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giovedì 25 giugno 2020

Cimitero vivente - Mary Lambert (1989)

(Pet sematary)

Visto su Netflix.

Ci saranno molti spoiler, anche se ormai il film è piuttosto noto.

Una famiglia appena trasferita perde il figlio in un incidente. Il padre, all'insaputa di tutti lo sotterrerà in un cimitero indiano che già gli ha riportato in vita il gatto. Ma chi torna in vita da quel terreno non è lo stesso che vi è stato sepolto.

Ad oggi l'unico film sceneggiato da Stephen King tratto da un suo libro... ed è incredibile quanto deludente sia.

"Cimitero vivente" è un film che potrebbe essere estremo (estremo è il tema trattato) e cattivissimo ( e tecnicamente lo è), ma è gestito così male da diluire tutto.
C'è la morte di un figlio piccolo per disattenzione, c'è la volontà di riportarlo in vita in ogni modo possibile anche se si sa che le conseguenze saranno negative e c'è la lotta con il figlio che nel frattempo ha fatto tutti i danni possibili. C'è un apice di sofferenza e agnizione che potrebbe toccare le tragedie greche; dal punto di vista horror c'è del gore nel finale che viene fatto malocchio, ma potrebbe essere reso molto se solo fosse gestito meglio e inserito nel suo contesto (l'idea che il figlio uccida la madre in maniera efferati può essere agghiacciante anche senza sangue, se poi lo metti in slasher l'effetto potrebbe essere estremo), la tensione invece si può dire non ci sia mai anche se, pure quella, nel finale viene apertamente tentata (fallendo del tutto).

I problemi sono a tutti i livelli.
la regia dozzinale non sa sfruttare i due momenti buoni creati dalla sceneggiatura e questa è una colpa non giustificabile. A questo si aggiunga un ritmo dilatato che riesce a rendere noiosa anche... no sarebbe stato noiosa ogni scena in ogni caso, ma così è noiosa il doppio.
La sceneggiatura, però, è imbarazzante. Dialoghi che fanno arrossire; eventi eccessivi che dovrebbero creare il mood, ma in realtà lo urlano in faccia allo spettatore pretendendo che vi aderisca (il litigio al funerale con rappacificazione in aeroporto è ridicolo); personaggi pretestuosi e fuori contesto (il fantasma del ragazzo morto sul letto operatorio) che sono ridicoli nell'aspetto, poco utili ai fini della trama, stridenti nella storia e che butta all'aria una sospensione dell'incredulità già sul chi va là. Stupisce (almeno me) l'inettitudine di King, ma probabilmente non dovrebbe non essendo la sceneggiatura il suo campo d'azione, dove è riuscito a fare qualcosa di buono, ma partendo da storie più semplici.
Infine è agghiacciante il cast e la messa insieme cena totale. Tutto è dozzinale, la recitazione sopportabile, ma non adeguata agli eventi della seconda metà e il finale con quel povero bambino di massimo 2 anni che deve fare la faccia cattiva fa tanta tenerezza, ma non inquieterebbe neppure se messo ne "Il villaggio dei dannati".
Cucciolo lui, va come si impegna

lunedì 25 maggio 2020

Voglio tornare a casa - Alain Resnais (1989)

(I want to go home)

Visto su Mubi, in lingua originale sottotitolato.

Un fumettista americano va a Parigi per una mostra sul fumetto dov'è stato invitato (come ripiego); nelle sue intenzioni c'è la possibilità di riallacciare i rapporti con la figlia trasferitasi proprio nella capitale francese. Sarà però catturato da un professore universitario, suo grande fan, che lo inviterà nella sua casa di campagna.

