venerdì 30 aprile 2010

La tenda rossa - Mikhail Konstantinovič Kalatozov (1969)

(Krasnaya palatka)

Visto in DVD.

Il film è chiaramente un blockbuster dell'epoca: budget alto, stars di richiamo, produzione internazionale che se ne frega pure della cortina di ferro. Eppure non solo non delude, ma affascina, e parecchio anche.
La trama, che si basa sulla terribile avventura vissuta da Umberto Nobile e dai suoi uomini al polo nord, è tipicamente da biopic, ma viene introdotta in maniera molto marticolare.
Nobile, negli anni '60, dalla sua casa a Roma, legge sul giornale la notizia sulla pubblicazione di un libro che riguarda quanto accadutogli nel 1928....e comincia a ricordare, e il senso di colpa affiora, e lo affronta nell'unico modo che conosce: istituisce un tribunale a cui prendono parte i fantasmi di quanti furono i protagonisti di quegli eventi (che siano morti o meno), alcuni come accusa, altri come testimoni, per riuscire finalmente a stabilire se la responsabilità di quella strage fu sua o meno.
Non ci si trova, però, davanti ad un nuovo "Rashomon", perchè i fatti presentati sono inappuntabili, quanto successo è oggettivo, è però l'interpretazione che ne viene data a cambiare, il significato delle scelte fatte da Nobile che viene discusso e valutato; in fondo i questo caso tutta si svolge nella testa del protagonista, con un unico punto di vista, il suo, ma con un senso della critica che lo porta a contestare ogni cosa. Chiaramente tutto il film propende per la sua assoluzione, ma siamo pur sempre nella mente di un uomo che si sta giudicando da solo, un pò di indulgenza è cosa ovvia.
Kalatozov da parte sua ci aggiunge un gusto estetico estremo, con il rosso (della tenda) ed il bianco (dei ghiacci) come dominanti per ogni scena, che può risultare più o meno scura in basa al rapporto tra i due colori. Le riprese sono fatte spesso dall'alto dando grandiosità alle location sui ghiacci polari.
Magnifico il cast che riesce a rendere credibile pure Connery (!). Finch, dal canto suo, regala un'interpretazione decisamente migliore, e più sobria, di quella per "Quinto potere".
Il film avvince, e per chi come me non conosce esattamente la storia, fa tenere il fiato in sospeso fino alla fine. Unico neo è il personaggio di Claudia Cardinale, evidentemente inserito per compiacere sia il pubblico maschile (è l'unica donna), sia quello femminile (da la possibilità di costruirci attorno una storia d'amore eterno).

giovedì 29 aprile 2010

Battle Royale - Kinji Fukasaku (2000)

(Batoru Rowaiaru)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Film tratto dall'omonimo, e geniale manga. Dico geniale perchè l'idea splatterosa che ci sta sotto è di una semplicità disarmante ma assolutamente inarrivabile. Senza un motivo comprensibile il governo (dittatoriale) di un Giappone distopico sceglie una classe delle medie (o superiori, non ricordo, comunque epoca puberale) e la manda su un'isola dove devono giocare ad ammazzarsi, chi sopravvive entro 3 giorni vince, ma uno solo, se ne rimangono anche solo 2 i collarini che portano elegantemente al collo esplodono. No dico, chi può battere un'idea del genere? No dico, irritanti adolescenti con tutte le loro problematiche che devono eliminarsi fisicamente a colpi di fucile a pompa (i più fortunati) o coperchio di pentola (i più sfigati), con tutto il corollario di "ma noi resteremo amiche", "tu mi sei sempre piaciuto", "pensa che non avevo mai toccato un ragazzo prima". Oltre all'ovvio florilegio di ragazze sexy in divisa da scuola giappo che tanto piace agli orientali... ecco, questo era il manga.
Ora, un film ha tutti i mezzi per venire fuori come il migliore di tutti i tempi. In più ci sono 2 valori aggiunti.
Il primo è Takeshi Kitano; no dico Beat Takeshi che fa il professore sadico e solitario! Beat Takeshi che ammazza 2 adolescentelli nelle prime scene!! Beat Takeshi che parla più in questo film che in tutta la sua filmografia precedente!!!
Il secondo è Fukasaku alla sua ultima regia...da vivo, no perchè il seguito di questo film, sempre diretto da Kinji uscirà postumo completato dal figlio. E va detto, Fukasaku non delude, si comporta benissimo, soprattutto nelle prime scene, dove riesce a rendere le scene d'azione, anche minime, con un dinamismo davvero eccellente, fatto di un montaggio serrato e di una macchina da presa che balla più di un orologio a pendolo sul ponte di una nave.

