venerdì 27 luglio 2012

La fuga - Delmer Daves (1947)

(Dark passage)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in spagnolo.
Un uomo condannato di uxoricidio fugge dal carcere e viene accolto dalla sexy Lauren Bacall che semplicemente lo crede innocente, poi l’uomo fugge di nuovo da un amico, incontra un tassista connivente che lo porta da un amico chirurgo che gli fa una pesante operazione di chirurgia plastica per farlo assomigliare a Bogart. Tornato dalla Bacall (perché era un peccato lasciarla da sola) dovrà affrontare un ricattatore che sa tutto di lui e pure la donna che durante il processo fu una veemente accusatrice…

Che film improbabile, parte con 30 minuti buoni di soggettiva per non mostrare mai il volto del protagonista (che comunque si vede in foto poco dopo), ottenendo l’irritante effetto straniante del contemporaneo “Una donna nel lago”. Poi ci sono altri 30 minuti buoni in cui Bogart recita con il viso coperto dalle garze e senza parlare mai. Solo nell’ultima mezzora Bogart fa la sua comparsa in maniera totale…

Che dire, le scelte stilistiche sono contestabilissime e rendono il film più gravoso di quanto non sarebbe stato altrimenti, ma la trama è pure sofferente di una certa indecisione di genere, il film parte come un dramma da camera su di un uomo innocente perseguitato dal destino (una sorta di film alla Fritz Lang, ma all’acqua di rose) per poi sfociare in un noir vero e proprio.

A mio avviso il film soffre tantissimo di queste scelte opinabili e il vero motivo di interesse per guardarlo oggigiorno è la coppia Bogart-Bacall per la terza volta insieme; tutto il resto è un pesante tributo all’incertezza (con alcune buone idee).

lunedì 23 luglio 2012

Mare dentro - Alejandro Amenábar (2004)

(Mar adentro)

Visto in DVD.

Storia.
Diciamolo subiti che il film parteggia per l’eutanasia, ma tenta e (in minima parte) riesce a darne una visione multipla e sfaccettata con diversi punti d vista. Ma decisamente non è questa la parte affascinante della storia. La componente davvero avvincente è il balletto di personaggi che girano attorno al protagonista e come gli altri reagiscano alla decisione (e alla pervicacia) di Bardem. Il film si dilunga spesso sul passato del protagonista e sulla sua condizione attuale, ma ciò che vince sono le relazioni complesse che ha con i comprimari, la ragnatela di sentimenti contrastanti che crea e il modo che ha ognuno di assecondarlo o aiutarlo.

Detto ciò Amenábar costruisce un film abbastanza dinamico su di un personaggio centrale incapace di muoversi, ma con la regia ne rende bene il senso complessivo di vivacità, quantomeno interiore. Le scene sono sempre ben curate e pulite e la macchina da presa di prende la briga di muoversi senza doversi giustificare sempre.

Complessivamente un film scontato a priori sullo svolgimento che prenderà, ma pieno di spunti e motivi di interesse. Non da ultima l’interpretazione tutta sorrisi e smorfie di Bardem.

venerdì 20 luglio 2012

Agente 007, al servizio segreto di Sua Maestà - Peter Roger Hunt (1969)

(On Her Majesty's secret service)

Visto in tv.
Sono sempre stato educato ad una ferrea disciplina che riconosce Sean Connery come unico James Bond vero e proprio (con una piccola deroga per Roger Moore solo perché è simpatico quanto Connery e ha fatto la gavetta con il telefilm de “Il santo”). Quindi è ovvio che questo film non l’ho mai visto prima, che ho sempre schivato Timothy Dalton e che disprezzo cordialmente Pierce Brosnan.
Ora per la prima volta mi avvicino all’unico film della serie interpretato dall’insipido Lazenby e devo ricredermi immediatamente. È un gran bel film.