Resnais alla sua prima prova commedia totale (nessun dramma, se non in versione comica) riesce a fallire in maniera imbarazzante.
Il film è orribile. Una trama pretestuosa, che disegna i personaggi in maniera monodimensionale (sono solo maschere per muovere la storia), li fa agire sostanzialmente a caso senza una reale motivazione con scenette scollegate, dei dialoghi ripetitivi e completamente vuoti, l'idea di mettere i personaggi dei fumetti che dialogano con i protagonisti è pretestuosa e insignificante ai fini del film. E tutto questo senza che la commedia diverta mai.
Ovviamente il film è particolarmente insopportabile se si considera che lo stesso regista di "Hiroshima mon amour" o  "Cuori" non riesce in nessun momento ad azzeccare un tempo, dare un ritmo, mantenere l'attenzione; strascica, si muove con indolenza, conclude alla tarallucci e vino senz aun minimo di nerbo.
Cast intollerabile (Depardieu bravo anche se umiliato in una macchietta inutile).

lunedì 15 ottobre 2018

Re-animator 2 - Brian Yuzna (1989)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Al suo secondo film, dopo l'incredibile "Society", Yuzna decide di andare sul sicuro e mettere in scena il sequel di "Re-animator". Decide di andare sul sicuro per il successo del primo e la certezza di ritornare nei pressi del cinema slasher comico e folle senza avere i bastoni fra le ruote. Riprende gli stessi personaggi li porta avanti nel tempo, stessi esperimenti, stesse pulsioni, il tutto con più cadaveri.

L'esperimento, a mio avviso, riesce. Non si pretende una trama dettagliata o particolarmente interessante, né l'effetto straniante dell'originalità di "Society"; quello che si può chiedere e si ottiene è film folle e totalmente libero di mostrare ciò che desidera.
Il film si permette scene splatter e la creazione di mostri ibridi a uso ridere (magnifico il cane con la mano o la mano con un occhio) realizzati benissimo con gli effetti speciali d'epoca e l'utilizzo oculato del passo uno, niente a confronto di un ottima CGI, ma niente a confronto (qui in senso positivo) di un CGI mediocre.
L'effetto caotico di un film caotico può infastidire, ma se si accetta il piglio scanzonato e senza pretese di Yuzna, ci si può godere una gradevole commedia grandguignolesca con la pretestuosità di pesanti citazioni da "La moglie di Frankenstein" e un finale apocalittico pieno di creature d'ogni sorta che, senza raggiungerlo, non fa rimpiangere il già citato "Society".

lunedì 24 settembre 2018

Charlie, anche i cani vanno in apradiso - Don Bluth, Gary Goldman, Dan Kuenster (1989)

(All dogs go to Heaven)

Visto in tv.

Un cane viene fregato dal suo socio in affari (scommesse e bische clandestine) che lo fa uccidere; per un sotterfugio riesce a fuggire dal paradiso e tornare sulla terra dove rapisce una bambina (che sa parlare con gli animali e che il suo socio teneva segregata per sapere in anticipo chi avrebbe vinto nelle gare fra topi) e cerca di rifarsi il budget. Le aspettative della bambina e il suo amico di sempre lo riporteranno sulla retta via.

Film anti-disney realizzato dall'esperto migrante (dalla compagnia di Walt) Don Bluth. Dei film di Bluth ha tutte le caratteristiche fondamentali; un disegno classico e ricco di depressione (giuro, mi basta vedere qualche scena di un suo film per entrare in un mood di tristezza duraturo), una storia oscura, personaggi vessati o ambigui, temi adulti trattati con disinvoltura.
Di fatto i film di Bluth sono importanti per fare da contraltare a un industria dell'animazione americana che all'epoca era quasi totalmente appiattita verso le aspettative più infantili e aderente alla Disney più classica. Curiosamente Bluth, proprio per tornare a un preteso classicismo si staccò dalla ditta di Walt e cominciò a produrre i suoi lavori.
L'effetto finale, dunque, è sempre interessante e in questo caso non è da meno. Con semplicità e e una certa dose di sfrontatezza riesce a mettere in un film per bambini (con i modi giusti e un mood incredibilmente tetro) la morte, le attività illecite della malavita, rapimenti e sfruttamento.
Quello che però manca è una sua decisa sterzata dal canone dineyano; non riesce ad avere canzoni accettabili, ma le vuole mettere lo stesso, non riesce ad avere un immaginario indipendente, non riesce (soprattutto) a creare una storia complessa mantenendo il ritmo, ma decide di andare comunque avanti per la propria strada. Inevitabile, quindi, la noia.
Comunque qui si rimane sempre fan di Bluth.

venerdì 20 luglio 2018

Der siebente kontinent - Michael Haneke (1989)

(Id. AKA The seventh continent)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una normale famiglio austriaca si muove in una vita normale mostrata con minuzia. Il lavoro dell'uomo, la scuola della bambina, la cena con amici. Tutto è normale, solo un pò troppo silenzioso e un pò troppo gelido. Ma la famiglia sta pensando di mollare tutto per andarsene in Australia.
Quando finalmente si decideranno il loro progetto si dimostrerà molto diverso .... SPOILER ... distruggeranno, con attenzione, tutti gli oggetti dentro casa per poi suicidarsi uno dopo l'altro.

