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giovedì 16 gennaio 2020

Non aprite quel cancello - Tibor Takács (1987)

(The gate)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Vaghi ricordi dell'infanzia mi riportavano un film terrorizzante, fatto di una porta per l'inferno in giardino, un cane morto e un regazzino che si tagliava, tutte cose che accidentalmente portavano alla fuoriuscita di demoni. Nient'altro.
Un quarto di secolo dopo recupero questo "The gate" dalla triste rititotlazione italiana e, ancora una volta, si conferma che il ricordo migliora le cose.
Per un adulto di oggi è un filmetto senza pretese con protagonisti dei regazzini che aprono per sbaglio il cancello da non aprire e trovano tutte le indicazioni su come aprire o chiudere il tutto in un album metal (!) norvegese... Ecco un minuto per considerare i salti mortali che dovevano fare gli sceneggiatori in epoca pre-internet e un applauso per l'idea più fuori di testa, ma originale, che abbia mai trovato.

Il film però, si inserisce nel filone horror per giovanissimi di cui gli anni '80 ci hanno fatto dono (e che oggi ci sogniamo). Dal punto di vista di un minore (fatta salva la pochezza della costruzione tecnica del film e gli effetti speciali in stop motion che invece adoro) la trama potrebbe ancora rendere bene, spingendo su diversi punti (la cattura della sorella e dell'amico, la morte del cane, il ritorno della madre morta, ecc...) che nel 2019 nessuna casa di produzione si sognerebbe di accettare (far morire un cane in un film per giovanissimi?!) e che invece rappresentano l'arredamento horror che riesce ancora a reggere il colpo (molto più dei piccoli demonietti o dello zombie nel muro).

venerdì 19 luglio 2019

Arma letale - Richard Donner (1987)

(Lethal weapon)

Visto in aereo.

Per quelle due persone che non la conoscono, ecco qui la sinossi del film.

Alla sua prima sceneggiatura, Shane Black, mette insieme un teatrino di personaggi e situazioni che diverranno una cifra stilistica personale prima ancora che un genere a sé. Rimestando nel noir (qui solo parziale), nella spy story e con alle spalle un dramma solido, Black imbastisce una storia che sembra solo un pretesto per far muovere con disinvoltura i suoi personaggi. Perché Black, prima che scrittore di storie scrive di persone, crea caratteri diversi, ma il più possibile sfaccettati o dettagliati (di solito uno è profondamente descritto, mentre l'altro è solo una spalla), in antitesi fra loro, li unisce per motivi bizzarri e li fa muovere insieme con una scorta infinita di ironia, creando, di fatto, il buddy movie moderno, quello che oggi è uno stilema classico.

Questo "Arma letale" ha i pregi e i difetti di essere il primo. Fa da apripista con una serie di invenzioni enormi, usate per la prima volta e, dunque, maggiormente efficaci, si porta dietro una dose costante di tragedia che nelle opere successive andrà sempre più scemando (e di conseguenza la parte da commedia ne risulta diminuita) riuscendo nel miracoloso intento di lasciare che i due generi così in antitesi si fomentino a vicenda anziché spegnersi.
Lo svantaggio è che ci si trova davanti a un film più grezzo, meno dettagliato e pulito, con un onesto lavoratore dietro la macchina da presa, Donner, che porta a casa il suo senza eccessive invenzioni.

Dal lato del cast si può apprezzare un Gibson totalmente in parte affiancato da un Glover efficace senza mai mangiarsi la scena, alle loro spalle una galleria di caratteristi invidiabili e divenuti a loro volta archetipi.


lunedì 16 gennaio 2017

Good morning, Vietnam - Barry Levinson (1987)

(Id.)

Visto in VHS.

In Vietnam arriva un nuovo dj per la radio dei militari americani. Il nuovo arrivato è un comico nato, irriverente e irrispettoso delle gerarchie da anche notizie che dovrebbero essere tenute top secret (niente di abissale, semplicemente che c'è una guerra vera la fuori); a questo si aggiunge un suo coinvolgimento indiretto in un attentato. Sarà ovviamente avversato dai superiori, ma amato dai commilitoni.