Però il film tedia... o meglio, diventa rapidamente ripetitivo. No perchè devono far fuori 42 adolescenti... si capisce fin da subito che sarà faticoso e ripetitivo; 42 adolescenti non sono mica bruscolini. E nella fretta di farli fuori tutti i sentimenti vengono lasciati solo alle parole dei personaggi e ci si dimentica di trametterli allo spettatore. Così io, quando vedo i 2 che si suicidano perchè non sopportano l'idea di quel gioco crudele non soffro con loro; o quando le 5 amiche per uno sbaglio di una e la naturale diffidenza, si fanno fuori a vicenda dopo ore di collaborazione, io mi sento appagato splatterialmente parlando, ma rimango indifferente alla loro sofferenza...
Capisco la difficoltà di rendere un manga a puntate in un'unico film, però non posso giustificarlo. Avrebbero dovuto o diminuire i giocatori o fare una serie televisiva. Così ci si perde soltanto.
Inoltre, va detto, non sanno morire. Tutti, e dico tutti, in sto film muiono male, dicono una frase gloriosa e poi buttano la testa in basso trattenendo il respiro... muiono in modo stupido, e in un film dove vengono fatte fuori più di 40 persone la cosa assume il suo valore.
Il film però è esteticamente ben fatto, e merita certamente una visione... Non fosse altro che per Takeshi-ammazza-tutti.

mercoledì 28 aprile 2010

Il conquistatore del mondo - Roger Corman (1956)

(Ha conquistato il mondo)

Visto in VHS.

Uno scienziato (Giovane ONU Lee Van Cleef) Che prevede la corsa allo spazio degli Stati Uniti d'America stimolerà Una razza di alieni, il Che e per controllare se ci non ci Vuole Fra i Piedi, ad attaccarci e distruggersi. Quando Verra Mandato in orbita satellite Nuovo un ... non succede niente, ma Van Cleef riesce uno mettersi in Contatto con l'Una creatura Che chiede Il Suo Aiuto per giungere Silla terra con lo Results di liberare Gli Uomini DAI Loro Sentimenti. Quando pero Il Cilindro di plastica Armato di chele e Dalla Faccia Brutta Brutta (tempo condensato e l'alieno) Arriva Le Cose SI rileveranno diverse, ma Van Cleef ci metterà Nazioni Unite pò uno rendersi Conto Che la Liberazione un taglio Crede di assistere e in realta delle Nazioni Unite assoggettamento.
Gradevole film identico a tematiche un "L'invasione degli ultracorpiMessa "dello Stesso Anno. Se quest'ultimo e decisamente Superiore per Effetti speciali e in scena (SI Vede Che c'avevano Più soldi) (e mi permetta SI Una Seconda Parentesi, Gli ultracorpi non avranno avuto cilindrone il, ma i baccelli non SONO di Certo trash Menone) Il film di Corman SI fregia di dell'ONU Discorso Più AMPIO, in CUI NON E vi disprezzo Semplice Nazioni Unite per l'alieno, MA SI riconosce NELLA SUA Che opera delle Nazioni Unite di Positivo, Un'idea d fondo Buona, MA NEL Messa in Pratica Peggiore dei modi, SI insomma Il comunismo venire ...
Peccato per lo stucchevole monologo finale, CHIUDE Che in bruttezza Il massacro di quasi TUTTI I Protagonisti.

martedì 27 aprile 2010

Ovosodo - Paolo Virzì (1997)

(Id.)

Visto in DVD.

La vita di un ragazzo dei quartieri popolari di Livorno, dall'infanzia fino all'età adulta. La storia è un pò tutto qua. Si tratta di una storia di formazione di uno sfigatello locale, sfigatello si, ma pure intelligente e simpatico allo spettatore, che si divincola fra questioni sentimentali, amicizie, gli studi, il lavoro e le persone che gli stanno attorno, quasi tutte cattive, o meglio interessate più a se stesse che agli altri, ma tutte egualmente ferite, o, quantomeno, meritevoli di riscatto, di una possibilità.
Il film, nella migliore tradizione della commedia all'italiana, da riscatto a tutto, fa supoerare, non senza ferite, ogni situazione al duo protagonista, spesso più con il sorriso che stringendo i denti. Quello che ne viene fuori è una storia complessa, divertente, di un dinamismo difficile da trovare nei film italiani al giorno d'oggi e oggettivamente bella. Anche il protagonista (certamente buono) non è immune da vigliaccherie e sotterfugi, ma come si è detto, il film è complesso quanto è complessa la vita, dove tutti sono colpevoli ed innocenti nallo stesso modo... solo che questo film finisce bene, beh non si poteva pretendere altro, e poi si fa il tifo per l'happy end (!).

Il film poi, mi è parso essere uno dei pochi (di quelli che ho visto almeno) a parlare degli anni '90. Più di metà è inserita in quel decennio, e non fa quasi mai riferimenti a fatti epocali, a film o canzoni di quel periodo, ma l'aria che si respira, i riferimenti alle forze dell'ordine in Sicilia, del milione di posti di lavoro promessi, dell'avvento del pc per tutti, piccoli dettagli seminati in giro che rievocano però un periodo meglio di quanto possa fare un'intera colonna sonora cantata da Cobain.