Il primo film per il cinema di Haneke già racchiude l'intero suo stile. Un distacco glaciale dai suoi personaggi; uno sguardo insistente nel mostrarne il dolore, una macchina da presa interessata ai dettagli, un ritmo lento, tempi dilatati, una trama dove non ci sono eventi devastanti, ma la sofferenza esplode improvvisa con un pianto durante una cena o l'estrema soluzione finale.
Quello che separa questo film dalle opere successive è una fotografia accettabile (qui modestissima, quando invece Haneke ci ha ormai abituato a una qualità altissima) e una maggior concretezza nei temi trattati successivamente.
Senza girarci intorno, questo è un film noioso che, se non fosse dell'Haneke che oggi conosciamo, probabilmente sarebbe snobbato da tutti. Un film a tesi che poteva essere un cortometraggi potente, ma ha preferito essere un lungometraggio pedante.

mercoledì 23 maggio 2018

Palombella rossa - Nanni Moretti (1989)

(Id.)

Visto in Dvx.

In un momento di crisi personale e sociale (la crisi d'identità del PCI) Michele Apicella (redivivo dopo "La messa è finita") riconsidera la sua vita e quella del partito con la metafora continua a ripetuta della partita di pallanuoto.
Uno dei pochi film di Moretti che non avevo mai visto, ma è immediatamente diventato uno dei miei preferiti.
Una sorta di "8 1/2" (scusate il paragone) meno raffinato e più politicizzato; una vita riassunta con la descrizione di un'ideologia tanto personalmente sostenuta e intessuta con dialoghi fatto su un argomento sportivo, da sempre, di serie B. Il tutto realizzato con il consueto tocco surreale di un Moretti al suo massimo.

Quello che viene messo in scena è un balletto perfettamente organizzato di personaggi buffi, ricordi di gioventù, lente prese di coscienza e continui rimandi a qualcosa che il protagonista non riesce a ricordare. Di fatto la tendenza felliniana di Moretti è sempre esistita, ma mai come in questo film si fa evidente, ma, tolta la grazia del collega, Nanni la rimpiazza di politica (facendo il giro e trasformando il suo eterno personaggio in autore).
Un film metacinematografico, pieno di brio e parossismi che riesce a interessare e stupire nonostante parli di un periodo che non ho vissuto ed estremamente distante da me (per questioni anagrafiche).

mercoledì 6 settembre 2017

Roger and me, Roger e io - Michale Moore (1989)

(Roger & me)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Dopo aver legato indissolubilmente il nome della General Motors a quello della cittadina di Flint, l'industria decide di chiudere lasciando senza lavoro migliaia di persone, per poter aprire fabbriche a basso costo in Messico. Michael Moore, nato in quella cittadina decide di incontrare l'amministratore delegato, fallendo continuamente, ma nel farlo incontrerà persone il cui futuro è stato distrutto dalla chiusura della fabbrica.

Ciò che più sconvolge nel vedere questo primo film di Moore,  che un parvenu del documentario sia riuscito a fare una cosa così originale e così diversa da tutto ciò che c'era in circolazione all'epoca.
Costretto, forse dall'argomento, Moore scende in campo in prima persona e con un espediente narrativo non molto distante da un MacGuffin (incontrare l'amministratore generale della General Motors per farlo venire a Flint, da parte di un signor nessuno e senza appuntamento, è abbastanza difficile) mette in scena un documentario che è già compiutamente in stile Moore, solo meno raffinato.
Immagini scadenti, spesso fuori fuoco, immagini di repertorio prese solo dai tg o dai filmini locali (o anche da vecchi film, immagino senza più copyright); ma tutto il resto c'è. C'è l'uso ironico della musica e l'ancor più efficace umorismo creato con il solo montaggio, c'è la faziosità estrema di un film costurito a tesi (che nel documentario è cosa comunque diffusa), c'è l'accostamento di situazioni contraddittorie e un interesse particolare per i piccoli freak di tutti i giorni; e poi c'è un nemico da combattere.
Meno aggressivo che nei successivi, ma non meno efficace, anzi, la capacità di gneerare scene divertenti utilizzando solo il girato originale ha dell'incredibile (la donna delle analisi dei colori è pazzesca).
Da vedere.

venerdì 18 marzo 2016

Society, The horror - Brian Yuzna (1989)

(Society)

Visto in Dvx.