Sicuramente va premiata l'idea di base di parlare di argomenti drammatici in un contesto scanzonato, però l'effetto finale mi è sembrato piuttosto scialbo. Una regia funzionale, ma inesistente; la comicità del primo Robin Williams (sicuramente ammazzata dal doppiaggio) non mi ha mai entusiasmata protesa fra l'irritante e il non comprensibile (devo ammettere che non mi ha mai divertito neanche per sbaglio); una fotografia quasi inesistente.
Di fatto un film originale sul Vietnam (e meno male), che mostra la guerra in maniera talmente obliqua da non sembrare un film di genere, ma che riesce comunque a cadere in tutti i cliché che avrebbe potuto evitare con facilità. La cornice regge, ma è irritante se non irrilevante.
Un film invecchiato utile solo a mostrare l'istrionismo del protagonista.

mercoledì 21 dicembre 2016

L'alieno - Jack Sholder (1987)

(The hidden)

Visto in Dvx.

Un investigatore di Los Angeles viene affiancato da uno strano agente dell'FBI per inseguire due uomini che, incensurati, compiono improvvisi omicidi con una violenza e un sangue freddo inimmaginabile. Il titolo italiano spoilera pesantemente il segreto che, in ogni caso, viene mostrato a 10-15 minuti dall'inizio.

Per questo è un film mitologico. Ricordo da bambino che, poco prima d'andare a letto, vidi di sfuggita sulla tv di papà la sequenza del primo scambio di alieno da bocca a bocca. Fu una scena che mi segnò il resto della mia grottesca esistenza e, pur rivedendola dappertutto (venne citata anche da Dylan Dog), non riuscii mai a scoprire in che film si trovasse.... questo finché l'anno scorso non ho scritto su google qualcosa come "film in cui l'alieno è un vermone che si passa di bocca in bocca".
Vedere finalmente questo film mitico è stata invece una delusione.

L'idea di base è ottima; fondere la sci-fi horror con il poliziesco e mettere due agenti a indagare e inseguire un alieno che vorrebbe fare cose bruttissime è una cosa che potrebbe appagare diverse fette di mercato... purtroppo la realizzazione lascia a desiderare.
Non è la regia insipida di Sholder il problema, ma la sceneggiatura ripetitiva fino allo sfinimento che trasforma un poliziesco ben avviato (e potenzialmente molto ingarbugliato) in un lungo inseguimento di un edgar-abito senza costrutto. Non c'è neppure una vera e propria presa di posizione gore a riempire il vuoto lasciato dall'indagine e quello che rimane sono mezzora di gioa e un'ora di noia.

Ottimi invece gli effetti speciali, sottoutilizzati al massimo. Dettaglio che sottolinea ancora di più l'occasione che si sono lasciati sfuggire)

PS: avendoli visti ravvcinati mi chiedo... che l'alieno non sia stato ripreso dal Tingler?

venerdì 12 agosto 2016

Dov'è la casa del mio amico? - Abbas Kiarostami (1987)

(Khane-ye doust kodjast?)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un ragazzino che abita in uno sperduto villaggio dell'Iran porta a casa, accidentalmnete, il quaderno di un compagno di classe. Per rintracciarlo perderà tutta la giornata fra labirinti di case e adulti non disponibili.

Partiamo dai difetti che sono indubbiamente importanti. Questo è il classico film lento, dove il neorealimso (questo è il neorealismo iraniano) risulta particolarmente pesante per la mancanza di attori accettabile e per una regia che, predilignedo, la verosimiglianza non cerca di portare maggiore ritmo o maggiori scioltezza. Inoltre la trama è piuttosto esile.

