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lunedì 11 marzo 2019

Bellezze in cielo - Alexander Hall (1947)

(Down to earth)

Visto in Dvx, in lingua originale.

Tersicore, la musa della danza, si indigna per il modo in cui viene trattato il suo personaggio in un nuovo spettacolo di Broadway; decide quindi di incarnarsi per farsi prendere cme prima ballerina e protagonista dello show per cambiarlo dall'interno. Riuscirà perfettamente facendo innamorare di sé il creatore dello spettacolo, purtroppo se ne innamorerà lei pure.

Film dalla trama imbarazzante, ma perfettamente in linea con la serie degli amori soprannaturali che ci furono negli anni '40 ("Il ritratto di Jennie", "Il fantasma e la signora Muir", ecc...). Di fatto non vuole essere nient edi più di un incredibile baraccone camp creato ad hoc per dalle alla Hayworth una serie di scene di ballo e canto; un kitsch eccessivo in maniera encomiabile ricopre tutto, con un uso dei colori a cui dovrebbe essere molto legato Almodovar. Nonostante la mia scarsa sensibilità sull'argomento musical direi che i numeri di danza riescono ancora a reggere il peso degli anni (anzi, all'epoca avevano decisamente più voglia di oggi di coreografare), mentre le canzoni lasciate da sole soffrono molto. Il risultato finale è però incredibilmente godibile, data la storia assurda che però non si prende sul serio, un degli happy ending più strani di sempre e una delle raffigurazioni deistiche (perché Mr Jordan è Dio) più americane e professionalizzanti di sempre.

Il film è certamente assurdo, ma continuo a trovare molto più assurdo aver pensato di trarne un remake negli anni '80 con Gene Kelly e la Newton John.

mercoledì 2 settembre 2015

Il delitto di Giovanni Episcopo - Alberto Lattuada (1947)

(Id.)

Visto in Dvx.

Un uomo semplice viene circuito da un abile truffatore che lo inserisce in un ambiente di profittatori. Il truffatore è costretto a fuggire, ma intanto il protagonista si innamora e si sposa con una donna della nuova cricca; inutile dire che il matrimonio non sarà felice.

Una storia solidissima tratta da D'Annunzio (peccato per il finale che si dilunga troppo disperdendo parte del pathos). Splendida la regia che spesso aggiunge guizzi grandiosi che preannunciano quello che arriverà nei decenni successivi (l’incipit in soggettiva; piccoli carrelli alla Scorsese; uso dei piani per costruire scene più articolate; la voce fuori campo che recita il dialogo che dovrebbe avere luogo mentre in realtà gli attori rimangono silenziosi; uso delle luci, anche se non enorme ma si pensi alle fiamme dei cerini; per non parlare dei fuochi d'artificio per rappresentare l'amplesso!).

Il comparto attoriale è discreto, ma il protagonista è un Fabrizi a cui finalmente è permesso di recitare, molto distante dalla solita macchietta buonista delle commedie; qui fa una parte castrante nella fase iniziale, ma sempre più spessa a mano a mano che il film si sviluppa.

Non è il film migliore di Lattuada, ma rimane uno dei più interessanti per il suo respiro internazionale (e la distanza enorme con il neorealismo di quegli anni); il tono, l'ambiente, la trama (l'uomo comune che, quasi involontariamente, si ritrova protagonista di un delitto), tutto fa sembrare questo un film langiano.

PS: c'è pure un giovane Sordi in una parte marginale, ma lui si bravo.

venerdì 24 ottobre 2014

Dietro la porta chiusa - Fritz Lang (1947)

(Secret beyond the door...)

Visto in DVD.

Una donna indipendente si sdilinquisce per un uomo affascinante che sposerà dopo una breve frequentazione. Fin dalla prima notte di nozze però noterà qualcosa di strano, che rimarrà sullo sfondo finché non si trasferirà nella casa di lui dove conoscerà la sorella, il figlio di primo letto di cui non sapeva nulla, nonché la sua passione di collezionare stanze... (è un architetto...).