Unico vero difetto del film è il cast. Non tutti gli attori sono all'altezza, e complessivamente la media è piuttosto bassa, ma grazie a dio i protagonisti sono accettabili e si perdona ai comprimari di non essere credibili... inoltre il livello basso permette di apprezzare la Braschi, che in questo film sembra addiruttura decente, anzi sembra aver raddoppiato le espressioni possibile, usandole tutte e 2 come se non ci fosse un domani.

lunedì 26 aprile 2010

The Toxic Avenger - Michael Hertz, Lloyd Kaufman (1984)

(Id.)

Visto in Dvx.

Nella corrotta città di tromaville, dove trovano rifugio le scorie radioattive di metà Stati uniti, uno sfigato minserviente di palestra subisce lo scherzo di alcuni bulli della zona... scherzo che presto prende le pieghe di un grave incidente con le suddette scorie... lo sfigato però grazie a quest'incidente dievene un omone di 2 metri muscoloso e deforme... si vendicherà del torto, svilupperà disgusto per l'illegalità divenendo un super eroe e guadagnerà l'amore di una donna...cieca.
Per quanto mi riguarda, per realizzare un film (di qualsisi genere) mi basta uno sfigato, un obeso e delle scorie radiottive. Beh, questo film ha proprio tutto; perchè non si accontenta di questi elementi base ma va oltre.
Ci mette ironia, stupidità, tette, amore, passione, doppi sensi, guerra, tette, splatter (orribilmente ed immotivatamente censurato in Italia...ma in che paese vivo se mi tolgono il diritto di vedere un uomo con la pancia squarciata?!), buoni sentimenti, riscatto sociale, una paraboila ecologista, comicità efficace, tette, inseguimenti, esplosioni, una tenda da parcheggio e ancora tette. Si insomma ha un pò tutto.
Se bisogna trovare dei difetti (e ne ha, ma duole parlarne) è che cerca di allungare troppo la solfa. In primo lugo in 3 o 4 momenti del film ci mette in mezzo, senza motivo, un riassunto delle scene clou precedenti, così, giusto se ci si fosse addormenteti nella mezzora prima. Inoltre ( e questo è più grave) in alcuni momenti, le scene di lotta tendono ad essere tediose; per carità ci mettono impegno ed idee grossolane, splatter e stupide come piace a noi ggiovani, ma tendono a ripetersi, e si arriva spesso a chiedersi quand'è che finiranno di prendersi a pugni e torneranno a mostrare delle tette.

sabato 24 aprile 2010

Il fantasma e la signora Muir - Joseph Leo Mankiewicz (1947)

(The ghost and Mrs. Muir)

Visto in VHS.

Una vedova trasloca in una casa che si dice infestata dal fantasma del vecchio proprietario morto suicida, ovviamente lei non presterà attenzione alle dicerie... e ovviamente incontrerà il fantasma... meno ovviamente il film non è un horror come stupidamente pensavo, ma una commedia romantica, e il fantasma si prenderà a cuore le sorti della vedovella, aiutandola nelle difficoltà e scomparendo quando la sua presenza diventerà inutile per permettere a lei di vivere la sua vita. Ricomparirà dopo molti anni, per coronare con un happy end un film piuttosto atipico per l'idea di base, ma classicissimo nella cadenza. Lo spunto iniziale è però sfruttato poco o nulla e complessivamente risulta meno interessante di altri film su questo genere di quegli anni come "Il ritratto di Jennie".
Mankiewicz, che non è un idiota, crea per le scene iniziali un clima gotico (perchè paura proprio non fa, semplicemente introduce in un ambiente adatto affinchè arrivi un fantasma) fatto di movimenti ariosi della macchina da presa che definiscono i confini delle scene, movimenti che verranno ripresi più tardi nel film più per dare il senso del tempo passato. Un clima, come dicevo particolarmente suggestivo nelle scene diurne, dove l'abilità del regista non è aiutata dal buio, su tutti regna il momento in cui il fantasma si palesa per la prima volta, senza essere visto in volto, mentre la signora Muir dorme.
Tutto questo però non salva il film, che si appresta a trasformarsi in una commedia romantica senza particolari idee e che spreca un buon intro.

venerdì 23 aprile 2010

Johnny Guitar - Nicholas Ray (1954)

(Id.)

Visto in VHS.

