venerdì 28 giugno 2019

L'astronave - Holger-Madsen (1918)

(Himmelskibet AKA A trip to Mars)

Visto qui.

Con la benedizione del padre astronomo (e le maledizioni di un anziano collega) un uomo decide di costruire un'astronave per raggiungere Marte. La missione sarà di sapore internazionale e, giungendo su Marte (nonostante le intemperanze e il tentativo di ammutinamento sobillato dall'americano) scopriranno una società pacifica che rifugge da secoli la violenza fisica.

Film famoso per essere il primo (che io sappia) che mostri un'epopea spaziale diretta verso Marte. Ma questo è solo un record di poco conto se paragonato al fascino che l'opera riesce ancora ad avere grazie a una cura particolare nelle inquadrature (estremamente pulite) e a un ritmo che riesce a mantenere l'attenzione viva dall'inizio alla fine. La realizzazione del mondo marziano è decisamente meno avanguardista di altri film fantascientifici del decennio successivo, ma assolutamente in linea con il messaggio pacifista (colori chiari, linee morbide). Magnifiche anche le innumerevoli scenografie (con alcune scene in esterno) che si fanno notare per le ampie differenze (la casa terrestre, Marte, l'interno dell'astronave) e che rappresentano una varietà amplissima per l'epoca.

Perdonabile la recitazione un pò troppo enfatica che si nota soprattutto nella seconda parte.
Ancora più affascinante il contesto storico in cui viene realizzato il film, sul finire della prima guerra mondiale in un paese ufficialmente neutrale, ma che assisteva ai massacri perpetrati a "pochi" chilometri dai confini.

lunedì 24 giugno 2019

Thriller. en grym film - Bo Arne Vibenius (1973)

(Id. AKA Thriller. AKA Thriller. A cruel picture)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una ragazza, diventata muta dopo un trauma infantile, viene rapite, resa dipendente dall'eroina e obbligata o prostituirsi. Dopo aver perso anche un occhio, imparerà a guidare, a sparare e a tirare pugni, tutto ciò per vendicarsi.

Film di stupro e vendetta piuttosto basic direttamente dalla scandinavia. La storia è decisamente ovvia e con pochi guizzi, ma la regia vorrebbe essere più di quanto non è in realtà; ci prova a fare scelte estetiche (le foglie gialle) e inquadrature particolari (nella parte iniziale c'è una certa insistenza sulla soggettiva), ma poi va a rovinare su una gestione banale condita da troppi (e troppo inutili) ralenty.

Il film è, sostanzialmente, un mediocre sfruttamento di un filone di ....xploitation (sexploitention? shoxploitation?); i motivi per cui viene ricordato sono essenzialmente due:
la, giustamente, nota scena dell'occhio accoltellato, mai così reale dai tempi di "An chien andalou" e le scene di sesso pornografiche, ma con un atteggiamento talmente didascalico da dimostrare che si potrebbe far vedere di più in un film adeguato senza essere totalmente pornografico.
in secondo luogo lo si ricorda per la sua eroina; il vero elemento geniale del film (che tutto un ricalcare luoghi comuni o intenti shoccanti di altri) è la protagonista; esile, minuta, dolce, muta e con una benda sull'occhio che si adatta ai vestiti che indossa; magnifica.

venerdì 21 giugno 2019

Yakuza apocalypse - Takashi Miike (2015)

(Gokudô daisenso)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un boss yakuza è un vampiro e viene combattuto da un padre pellegrino che parla inglese e sembra Django e da Ruhian in versione turista sfigato. I due riusciranno a ucciderlo, ma prima della disfatta il boss vampirizzerà un suo sodale che, incapace di gestire la cosa creerà centinaia di altri vampiri. Intanto i due antagonisti si uniranno a un kappa e provvederanno a spianare la strada al più potente di tutti, un uomo dentro un costume da rana modello Gabibbo.