Thriller psichiatrico che ha debito continui con almeno due o tre pellicole di Hitchcock. Dettaglio non insignificante, ma sottolineato da tutti. La storia scorre verso il prevedibile con un ritmo abbastanza buono che tutto sommato fa perdonare gli attriti.
Il vero punto negativo è il finale semplicistico, non so quanto efficace all'epoca, oggigiorno certamente inaccettabile.
Il punto di forza però sta tutto in Fritz Lang. Non siamo davanti ad un capolovaro, anche nel periodo americano ha prodotto opere molto migliori; però Lang non è un idiota e non dimentica da un anno all'altro l'esperienza accumulata nel ventennio precedente. La forza di questo film è tutta nelle luci e nelle ombre.
Non siamo dalle parti dell'espressionismo pieno, ma Lang viene da quel mondo li, e sa il peso che ha un'ombra, sa che per inquietare è sufficiente oscurare i volti di un giudice e di una giuria (in una delle sequenze migliori del film dove il coprotagonista fa da imputato e accusa contemporaneamente), sa che la luce di una porta aperta su un corridoio può avere l'effetto di una coltellata, sa che una sagoma nella nebbia o una silhouette di notte possono avere un impatto notevole, sa come si usa una torcia elettrica o le ombre degli ospiti o ancora le porte aperte o chiuse.
Non un capolavoro insomma, un film un pò imbolsito dall'età, ma ancora godibile.

venerdì 27 luglio 2012

La fuga - Delmer Daves (1947)

(Dark passage)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in spagnolo.
Un uomo condannato di uxoricidio fugge dal carcere e viene accolto dalla sexy Lauren Bacall che semplicemente lo crede innocente, poi l’uomo fugge di nuovo da un amico, incontra un tassista connivente che lo porta da un amico chirurgo che gli fa una pesante operazione di chirurgia plastica per farlo assomigliare a Bogart. Tornato dalla Bacall (perché era un peccato lasciarla da sola) dovrà affrontare un ricattatore che sa tutto di lui e pure la donna che durante il processo fu una veemente accusatrice…

Che film improbabile, parte con 30 minuti buoni di soggettiva per non mostrare mai il volto del protagonista (che comunque si vede in foto poco dopo), ottenendo l’irritante effetto straniante del contemporaneo “Una donna nel lago”. Poi ci sono altri 30 minuti buoni in cui Bogart recita con il viso coperto dalle garze e senza parlare mai. Solo nell’ultima mezzora Bogart fa la sua comparsa in maniera totale…

Che dire, le scelte stilistiche sono contestabilissime e rendono il film più gravoso di quanto non sarebbe stato altrimenti, ma la trama è pure sofferente di una certa indecisione di genere, il film parte come un dramma da camera su di un uomo innocente perseguitato dal destino (una sorta di film alla Fritz Lang, ma all’acqua di rose) per poi sfociare in un noir vero e proprio.

A mio avviso il film soffre tantissimo di queste scelte opinabili e il vero motivo di interesse per guardarlo oggigiorno è la coppia Bogart-Bacall per la terza volta insieme; tutto il resto è un pesante tributo all’incertezza (con alcune buone idee).

lunedì 19 marzo 2012

La disperata notte - Anatole Litvak (1947)

(The long night)

Visto in DVD. Gli americani hanno sempre avuto la mania di fare remake dei film francesi, solitamente peggiorandoli. Tra le trasposizioni più inguardabili ci metto questo film, rifatto sulla base di "Alba tragica".

Che dire… non è l’happy ending finale attaccato col bostik che infastidisce, non ci sta è vero, ma non è che ammazzi il film; anzi il film è già morto dopo 10 minuti. Il problema è come gli americani rendono il sentimentalismo dell’opera originale. La sofferenza folle e cieca del primo qui diventa una lunga (lunghissima) lagna patetica e senza struttura che sa di già visto. Se sono fastidiosi i due innamorati che tubano, è anche peggio quando all’amore si sostituisce il dubbio; ci si augura che Fonda impazzisca e uccida la Bel Geddes dopo mezzora così da farla finita.
Obbiettivamente è un gran peccato, percè il cast era ottimo e il personaggi interpretato da Vincent Price poteva essere un qualcosa di importante se non fosse stato distrutto da dialoghi surrealmente idioti.