Questo è decisamente un film atipico, anche per la produzione di Ray.
Si tratta infatti di un noir ambientato nel west, o di un western dalle cadenze noir. I due generi si incontrano e si uniscono sia a livello della trama, sia nella messa in scena. In quest'ultimo campo è certamente la creazione migliore, in quanto il regista riesce ad unire le scenografie westerniane più classiche con un uso delle luci, ma soprattutto delle ombre, tipicamente noiresco.
Tolto questo punto, che è la vera forza del film, rimane poco altro. Rimane un uso estremo dei colori, che si esplòicitano in maniera sfacciata nei vestiti di Joan Crawford; un uso questo, francamente esagerato, tanto da risultare stucchevole.
Il resto del film si riassume in personaggi eccentrici ed esagerati, con attori sopra le righe (McCambrudge) o attoniti (la stessa Crawford gira per il film con gli occhi sgranati come fosse un'ipertiroidea che ha visto un fantasma), e una trama che, pur unendo i dettami di due generi, si sviluppa in modo classico e prevedibile, senza trasmettere o suggerire niente di che.
Un filminteressante...ma fino ad un certo punto... a mio avviso ray è stato più innovativo (o semplicemente più concreto) ne "Il re dei re"...

giovedì 22 aprile 2010

La folla - King Vidor (1928)

(The crowd)

Visto in VHS.

Film muto sorprendente per la sua filosofia di vita che è esattamente all'opposto del sogno americano. Infatti, la morale ultima di questo film è che non bastano buone intenzioni o grandi proclami per essere qualcuno, perchè la folla ti inghiotte comunque e diventi uno dei tanti, che tu lo voglia o no, che tu te ne accorga o meno.
Il film è girato oggettivamente bene, specie per l'epoca, con inquadrature da capogiro nelle scene iniziali e un gusto estetico che predilige le scene di massa, ovviamente, e che i quelle da il meglio.
La lotta del protagonista per la propria indipendenza che si schianta contro la realtà della vita senza nemmeno rendersene conto è una delle storie migliori del cinema di sempre, con la scena finale magistrale e stupendamente inserita nella trama.

mercoledì 21 aprile 2010

Gli spostati - John Huston (1961)

(The Misfits)

Visto in DVD.

Un film, qeusto, che è più famoso per essere stato il testamento artistico della Monroe e di Gable nonchè uno degli ultimi del già sfigurato Monty.
La storia è un dramma di Miller su un tris di uomini (anzi di cowboy) che, ad uno ad uno, cadono ai piedi della Monroe... ovviamenti passioni sopite, egoismi, frustrazioni, violenza sottintesa e istinti per lo più di morte, sono un corollario necessario per l'avvio di una storia che trasuda un senso di inellutabile fine in ogni inquadratura... il che rende ancora più insistente, durante la visione del film, il pensiero che si tratta dell'ultima prova per 2 dei più famosi attori di sempre.
Più che essere un buon prodotto cinematografico si tratta di un'ottimo dramma teatrale, verboso e teso alla maniera di Williams (cito lui perchp Miller in effetti non lo conosco), sul grande schermo si difende grazie a Huston che decide di calarlo completamente nell'ambiente desertico del Nevada (la terra del "lascia"), portando l'ambientazione ad aumentare il discorso fatto dalla sceneggiatura, permettendo al film di non essere solo un'opera teatrale su pellicola.
Complessivamente però non decolla mai del tutto... ma quell'immagine finale, quell'ultimo fotogramma (prima dell'inquadratura della stella) con la Monroe abbracciata a Gable, parla, quasi più dell'intero film.

PS: Splendido Wallach.

martedì 20 aprile 2010

Millennium actress - Satoshi Kon (2001)

(Sennen joyû)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un giornalista e un cameraman devono fare un'intervista ad un'attrice ottuagenaria che da anni non si mostra in pubblico. L'intervista però non viene eseguita a parole, ma tramite immagini. Gli eventi raccontati vengono rivissuti, ed il giornaliste e il cameraman divengono spettatori diretti, non visti, ma che possono interagire (e il giornalista prenderà parte a molti eventi). La storia dell'attrice poi, viene raccontata attraverso le scene dei film da lei realizzati, confondendo la realtà con l'invenzione cinematografica. Il racconto prosegue attraverso film in costume che mostranom di rimando l'evoluzione del Giappone dall'epoca feudale fino ad una scena spaziale in ordine cronologico.
Il film è il classico baraccone di Kon, con specchi deformanti e fusioni di realtà diverse in elementi spesso confondibili...come dire, una figata.
Le immagini si rincorrono, e mentre i rapporti tra i vari personaggi vengono svelati le scene si caricano sempre più di inaffidabilità finchè, semplicemente, si smette di cercare di capire se quello che si sta guardando è una scena di un film, la realtà o una semplice fantasia (e di chi sia la fantasia, se dell'attrice o del giornalista).
Un ottimo film, che però, a mio avviso, ancora non eguaglia "Tokyo godfathers", il capolavoro di Kon.

lunedì 19 aprile 2010

Cuori - Alain Resnais (2006)

(Coeurs)

Visto in DVD.