Miike torna a dirigere la follia, il nonsense come programma di vita. La trama del film è tra l'esile e l'assente e serve solo a veicolare una sequela di scene scarsamente collegate, ma tutte parte del grande flusso.
La potenza del regista sta tutta qui, nel veicolare una storia assurda e nel tenere saldo il timone senza deragliare nel fastidioso. A essere onesti l'inizio sembra promettere un film di yakuza quasi classico, e l'effetto dirompente dell'assurdo l'ho salutato con sofferenza e fastidio, ma a mano a mano che il film procede e che le situazioni si accumulano appare un quadro più grande in cui la trama non serve. Le singole sequenze sono ottimamente realizzate (solo la macchina da presa degli scontri poteva essere più sicura e mostrare le azioni con maggior chiarezza) e, ognuna singolarmente, complete.
Siamo dalle parti di "Gozu", ovvio, ma senza la sua austera concretezza surreale; quello era un film con una trama che si buttava nella surrealtà ed era di una serietà estrema. Questo "Yakuza apocalypse" ne è una versione cazzara, con ironia facile e una realizzazione seria che cerca spesso di buttarla sul ridere; un cazzeggio intellettuale divertente.

lunedì 17 giugno 2019

Terrore nello spazio - Mario Bava (1965)

(Id.)

Visto in Dvx.

Due navi spaziali cercano di raggiungere un pianeta da cui arriva un segnale radio; nel tentativo di atterraggio perdono conoscenza, una volta svegliati iniziano una serie di eventi strani, morti inspiegabili in un ambiente inquietante.

Film di serie B fatto con pochi mezzi e meno tempo che si basa su un racconto degnamente Urania che cerca di interessare e il povero Bava dietro la macchina da presa che fa i salti mortali per trasformare un filmetto di fantascienza in una dignitosa opera horror.
Meglio essere chiari fin da subito; il film è un'opera camp come poche, piuttosto noiosetta, senza brividi nonostante l'impegno e con un cast tra i più inespressivi di sempre.
Ciononostante riesce a fare il giro e a dare qualcosa in cambio della pazienza dello spettatore. Se si ha un minimo di gusto per il kitsch questo profluvio di colori fluo, nebbia alle caviglie, capelli cotonati e tute in pelle dal colletto improbabile riuscirà a farsi apprezzare, soprattutto per gli amanti dei 60's.
Se si sopporta l'idea di un'operazione pesantemente totalmente senza budget si possono apprezzare gli enormi sforzi del regista, che personalmente non ho mai trovato totalmente efficaci, ma indubbiamente affascinanti (si pensi all'esplorazione della nave spaziale aliena).
Infine, per gli amanti di "Ai confini della realtà" questo film non è altro che una puntata del telefilm allungata a dismisura.

In conclusione trovo che le lodi sperticate per questo film siano, quantomeno esagerate; ma ha più di un motivo per essere ripescato, consapevoli che nasce come serie B e serie B invecchiata rimane.

venerdì 14 giugno 2019

Il cammino verso la vita - Nikolai Ekk (1931)

(Putyovka v zhizn)

Visto qui, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Il comitato (termine che ho deciso adesso, in realtà non ho ben chiaro chi l'abbia deciso) ha deciso che per risolvere il problema dei minori abbandonati (che vivono di espedienti nei bassifondi della città), anziché continuare con la repressione, può valer la pena insegnare loro un lavoro e organizzarli in una comune autogestita. Tra alti e bassi (e un morto nel finale) la comune sarà un successo.

Primo film sonoro sovietico è un ibrido interessante anche se molto ingenuo: mixa cartelli (dinamizzati da movimenti delle scritte e font originali) a dialoghi normali, ma si apre e si chiude con un attore avulso dalla vicenda che declama l'argomento e la dedica e la trama è spesso infarcita di canzoni.
Al di là dell'uso del sonoro buono, ma non geniale, il film si muove dalle parti del verismo con un'idea di regia obiettivamente ottima. Tutto è ripreso quasi senza sconti (in epoca pre-staliniana era possibile mostrare i senzatetto minorenni in quantità industriali senza troppi problemi), ma con una costruzione delle immagini mai casuale con giochi di montaggio gradevoli (la confusa scena dell'aggressione della madre), movimenti di macchina da presa figli del muto (il furto della valigia realizzato quasi senza parole) e alcuni carrelli, oltre a una sequenza con un climax magnifico durante la festa alcolica e l'introduzione di alcuni personaggi mostrati in movimenti plastici su sfondo monocromatico.

