giovedì 31 dicembre 2009

Il braccio violento della legge n.2 - John Frankenheimer (1975)

(French connection II)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Un film con gli stessi difetti del primo; ma stavolta non c'è neppura una sceneggiatura minimamente all'altezza, dinamica e senza un attimo di respiro.
Per carità, non è una minestra riscaldata, cercano tutta un'altra strada; semplicemente non avvince, non tiene attiva l'attenzione, si dilunga sul suo personaggio senza dire niente, senza fare niente. La nuova cornice francese non aggiunge nulla di nuovo.
L'unico tocco di vera originalità è il metodo di tortura, in cui Fernando Rey dipendenza da eroina sul Hackman per poi causargli una crisi d'astinenza.
Ah già, ottima la lunga sequenza tutta imperniata su Gene Hackman che vince la dipendenza da eroina, ma da sola non vale un film di due ora.

mercoledì 30 dicembre 2009

Il braccio violento della legge - William Friedkin (1971)

(The french connection)

Visto in VHS registrata dalla tv.

Un film realizzato con stampo realista, con una qualità della pellicola scadente (tipicamente anni settanta) e una fotografia dimenticabile, quasi inesistente.
La regia, ricca di panoramiche, non spicca per originalità ma si mette a completa disposizione della scenegiatura e dei personaggi.
Quello che ne viene fuori è un film non del tutto originale, ma tiratissimo, che si fa guardare senza periodi di stanca (tranne all'inizio, quando la storia deve ancora entrare nel vivo) nonostante la ripetitività della storia.
Spettacolare la scena dell'inseguimento del treno che si fa ricordare con prepotenza.
Buono il personaggio interpretato da Gene Hackman, vera nota positiva del film, che rappesenta il prototipo del poliziotto che prima spara e poi chiede chi va la; magnificamente ossessivo è pronto a scavalcare qualunque dubbio morale e qìchiunque pur di giungere ai suoi obbiettivi (na figura non del tutto originale, ma mutuata dai film noir). Ovviamente da qui nasceranno tutti i poliziotti duri e granitici degli anni settanta.
Il finale pessimistico e crepuscolare corona un film che, altrimenti, sarebbe stato uno dei tanti.
Assolutamente ingiustificata la pioggia di Oscar ricevuta.

martedì 29 dicembre 2009

Mancia competente - Ernst Lubitsch (1932)

(Trouble in paradise)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Quanti film ha fatto Lubitsch nel 1932?!!!
Beh comunque sia, questo è il film più tecnicnicamente ben fatto che abbia visto; il regista muove le macchine come vuole, suggerisce con le immagini senza dire mai (il codice Hays non era ancora entrato in vigore), cambia registro e tono al film in due battute. Veramente notevole.
Un insieme di personaggi simpatici, anche quelli secondari e meno delineati hanno il loro momento, e Lubitsch è li ad asservirsi al movimento della scena per inquadrare il necessario.
Se fino a pochi giorni fa snobbavo il regista tedesco, e schifavo la commedia sofisticata, ora non posso che ammettere la grandezza di Lubitsch e la bellezza di questo tipo di cinema ancora attuale e alla portata di tutti; questo film soprattutto non ha perso nulla neppure dopo ottant'anni.

PS: mentre il titolo originale ha un senso, mi sfugge completamente il significato di quello italiano.

lunedì 28 dicembre 2009

Boogie nights, l'altra Hollywood - Paul Thomas Anderson (1997)

(Boogie nights)

Visto in DVD.

Un film dove la trama corale che si sviluppa per almeno un decennio non vuol essere una saga, ma solo una serie di eventi, un pretesto per realizzare un film. Si insomma ci si trova pur sempre dalle parti di "Ubriaco d'amore", ma meno estremista; la storia c'è, non è molto importante, prosegue senza troppi alti e bassi, ma c'è.
Poi, come al solito c'è Paul Thomas Anderson dall'alto dei suoi Scorsesismi, dei soui piani sequenza, delle sue steady cam, dei suoi colori accesi, dei soui personaggi al margine; ed il film prosegue per due ore e mezza senza pesare assolutamente, divertendo qua e la senza mai strafare.
Un'opera ricca di invenzioni registiche che preannuncia la magnifica filmografia che seguirà. Non è fondamentale ma godibile.
Una carrellata di stelle, ex stelle e stelline emergenti fa da trampolino di lancio.

domenica 27 dicembre 2009

La principessa e il ranocchio - Ron Clements, John Musker (2009)

(The princess and the frog)

Visto al cinema.

Io ho una venerazione per i film Disney anni 90, un pò perchè sono quelli della mia infanzia, un pò perchè oggettivamnte sono tra i migliori mai fatti; e quindi tutto i cartoni venuti dopo devono paragonarsi con dei giganti, compito non facile.
La storia è abbastanza consueta ma la morale è particolarmente americanizzante, il messaggio principalmente veicolato è infatti "lavora sodo e avrai successo nella vita" e solo in secondo piano viene però suggerito "ciò che vuoi non è necessariamente ciò di cui hai bisogno"; inoltre non ho mai visto un film Disney che parlasse tnto di soldi, i problemi economici ci sono sempre stati (si veda ad esempio "Aladdin"), ma il denaro non ha mai avuto una parte così importante.
Comunque è evidente il debito che questo film ha con i suoi predecessori. La scena del ballo con il principe ha la stessa visuale e le stesse movenze di quella de "La bella addormentata nel bosco", oltre a citazioni dirette e movenze copiate da "Aladdin", "La sirenetta", "Il libro della giungla", "Cenerentola" ecc... Oltre al fatto che il cattivo appartiene alla schiera delle copie di Jafar, e cosa dire dell'esercito di ombre (splendido) che sembra uscito da "Una notta sul Monte Calvo" di "Fantasia"?