PS: il doppiaggio italiano poi da il valore aggiunto di due voci (quelle dei protagonisti) tra le più anempatiche mai sentite al cinema.

lunedì 10 ottobre 2011

Una donna nel lago - Robert Montgomery (1947)

(Lady in the lake)

Visto in Dvx. Nel 1947, tale Robert Montgomery si svegliò tutto in piena notte tutto sudato con l’idea che avrebbe rivoluzionato il cinema: fare un film tutto in soggettiva.

Nel 2011 praticamente nessuno sa chi sia Robert Montgomery e in pochi conoscono questo film, mentre invece i videogiochi creano scene, avvenimenti e intere storie tutte in soggettiva. L’idea di Montgomery di aumentare l’empatia con questa tecnica era fondamentalmente sbagliata visto la staticità di un film che non mi obbliga a vedere ciò che vuole illudendomi del libero arbitrio; un videogioco invece mi permette la visuale in soggettiva per aumentare l’immersione dato che effettivamente dove guardare e cosa fare lo decido io. Si insomma Montgomery quella notte pensò di costruire una casa partendo dal tetto.

Il film è un wannabe noir cupo e romantico con il solito Marlowe come protagonista. La storia non è particolarmente intricata (come sarebbe usuale in Chandler), ne molto interessante; le grandi passioni (dall’amore al sospetto fino al pericolo) sono talmente mal trasmessi che rimane solo una sorta di irritazione di fondo verso tutti i personaggi; come dicevo la soggettiva rende più complessa l’immersione nel mood del film e il cast (con Robert Montgomery in testa, dato che interpreta il protagonista quando viene inquadrato) ha l’espressività di una statua egizia.

Si, il film è brutto, consigliato solo a curiosi e perditempo.

domenica 3 aprile 2011

Notte senza fine - Raoul Walsh (1947)

(Pursued)

Visto in VHS. Il western psicologico sarà anche una prerogativa post ‘70s, ma è nato negli anni ‘40. Si perché in questo film abbiamo un Robert Mitchum ossessionato da visioni che in realtà sono ricordi e da un incubo ricorrente, di stivali con speroni che gli vanno addosso. E qui si inserisce la storia del baby Mitchum raccolto da una donna ed allevato assieme ai suoi due figli come uno della famiglia, peccato che il fratellastro non la pensi così (e da grande farà di tutto per eliminarlo) e la sorella fraintenda l’affetto fraterno e si getti in una storia d’amore che rasenta l’incestuoso. Nel frattempo, mentre la famigliola si arrabatta come può il destino incombe, il destino nelle vesti un uomo con un braccio solo che conosce la matrigna di Mitchum e che fa di tutto con ogni mezzo (illegale o legale che sia) per farlo fuori; lui per difendersi si troverà costretto ad uccidere molta gente, soprattutto chi gira intorno alla sorellastra in un vortice di violenza verso chi ama che sembra inarrestabile. Colpo di scena finale (non proprio imprevedibile) che sistema le cose e fa finire bene tutto quel che può.

Al di la del fatto che sia un western psicologico e al di la del fatto che Mitchum appare inespressivo più del solito (se è possibile) c’è da dire che questo è un noir. Si per carità sono tutti cowboy e siamo nel profondo sud, ma la storia, le dinamiche, l’amore e la morte, il gioco del destino ed il vortice di colpa che ingloba Mitchum, il ritorno di un passato mai morto e mai compreso, sono tutti elementi noirissimi. Siamo davanti ad un noir con ambientazione western. Non sorprende quindi che i momenti esteticamente migliori siano le scene in notturne, dove le luci e le ombre vengono usate al meglio. Anche se tutta la fotografia è adattisima all’atmosfera gloomy.