La trama è semplicissima e ingenua quanto l'uso del sonoro, tuttavia è talmente ben gestita da risultare gradevole; l'emotività di alcune scene è totalmente assente, ma la visione è ancora intonsa nonostante gli anni passati.

PS: presentato alla prima mostra del cinema di Venezia del 1932 dove vinse il premio del pubblico per la regia... più convincente.

martedì 11 giugno 2019

Un mondo perfetto - Clint Eastwood (1993)

(A perfect world)

Visto in Dvx.

Una coppia di evasi rapiscono un bambino. I due fuggitivi sono molto diversi e non si piacciono affatto. Quando uno dei due dimostra di essere un rischio per il bambino, l'altro lo uccide. Tra il rapitore rimasto e il rapito inizia una fuga in cui si instaura un rapporto tra fratello maggiore e minore. Ma nello stesso momento la polizia è tutta sulle tracce del fuggitivo.

Ambientato a pochi giorni dal 22 novembre del 1963, il giorno in cui gli Stati Uniti (con la morte di Kennedy) perderanno l'innocenza (saranno lo stato che si scoprirà essere in grado di uccidere un'istituzione amata e, in pochi anni, capaci di invischiarsi in una guerra in cui buoni e cattivi non sono così ben delineati come ai tempi del nazismo), questo film è un road movie di formazione in cui due personaggi riscoprono ognuno l'innocenza rispecchiandosi nell'altro (il fuggitivo ritornerà il buon ragazzo che era stato e farà i conti, per procura, con il padre assente; il bambino potrà tornare all'infanzia negata dalle credenze religiose della madre); come contraltare la polizia (qui si con una divisione netta fra i buoni e i cattivi) la polizia scoprirà la possibile innocenza dei rei, ma, come si diceva, a pochi giorni dall'omicidio Kennedy, il finale non potrà essere aperto e ottimista.

Non una caccia all'uomo, non un thriller, ma un dramma emotivo gestito con i tempi del poliziesco e con variegature di tono western. Non contano le azioni (molto poche), ma i personaggi e i loro rapporti. L'aura pessimista si respira fin dalle idilliache immagini iniziali (che ritorneranno grottesche nel finale).
Estremamente moraleggiante, molto semplicistico nella divisione di chi è il buono, è un film affetto, soprattutto, da un sentimentalismo estremo che nel finale diventa melassa con scarsi buon senso e appesantito da una lungaggine che, sempre nel finale, sembra più un girare a vuoto verso un punto centrale banale.

Peccato, perché Eastwood risulta perfetto per la parte che si è ritagliato e, da sentinella morale d'america, risulta ancora oggi credibile. Peccato anche per la Dern utilizzata poco e male, utile per la parte Costner, inguardabile il giovane attore coprotagonista, tra i peggiori attori bambini della storia del cinema.

venerdì 7 giugno 2019

lunedì 3 giugno 2019

Estasi di un delitto - Luis Buñuel (1955)

(Ensayo de un crimen)

Visto in Dvx.

Un ricco messicano sui 40 anni, dai modi affabili e dal prestigio sociale immacolato, ha un'oscuro segreto; desidera ardentemente uccidere tutte le donne con cui entra in contatto; un desiderio ispirato da un carillion che torna dal suo passato.

Quello che sulla carta sembra un torbido thriller, nelle mani dell'ironico Buñuel diventa una divertita avventura parasessuale di un uomo probo. Smettendo per un attimo di mettere alla berlina la borghesia (per carità, l'intero film è ambientato nell'irreprensibile mondo della buona società messicana con più di uno scheletro nell'armadio, ma per una volta non è questa la spina dorsale del film) si prende la briga di mettere in piedi un divertissement freudiano, interpretabile come una metafora dell'impotenza sessuale, con la sensualità abbigliata bene, ma sempre presente.
Per una volta ben recitato (il periodo messicano di Buñuel non brilla per le interpretazioni dei vari cast), fotografato in maniera adeguata, ma soprattutto ben diretto, con un certo guizzo in più rispetto al solito, almeno sui movimenti di macchina da presa.