Non mancano i lati positivi, come un'animazione piuttosto buona, disegni classicamente ben fatti e bei colori pastosi; un'ambientazione nuova ricca di suggestioni e potenzialità; l'uso delle ombre, da quella del cattivo alle ombre che cercano di catturare il ranocchio; nonchè un colpo di scena definitivo come non si vedeva da tempo in un film Disney.... e non dico di più.
Ma i difetti sono forse più importanti, in primo luogo la splendida ambientazione, che dona molte possibilità non viene sfruttata, il voodoo ad esempio rimane tutto sullo sfondo e divento sostanzialmente una splendida occasione perduta; i personaggi sono poco utilizzati ed il cattivo (nei film Disney i buoni sono tutti uguali, mentre il peso del film è tutto sullo charme del cattivo) ricco di buone idee alla fin fine non viene mai portato ad esprimersi ed è lasciato ai margini di una vicenda che ala fine si risolve nel solito viaggio alla scoperta di se stessi. Peccato.
Le canzoni sono carine, ma diverse (soprattutto le prime) sono completamente dimenticabili, le coeografie nelle parti cantate sono assolutamente fuori ritmo e non si impastano con la canzone, cercando di creare un andamento forsennato che si risolve solo in un casino lisergico ricco di colori e buone idee non sfruttate, un po come "La sirenetta", ma all'epoca era una sperimentazione, oggi invece è una copia mal riuscita del passato.

In definitiva un buon film Disney che può intrattenere bene, ma non aggiunge niente e si fa dimenticare in fretta.

sabato 26 dicembre 2009

Amore che redime - Billy Wilder (1934)

(Mauvaise graine)

Visto in VHS registrato dalla tv.

E' vero, è il primo film fatto da Wilder, quindi molte ingenuità, molti sbagli, ma anche la noia e la banalità, possono essere giustificati. Anche perchè la scenegiatura è solo in piccola parte sua, e anche perchè slo otto anni dopo produrrà l'insensato ma godibilissimo "Frutto proibito". E poi c'è alla regia anche questo Alexander Esway che non conosco e voglio convincermi che sia tutta colpa sua... però quando un mito enorme come Wilder cade, fa un fracasso infernale.
Pessimo film, non c'è molto da salvare.

venerdì 25 dicembre 2009

Broken lullaby - Ernst Lubitsch (1932)

(Id., in Italia è anche conosciuto come "L'uomo che uccisi")

Visto in VHS registrato dalla tv.

Non una commedia, ma un dramma, che all'epoca aveva ancora ampia attualità, ma che è comunque universale.
Se avevo dei dubbi su Lubitsch, ora se ne sono completamente andati. Un inizio folgorante, dove le immagini dicono tutto quello che c'è da sapere, e forse anche di più, e che comunque mantengono una bellezza propria. Lubitsch realizza solo inquadrature classiche, armniche, semplici, ma per arrivare li compie ogni giro, ogni movimento possibile; per arrivare all'inquadratura più banale crea un gioco di macchina da presa e disposizione degli attori assolutamente originale.
La trama cupissima anche nei momenti romantici è forse affetta da troppa demagogia; però con che arte viene esposta; come si fa a rimanere inerti quando il padre tedesco di un soldato ucciso (siamo subito dopo la grande guerra) grida al soldato francese "Non può esserci cmprensione fra voi e me, milioni di morti ci separano, un mondo di morti". Eh no, non si può non applaudire.
Lubitsch comunque, anche nel dramma non esita ad aggiungere un pò d'ironia qua e la, come nel passaparola tra le signore del paese.
Un film veramente bello, e, ovviamente, dimenticato.

giovedì 24 dicembre 2009

Se avessi un milione - Ernst Lubitsch e registi vari (1932)

(If I had a million)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Non conosco molto Lubitsch, e certo partire da un film corale, fatto a episodi in mano ad otto registi diversi non è proprio l'ideale per giudicarlo; e ad essere sinceri finora non è che lo apprezzi più di tanto. Però ho guardato questo film per iniziare a riavvicinarmi al regista tedesco, visto che comunque ha supervisionato il progetto.
Quello a cui ci si trova di fronte quando si comincia a guardare questo film è una commediola piacevolissima, con un inizio magnifico fatto da una completa cnoscienza del mezzo cinematografico, ottimo per movimenti di camera e montaggio (e pare che l'incipit fosse proprio in mano a Lubitsch). Un film molto parlato, con dialoghi ben scritti, in un epoca in cui il sonoro era ancora agli albori.
Molte sono le chicche sparpagliate in giro per tutto il film, come ad esempio le inquadrature delle gambe delle sedie a dondolo nell'ospizio (è solo il primo esempio che mi viene in mente).
Il film è composto da circa otto episodi alcuni dei quali molto divertenti (come quello del falsario), altri patetici e commoventi (come quello dell'anziana), altri invece piuttosto ripetitivi o non particolarmente originali (come quello della coppia che si vendica dei pirati della strada); ovviamente questo è prevedibile di fronte ad un film ad episodi scritti e diretti da persone diverse.
Nel complesso si tratta comunque di un buon lavoro, con un finae buonista che non stona visto il tono generale, e per essere solo in minima parte merito di Lubitsch, devo dire che me lo riabilita.

mercoledì 23 dicembre 2009

Il re ed io - Walter Lang (1956)

(The king and I)

Visto in DVD.