Tuttavia qui si concentrano alcuni dei pregi del neorealismo classico. La trama è semplice perché quello che si sviluppa è una fiaba, dove un bambino si immette in labirinti di pietre e di esseri umani che lo confondono o lo rallentano più che aiutarlo, come una sorta di Alice nel paese delle meraviglie dove nessuno dei personaggi incontrati risulta utile, ma tutti sembrano poter dare qualcosa. Il finale, è perfeto nella sua semplicità.Al di là poi del possibile metaforone che ho letto sull'internet (un film sulla fede) o le eventuali critiche al regime (soprattutto in quel decennio venivano spesso realizzati film con protagonisti dei bambini poiché era più facile passare il vaglio della censura, mascherando la metafora nella fiaba).
L'altro gande pregio del neorealismo è che, quando azzecca una faccia, azzecca tutto. Il piccolo protagonista ha un'espressione dolente che vale la perdita di qualità della fotografia e i disgi di una trama lieve. Infatti le parti peggiori (e più noiose) sono quelle in cui non compare (il lungo dialogo tra gli anziani).

Un bel film facile da odiare.

mercoledì 13 aprile 2016

La famiglia - Ettore Scola (1987)

(Id.)

Visto in Dvx.

La vita di un uomo dalla nascita nei primi anni del 900 al suo 80esimo compleanno, vista tramite gli episodi della sua vita svoltisi dentro il suo appartamento nel quartiere Prati di Roma. I rapporti con i parenti, gli studi, il fascismo, il matrimonio, l'amore vero per un'altra donna (la cognata), la professione, i figli, ecc...

Questo è un film di uno Scola che torna a sperimentare e la cosa fa estremo piacere. Purtroppo, come spesso accade, sperimentare può portare anche a risultati mediocri; e purtroppo questo è il caso.

Il film si dipana su nove decenni di storia patria, ma tutti ambientati dentro la stessa casa; le sezioni sono introdotte da una carrellata del corridoio d'ingresso che da la cifra alla regia, fluida, ma calma e un lavoro di interni che mantengono assonanze comuni pur cambiando con le mode del periodo.
Anche se il lavoro maggiormente interessante è quello sugli attori. Dovendo mostrare personaggi che vanno dagli 0 agli 80 anni deve, per forza, cambiare spesso attori, nel farlo però non sia accontenta di alcune chicche (su tutte sostituire Massimo Dapporto con il padre, mantenendo però la voce del primo ridoppiando il secondo), ma sostituisce gli attori anche all'interno della stessa sequenza, in alcuni casi, credo, per sottolineare che il personaggio è lo stesso nonostante gli attori abbiano più o meno la stessa età (è il caso dell'introduzione della Ardant), in altri casi senza un motivo apparente se non la bellezza del concetto in sé (la Sandrelli nello specchio). Utile lo scambia fra Occhipinti e Gassman (attori di età e aspetto piuttosto diversi), ma che proprio in funzione della poca affinità fra i due stride in maniera incredibile (pure la cadenza è diversa).

Se, dunque, la messa in scena è interessante, anche se un po' sgualcita, il problema è tutto all'origine.
Voelva essere (e poteva essere) un film sulla storia del paese come "Novecento", ma rimane troppo chiuso in sé stesso (e, letteralmente, chiuso in casa); poteva essere una saga familiare vera e proprio, ma non riesce ad andare oltre al film a episodi disgiunti. Quello che rimane è un film amaro sul passare del tempo come grande livellatore, con l'età che smussa gli angoli dei sentimenti di ogni tipo e con il cerchio della vita che prosegue stancamente.
Di fatto è solo un film che gira in tondo dicendo poco, ma lo fa benissimo.

mercoledì 4 novembre 2015

Arrivederci ragazzi - Louis malle (1987)

(Au revoir les enfants)

Visto ad un cineforum.

Tratto da un episodio autobiografico si vede la vita di alcuni ragazzi dentro un collegio cristiano tenuto da frati durante l'occupazione nazista della Francia (beh, qui si vede bene anche il lavoro di collaborazione della Francia di Pétain). Il film si muove attorno all'arrivo di un nuovo ragazzo leggermente diverso dagli altri, SPOILER ALERT che si scoprirà essere un ebreo nascosto con la connivenza di tutti gli insegnanti.