Il film segue un pezzo delle vite di 6 personaggi a Parigi che si intersecano variamente, si incontrano, si illudono, si consolano, soffrono, poi tutto finisce. Non c'è un inizio o una fine vera e proprio; si inizia a gioco già iniziato e si conclude con un finale non consolatorio ma assolutamente verosimile. Tutto ritorna praticamente come prima... beh più o meno.
Non c'è una gran trama che giustifichi un particolare itneresse, ma ancora una volta Resnais da lezioni di cinema.
La camera si muove, in maniera costantemente diversa, senz auna regola, inquadra i personaggi spesso filtrandoli con separè, usa colori accesi e un effetto flou costante che rendono l'ambientazione sognante. Il tutto incorniciato da una neve continua che separa una scena dall'altra.
La poesia di questo film è data tutta dalle immagini in se, al di la del loro significato, i colori, le luci (spledidi gli occhi di bue usati nel finale) e le espressioni degli attori (tutti globalmente bravi, nessuna scena madre, ma tutti piccoli momenti cruciali, come nella vita). Resnais si concede un unico momento surreale, con la nevicata dentro la casa del barista... splendidamente simbolico, di tutto il film, più che di quel singolo momento...
Non è Hiroshima, ma un altro film, con un altro linguaggio e con altri significati, sempre tutto alto, sempre tutto perfetto.

PS: non nego che possa annoiare, però è talmente ben realizzato...

venerdì 16 aprile 2010

Il grande sonno - Howard Hawks (1946)

(The big sleep)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato.

Dall'omonimo e intricatissimo romanzo di Chandler viene tirato fuori questo film, che è un pò la summa delle diverse intelligenze che si sono messe a realizzarlo.
In primo luogo c'è Faulkner alla sceneggiatura, ed essendo uno dei migliori scrittori americani riesce a tirare fuori una storia coerente e neppure troppo complicata (se sembra difficile da seguire, assicuro che in confronto al libro questo film sembra un gingerino) da quella esondazione di parole che è l'opera originale (addirittura Chandler non si ritrovava in quella storia, e diceva di non sapere con esattezza neppure lui chi avesse compiuto tutti gli omicidi). Ma non basta, perchè oltre a dargli struttura, crea uno dei film dai dialoghi meglio realizzati di sempre, graffianti, rapidi, sempre a tono, davvero magnifico.
Poi ci sono gli interpreti, Bogart che riesce a recitare, ma non solo, recita pure bene!!! e la Bacall che è assolutamente impeccabile (come dicevano all'epoca, l'unica donna in grado di tenere testa a Bogart). Meglio vederlo in originale, il doppiaggio italiano stona e ammazza metà della recitazione.
E poi c'è Hawks... ad essere sincero io non vedo un suo tocco particolare, una magia nelle sue riprese; certamente è un cultore dei movimenti di macchina, ma per il resto non mi è sembrato nulla di evidente. Però è certamente un ottimo narratore, riuscendo a far scorrere una storia complicata come fosse un giallo di Angela Lansbury.
Già qualche anno prima avevano provato una miscela simile per "Acque del sud", ma la bellezza e la perfezione di questo film non sono neanche paragonabili... e questo con tutti gli elementi al loro posto... questo a dire che i componenti sono fondamentali, ma pure la fortuna non è inutile.

giovedì 15 aprile 2010

I fratelli Dinamite - Nino Pagot, Toni Pagot (1949)

(Id.)

Visto in DVD.

Primo film di animazione italiano e uno dei primo in technicolor.
La storia è l'apposizione di 3 o 4 avventure che questi tre fratelli hanno dovuto affrontare. Il film appare molto discontinuo e raffazzonato, una sorta di patchwork di idee, di soluzioni tecniche, di qualità dell'animazione e addirittura stile del disegno (nelle scene a Venezia i fratelli sono disegnati in maniera più rotonda e dettagliata rispetto a tutte le altre storie). Questo è dovuto alla lentissima lavorazione durata 7 anni, alla continua mancanza di fondi, alle questioni belliche intercorse nel frattempo e, immagino, all'avvicendarsi dei collaboratori dei fratelli Pagot.
Il film è oggettivamente brutto, piuttosto noioso e mal fatto, assolutamente fuori standard oggi, ma credo pure per l'epoca (fu un fiasco al botteghino) dato il gap qualitativo con la Disney.
L'insuccesso può però essere anche dovuto alla vena anarcoiode che pervade tutto il film, in cui succede un pò di tutto, dove neonati si ubriacano di rum, bambini fumano sigari, i tutori (lo zio dei 3 fratelli) sono alcolizzati, dei bambini finiscono all'inferno (dove c'è un diavolo che non smette di prendere a calci sempre lo stesso gatto, chiosando ogni volta "il diavolo non ha pietà")...
Certo, ci sono delle idee e delle intuizioni buone, come la scena del concerto (finchè non arrivano i fratelli) o le pene che infligge il diavolo; ma francamente non mi paiono sufficienti a giustificare un film tanto malfatto.
Da premiare però il tentivo, specie per le difficoltà che devono essere state affrontate.

mercoledì 14 aprile 2010

L'uomo leopardo - Jacques Tourneur (1943)

(The leopard man)

Visto in DVD.