Intanto va sottolineato come questo film cerchi al rottura con i precedenti inserendo nella storia tutto quello che il personaggio cinematografico di 007 non avrebbe mai fatto, si innamora per davvero e si sposa, spara come non mai, si fa passare per un topo da biblioteca, ecc. (per non palare della sfacciata scena d’apertura) la cosa obbiettivamente era l’unica possibile per cercare di liberarsi dall’ombra del predecessore senza cercare di copiarlo, ovviamente fallirà miseramente e Connery sarà richiamato a riparare ai danni.
Altra cosa che mi salta agli occhi subito è come il personaggio di Savalas, il capo della SPECTRE, sia il villain più famoso della serie e ora capisco da dove viene fuori il personaggio di Austin Powers e Dr. Evil.
Detto ciò il film risulta essere un’opera degli anni ’70 (al contrario dei 5 precedenti che sono sempre stati con un rassicurante tono anni ’50), con una costruzione degli ambiente adatti a quel decennio, con scene d’azione con azione vera (fenomenale la lunga sequenza dell’inseguimento che parte con gli sci, prosegue a piedi e finisce in automobile; non era mai stato proposto qualcosa di simile) e un piano che cerca di mostrare quante più strappone sia possibile far vedere.

La regia poi è veramente qualcosa di particolare… per la serie di 007 almeno, nei capitoli precedenti è sempre risultata piatta ed insignificante, qui invece è dinamica, si muove negli ambiente che costruisce, utilizza con dovizia il montaggio e riesce perfettamente anche nei complessi inseguimenti.
Il tocco finale con il breve matrimonio (con la figlia di Moneypenny!!!!!) da al personaggio pure una dimensione che prima non aveva mai avuto
Peccato soltanto per il protagonista che non ha il carisma di Connery; per il resto c'è il rischio che questo sia il miglior capitolo della saga... ora però devo recuperare parecchi altri film...).

lunedì 16 luglio 2012

Biancaneve e il cacciatore - Rupert Sanders (2012)

(Snowwhite and the huntsman)

Visto al cinema.

La storia è nota ed è altrettanto noto che è appena uscito un'altro film ispirato alla medesima fiaba, inevitabile, quindi, il confronto.
Se il film di Tarsem, dunque, spingeva tutto sul fiabesco, sul kitsch e sulla commedia, qui il registro cambia completamente, l'ambientazioni si fanno gotiche, il tono drammatico, i personaggi shakespeariani.
Anzi ad essere del tutto lucidi direi che questo film ha le cadenze, gli ambienti e gli stilemi del fantasy classico.

Perchè dal fantasy prende il ritmo della storia, di guerre fra regni, di viaggi a tappe e di predestinazione. Ruba gli ambienti a quel mondo medievali all'inglese che fa da sfondo a questo genere da quando c'ha messo le mani Tolkien. Infine il gotico imperversa ovunque e la regia è li pronta ad indugiare proprio sulle caratteristiche più tipiche anche se non funzionali alla storia (tutte le attività della regina, dal bagno nel latte, allo specchio magico, sono essenzialmente inutili, ma fondamentali per creare il clima giusto).

Ciò che però è maggiormente interessante è come utilizzi tutti gli elementi della fiaba classica (il cacciatore, il principe, la mela, i nani, la trasformazione della regina in una vecchia) e addirittura alcuni dei cartoni della Disney (il feeling particolare della protagonista per gli animali), per rimescolarli fra loro, sporcarli di gotico e riposizionarli tutti con una senso ed una motivazione.

Il film non è assolutamente perfetto, soprattutto nella trama poco chiara in molti punti che indulge troppo nel buon cuore di chi guarda; ma l'ambiente è perfetto e la storia regge perfettamente su alcuni personaggi chiave che valgono la visione (ovviamente la regina cattiva d il cacciatore, molto meno l'insipida Biancaneve). Inoltre le trovate visive sono eccezionali.