Il cinema della Shoah è uno dei generi peggiore, sempre uguale a sé stesso, con una serie di luoghi comuni sempre, pedissequamente, disposti, sempre arroganti nel mostrare la bontà delle vittime e la cecità dei carnefici; per questo film come "Schindler's list" o "Adam resurrected" (ma anche, parzialmente, "The reader") sono molto più interessanti della media del genere, perché partono da altri punti di vista e perseguono altri obiettivi; ecco perché film come "La vita è bella" o "Train de vie" sono così godibili, perché parlano delle stesse cose con un tono, finalmente, diverso. Detto ciò il cinema della Shoah è il migliore per vincere premi e prendere soldi, quindi temo che avrà ancora una lunga vita senza modificazioni di sorta.

Detto ciò questo "Arrivederci ragazzi" è un film sulla Shoah che parla di ciò che succedeva in Germania cambiando prospettiva; mostra le persecuzioni nei confronti degli ebrei attraverso la lente deformante di un collegio cristiano, un microcosmo chiuso, separato dal mondo in cui il nazismo è qualcosa di distante e in cui l'ebraismo è un mondo sconosciuto. Muovendosi come un film di ragazzi (e in questo riesce benissimo, mostrando il rapporto fra i due protagonisti che, senza scene madri enfatiche, si modifica dalla diffidenza iniziale a qualcosa di molto simile all'amicizia) e come un mediocre film di collegio, mostra l'impatto della Storia sulle vite quotidiane di personaggi inconsapevoli.
Non un capolavoro, ma, finalmente, un punto di vista diverso dal solito.

PS: inutile dire che il finale, nella sua semplicità (e pur essendo una concessione all'enfasi) riesce a ottenere lo scopo di commuovere.

lunedì 23 febbraio 2015

La città delle bestie incantatrici - Yoshiaki Kawajiri (1987)

(Yôjû toshi... AKA Wicked city, AKA la città delle belve)

Visto in Dvx.

La razza umana è in perenne attrito con le creature del "lato oscuro", mostri mutaforma che, usualmente, si trasformano in donne bellissime per sedurre gli uomini e succhiarne (...) ogni energia durante l'amplesso. Da secoli questo stato di cose è tenuto a bada da accordi ufficiali (ma tenuti nascosti) fra gli illuminati delle due razze, anche se i terroristi e le violazioni dei trattati sono continui. Dopo un trentennio si stanno per firmare dei nuovi accordi a Tokyo; un umano, esperto di lato oscuro, arriva dall'Italia per presenziare alla cerimonia (senza di lui gli accordi salterebbero). Inutile dire che avrà bisogno di una scorta per poter superare la notte in vista della firma del giorno successivo. La scorta viene formata affiancando un uomo con una donna del lato oscuro. Verranno attaccati, rapiti, feriti fino alla conclusione... a sorpresa.

Film dalla trama esile (è tutta una fuga dagli assalti dei cattivi), ma esplicito nelle scene di violenza e di sesso. La violenza (sempre presente, ma non disturbante) ha il gusto e lo stile di Ken il guerriero. Il sesso invece è evidentemente il vero motivo per cui si è deciso di fare questo film (esplicito e pervasivo all'interno della pellicola); questo, nelle intenzioni, non doveva essere un thriller erotico, ma un vero e proprio hentai da esportazione, difficile altrimenti capire perché mettere una scena di tentacle rape o decretare la morte della donna ad opera dei demoni a colpi di gangbang.

L'animazione è piuttosto piatta e non particolarmente soddisfacente; i personaggi dalla personalità inesistente, l'unico costruito un minimo è la spalla comica maniaco sessuale nelle vesti del vecchio italiano (figura molto diffusa negli anime, ma altrettanto irritante).

L'unico vero motivo di interesse (a parte il sesso of course) è rappresentato dalle trasformazioni delle creature del lato oscuro; il film regalo un vero catalogo degno di Cronenberg, dalla donna aracnoide dell'impressionante incipit (completa di vagina dentata ben prima di "Denti"), alla donna che si scioglie, dall'uomo con i tentacoli e l'ombra allungabile, alla citazione de "La cosa" di Carpenter (citazione ben fatta, anche migliorata e ben utilizzata) nella sena dell'aeroporto.

venerdì 16 gennaio 2015

Yeelen, la luce - Souleymane Cissé (1987)

(Yeelen, AKA Luce)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Mali, epoca indefinita, in un passato magico. Un ragazzo è minacciato dall'imminente ritorno del padre che non ha mai conosciuto, il padre (un mago potente) lo sta cercando per ucciderlo. La madre gli consiglia di fuggire alla ricerca dello zio, mago pure lui, per cercare un sistema per battere il padre. Nel viaggio incontrerà un re che gli chiederà aiuto per battere dei nemici e poi per guarire la moglie dall'infertilità, ovviamente anche il ragazzo saprà usare a dovere la magia.