Sono ormai convinto che Tourneur sia il più dotato dei registi della scuderia di Lewton; e tra i suoi film di genere mystery (se così si possono definire) questo mi sembra il più riuscito.
In una città di provincia sul confine tra New Mexico e Messico si libera un leopardo che comincerà a seminare la morte, presto però ci si renderà conto che non tutti gli omicidi sono stati fatti da un animale.
Il film presenta dei personaggi estremamente ben curati; una regia splendida che gioca con le ombre e con il buio più che nei film precedenti di Tourneur. La suspense è decisamente di livello e le scene dell'attacco alle vittime sono sempre magistrali; ogni volta non si vede nulla, tutto è lasciato sospeso (questo rientra nella logica low budget di Lewton) e si assiste a vere e proprie lezioni di tensione (su tutte titaneggia il primo attacco, quello alla ragazza chiusa fuori di casa dalla madre per darle una lezione; un capolavoro di cinismo e senso del tragico). Splendidi anche molti dettagli, dalla ballerina di flamenco utilizzata come collante tra le vittime, al fatto che credo sia uno dei primi film a parlare di serial killer.
Non tutto però risulta riuscito, il finale è decisamente prevedibile almeno a metà film, ma soprattutto ho provato un'enorme delusione nella scena finale in cui il colpevole cerca di nascondersi nella processione dietro ai frati incappucciati di nero, un'occasione del genere in mano a Tourneur era grasso colante, e invece si risolve in una sequenza banale e oggettivamente inutile; dov'era il suo lato visionario? Era finito tutto nelle sequenze delle aggressioni? Peccato un'occasione mancata.
Resta comunque un ottimo film.

martedì 13 aprile 2010

Killer - Darezhan Omirbayev (1998)

(Tueur à gages)

Visto in VHS registrato dalla tv; in lingua originale sottotitolato.

Film kazako senza eccessive pretese, sull'alienazione di un uomo messo alle strette; il quale, per pagare un debito, sarà costretto ad uccidere un giornalista, perdendo tutto.
Il tema non è nuovo, anzi; ed è pure trattato senza particolare originalità. Il cast che, credo, sia preso dalla strada non si sforza di risultare credibile, ma Omirbayev tenta di risollevare il tono del film con un'idea di critica sociale tentende alla filosofia del vivere e l'aridità dei sentimenti (il suicidio del matematico) e con qualche idea di regia che fa ricordare allo spettatore che qualcuno doveva esserci dietro la macchina da presa.... ma non è abbastanza.
La storia si dipana, elementare e senza sussulti fino al finale povero d'inventiva come pochi altri.
Il protagonista, impassibile per quasi tutto il film nonostante gli capiti quasi qualunque cosa è forse un pessimo attore, ma se ciò non fosse, e la sua astensione da ogni emozione fosse voluta, il film si avvicinerebbe allora ai personaggi di Kitano o di Kaurismaki, senza però avere la poesia del primo e la secca capacità del secondo... e senza l'ironia di entrambi, ovviamente.

PS: coproduzione francese comunque, ecco il perchè del titolo.

lunedì 12 aprile 2010

Un dramma in televisione - Clifford Sanforth (1935)

(Murder by television)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Filmetto dimenticabile con pretese di essere un giallo e pure una commedia. Per il primo abusa in maniera esagerata di Lugosi e del suo alone oscuro; per la seconda abusa di un paio di caratteristi etnici presi per il culo per il loro essere etnici a cui vengono messe in bocca battute imbarazzanti (il cameriere cinese che parla solo per modi di dire delle sue parti, e la cuoca nera che ad un certo punto chiede "sono diventata rossa"...cioè neanche mia nonna fa ste battute, e mia nonna è Borghezio).
L'unico punto a suo favore è di essere di diritto paleontologia cinematografica, in quanto nel film si parla di un rivoluzionario esperimento che permette alle immagini di essere trasmesse, nitide, a distanza, di quanto questa invenzione (chiamata, in maniera piuttosto lungimirante, televisione) attiri gli interessi di molti che ne capiscono l'importanza e la bancabilità, se mi si passa il termine.
Non merita d'essere visto anche se è uno dei pochi film degli anni '30 che la RAI si ostina, assurdamente, a trasmettere. Ah, e per una volta non è colpa di Ghezzi, perchè lo fanno su raiuno.

venerdì 9 aprile 2010

Mirror, chi vive in quello specchio? - Ulli Lommel (1980)

(The boogeyman)

Visto in VHS.