Un ragazzo va dal terapista perché ritiene di essere disprezzato dai suoi genitori che gli preferiscono la sorella (a cui è comunque molto legato). Quando un amico gli fa sentire una cassetta registrata di nascosto la depressione del ragazzo sembra deviare verso la psicosi, ma poi l'amico muore accidentalmente...

Film horror per teenager, realizzato in un epoca in cui questo poteva voler dire tette.
Si muove con il passo smozzicato di una commedia per adolescenti mediocre titillando, oltre alla pressione sessuale, anche l'idea di essere incomprese e la voglia di essere stati adottati, cercando quindi di limonare con il proprio pubblico. Di fatto non viene ricordato per questo.

Il motivo per cui ancora oggi val la pena di veder un filmentto così mediocre (anche se intrattiene con un passo sorprendente) è l'ultima, folle mezzora. Il filmetto si trasforma in una body horror comedy come non si poteva neppure immaginare, con un dispendio di idee grottesche da applausi (di fatto è il film che prende alla lettere concetti come la "faccia da culo") e uno sforzo di effetti speciali d'epoca che ancora oggi rendono quasi al 100% (vabbé dai, io sono appassionati di questi effetti, non rendono perfettamente, ma hanno comunque retto bene il passare del tempo).

Film cult che ha sempre avuto tutte le carte in regola per diventarlo.

PS: si certo c'è una pesante critica sociale nei confronti nella società wasp (borghesissima e completamente chiusa) di Beverly Hills, che suona come una generalizzazione per tutte le società borghesissime, chiuse e autoreferenziali del mondo... tuttavia se questo fosse il centro del film credo che oggi nessuno lo ricorderebbe... invece la faccia da culo...

venerdì 13 marzo 2015

Communion - Philippe Mora (1989)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Uno scrittore di libri horror va in vacanza in uno chalet di famiglia in una zona solitaria tra le montagne degli USA; li cominciano a esserci strani fenomeni; indagando sembrerà che questi episodi non siano il frutto della follia del protagonista, ma gli effetti dell'incontro con entità aliene, rapimenti ed esperimenti. Anche accettandolo (non senza difficoltà) però, il protagonista vuole riuscire a gestire la cosa.

Questo film è l'emblema del mio rispetto nei confronti di Walken che avevo da regazzino; dopo averlo visto nella parte del luciferino angelo caduto in "L'ultima profezia", nel militare debole e pazzo de "Il cacciatore", nel maligno villain di "Minuti contati" e "Una vita al massimo", oltre che in una mezza dozzina di film dimenticabili o di Abel Ferrara (a volte le due cose coincidevano) mi registrai questo film dalla tv; purtroppo ci furono problemi con il videoregistratore e il film mi uscì senza sonoro... chiaramente feci l'unica cosa possibile a quei tempi in assenza di internet... lo guardai comunque... ovviamente non ci capii un cazzo, ma mi inquietai lo stesso.
Ora lo vedo per la prima volta da allora e mi accorgo che una trama c'era... anche se è talmente poco compiuta, da così poche risposte che in effetti l'ho capito tanto quanto 20 anni fa.
Se la storia è piuttosto sospesa e involuta in sé stessa, la regia non è degna di nota, anche se va riconosciuto il merito di mantenere un discreto ritmo in un film senza un fine chiaro e l'atmosfera viene ben mantenuta. Ovviamente tutta la tensione che ne ricevetti da regazzino era dovuta alla mancanza del sonoro perché stavolta di thrilling ce n'é stato molto poco.
Gli effetti speciali sarebbero ottimi (tutti artigianali come piace a noi ottanttotardi), se non fosse per la scelta di avere come extratterrestri principali delle creature idiote che avrebbero fatto la loro porca figura nella versione originale di "Guerre stellari".
L'unico valore aggiunto, per chi è fan, è la presenza del Walken (scelta azzeccata per un film del genere dato che lui è un alieno di suo) più fuori di testa che ricordi (e ovviamente era nella fase della sua vita in cui era protagonista e recitava molto bene); inizia con capelli alla wolverine, occhialoni anni '80 e cappello da becchino; finisce a ballare e baciarsi dei pupazzoni mentre schiocca le dita e dicendo frasi random come in una versione cool di "Twin peaks".
Ovviamente è solo per completisti o per chi l'ha visto solo senza sonoro o per chi apprezza le sonorità anni '80 nei film che dovrebbero dare inquietudine.