PS: un encomio a Hemsworth che sembra pure un attore, un elogio ai nani impersonati dal meglio del ciname inglese e che è un piacere vederli messi li (pur comprendendo che sarebbe più giusto dare lavoro ai agli attori nani almeno nelle parti da nano), un disappunto solo nella Stewart che passa tutto il film con una mezza smorfia di schifo stampata in faccia e basta... e basta! giuro, non sorride neppure.

venerdì 13 luglio 2012

Un uomo per tutte le stagioni - Fred Zinnemann (1966)

(A man for all seasons)

 Visto in DVD.
La storia del declino di Thomas More, della sua rigida opposizione al desiderio del re di piegare le regole al suo volere e la fedeltà verso una fede personale decisamente più importante degli impegni di stato o religiosi.
Non avrei detto che nel mondo anglosassone sarebbero stati disposti a realizzare un film dove l’immobilità di More fosse presa ad esempio come insistita protesta non violenta verso chi cerca di piegare la libertà individuale.

Detto ciò il film è decisamente ben realizzato come messa in scena, con una sequela di attori di grandi capacità un po’ in tutti i ruoli (dal mastodontico Welles come vescovo dell’incipit ad un giovane John Hurt), la trama è ben costruita con grandi dialoghi profondi e sempre interessanti… però Zinnemann si limita a fare bene i compiti e non vuol fare di più. La libertà visiva di Un “Mezzogiorno di fuoco” è totalmente assente e quella grandiosa ambiguità è andata perduta del tutto, qui tutti sono decisamente buoni, decisamente cattivi o decisamente traditori, tutti fanno grandi discorsi e tutti sanno già come andrà a finire.
Un buon affresco storico (più o meno credibile), ma senz’ anima. 

lunedì 9 luglio 2012

Blood feast 2: all u can eat - Herschell Gordon Lewis (2002)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale con sottotitoli in spagnolo (o portoghese, non ricordo)
L’idea di realizzare un seguito di Blood feast sarebbe stata folle quarantenni fa, quella di realizzarlo negli anni zero è decisamente non giudicabile… se non fosse che a realizzarla ci si mette proprio Herschell Gordon Lewis in persona. Allora diciamoci la verità, glielo si concede per questioni di rispetto, non perché le aspettative siano alte… e invece.


La storia è quella del nipote Fuad Ramses, il protagonista del film originale. Fuad Ramses III (il nome è originalissimo), torna nel negozio del nonno, scopre quello che successe proprio in quel posto nei sixties e ne rimane sconvolto, poi scopre una statua di Ishtar e ne rimane soggiogato (trova pure il libro di ricette del nonno “To serve man including tasty dessert”), tanto da uccidere tutte le pollastre più in della città (che sono anche le donnine più sensibili).
La storia è proprio li dove si è partiti decenni prima, ma cos’è cambiato? Praticamente tutto. Lewis decide di non fermarsi ad una riproposizione pedissequa di ciò che è stato e confeziona il miglior film horror/demenziale anni ’70 che sia mai stato fatto. Si, questo è proprio quel genere che Tarantino ha provato a riportare in auge con “Grindhouse” creando una schiera di registi idioti che ritengono necessario fare film fatti male per essere belli. Lewis invece conosce il mezzo, è solo rimasto indietro nel tempo, e se 20 anni fa sarebbe stato fuori moda, ora è vintage.
Il film è un campionario base di inquadrature sghembe ed effetti speciali senza CGI (per fortuna), di recitazione macchiettistica nei protagonisti (il detective sembra Patrick Bateman con camicia e cravatta anni ’80, mentre Ramses è un Javier Bardem che fa le faccette di Oliver Hardy) mentre trova caratteristi bravi nelle spalle (su tutti John McConnell, il collega del detective), prepotente colonna sonora spesso fuori tema (questo devo dire mi ha più disturbato che altro) ed effetti splatter molto insistiti.
In più Lewis si aggiorna con due idee vincenti: le tette e l’ironia. Le tette non hanno bisogno di spiegazioni, le donne uccise saranno spesso spogliate. L’ironia invece è una grande novità che riesce a smussare il peggior difetto del precedente, la noia. Su tutto sono fenomenali il gioco all’idiozia dei protagonisti positivi, l’autoironia con cui il film si prende per il culo da solo (cito a memoria: “ho trovato informazioni sulla dei babilonese Ishtar” “Ishtar? Pensavo fosse egizia” “lo pensavamo tutti”), più qualche guizzo di comicità completamente anarchica alla Hellzapoppin che davvero non ci si aspetta (come il cadavere del padre che compare in molte scena senza motivo e che viene ignorato dagli astanti, si veda durante il sopralluogo nel negozio di Ramses, durante la festa per il matrimonio o nel massacro finale).
Paradossalmente la parte decisamente peggiore di questo film è la componente splatter che si limita ad un mero elenco da macelleria, ma senza guizzi particolari, si fosse limitato agli schizzi di sangue sarebbe stato decisamente meglio.
Complessivamente direi, senza paura di bestemmiare, che questo film sia migliore, più gradevole, dell’originale.
PS: da sottolineare le strizzatine d’occhio che il film  fa verso i frequentatori delle nicchie cinematografiche, dal poliziotto che si chiama Michael Myers, al cameo di lusso (di serie B) di John Waters nei panni del reverendo.