Un filmetto molto ingenuo che fa ampio uso degli stereotipi per divertire e far passare bene due re...gli stereotipi e le canzoncine. Non si tratta di un vero e proprio musical, ma di un film cantatato alla Disney.
Al di la del fatto che le due ora pesano, il film si lascia guardare più che altro grazie agli interpreti, bravi, adatti alla parte, simpatici e soprattutto gli interpreti sono Deborah Kerr e Yul Brynner (mai più così scanzonato)!!!
Il film è perdibilissimo, le canzoni sono tutt'altro che memorabili, giusto lo spettacolo fatto dai figli del re tratto da "La capanna dello zio Tom" stupisce, in positivo, per inventiva.
va ricordato che è per via di questo film che Brynner si rasò per la prima volta, e da allora è diventato il pelato che tutti conoscono e rispettano.

martedì 22 dicembre 2009

As tears go by - Wong Kar Wai (1988)

(Wong gok ka moon)

Visto in DVD.

Primo film di Kar Wai, in cui ancora non è presente tutta la sua poetica. La storia, infatti, è tutta sbilanciata verso l'amicizia virile che lega il protagonista al personaggio interpretato da Jacky Cheung, in un rapporto che molti trovano simile a quello presente in "Mean streets" di Scorsese. Un paragone che secondo me calza solo in parte. In questo film non ci troviamo di fronte ad un protagonista tormentato per motivi personali, oltre che dall'amico completamente fuori di testa, ma abbiamo un protagonista sicuro e granitico con un amico infantile che cerca di assomigliargli.
Al di là della trama ci si trova davanti ad un'opera prima che è un capolavoro; la regia di Kar Wai si fa notare soprattutto per i movimenti di macchina, non la muove a lungo, ma spesso. Un dinamismo a cui fa eco un montaggio ancora impreciso, ma rapido e dinamico, che crea movimento anche con immagini fisse.
Un film godibilissimo, fatto di quei sentimenti sottili a cui Kar Wai guarderà per tutta la sua carriera, uniti ad un rapporto con la violenza diverso da quello di Woo, meno compiaciuto, più sofferto, e poi qui la violenza non ha funzione catartica, ma è solo uno degli intralci alla vita ideale che i protagonisti cercano sempre.

lunedì 21 dicembre 2009

Lasciami entrare - Tomas Alfredson (2008)

(Låt den rätte komma in)

Visto ad un cineforum.

Forse è il più bel film sul vampiro classico mai fatto.
In questa storia non c'è molto di originlae, giusto l'età dei protagonisti (bravissimi) che sono adolescentelli; però, pur non inventando nulla riesce a convincere e a mostrare quanto di più abusato (il vampiro che non può entrare in una stanza se non invitato, che si consuma alla luce del sole, che lascia due buchi nel collo...) come se fosse la prima volta, sotto una luce di tragedia greca che trasfigura tutto.
La storia di amore, o d'affetto se vogliamo essere precisi, è trasmessa con una delicatezza ed una sensibilità invidiabili.
Una fotografia gelida che gioca tutto sui toni del bianco, anche nelle innumerevoli sequenze nottorne; ed una regia che spicca per l'invisibilità e per come riesce a veicolare lo sgurado, nascondendo con maestria (soprattutto le scene più gore, che si riducono a solo un paio, tra cui il finale, in un film che se avesse voluto avrebbe potuto competere con "Splatters").
Forse eccessivamente lungo per l'atmosfera rarefatta che crea, ma cmunque un gran film, un piccolo gioiello del cinema horror, oramai borderline con quello romantico.

domenica 20 dicembre 2009

Il delitto perfetto - Alfred Hitchcock (1954)

(Dial M for murder)

Visto in DVD.

Film claustrofobico come Hitchcock amava fare, tutto ambientato in una stanza, molto teatrale (ed infatti è un'opera rubata al teatro e portata al cinema pari pari) realizzata con maestria, da un cast decisamente buono (quant'è piacevole Milland in questo film?!) e da una regia adatta, senza esagerazioni ne sbavature.
Hitchcock, muove la camera per inquadrare ciò che è necessario, nn esagera mai nei movimenti, ma li fa continuamente; costruisce scene dove i personaggi sono sempre in secondo piano, in primo c'è sempre qualcosa, un ripiano, una ringhiera, una scrivania, una poltrona, una lampada, delle bottiglie, eccetere, come se cercasse d costruire il proscenio di un teatro, dando così una profondità all'immagine come poche altre volte.
Un film piacevole e ben girato che non può lasciare l'amaro in bocca a nessuno.

sabato 19 dicembre 2009

Tabù - Friedrich Wilhelm Murnau (1931)

(Tabu: a story of the south seas)

Visto in VHS.

Film inizialmente codiretto con Robert Flaherty che però abbandonò a metà per intemperanze con il regista tedesco.
Il film è una storia d'amore tormentato piuttosto classica ma molto ben fatta, che colpisce parecchio. L'ambientazione esotica è esaltata soprattutto nella prima parte, molto documentaristica, con poca storia, e scene molto luminose tutte ambientate in pieno giorno; ma è nella seconda parte in cui Murnau viene fuori. Quando il rapporto fra i due comincia ad essere seriamente messo alla prova, le scene cominciano ad essere ambientate di notte, e iniziano le inquadrature ad effetto, le sovrapposizione di immagini e le costruzioni poetiche delle scene, sempre molto essenziali. Non è un film imperdibile, ma certamente onesto, in cui Murnau fa il suo lavoro con una certa maestria, ma senza sperimentare (forse perchè rallentato da Flaherty).
Il film uscì quando dopo la nascita del sonoro, ma conoscendo la naturale avversione del regista tedesco anche solo per i cartelli, ben si capisce perchè non sia parlato (e forse è meglio così).
Credo che la fotografia abbia vinto un Oscar... francamente non mi ha colpito, ma certamente questo è un film che avrebbe meritato di essere fatto a colori... e magari avrebbe meritato pure un restauro...