Un film particolare, da riscoprire.

martedì 1 giugno 2010

Odio implacabile - Edward Dmytryk (1947)

(Crossfire)

Visto in DVD

Un uomo viene ucciso, un gruppetto di militari sono stati gli ultimi ad averlo incntrato, uno viene sospettato...ma la verità ancora lontana dall'essere scoperta.
Un film che ha più il tono del giallo che non del noir con una storia che viene spiegata a metà e pertanto, all'inizio, si gioca a fare la signora in giallo, mentre nella seconda parte si decide di fare l'ispettore colombo.
La questione razziale è evidentemente solo una scusa per costruire un giallo suburbano in cui il cattivo si possa odiare senza mezzi termini, senza dover usare il tabù dell'omosessualità che era invece il movente nel libro originale.
A fronte di un film buono, ma piuttosto convenzionale, c'è una scena iniziale stupenda, tutta giocata sulle ombre e sul buio affinchè l'assassino non venga mai mostrato.
Per il resto, beh, c'è un buon cast con un Mitchum che, come suo solito, non recita.

giovedì 13 maggio 2010

Fuggiasco - Carol Reed (1947)

(Odd man out)

Visto in VHS.

Un gruppo dell'IRA (immagino, anche se non viene mai nominata, ma essendo ambientato a Belfast...) locale decide di finanziarsi con una rapina ad un'azienda, le cose di mettono male per il capo che viene ferito in una colluttazione in cui uccide un poliziotto, e viene poi abbandonato dai suoi. La trama si sviluppa sulla fuga del protagonista (Mason), sulle persone che girano intorno a lui, e sui motivi che li spingono ad aiutarlo o meno; in parallelo viene mostrata la ricerca da parte del suo gruppo, nonchè della polizia che organizza un'imponente retata per riuscire a catturarlo.
Il film si sviluppa in una notte, in cui si susseguono varie vicissitudini, scandite dal tempo atmosferico che peggiora con il passare del tempo. Reed, utilizza in maniera eccellente il bianco e nero, donando alle inquadrature in esterni un tocco estetizzante adatto alla vicenda, ed in un paio di punti si lascia andare a qualche inquadratura obliqua o ad un uso delle ombre; ma "Il terzo uomo" rimane comunque un altro film.
Buona opera, tesa ed interessente, dal finale dichiarato, ma toccante.

sabato 24 aprile 2010

Il fantasma e la signora Muir - Joseph Leo Mankiewicz (1947)

(The ghost and Mrs. Muir)

Visto in VHS.

Una vedova trasloca in una casa che si dice infestata dal fantasma del vecchio proprietario morto suicida, ovviamente lei non presterà attenzione alle dicerie... e ovviamente incontrerà il fantasma... meno ovviamente il film non è un horror come stupidamente pensavo, ma una commedia romantica, e il fantasma si prenderà a cuore le sorti della vedovella, aiutandola nelle difficoltà e scomparendo quando la sua presenza diventerà inutile per permettere a lei di vivere la sua vita. Ricomparirà dopo molti anni, per coronare con un happy end un film piuttosto atipico per l'idea di base, ma classicissimo nella cadenza. Lo spunto iniziale è però sfruttato poco o nulla e complessivamente risulta meno interessante di altri film su questo genere di quegli anni come "Il ritratto di Jennie".
Mankiewicz, che non è un idiota, crea per le scene iniziali un clima gotico (perchè paura proprio non fa, semplicemente introduce in un ambiente adatto affinchè arrivi un fantasma) fatto di movimenti ariosi della macchina da presa che definiscono i confini delle scene, movimenti che verranno ripresi più tardi nel film più per dare il senso del tempo passato. Un clima, come dicevo particolarmente suggestivo nelle scene diurne, dove l'abilità del regista non è aiutata dal buio, su tutti regna il momento in cui il fantasma si palesa per la prima volta, senza essere visto in volto, mentre la signora Muir dorme.
Tutto questo però non salva il film, che si appresta a trasformarsi in una commedia romantica senza particolari idee e che spreca un buon intro.