PS: non credo ci sia bisogno di dire che fu un fiasco totale al botteghino.

lunedì 23 dicembre 2013

Vittime di guerra - Brian De Palma (1989)

(Casualities of war)

Visto in tv.

Vietnam, durante un’azione un gruppo di soldati rapiscono una ragazza, la violentano a turno e la uccidono. Questa decisione non è un impulso del momento, ma un piano attuato per vendetta. Tutti si sottomettono alla legge del branco, tranne Michael J. Fox, che si rifiuta e, una volta tornato, chiede come deve comportarsi ai superiori e agli amici. Dopo essere stato vittima di un attentato deciderà di denunciare il tutto…
Un film dalla fotografia chiara e pulita, pure troppo per un film di guerra che fa da sfondo ad una storia prevedibile, buonista e senza nerbo che a stento si fa seguire senza noia o senza ripetuti andirivieni dalla tv alla cucina (tanto già si sa cosa sta per succedere). Se a questo ci si aggiunge un De Palma particolarmente poco ispirato (diverse soggettiva, uno split screen e qualche inquadratura interessante sono poca cosa per chi ci ha abituati a tonnellate di autorialismo, anche kitsch, in ogni fotogramma) direi che il film ha poco appeal. Michale J. Fox ha anche l’aspetto meno adatto a fare il soldato duro e integerrimo.
PS: un cast di futuri grandi (o anche solo buoni) attori ragguardevole, al casting c'avevano visto giusto.

venerdì 5 aprile 2013

Fa' la cosa giusta - Spike Lee (1989)

(Do the right thing)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

In una caldissima giornata nel Brooklyn si muovono personaggi di quartiere tra i più vari, tutti intenti alle loro pratiche quotidiane senza apparenti cambiamenti dal solito. Sarà il caldo, o saranno i continui rapporti conflittuali arrivati ad un’inevitabile fine oppure solo il destino, ma le tensioni razziali che si respirano quotidianamente esplodono in una rivolta vera e propria.
Spike Lee costruisce un film corale che più che a Woody Allen (ad inizio carriera era stato affiancato al regista newyorkese) fanno pensare ad Altman, con una serie di coprotagonisti non sconfitti, ma abituati allo status quo che non mettono più in discussione, senza sogni particolari se non l’arrivare a fine giornata; il regista per se si ritaglia uno dei personaggi più miseri (emotivamente e culturalmente) dando pure una buona prova d’attore.

Come stile di regia ancora invece guarda apertamente agli anni ’40, con un uso della prospettiva, dell’inquadratura sghemba, del movimento di camera, della costruzione delle scene  che sembra riecheggiare un “Terzo uomo” o un “Citizen Kane” calati nella cultura pop e nei colori chiassosi degli anni ’80.

Questo non è un film perfetto (i personaggi fanno colore, ma non si legano mai del tutto, la sceneggiatura ha qualche piccola zoppia nei dialoghi e tutto sommato non c’è molta empatia), ma un’opera da vedere assolutamente.

giovedì 23 giugno 2011

La guerra dei Roses - Danny DeVito (1989)

(The war of the Roses)

Visto in DVD.
La storia di una coppia (Douglas e la Turner) dal loro incontro, l’innamoramento, i primi tempi felici (e tutto questo in una ventina di minuti) e poi per il resto del film del loro scivolare verso il disprezzo reciproco, quindi l’odio (almeno da parte di lei, perché lui per tutto il tempo insisterà nell’amarla) fino alla guerra aperta.