venerdì 18 dicembre 2009

A serious man - Joel Coen, Ethan Coen (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Normalmente l'inconludenza ed il gioco del caos dei Coen mi irrita, perchè lascia l'amaro in bocca senza dire nulla, appare estroso ed estremamente intelligente quando invece è solo una mancanza di significato; le loro opere migliori finora sono state Fratello dove sei, film carino tratto dall'Odissea, e Non è un paese per vecchi, film magnifico tratto dall'omonimo romanzo di McCarthy; come a dire che finchè si tratta di dirigere ce la fanno anche, ma quando si tratta di scrivere sono troppo intenti a mettere gichetti e trucchi per apparire fighi e si dimenticano dell'essenza.
In questo caso no. In questo caso è proprio l'impossibilità di vedere il significato di ciò che accade il motore del film, è il caos che gli da un significato.
Il film ambientato in una comunità ebraica (popolo molto legato all'idea che tutto ciò che accade abbia un significato e alla necessità, o l'interesse, di venire a conoscienza dei motivi) in cui il protagonista si muove in sordina finchè non diviene un moderno Giobbe, e le sfighe si susseguono una dietro l'altra, senza che lui abbia la forza di reagire, ne nel bene ne nel male. Proprio la sua mancanza di reazione, unita con la sua fede, mai esagerata, ma mai perduta, riporteranno a posto le cose, ma al contrario di Giobbe, quando tutto si sistema, proprio quando tutto è finito, cede, mostra debolezza e le conseguenza, non mostrate direttamente ma suggerite, saranno enormi. Tutto quello che sta nel mezzo è la ricerca di un significato da parte del protagonista, un motivo per quello che gli accade; ma ovviamente il motivo non verrà trovato, forse c'è, ma come esseri umani non si è in grado di comprenderlo e tutto quello che ci rimana da pensare è che se esiste un ordine superiore quello è il caso (un po un leit motiv dei Coen che sulla mancanza di un ordine superiore hanno vissuto per anni).
Tutto il film è permeato da un senso di oscura inevitabilità che rende ricca di significato ogni scena, ogni personaggio, ogni espressione, anche la più stupida od inutile (ai fini dello svolgimento della trama sono pochissimi gli avvenimenti effettivamente utili, ma tutto è necessario per fare atmosfera).
Il film è il classico miscuglio di dramma e commedia a cui i Coen hanno abituato. La regia sempre pulitissima sceglie colori sbiaditi che danno un magnifico senso di inutilità e impossibilità nel fare alcunchè, rendono bene gli anni sessanta, e aiutano pure ad ambientare il film nella stagione estiva (giugno). I Coen poi si rendono evidenti con inquadrature sghembe, l'uso insistito dei dettagli, e il continuo gioco con il fuoco (come quello nel bellissimo finale, oppure per sottolineare lo stato di alterazione mentale dei personaggi).
Un film fieramente ebraico, dove tutto passa attraverso parole e usi ebraici non sempre spiegati, bello il corto/incipit tratto da una storiella Yiddish.

Un film bellissimo dove tutto può succedere senza potervi fare nulla se non sopportare, o cedere, e dove tutto è inintelleggibile.
Come al solito nei film dei Coen, ottimo il cast.

giovedì 17 dicembre 2009

Giglio infranto - David Wark Griffith (1919)

(Broken blossoms or the yellow man and the girl)

Visto in DVD.

Film melodrammatico per definizione, narra di un giovane monaco buddhista che emigra a Londra pr portare la parola di Buddha, si perderà presto in una fumeria d'oppio. L'incontro fortuito con una ragazzina maltrattata dal padre lo porterà a riscoprire l'amore (unilaterale ed assolutamente platonico) e a ritornare a sperare.
In questo film c'è tutto il Griffith che conta, ovviamente c'è il montaggio parallelo convergente (splendidamente usato visto che crea una suspence che non finirà in uno scioglimento positivo), ci sono i reiterati primi e primissimi piani (Griffith amava far recitare i volti degli attori più che i corpi, e permise quindi di traghettare il cinema lontano dal teatro a cui si è sempre rifatto nei primi decenni) ma soprattutto è il primo film che abbia visto in cui vi è un uso espressionista del colore. Il colore era già talvolta utilizzato, si veda ad esempio "Viaggio attraverso l'impossibile" di Méliès che già nel 1904, nella preistoria del cinema, si era adoperato a dipingere ogni singolo fotogramma; ma Griffith ne fa un uso diverso. Utilizza una tecnica differente, e cioè l'imbibizione, colorando tutto il fotogramma con lo stesso colore, ma soprattutto non utilizza le differenze cromatiche per stupire il pubblico, quanto per veicolare informazioni, il blu è tenuto per le inquadrature degli esterni di notte, l'ocra per le situazioni normali, mentre il rosa per le situzioni emotivamente più importanti. Ancora una volta Griffith inventa un linguaggio che solo decenni dopo il cinema imparerà ad usare.
Il film è estremamente verboso, con una "voce" fuori campo che racconta ciò che avviene ed i sentimenti... curioso.
La Gish è stranamente credibile nei panni di una preadolescente, anche se all'epoca aveva già 23 anni.

mercoledì 16 dicembre 2009

Moon - Duncan Jones (2009)

(Id.)

Visto in Dvx.