Di Ulli Lommel mi vanto d'aver visto "Zombie nation" film horror a basso budget con un paio di scene che segneranno per sempre la mia vita, un pene staccato a morsi, e una vecchietta che schiaffeggia le chiappe di un energumeno con una stroppa in un manicomio... Si insomma un film decisamente cult nell'ambito della serie B che mi ha portato a candidare Lommel come uno dei peggiori registi di sempre, con tutto l'affetto possibile. Ci si può immaginare il mio stupore quando trovo questo film, scopro che è un cult vero e vengo anche a sapere che si tratta dell'originale Boogeyman!!!
Sono carico di tutte le aspettative possibili, e come sempre accade in questi casi rimango deluso.

Il film è essenzialmente inutile. Una storia banale che appena si fa metafisica sfocia nell'implausibile/idiota. Una regia malfatta che attinge a piene mani dagli stilemi classici, senza ottenerne beneficio; un cast atterrito dalla propria incapacità; musiche elettroniche fatte da un sintetizzatore impazzito lasciato e se stesso; scene splatter per educande, poche e fatte male; tensione, paura e suspense quanta se ne può trovare in una puntata di Forum...
In poche parole, non fa paura e non stupisce come un horror ben fatto, non fa ridere come un horror di serie B talmente brutto da fare il giro; semplicemente annoia; semplicemente è inutile.
Lommel mi ha deluso... ma ancora di più chi ha portato questo film al successo.

giovedì 8 aprile 2010

Blood diamond, diamanti di sangue - Edward Zwick (2006)

(Blood diamond)

Visto in DVD in lunga originale sottotitolato.

Ecco il solito film di Hollywood che vuole far vedere quanto sono impegnati e interessati alle sorti del mondo parlando di un argomento cattivo cattivo con scene cattive cattive con dovizie di bambini soldato.
Alla fine però è un film tra i più politicamente corretti che possano esistere. Il buono ritrova la famiglia e si fa pure i soldi, mentre il cattivo (che più che cattivo è un poverino segnato da un'infanzia strappa-lacrime e riuscirebbe anche a farsi la giornalista se solo non morisse prima) si redime aiuta i buoni e, anzi, cristologicamente si immola per salvarli tutti. Ci sono più sparatorie in mezzo alla foresta in questo film che parolacce in un in "Natale a Miami", e quando finalmente DiCaprio viene colpito passano almeno venti minuti in cui ancora corre, urla, ansima, poi senti che dalla tua gola esce il grido "Ma muori bastardo!!! fai finire questo cazzo di film! cosa telefoni che sei in mezzo al niente della Sierra Leone!!!". Poi ad un certo punto, per fortuna finisce.
Se non si fosse capito è un polpettone di 2 ore prevedibile e ripetitivo, falsamente cattivo quanto può essere autoritario Topo Gigio nella pubblicità contro l'influenza.

mercoledì 7 aprile 2010

Brother - Takeshi Kitano (2000)

(Id.)

Visto in VHS.

Kitano ritorna allo yakuza movie dopo vari tentativi in altri ambiti. E ricomincia li dove aveva finito.
Un ambiente rarefatto, rapporti umani intensi ma esteriormente freddi e ridotti al minimo, ai piccoli gesti, ironia anche dove non potrebbe esserci, la fedeltà e la lealtà fino alla fine e violenza stilizzata e originale (si veda la scena delle bacchette nel naso).
Di nuovo c'è poco, giusto l'ambientazione americana e di conseguenza il cast... ma poi lo stile di regia rende il deserto californiano uguale all'entroterra Giapponese, Los Angeles uguale a Tokyo; ci sono gli stessi colori sbiaditi e gli stessi spazi ariosi. Il film quindi diventa un'opera di Kitano classica; con tutti i pregi che questo comporta.
Non aggiunge niente di nuovo, ma fa piacere vedere che ancora vengono realizzati film così.

martedì 6 aprile 2010

Uomini che odiano le donne - Niels Arden Oplev (2009)

(Män som hatar kvinnor)

Visto in DVD.

Una fotografia desaturata come spesso succede nei film nordici (che sia per sterile fotocopia di uno stilema da loro classico oppure la visione che hanno del loro ambiente?) al servizio di una regia senza picchi ma che spiega bene una storia complessa il giusto.
Già perchè in questo film l'unica cosa che conta è la trama, non per niente è tratto da un libro.
Il film da spazio a fatti che non serviranno molto nè alla storia nè a definire i personaggi, ma riescono a non farlo pesare, a renderli interessanti quanto basta (anche se non troppo), a non perdere il filo e dopo 2 ore e mezza ti trovi alla fine di un film che non rimpiangi d'aver visto.
La storia principale è interessante, intricata e assolutamente imprevedibile fino all'ultimo secondo (inutile tentare di arrivarci; non ci si può riuscire) avvince fin da subito e, anche se deraglia verso l'implausibile nel finale, riesce a giustificare quasi tutto.
Bravi gli interpreti, anche se non si sforzano troppo. Bello il personaggio femminile, ma ovviamente il film è costruito su di lei quindi questo è il minimo.
La cosa che più infatidisce, secondo me, è la quantità di sfighe, statisticamente implausibile, che capita a tutti i personaggi di questa storia; a vederla così in Svezia sarebbe meglio andarci con un esorcista.

lunedì 5 aprile 2010

La maschera della morte rossa - Roger Corman (1964)

(The masque of the red death)

Visto in Dvx.