Film dalla trama lineare che si muove tra il passo pesante della tragedia classica (il destino incombente, lo scontro tra padre e figlio, le prove da superare) e lo spirito leggero della fiaba (la magia, l'inseguimento, le prove da superare); tra le due vie sembra che il racconto rimanga nel mezzo, teso verso un'ingenuità fanciullesca, ambientato com'è in un mondo dove la magia non è una scienza con regole definite (alla "Harry Potter") o una serie di trucchi stupefacenti (alla The prestige), ma è un dato di fatto usuale e molto terreno (fa volare gli oggetti, blocca le persone, fa esplodere lingue di fuoco, manipola le api).
Punto a favore il paesaggio; il film non si fa mai sopraffare dal contorno e i campi lunghi non sono diffusi o sottolineati, ma le location cambiano spesso, i colori dominanti della cornice esterna cambiano di continuo (verde, ocra, bianco, giallo, ecc..) dando senso di movimento anche all'ambientazione.
Il vero difetto è il ritmo lento con scarsi eventi significativi; prima dello showdown finale si può rimanere delusi ed interrompere la visione.
Così così per i dialoghi; buoni, aulici, ma spesso eccessivi ed eccessivamente adatti a rallentare ulteriormente il film.

venerdì 25 luglio 2014

Hellraiser - Clive Barker (1987)

(Id.)

Visto in Dvx.

Un uomo con la sua nuova moglie si trasferisce nella vecchia casa di famiglia dove, pare, abbia soggiornato per un pò il di lui scapestrato fratello ormai scomparso. La nuova moglie scoprirà che il fratello si trova ancora in quella casa (ah si, i due avevano una relazione), ma a causa di una scatola che può aprire le porte dell'inferno è rimasto intrappolato fra le dimensioni; solo del sangue può fare in modo che dal cadavere si ricomponga un essere umano. Tutto questo però dovrà accadere prima che i supplizianti (qui ancora non si chiamano cenobiti) scoprano che lui è fuggito dall'inferno. A mettere i bastoni fra le ruote più che il molle marito sarà la figlia di primo letto Kristy.

Primo capitolo dell'ultima saga horror di rilievo (beh prima di Saw)... voglio dire subito che non c'è niente che invecchi come i film de paura; un pò perché l'evoluzione degli effetti speciali è rapidissima, un pò perché l'asticella dell'orrore e della suspense viene alzata continuamente.
Ecco questo lo dico subito per giustificare la mia seguente affermazione: questo film è bruttissimo.

Clive Barker, l'autore della storia originale e sceneggiatore aveva visto che cosa avevano fatto i cinematografari con due sue storie precedenti e decide che a sbagliare può riuscirci anche da solo e si mette alla regia. Peccato che le sue competenze siano nulle e si vede, ama lo splatter, ma non sa gestirlo, crea situazioni al limite, ma non riesce a finalizzarle e inanella una serie di sequenze da horror di serie B senza alcuna empatia. Il ritmo un poco lento non disturba neanche troppo, mentre la tendenza al casino del finale l'ho trovata sconfortante.

Certo, la storia è la cosa vincente, Barker da vita ad un mondo dell'horror originale, intelligente e (finalmente) adulto. Qui sangue e sesso sono strettamente legati, l'adolescentella finale è solo lo strumento per lo showdown, ma qui a gestire le cose sono gli adulti (fatto quesot in controtendenza con l'horror dagli anni '7 in poi); qui la responsabilità di quello che accade è sempre della vittima che vuole richiamare i supplizianti, salvo poi pentirsene; qui l'inferno è un luogo sadomasochistico dove il dolore provoca piacere e viceversa.
Poi soprattutto Barker creare un immaginario visivo da urlo. La scatola dell'evocazione è ormai un oggetto pop e la figura di Pinhead è archetipica (pure gli altri supplizianti sono ragguardevoli; tranne butterball).
Barker crea un mondo e delle immagini enormi, però non le sa gestire.