La fantascienza (non quella da blockbuster, ma quella che si potrebbe definire metafisica) è il genere che più d'ogni altro è vittima dei capolavori del passato, non si può più fare un film senza rendere conto ad alien, blade runner, odissee nello spazio o solaris... se poi in mezzo ci si mette un robot parlante il paragone diventa obbligato e diretto.
Jones riesce ad evitare le trappole del già visto, semplicemente non citando da quei film, sembra banale ma non sono in tanti ad averlo fatto. Il computer parlante, personaggio importante, si discosta da HAL, pur avendo "l'occhio" uguale, perchè c'è stata proprio la volontà di farlo diverso, l'attenzione infatti è tutta concentrata sullo smile che rappresenta il tono della voce altrimenti monocorde; e quando il computer deve essere spento, semplicemente Jones lo fa spegnere, sembra banale, ma la velleità di farlo parlare sempre più piano sarebbe venuta a chiunque.
Jones quindi evita tutte le trappole date dal genere, ma sfrutta la nuovo senso che ha acquisito la fantascienza, non più un genere che serve a stupire per la quantità di effetti speciali, ma l'ultima frontiera dell'uomo, l'ultimo luogo dell'anima possibile.
La storia è piuttosto semplice, e a dirla tutta neppure originalissima, ma trattata nel modo giusto, con il giusto grado di introspezione e di spettacolarità (le riprese in esterni).
Jones non inventa nulla, ma usa tutto quello che ha a disposizione per spiegare la storia, per presentare i personaggi.
Ottimo Rockwell che si fa in 3 per il film, con grande credibilità in ogni personaggio (come non pensare ad "Inseparabili" nelle scene a due?!!!), e la voce di Spacey (nel caso italiano, il suo riconoscibile doppiatore) è una chicca.
Non un film definitivo, ma un'ottima variazione sul tema. Finale troppo scontato, ma non stucchevole.

PS: credo sia importante ricordare che il regista Duncan Jones è il figlio di David Bowie. Ecco, l'ho detto anch'io.

martedì 15 dicembre 2009

L'ultima risata - Friedrich Wilhelm Murnau (1924)

(Der letzte mann)

Visto in DVD.

Francamente non mi ha colpito.
Strano perchè è un film atipico, in quanto è muto ma con la pressochè totale mancanza di cartelli, per i lunghi e bellissimo carrelli, per una scenografia curatissima e per un 'interpretazione magistrale di Jannings che interpreta un personaggio più vecchio di lui d'una ventina d'anni con una credibilità impressionante per un atore del cinema muto.
L'unico vero neo del film è quell'happy end finale terribilmente posticcio, che però è mitigato dalla presa di posizione dell'autore che se ne discosta, un cartello inaffati (uno dei pochi) avverte che il film terminerebbe con la tristezza del protagonista, ma che in questo film si è scelto di far avvenire una di quelle cose che nella vita reale non accadono mai, e cioè un'eredità all'ultimo minuto. Ecco, con quell'avvertimento il lieto fine diviene più amaro che non il finale depresso.
Finissimo poi il fatto che il film è apertamente antimilitarista ma si mascheri alla censura dell'epoca spostando tutta la vicenda in un hotel.
Però non mi ha colpito.

lunedì 14 dicembre 2009

The cell, La cellula - Tarsem Singh (2000)

(The cell)

Visto in DVD.

Tarsem è un maestro dei video musicali e per il suo primo lungometraggio ha fatto un'operazione abbastanza semplice, ha preso un videoclip, l'ha annacquato fino a farlo diventare lungo un'ora e mezza, ha tolto la musica e ha messo un'accenno di storia. Ecco The cell. (giusto per corroborare la tesi basti notare come addirittura ci sia una scena ambientata in una stanza identica a quella del video degli R.E.M. "Losing my religion", con una cotruzione dell'inquadratura sostanzialmente identica).
Il film quindi è sostanzialmente un sussgeguirsi di scene esteticamente splendide legate da un filo conduttore debole debole, condizione acettabile in un videoclip, ma non in un film, soprattutto perchè l'accenno di trama è quantomai stupido e banale. Anche gli attori danno il peggio di loro, recitando male e malvolentieri, persino l'esperto in pazzi D'Onofrio risulta ridicolo oltre ogni buon gusto.
Le scene puramente estetiche non valgono l'idiozia generale del film.

domenica 13 dicembre 2009

MASH - Robert Altman (1970)

(M*A*S*H)

Visto in VHS.

Una commedia ormai invecchiata che si preoccupa di smantellare l'idea del soldato americano come eroe. Film adattissimo e giustificato per gli anni in cui è stato fatto (all'epoca le critiche alla guerra in Vietnam impazzavano) oggigiorno ci rimane un film comico non completamente riuscito e una vittoria al festival di Cannes non giustificata dall'arte ma solo dalla politica (non giustificato se si considera che era in concorso pure "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto").
Il film si basa su una comicità di grana grossa, ma certamente certe battute hanno molto il sapore dei Simpson e meritano una riscoperta, come l'altoparlante che da ordini sempre più folli fino a dire i titoli di coda; ed un gusto surreale che si avvicina molto ai fratelli Marx, ecco in questo senso il film acquista importanza come ponte fra la comicità anni '30 e quella postmoderna... ma non bisogna esagerare a dargli importanza neanche in questo.
Qui Altman non da il meglio di se neppure come regista, e la sua classica coralità si sperde in 2-3 personaggi importanti e tanti comprimari.
Un film godibile, niente di più.

sabato 12 dicembre 2009

In Bruges, la coscienza dell'assassino - Martin McDonagh (2008)

(In Bruges)

Visto in DVD.