Film serio e che si prende sul serio che si ispira al racconto di Poe per parlare di crudeltà... però non riesce, proprio non ci riesce a fare il salto di qualità.
Il problema principale è che il film è troppo maledettamente anni '60, con quella estetica, quell'idea di messa in scena medievale, quei colori shocking che riuscirebbero a togliere tensione anche alla scena finale di "The others" e che, in sostanza, rendono tutto un pò più ridicolo, un pò più brutto, un pò più opinabile di quanto non sia.
Poi c'è la storia... beh presenta una bella carrellata di crudeltà, su cui spiccano quelle di Price, ma certo lui non è l'unico, ma ancora meglio è l'abitudine all'idiozia e alla crudeltà che colpisce, quanto tutti gli altri personaggi siano assuefatti alla cosa, a essere trattati come animali e a vedere trattare gli altri peggio; e proprio in questo starebbe la vera forza del film. Ma anche qui le idee sono disperse in un affastellamento continuo di scene patetiche che sviliscono qualsiasi cosa.
Poi non c'è un attore che recita...e la cosa la posso sopportare senza problemi, ma che pure Vincent Price si metta a fare le faccette francamente è troppo!
Ma su tutti i problemi di questo film ne spicca uno... che è quello definitivo nell'affossare un'opera di Corman... la noia. Tutta quela demonologia spicciola che fa tanto arredamento gotico e non sostanza per spaventare alla fine stanca, disturba, annoia. Senza possibilità di salvezza. Solo noia.

Lodevole solo il finale che, se fosse stato fatto con più grazia, sarebbe potuto essere stupendo, con scene che vanno da "Il giorno della locusta" a "Il settimo sigillo". Peccato.... molto molto peccato.

PS: da sottolineare come in questa disfatta abbiano partecipato, nella sceneggiatura Beaumont, e nella fotografia Roeg... come dire, se proprio le cose vanno fatte male, almeno non farle da solo...

venerdì 2 aprile 2010

Il ladro di Bagdad - Ludwig Berger, Michael Powell, Tim Whelan (1940)

(The thief of Bagdad)

Visto in VHS.

Una fiaba ispirata a "Le mille e una notte" realizzata in un periodo in cui il mondo arabo faceva esotismo e non paura. La struttura è proprio quella di una favola confusa, con principesse da salvare, prove da superare, amici e oggetti magici, maghi cattivi e tutto il necessario per soddisfare Propp.
Il film ha il suo punto di forza nell'ambientazione; i fondali dai colori carichi sono da urlo (su tutti la prima città tutta realizzata in azzurro) e sugli effetti speciali molto avanti per l'epoca. Non per niente vincerà l'Oscar proprio per la scenografia e gli effetti speciali, oltre a quello per la fotografia, anch'esso meritevole.
Per il resto il film non offre molto, anzi tende a dilungarsi troppo scadendo spesso nell'insistenza di idee superflue.

Un appunto; il mago cattivo si chiama Jafar, e anche il personaggio di Apu, il ladro del titolo, assomiglia al protagonista di "Aladdin", soprattutto nella scena di fuga che lo presenta.

giovedì 1 aprile 2010

8 1/2 - Federico Fellini (1963)

(Id.)

Visto in DVD.

Come già detto non sono un giannizzero di Fellini, non è che ogni inquaratura girata dal "maestro" mi fa andare in sollucchero... eppure questo qui è proprio un capolavoro. Non un bel film, non un grande film, non un film geniale. Di più. E' un capolavoro. Basta.
Cioè, poi la storia è quella nota di un regista in crisi che mischia realtà, immaginazione, ricordi e fantasia; il tutto in maniera abbastanza casuale, tanto che qualche volta è pure difficile capire se sia successo davvero o se lo sia solo immaginato.
Pochi sono i commenti possibili. Il film è un turbinio di idee e di intuizioni visive messe in poesia.
Fellini ci mette del suo con uno stile che finalmente è impeccabile, sempre sospeso e sempre preciso.Poi ci sono le scenografie da sogno, è inutile dirlo, sono perfette e hanno poi fatto scuola; il cast completamente in parte; e il finale panico (in senso letterale), che a me piace sempre, assolutamente non consolatorio ma neppure depresso che da semplicemente il segnale di stop alle fantasie del protagonista.
Un film epico che tutti dovrebbero vedere una volta nella vita.
Si insomma, un capolavoro.