Questo è un film che ha tutto, dal vendicatore calvo, al pesce al piscio fino ad un Danny De Vito podologo, non manca di nulla; una sceneggiatura scritta benissimo solo in minima parte poco credibile, motiva tutto senza dare addosso ad uno solo, ma mostrando come le cose siano crollate per la loro stessa natura e come tutto fosse in essere fin dall’inizio.

Ma la vera sorpresa non è qui, e neppure sta nell’ottima recitazione di Douglas, visto che negli anni ’80 ancora sapeva fare l’attore (brava anche la Turner comunque); la vera sorpresa è Danny De Vito. Si perché il film è diretto da lui! Fotografia chiassosa, ma sempre entro i limiti; ambienti che costruiscono uno stato d’animo prima ancora della storia (fuori dalle finestra di De Vito mentre racconta il cielo è infernale), ma soprattutto una macchina da presa mobile, pronta ad inquadrare in maniera ragionata per essere al limite del cartone animato, un montaggio serrato che, talvolta, prende dal western, altrove cita i film d’amore. Si insomma, una regia adattissima ad un film al limite, ad una commedia cattivissima come questa, che fa da perfetto contraltare alla storia.

sabato 28 maggio 2011

Always per sempre - Steven Spielberg (1989)

(Always)

Visto in DVD.

Un pilota di canadair abbastanza spericolato (Dreyfuss), che ama ed è amato da una donna (Hunter) ed una selva di amici (tre cui Goodman)... ovviamente muore in missione salvando delle vite… muore e si ritrova in un al di la dove una Audrey Hepburn ormai grinzosa ma sempre impeccabile lo introduce al nuovo compito di “spirito guida” di un altro pilote. Ovviamente quel pilota verrà assunto da Goodman, incontrarà la Hunter, si innamoreranno nonostante la costante, ma invisibile presenza di Dreyfuss; e solo successivamente si salveranno e si ameranno definitivamente grazie a lui.

Come dicono anche loro i vigili del fuoco volanti erano l’ultima categoria sociale che doveva assurgere ad eroe. Non ho ben capito (is the new "m'è parso che, ma non ho avuto voglia di andare a controllare"), ma mi pare che sia il remake di un film in cui i protagonisti erano piloti di guerra (il film è stato aggiornato). Il film non è di per se malvagio, il piglio è da commedia in molte parti e da film d’azione in altre; purtroppo però si infanga troppo spesso e troppo a lungo con il melodramma romantico, affossandone il ritmo e rendendo il tutto più indigesto.

Il film è diretto bene, ma senza guizzi. Gioca con i generi solo nella parte iniziale che risulta infatti la migliore (con tutta la scena dentro l’hangar che sfotte i luoghi comuni dei film romantici utilizzandoli apertamente). Ovviamente questo non basta e per arrivare alla fine ci si annoia abbastanza.

Bravi gli attori, utilizzati tutti benissimo.

lunedì 16 maggio 2011

Nightmare V: il mito - Stephen Hopkins (1989)

(A nightmare on Elm Street: the dream child)

Visto in Dvx.
Il film si potrebbe riassumere con: Krueger ha imparato una parola nuova; “puttana”, e la usa di continuo… già questa è la novità più incisiva del quinto capitolo…

Allora la storia vera e propria è che la protagonista dello scorso episodio si ritrova di nuovo faccia a faccia con Krueger che le ammazza gli amichetti, solo che stavolta lei è incinta e pare che Freddy sfrutti proprio questa via per agire nel mondo… servirà il ritorno della madre del mostro per rimettere a posto le cose.

Un film sulla maternità tout court insomma.

C’è da dire subito che questo film è decisamente migliore del precedente; per carità non ha idee titaniche o immagini simbolo, però riesce a trovare la via giusta per intrattenere; molta ironia (finalmente) una regia molto dinamica e alcune sequenze che sono un pout purri degli anni ’80 cinematografici. Ci sono ad esempio una scena con un labirinto di scale pari pari a quella di “Labyrinth” dove c’è Freddy Krueger al posto del ben più inquietante David Bowie con pantaloni attilati, e poi si vede un buon esempio di body horror poppettaro (dal settimo minuto) con i corpi umani manipolati o direttamente fusi con le macchine (come nel magnifico ibrido organico/inorganico del ragazzo unito alla sua moto).