Film splendido. Alla sua prima prova come regista McDonagh crea un film estremamente eurocentrico dove il rifiuto dell'americanità è onnipresente, addirittura sfacciato nella sceneggiatura (dove gli americani sono sistematicamente presi per il culo). Un film di gangster atipico, con gangster atipici, dove tutti hanno una coscienza e nessuno è solo un personaggio vuoto inventato solo per sparare.
Difficile definire anche il genere, non è una black comedy, più che altro un insieme perfetto di commedia e dramma, uniti in continuazione, sempre presenti entrambi anche nelle stesse scene.
Il film è sorretto da un cast perfetto, fatto di ottimi attori che si adattano alla perfezione e ad un certo punto è difficile dire se si ta guardano Farrel o Ray.
Spesso poetico, altrettanto spesso surreale da il massimo in ogni senso nel finale, forse ruffiano, ma certamente adatto, anzi quasi obbligatorio.
Il film non è scevro di difetti, per lo più concentrati nella sceneggiatura che spesso perde colpi e che tende a presentare la città di Bruges in maniera eccessivamente abbiondante e cartolinesca, o per via dei troppi personaggi irrosolti o poco sfruttati, ma questo diventa solo un dettaglio quando ci si trova ad assistere al finale del film.

venerdì 11 dicembre 2009

Il terrore corre sul filo - Anatole Litvak (1948)

(Sorry, wrong number)

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Un film strepitoso ingiustamente dimenticato dal grande pubblico. Un noir fatto tutto di flashbacks (con anche dei flashbacks dentro a dei flashbacks) tutto basato sui telefoni, coi quali stringe un rapoporto che un po come quello di "Ringu" per le videocassette.
Una donna malata impossibilitata ad alzarsi dal letto, attende in apprensione che il marito torni a casa dal lavoro; dopo che il ritardo di quest'ultimo si fa eccessivo comincia a telefonare in giro e per uno sbaglio si ritrova ad ascoltare una conversazione tra due uomini che organizzano un omicidio per quella sera stessa; e questo è solo l'inizio.
Splendido, teso, con una sequenza finale titanica nella sua disperazione, condotto più come un thriller moderno che come un noir dell'epoca, questo film è impreziosito da un cast di stelle (va detto che nelle prime scene la Stanwyck non mi sembra all'altezza della parte, ma a mano a mano che la tensione sale si fa sempre più perfetta fino alla scena madre finale).
Anche Litvak è per me una sorpresa; confeziona un film magnifico con una macchina mobile disinvolta e precisa; fa un po tutto quello che può, carrelli, panoramiche e panoramiche a schiaffo a non finire (durante le sequenze iniziali sembrava davvero un film di Scorsese), ma nessun movimento fine a se stesso, tutto serve a mostrare qualcosa, a spiegare, a svelare.
Il film non è privo di pecche, sprattutto la sceneggiatura che ad un certo punto proprio si svacca nell'implausibilità, ma è solo un momento perchè poi il film procede nell'inevitabile finale.

giovedì 10 dicembre 2009

(500) giorni insieme - Marc Webb (2009)

((500) days of Summer)

Visto al cinema.

Una cmmedia romantica che copre per intero una storia d'amore, dal momento in cui lui vede lei per la prima volta a quando finalmente riesce a togliersela dalla testa.
La trama certo non spicca per originalità, ma prosegue bene, fra prtagonisti carini, amici caricaturali, situazioni imbarazzanti e momenti realmente divertenti, tutto quello che una commedia sentimentale deve avere oggigiorno. La differenza sta tutta nel modo di presentarla; le scene infatti non seguono un rdine cronlogico, ma uno più ragionato, che disvela lentamente, in modo tale da dare un significato ad un evento solo collegandolo con la scena precedente e talvolta anche con quella successiva. Un utilizzo dell'atemporalità finalmente finalizzato ad uno scopo e non fatto solo perchè fa figo (vedi "Le tre sepolture").
In più di un'occasione poi Marc Webb si fa vedere con degli split screen molto belli (su tutti il confronto su come lui si immagina che vada il loro incontro e il come va realmente); però è proprio la regia che si accolla l'unico difetto di questo film; avrebbe dovuto osare di più, il contenuto e la forma del film si prestano ad un uso creativo della macchina da presa, decisamente superiore a quello che ne fa Webb. Vero è che forse si tratta di una scelta consapevole per non appesantire un film che punta tutto sulla leggerezza, però rimane un pò l'amaro in bocca.
In ogni caso questo film, per quanto mi riguarda, è la miglior commedia romantica dai tempi di "Harry, ti presento Sally".

mercoledì 9 dicembre 2009

Caccia al ladro - Alfred Hitchcock (1955)

(To catch a thief)

Visto in DVD.

Va detto che io non riesco mai ad apprezzare fino in fondo un film di Hitchcock, non so il perchè. Questo però è un buon film con interpreti di livello ed una regia che a tratti sembra voler danzare con la macchina da presa.
Stranamente girato in esterni (non ricordo molte sequenza in esterni in un film di Hitchcock, giusto uccelli, ma anche li non sono moltissime).
Decisamente colpisce lo sfondo sempre a fuoco anche se ins econdo piano ed i colori sgargianti.
Bellissima Grace Kelly fa la sua figura. Splendido l'intercalare dei fuochi d'artificio come metafora della pulsione erotica che non poteva essere mostrata in un film all'epoca...
Eppure neanche stavolta sono soddisfatto, il film non avvince, si trascina verso la fine poggiando tutto sulla storia d'amore e sull'andamento da commedia brillante del rapporto tra Grant e Kelly.

martedì 8 dicembre 2009

Faust - Friedrich Wilhelm Murnau (1926)

(Faust - Eine deutsche Volkssage)

Visto in VHS.

Conosco poco di Murnau, e quel poco è pura altalenante, "Nosferatu" non mi aveva colpito, mentre "Aurora" mi aveva proprio entusiasmanto. Con il Faust torno ad essere entusiasta.
Murnau crea un film elegantissimo e visivamente ricco, con una costruzione delle inquadrature da fare impallidire (si veda, ad esempio, la splendida sequenza iniziale con il dialogo fra Satana e l'arcangelo), un tripudio di effetti speciali (d'epoca) ed un uso delle ombre che diventano presto la forma di linguaggio più importante del film, le ombre qui mostrano o nascondono, scompaiono o o scavano i volti ( si veda ad esempio tutta la parte iniziale da quando il diavolo porta la peste in città); più avanti quando comparirà il personaggio di Gretchen allora saranno i fasci di luce a veicolare i messaggi allo spettatore, ed infatti è proprio in questa parte il calo più importante del film, che diviene decisamente più consueto banale.