Forse vi ricorderete di me per scene come: I CENOBITI, sempre. Devo dirlo di nuovo? (tranne butterball, l'ho già detto, quello si che è idiota).
Ma anche il mostro con 4 braccia e due teste è notevole. La rinascita dello zio dal pavimento poi è un piccolo gioiello di effetti speciali low cost anni '80 perfettamente riuscito.

venerdì 12 luglio 2013

Addio Miss Marple - John Davies (1987)

(Agatha Christie’s Miss Marple: sleeping murder)

Visto in VHS.

Per chi è appassionato di gialli (o di Agatha Christie) i film con protagonisti Miss Marple/Poirot sono un genere a parte. Questo è un genere dove la storia non conta perché sai già che ti piacerà, è un genere dove i personaggi non contano perché sai già che ti piaceranno, non te ne frega niente  di ste cose.

Quello che conta è che l’ambientazione vintage (soprattutto anni ’20-’30, solo in pochi casi gli anni ’50) sia impeccabile e che gli attori protagonisti siano adatti.
Questo film per la tv si occupa della prima parte con un certo impegno; non furoreggia come nei migliori esempi con Poirot come protagonista, però fa il suo lavoro al minimo sindacale portando a casa la pagnotta.

Il vero problema qui è la protagonista. Assomiglia alla mia prozia di Como, vecchietta ben avanti con gli anni, simpatica, gentile, discreta, affilata (esteticamente), ma curiosa e sempre attenta a quello che le succede attorno… si insomma, niente di che come personaggio. Non interessa, non convince… non ha appeal. Di fatto il film è perso. (Joan Hickson è comunque brava nella parte e verrà spesso utilizzata dalla tv inglese, tuttavia non mi pare proprio la scelta migliore sulla piazza).

Se poi ci si aggiunge che questo film tv si trascina avanti per 2 ore con lentezza e noia direi che è del tutto perdibile.

Per la storia rimandiamo a fonti con più spoiler.

venerdì 19 ottobre 2012

007: zona pericolo - John Glen (1987)

(The living daylight)

Visto in tv.

Lo 007 di Timothy Dalton è molto diverso dal superuomo british originale; è molto più pacato. Decisamente ironico, ma più ombroso e meno interessato alle donne… a fatica se ne fa una in tutto il film!

L’intero film prende una piega leggermente diversa dai precedenti (si tenga presente che subito prima di Dalton c’era Roger Moore, forse più in parte, ma i suoi film hanno sdoganato l’idea che la sospensione dell’incredulità sia inutile) con un’idea di action sempre presente, ma molto più virata verso l’ironia sfociando sin dai primi inseguimenti nell’inverosimile grasso e sfacciato (fuggire sulla neve usando il contrabbasso come timone mi pare esagerato).

Nel complesso il film riesce anche a intrattenere abbastanza, con un discreto ritmo, certamente migliore del terribile “Una cascata di diamanti” (che anche lui ha rischiato di saltare lo squalo in più punti); quello che però sfugge è proprio il concetto base di James Bond, un agente segreto migliore di chiunque altro in tutto, investigazione, lotta, humor, seduzione (si insomma una sorta di Sherlock Holmes anni ’60 alle dipendenze dell’MI6). Film carino, ma fuori tema.

venerdì 21 settembre 2012

Shakespeare a colazione - Bruce Robinson (1987)

(Withnail and I)

Visto in Dvx.


Pompato come un cult del suo periodo, nonché come uno dei film più divertenti di sempre (…si ok, la fonte era una classifica di imdb, conta poco è vero), nonché opera prima di Robinson, sceneggiatore del pregevole “Urla dal silenzio”, nonché regista del pessimo “The rum diary”. Dovevo vederlo.