Alcune scene WTF sparse in giro non mancano, come al solito, ma io candido al primato quella con il Giustiziere Fantasma Vs SuperFreddy (dal quarto minuto).

Complessivamente un film migliore dei numeri 2 e 4 (che finora considero i peggiori della serie), ma ancora abbastanza povero d’idee originali, anche se finalmente risulta curato sia dal punto di vista della trama (inutilmente intricata) che della regia.

Forse vi ricorderete di me per scene come: beh… come dicevo nessuna idea particolarmente entusiasmante; però mi è piaciuta abbastanza l’uscita di Freddy dal corpo di Alice, così come la fuga di anime dal corpo di Krueger (si trovano entrambe qui, dopo il quinto minuto)… niente che non si fosse già visto qui e la comunque…

giovedì 10 febbraio 2011

Blue steel, Bersaglio mobile - Kathryn Bigelow (1989)

(Blue steel)

Visto in VHS.

Una poliziotta alla sua prima escursione nei bassifondi uccide un rapinatore, peccato che la pistola venga presa da uno dei presenti, uno yuppi un poco frustrato e (come si scoprirà più avanti) parecchio psicotico… lo yuppi tenterà (e riuscirà) a sedurre la poliziotta mentre comincia ad ammazzare accazzo in giro per la città. L’ancora bella Jamie Lee Curtis (la poliziotta) ci impiegherà una vita a capire come stanno le cose.

Film low budget di una Bigelow assolutamente imberbe. Crea delle buone atmosfere, ma la storia è banale ed idiota, e l’antagonista più inarrestabile del T-1000; era dai tempi della Chanson de Roland che un personaggio non durava tanto con tutte quelle pallottole in corpo…

E poi la regia onnivora della regista latita per tutto il film, e si limita a costruire scene che, nella migliore delle ipotesi, sono buone… ma le cadute di stile sono troppe (la scena dello stupro è una delle cose più grottesche che abbia visto nelle ultime settimane, e io guardo i tg tutti i giorni).

Un film solo per completasti (della Bigelow o della Curtis), sconsigliabile a chi vuole avvicinarsi alla regista per la prima volta.

sabato 27 novembre 2010

Sweetie - Jane Campion (1989)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Primo film per la Campion e già si vede che non aveva più nulla da imparare. L’attenzione per la costruzione delle scene, il dedicarsi ai dettagli e agli oggetti, le composizioni con inquadrature inusuali, l’uso sapiente dei colori, e la creazione di stupendi inserti surreali ci sono già tutte. La stessa sceneggiatura non è malvagia.
Una ragazza che dovrebbe farsi ricoverare si mette con un tizio soffiandolo all’amica, ovviamente (?) non faranno mai sesso, poi arriva la sorella della protagonista, ancora più da ricoverare, e ne farà di ogni, poi verrà il padre delle due che anche lui meriterebbe almeno una visitina dallo psichiatra, com’è come non è si arriva allo scontro di personalità (e alberi) e si giunge ad un finale inevitabile.
Per carità, la storia troppo spesso gira intorno a se stessa, ma lo fa con grazia e concedendosi momenti di ottima regia, e passa senza problemi. Un ottimo film che spiega fin da subito quello che si vedrà nei decenni successivi.

giovedì 20 maggio 2010

Marrakech Express - Gabriele Salvatores (1989)

(Id.)

Visto in Dvx.

Salvatores confeziona un film sull'amicizia on the road, e sul valore catartico del viaggio, con una certa puzza di morale in molte inquadrature e con tanta crescita interiore dei protagonisti, ovviamente c'è pure il senso del tempo che passa... insomma, il solito; solo che qui almeno era la prima volta che lo faceva.
In una parola, è ruffiano come al solito, e come al solito funziona; il film diverte, avvince e interessa fino all'ultima inquadratura, i personaggi sono identici a quelli del successivo "Mediterraneo", film quest'ultimo che forse è addirittura più convenzionale di questo, ma che a mio avviso risulta migliore, forse per quel senso di fine che lo rende più sincero.
Non un film vitale, ma chi lo guarda di sicuro non si lamenterà di aver perso del tempo per niente.
Buono il cast.

domenica 7 febbraio 2010

Violent cop - Takeshi Kitano (1989)

(Sono otoko, kyôbô ni tsuki)

Visto in DVD.