E pensare che il personaggio di gretchen avrebbe dovuto essere interpretato da Lillian Gish, peccato.

lunedì 7 dicembre 2009

Barton Fink, è successo a Hollywood - Joel Coen, Ethan Coen (1991)

(Barton Fink)

Visto in DVD.

Io non amo i Coen, ma talvolta riesco ad apprezzarli. Normalmente girano sempre lo stesso film, fatto di perfezione formale, simmetricità, personaggi al limite del credibile, e virtuosismi visivi. Questo film si dimostra piuttosto in linea, oddio i virtuosismi visivi, seppure presenti, non sono così accentuati come in altri loro film; mentre i personaggi seppure abbastanza tipici sono particolarmente fastidiosi, il protagonista è stato descritto in maniera troppo convenzionale, come un artista impegnato troppo pieno di se e dei suoi ideali; non è dei coen un trattamento così banale.
Per dirla in un altro modo, normalmente i Coen fanno film freddi ed ironici insiemi. Questo film però è completamente a secco di ironia...
Si insomma, un film non da Coen che può rendere insoddisfatti tanto i fan, quanto i delatori del della coppia.
Stupiscono molto i 3 premi vinti a Cannes. Miglior regia forse ci sta anche (non so chi altro fosse in concorso), ma va detto che i coen stessi hanno fatto di meglio; miglior film mi pare proprio esagerato; miglior attore a Turturro... beh non è che reciti male è che se c'era da premiare qualcuno in questo film era Goodman, in quella che forse è la sua interpretazione migliore e più credibile di sempre, veramente brava a rappresentare l'uomo normale in stati d'animo normali.

Un ultimo appunto, il finale del film completamente surreale, assurdo ed autoriferito è un piccolo capolavoro, forse quanto di meglio i coen stessi abbiano prodotto fino a "Non è un paese per vecchi".

domenica 6 dicembre 2009

Giulia non esce la sera - Giuseppe Piccioni (2009)

(Id.)

Visto in Dvx.

Una piccola sorpresa; soprattutto per me che sono così diffidente del cinema italiano. Un buon film che riesce ad essere poetico anche solo con le immagini (soprattuto all'inizio, con gli inserti "letterari" nella vita reale), che riesce a parlare con grazia di argomenti non facili e che riesce ad avvincere fino alla fine (anche se da metà in poi i momenti di stanca non mancano).
Il film parla di uno scrittore, Mastandrea entrato in una sua crisi personale che, andando in piscina, incontra la Golino, nonostante sia sposato e con figlia, il rapporto tra i due crescerà...
La Golino ci dona una sua prestazione magnifica come al solito, e come al solito Mastandrea è ottimo.
Peccato che però, ad un certo punto il film entri nella banalità. Ad un certo punto, dopo il piccolo colpo di scena sulla vita della Golino, il film entra nel buco nero del prevedibile, ogni scena può essere predetta in modo abbastanza affidabile. Non so perchè ma in Italia questi film di uomini alle prese con se stessi diventano l'ennesimo film sulla crisi che gira sempre intorno agli stessi fatti e alle stesse conclusioni, mentre altrove riescono a fare un "The weather man" nel quale, mentre lo guardi, non riesci mai ad immaginare dove riuscerà ad arrivare.

sabato 5 dicembre 2009

La iena - Robert Wise (1945)

(The body snatcher)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Nell'ottocento, un medico per poter operare si avvale di un "amico" di lunga data per procurarsi cadaveri su cui studiare e sperimentare; ovviamente ci sono segreti e rancori neppure tanto sopiti che si nascondono tra i due...
Un film decisamente bello sotto tutti gli aspetti.
La trama è ben condotta e pecca, a mio avviso, solo nel finale troppo gotico (ma li la colpa è di Stevenson da cui è tratto il soggetto del film) e ci presenta un film sull'immoralità del bene; sulle vie che deve talvolta percorrere per poter agire; la parte di Karloff rasppresenta infatti il male necessario.
La regia è affidata a Wise che sembra meno rigido di altri suoi contemporanei, più disposto al movimento, alla costruzione meno convenzionale delle scene, al nascondere e allo svelare con calma, all'inquadratura ad effetto. Riesce a sottointendere senza dire, a raccontare senza mostrare. Alla sua terza prova come regista, Wise, riesce a fare ciò che deve con vera e propria maestria.
Il cast è all'altezza e su tutti torregga il mefistofelico Karloff, mai così in parte, e presta il suo volto adattissimo ad un grande personaggio; per quello che ho potutto vedere credo sia la sua migliore interpretazione. L'unico vero neo del film è che Lugosi sia sfruttato così poco per una parte tutto sommato secondaria.
Ancora una volta Lewton, il produttore, azzecca tutti gli ingradienti per un grande film di atmosfera... a voler fare paragoni poi, Lewton appare come il Corman degli anni quaranta, in cui film a basso costo hanno permesso la nascita di nuovi autori, la crescita di ottimi attori e la sperimentazione più libera.

venerdì 4 dicembre 2009

Il nascondiglio del diavolo. The cave - Bruce Hunt

(The cave)

Visto in tv.

