiordomo e la moglie di lui, la governante. Il maggiordomo è l'eroe del bambino, che invece teme e disprezza la donna. Giusto in quei giorni poi, il maggiordomo deve risolvere una crisi con una sua amante creando sotterfugi per ingannare la moglie e non far dire nulla di ciò che vede al bambino. La situazione non durerà a lungo, ovviamente, e nella confusione che si verrà a creare la moglie del maggiordomo muore. Il bambino non vede la scena, ma pensa che sia stato il suo eroe ad ucciderla. Cominciano le indagini, e tutti i personaggi saranno alle preso con i silenzi, le promesse, le bugie e la voglia di raccontare la verità (la propria verità, che non è quella assoluta).
Ironicamente la polizia riuscirà a risolvere correttamente il mistero anche se l'indizio utilizzato sarà falso e anche se l'unico testimone sarà convinto del contrario.
Stupendo film sul rapporto tra realtà e finzione, ma ancora di più sulla soggettività della verità, la trama è talmente ben congegnata da poter essere equiparato a "Rashomon" senza problemi.
Il cast all'altezza mette in evidenza la sorprendete interpretazione del piccolo protagonista, che, oltre a dover recitare (e per un bambino farlo bene non è poco), deve anche destreggiarsi tra 2 lingue.
Reed, oltre che a dirigere ottimamente gli attori, si degna anche di aggiungersi del suo, con le sue classiche inquadrature sghembe, la costruzione particolare delle scene e un gusto per la messa in scena che viene esaltato dalle poche scene d'azione; le sequenze esteticamente più belle sono infatti il gioco a nascondino nella casa (con l'inquietante presenza, mai apertamente mostrata, della governante) e la fuga del bambino di notte.

sabato 27 febbraio 2010

La donna del bandito - Nicholas Ray (1948)

(They live by night; in Italia è anche conosciuto come "Disperazione")

Visto in DVD.

Un film con molto poco del gusto estetico di Ray, il che certamente è un peccato, però riesce comunque a dare sfogo ad una storia tesa il giusto.
Il film è un noir che punta sui sentimenti più di chiunque altro, un noir in cui è facile morire quanto è facile amare.
Gran parte del film si basa sul loro rapporto, su come ciò che lui ha commesso ha ripercussioni sulla loro relazione. Il tema delle coppie di criminali è piuttosto usurato al giorno d'oggi, ma in questo caso la situazione è diversa, sono una coppia che per caso, si trova invischiata in una rapina, un gioco del destino non completamente voluto anche se evitabile.
Un film perfettamente nelle corde di Ray, che con il destino e le parabole negative c'ha fatto una carriera; il finale è inevitabile, e corona un film realmente superiore alla media, anche se non si vede il tocco del regista

mercoledì 10 febbraio 2010

Il ritratto di Jennie - William Dieterle (1948)

(Portrait of Jennie)

Visto in DVD.

Un film decisamente particolare che ho guardato a seguito di un'interessante recensione.
Se fosse stato un pò più concentrato e un pò meno sentimentale sarebbe potuto essere una puntata di "Ai confini della realtà".
Un pittore senza futuro (Il sempre ottimo Cotten) incontra per caso una bambina (la Jones, che nella parte di una bambina è credibile come la Rogers in "Frutto proibito", cioè come Stallone in "John Rambo") che gli chiede di fargli un ritratto e, aggiunge, crescerà in fretta per poterlo sposare un giorno.
I giorni passano, Cotten ritrova l'ispirazione disegnando il volto della bambina e ci guadagna pure dei soldi; finchè la bambina non torna, ma è già più grande, è già una ragazza... il film proseguirà con il lento disvelarsi dell'inghippo, mentre la Jones apparirà in maniera discontinua sempre più adulta al sempre più confuso e innamorato Cotten.
Un film decisamente anomalo trattato con stile da Dieterle che lo sottolinea con continui richiami alla pittura, un pò con una costruzione delle scene in senso pittorico (soprattutto all'inizio), un pò ponendo la tela sullo sfonde delle inquadrature avvicinando quindi il film ai quadri.
Il finale con i viraggi in verde e rosso, e l'ultima scena in technicolor sono di sicuro effetto e rendono il bianco e nero del resto del film funzionale per sottolinera gli ultimi momenti. Non so se fosse il DVD che ho visto io ma per tutto il film ho visto dei flash di luce azzurra a intervalli irregolari di cui non ho ben capito l'utilità.
In definitiva un buon film romantico sull'amore al di la del tempo e della morte, sostenuto da uncast notevole. Merita un recupero.

venerdì 11 dicembre 2009

Il terrore corre sul filo - Anatole Litvak (1948)

(Sorry, wrong number)

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Un film strepitoso ingiustamente dimenticato dal grande pubblico. Un noir fatto tutto di flashbacks (con anche dei flashbacks dentro a dei flashbacks) tutto basato sui telefoni, coi quali stringe un rapoporto che un po come quello di "Ringu" per le videocassette.
Una donna malata impossibilitata ad alzarsi dal letto, attende in apprensione che il marito torni a casa dal lavoro; dopo che il ritardo di quest'ultimo si fa eccessivo comincia a telefonare in giro e per uno sbaglio si ritrova ad ascoltare una conversazione tra due uomini che organizzano un omicidio per quella sera stessa; e questo è solo l'inizio.
Splendido, teso, con una sequenza finale titanica nella sua disperazione, condotto più come un thriller moderno che come un noir dell'epoca, questo film è impreziosito da un cast di stelle (va detto che nelle prime scene la Stanwyck non mi sembra all'altezza della parte, ma a mano a mano che la tensione sale si fa sempre più perfetta fino alla scena madre finale).
Anche Litvak è per me una sorpresa; confeziona un film magnifico con una macchina mobile disinvolta e precisa; fa un po tutto quello che può, carrelli, panoramiche e panoramiche a schiaffo a non finire (durante le sequenze iniziali sembrava davvero un film di Scorsese), ma nessun movimento fine a se stesso, tutto serve a mostrare qualcosa, a spiegare, a svelare.
Il film non è privo di pecche, sprattutto la sceneggiatura che ad un certo punto proprio si svacca nell'implausibilità, ma è solo un momento perchè poi il film procede nell'inevitabile finale.

lunedì 9 novembre 2009

Scandalo internazionale - Billy Wilder (1948)

(A foreign affair)

Visto in DVD

Film cinico come solo Wilder, tra i grandi del cinema, saprebbe fare; è una commedia che ironizza sulla germania post bellica, sulle connivenze ed il favore del popolo tedesco nei confronti del regime nazista e sugli americani come liberatori. Graffiante specie nel'inizio si riconosce fin da subito come un film di Wilder.
Poi prende le mosse della commedia degli equivoci (di cui non vado matto) e del film romantico alla "Ninotchka" (di cui non a caso è stato uno degli sceneggiatori), senza particolari guizzi o idee. Unico valore aggiunto la Dietrich.
Dietro la macchina da presa Wilder non esalta in maniera particolare.
Questo film è decisamente un minore nella carriera del regista, ma fa passare bene un'ora e quaranta.

Ah già, le spettrali carcasse degli edifici bombardati che si vedono all'inizio del film dall'aereo e poi nelle varie scene sulla macchina sono proprio la Berlino del 48.