venerdì 6 luglio 2012

Men in black 3 - Barry Sonnenfeld (2012)

(Id.)

Visto al cinema.

K scompare, totalmente dalla storia, nessuno si ricorda più di lui… vuoi vedere che il suo eterno (?) nemico è tornato indietro nel tempo per ucciderlo nel passato? J dovrà salvare tutto e tutti.

Allora… diciamo subito che abbiamo davanti il cattivo più stupido e più banale della (breve) serie e va anche ammesso che eliminarlo sembrerebbe più semplice di quanto non vogliano dimostrare. Inoltre l’incipit è quanto di più stantio riescano a produrre con molto di già visto, poche buone idee (il ristorante cinese) molte scene realizzate col culo (anche quella nel ristorante cinese è proprio fatta male) e tutto il peso del film lasciato sulle spalle di Will Smith che fa quello che può per non far cadere tutto (con alcuni buoni risultati).
Detto ciò questo è un film di viaggi nel tempo e tanto mi basta. Se mi fanno un film tipo “Sex and the city and the time travel” beh lo guardo e so già che mi piacerà, figuriamoci se mi fanno Men in black.

Va detto, da quando la trama ingrana per davvero il film torna sul seminato dei precedenti e ricomincia a mostrare un mondo dove gli alieni vengono camuffati per essere accettati e determinano tutto ciò che di strano o geniale succede, l’ironia ricomincia a funzionare e la trama prosegue senza noia. Si insomma il film ricomincia ad essere guardabile.
Siamo tutti d’accordo che il primo capitolo ha ancora una marcia in più nonostante gli anni trascorsi, ma tutto sommato, quando si arriva alla fine di questa terza tappa si rimane abbastanza soddisfatti.

lunedì 2 luglio 2012

Anno uno - Harold Ramis (2009)

(Year one)

Visto in tv.

La storia della preistoria e della Bibbia vista nella classica chiave comica americana degli ultimi anni.
I protagonisti sono due Flintstones moderni che creano il mondo attuale con invenzioni casuali e incontri fortuiti mentre cercano tutt’altro (per lo più sesso).

Per dirla in poche parole il film si basa tutto sui suoi protagonisti Jack Black e Michael Cera; che plasmano i personaggi principali a propria immagine e somiglianza. Tuttavia sarà la bassa attenzione posta alla parte comica della sceneggiatura (tutto l’impegno sembra essere profuso a far capitare le cose giuste al tempo giusto e a legare i vari episodi fra loro) o semplicemente ad un minor impegno e utilizzo di Jack Black (comico che con la sua fisicità riempie sempre i film in cui appare), ma il film semplicemente non diverte. Più in la delle solite gag sul sesso, omosessualità e verginità non si muove e vedere un buddy movie biblico senza riuscire a ridere è veramente inutile.

Poi per carità, al comicità è cosa molto personale e il film può far ridere alcuni ed altri no, ma considerando ciò che ha realizzato nel passato Harold Ramis viene molta tristezza.