L'ho guardato solo perché era ambientato in Romania, e ovviamente della Romania si vede ben poco visto che si sviluppa tutto in una caverna...
Comunque è un film molto classico, un gruppo di Speleologi subacquei deve esplorare una caverna mai esplorata prima e si imbatto nei mostri di rito, ahi poveri loro.
La trama piuttosto scontata che tutto ha in comune con il di poco precedente "The descent" (che comunque gli rimane decisamente superiore) è impreziosita da attori non eccezionali.
Ora sembra che io ce l'abbia un poco con questo film, ma la questione è più ampia, ce l'ho con gli horror fatto male perché degrada tutto il genere; ma dopo aver visto questo film credo d'aver capito il vero problema, non è la banalità della trama (come ci ha ben spiegato Rob Zombie che dal canto suo ha fatto opere notevolissime riciclando sempre gli stessi stereotipi) e neppure gli attori più infimi (un pessimo attore in un ottimo film farà una pessima figura solo lui, un ottimo attore in un pessimo film non eleverà mai tutto il film); il vero problema sono i registi che sfruttano il genere come trampolino di lancio, come primo tentativo nel mondo del cinema ufficiale, senza la vera intenzione di fare un buon film, ma di fare un film che incassi presto e bene solo per mettersi in luce sotto le major. Il problema è tutto li, l'horror non è più considerato come un territorio borderline tra cinema alto e cinema di serie B in cui si è liberi di sperimentare (il che sarebbe cosa ottima, perchè è in queste condizioni che si progredisce), ora è considerato come una vetrina dove non conta come lo si fa, l'importante è farlo. Francamente sono d'accordo che non ci si può sempre trovare davanti a degli innovatori come Rob Zombie, basterebbe però avere un minimo di rispetto per il genere per ottenere buoni risultati come ha mostrato Marshall con il già citato "The descent", che nel suo essere poco credibile mantiene sempre un'attenzione per il cinema che lo rende un ottimo film medio prima ancora che un ottimo film horror.

Forse non l'ho detto, ma il film annoia e delude; le scene in acqua, specie quelle, molto importnati, degli attacchi del mostro sono troppo confuse. Considerando ogni aspetto la cosa migliore che ha è la fotografia degli esterni, ma essendo ambientato in una caverna....

giovedì 3 dicembre 2009

Gozu - Takashi Miike (2003)

(Gokudô kyôfu dai-gekijô: Gozu) anche noto come "Yakuza horror theater: Gozu"

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Miike è sempre lui e confeziona un viaggio surreale nella vita di un giovane yakuza; estremo come solo il maestro giapponese sa fare.
Il film sembra pensato da un Lynch in un trip di acido (un bad trip) e proprio a Lynch può essere, almeno in parte, paragonato. L'atmosfera carica di tensione e inquietudine, simile a quella di "Eraserhead", l'ironia nei confronti dell'autorità (qui quella della yakuza, in Lynch quella sui poliziotti), visioni inquietanti che forniscono indizi, come in "Twin peaks", il cambiamento fisico di una persona, come in "Strade perdute", eccetera...
Però questo è Miike, e allora l'acceleratore del perverso è decisamente più pigiato che non in Lynch.

La storia è quella di una missione di un giovane affiliato incaricato di uccidere un collega impazzito; per farlo deve recarsi nella città di Nagoya, ma lì le cose prendono tutta un'altra strada e la città si rivela essere un labirinto di varia umanità, assurda e degenere.
Per essere un film dall'altissima componente simbolica è meno noioso del previsto, la storia (perchè succederanno amenità varie, ma una storia rimane sempre) viene condotta con la giusta velocità, trasformando il film, prima, in un giallo surreale e poi in una sorta di storia d'amore tormentata.
Gozu facilmente può non piacere, ma il gusto estetico di Miike riesce a realizzare alcune scene memorabili, come il demone con la testa di mucca, il parto della ragazza nel finale (quando esce la mano è esteticamente magnifico, mentre il rapporto sessuale che lo precede è decisamente ironico), nonchè la scena iniziale, splendida per ironia, estetica e il giusto grado di cattiveria (sarà che io odio i chihuahua...).
Un film molto interessante a livello visivo, ma che non mi sentirei di consigliare a tutti.

mercoledì 2 dicembre 2009

Bedlam - Mark Robson (1946)

(Id.; in Italia è anche noto come "Manicomio")

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Un film piuttosto convenzionale per regia, che regala solo alcuni momenti davvero interessanti.
Il film è stato prodotto da Val Lewton, va precisato, perchè come di consueto si basa più sul non visto e sulle atmosfere piuttosto che sui fatti che vengono mostrati; ed i questo riesce abbastanza bene, anche grazie a Karloff che a fare il bastardo riesce sempre (buona la sua interpretazione).
La storia è quella del manicomio di Bedlam appunto, diretto da Boris Karloff, i cui metodi verranno messi sotto accusa da Anna Lee, ma Karloff sparà come difendersi...
Ovviamente finisce come deve finire un film di quegli anni, ma la scena del giudizio dei pazzi (che chissà perchè mi ricorda "M, il mostro di Dusseldorf") è decisamente ben realizzata.

Il trio Robson, Lewton, Karloff si era incontrato solo un anno prima per l'ancora più modesto "Il vampiro dell'isola".

martedì 1 dicembre 2009

La vittoria della fede - Leni Riefenstahl (1933)

(Der sieg des glaubens)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Un film che mi ha in parte deluso. Ho sentito dire grandi cose sulla Riefentahl, anche da nome importanti (per quel che vale ultimamente ne ha parlato anche Tarantino) e dunque le mie aspettative erano altissime, mentre da quello che ho potuto vedere sono state in parte disattese. Tutta la prima parte del film è essenzialmente banale, solo un comizio inquadratato con banale normalità. Nella seconda parte certamente il film si rivaluta, con intensi primi piani di giovani tedeschi, un uso coreografico delle bandiere presenti nello stadio (uso coreografico fatto dalla regia non dai portabandiera) e diverse inquadrature non convenzionali, spesso delimitate da oggetti come baniere o rami.
Una buona seconda parte che tuttavia non mi ha soddisfatto del tutto; ora però sono curioso di vedere "Olympia".