Il primo film di Kitano da regista è un noir piuttosto classico, con figure archetipe costituite da assassini folli ammalati dalla brama di uccidere, poliziotti dai modi spicci con una sorella pazza a cui stare dietro, nuovi arrivi ingenui e attaccati al regolamento, e poi c'è molta violenza (in questo caso, al contrario dei noir più classici, viene mostrata) e c'è tutto il contesto urbano che fa da cornice, labirinto e campo da gioco.
Kitano inventa poco, ma rimane sempre perfettamente credibile e, come nel migliore dei casi (come si dice, 1000 cliché commuovono) tutto funzione, il film si fa seguire, ti prende nel modo giusto e nel momento giusto e confeziono un'ora e mezza di interesse.
La violenza è un po ovunque in questo film, non è esagerata, ma sempre esposta, e soprattutto non è preannunciata da nulla, improvvisamente esplode; e questo può stupire chi è abituato agli stilemi hollywoodiani.
Stranamente il film è sostanzialmente privo di ironia, strano perché questo è un elemento tipico della successiva filmografia di Kitano, e strano anche perché in fondo il regista giapponese viene fuori dal cabaret.

venerdì 20 novembre 2009

Harry, ti presento Sally - Rob Reiner (1989)

(When Harry met Sally...)

Visto in DVD.

Per troppo tempo ho considerato questo film come una commedia d'amore, ora invece scopro che è una commedia sull'amore e sui rapporti di coppia.
Tutto in questo film trasuda Woody Allen; i rapporti di coppia appunto, i lunghi dialoghi brillanti, la devastante ironia dei personaggi, le chiaccherate catartiche dei protagonisti con gli amici, New York, il fallimento dei rapporti umani, il citazionismo/amore per il cinema del passato (in questo caso Casablanca)... Poi alla fine c'è l'happy end che Allen non avrebbe mai messo, ma va bene così, l'hanno fatto per il grande pubblico, hanno voluto spiegare Allen anche a chi lo odia per principio, e allora ci sto, mi sta bene, anche lo apprezzo pure.
Reiner poi è splendido, non ci tiene a fare molto altro se non incastrare i personaggi in un paesaggio scarno ma armonioso, fatto di luce e di colori delicati ed eleganti (splendide soprattutto le scene al parco in autunno).
Davvero un capolavoro della commedia leggera.
Crystal è perfetto, distacato quando deve esserlo e partecipe quando serve; Meg Ryan invece non mi è sembrata granchè, graziosa e svampita al punto giusto ma usa troppe moine per sopperire all'incapacità di recitare davvero.

martedì 3 novembre 2009

L'attimo fuggente - Peter Weir (1989)

(Dead poets society)

Visto in DVD.
Peter Weir mi da sempre l'idea di fare film facili, di largo consumo, entro certi limiti prevedibili (tutto quanto detto finora non vale, ovviamente, per "Picnic a Hanging Rock"), in cui però veicola sempre un messaggio tutt'altro che Hollywoodiano. In questo caso è la certezza della morte, quanti film ci ricordano, seriamente, di non essere altro che cibo per vermi? e in questo film Weir non fa altro dall'inizio alla fine, senza neanche nasconderlo troppo. Poi certo parla tanto di libero pensiero, di omologazione di libertà, di arte e creatività contrapposti al lavoro sicuro eccetera... ma da quando compare Robin Williams fino al suicidio tutto questo è sottolineato dalla presenza costante della morte. Solitamente il carpe diem è sempre sostenuto, cinematograficamente, dalla necessità di prendere in mano la propria vita, non dal fatto che domani si muore e che quindi è meglio vivere oggi.
Lo stile poi è adatto, Weir non ha pretese di autorialità, lui fa ciò che deve con i mezzi giusti rimanendo però invisibile; una invisibilità che è da lodare viste le scelte continue che fa, visto i giochi di simmetrie ed i movimenti di camera che inserisce.
Non è un capolavoro, ma certo questo è un ottimo film.