Mi duole molto dire che l’inizio mi ha colpito in negativo. La storia di questi due amiconi, aspiranti attori di teatro che, nel 1969, tirano a campare alla meglio, ubriacandosi il più possibile e sfruttando uno zio gay e matto parte nel modo peggiore possibile; un’ironia molto sulle sue che fa della logorrea e degli aforismi un punto di forza e presenta due personaggi che dopo aver visto Raoul Duke sembrano due gingerini. Ecco forse dov’è il vero problema, per chi, come me, lo vede per la prima volta sembra una copia sbiadita e molto meno ispirata di “Paura e delirioa Las Vegas”.

Se però si attende un attimo prima di spegnere lo schermo; quello che ne viene fuori è un film fantastico. L’ironia simil intellettuale è solo un umorismo british calato nel contesto sociale di cui parla, il rapporto fra i due ha un carattere di amicizia virile molto sbilanciata nonché un rapporto maestro/discepolo senza che nessuno dei due l’abbia chiesto, la storia si dipana con una galleria di personaggi macchiettistici, ma tutti riusciti ottenendo di parlare di molto più di quello che sembra (vedendo il finale come si fa a negare che questo film sia una storia d’amore?).
Inoltre Robinson si dimostra regista attento a non strafare, ma con una predilezione verso una costruzione delle scene più dinamica.

Dirò di più, questo film delizioso getta ulteriori ombre su “The rum diary” che, col senno di poi, si dimostra essere un tentativo di copia/incolla mal riuscito (l’ambientazione vintage, la coppia di amici alcolizzati e tendenzialmente artistoidi, l’essere al di fuori della società civile, ecc..)… e dire mal riuscito è un eufemismo.

PS: pessimo il doppiaggio in italiano. Davvero inconcepibile come tutti i doppiatori recitino male in questo film. Strana anche la scelta dei titolisti nostrani...

venerdì 30 settembre 2011

Il buio si avvicina - Kathryn Bigelow (1987)

(Near dark)

Visto in Dvx.
There’s a new girl in town e un ragazzo, una sera, ci prova peso; quando lei, finalmente, sembra starci, in realtà da di matto con discorsi folli sulla notte, poi quando sembra starci di nuovo… lo morde e lo trasforma in una vampiro. Lei però ne è innamorata e lo porta nella roulotte della sua “famiglia” vampira acquisita (una galleria di sbandati più idioti che cattivi) girano un po a caso, poi il ragazzo vorrà tornare dalla sua famiglia… ah si; ora della fine l’amore batterà il vampirismo.

Nella filmografia maschilista della Bigelow mancavano i vampiri (prima che diventassero roba da regazzine), solo che se il formato è (palesemente povero, ma) torbido e sporco, il contenuto è un Twilight in salsa anni ’80 (primo ’90).

Tutto in questo film è sbagliato, la Bigelow è sbagliata e non riesce mai a creare neppure una parvenza di atmosfera (come invece riuscì in Blue Steel); la storia è sbagliata perché noiosa e realizzata da una galleria di personaggi odiosi (giuro, non ce né uno che non sia odioso, forse il cavallo si salva); gli attori che non sono convincenti neanche quando prendono fuoco ecc…
Si salva a mio avviso solo una battuta, quando uno dei vampire sta per addentare il collo di un tamarro frequentatore di bar e grida incazzato “Non sopporto quando non si lavano”.

martedì 19 luglio 2011

Predator - John McTiernan (1987)

(Id.)

Registrato dalla tv. Un gruppo di ex militari specializzati in recuperi vengono mandati nella foresta sudamericana e prendere un ministro… al di la del fatto che le cose non sono come erano state dette, ma si inserisce nella vicenda pure un alieno che sa rendersi trasparente che pare essere venuto sulla terra per tenersi un po in allenamento con la caccia.

Quintessenza dell’action macho anni ’80. C’è tutto, muscoli ipertrofici, militari con un passato che vorrebbero dimenticare, tirannosauri superdotati, professionisti nell’arte di uccidere ed esplosioni. C’è proprio tutto.

E bisogna pure ammettere che il film è veramente bello. La tensione c’è (credo più sfumata che non 30 anni fa, ma c’è) e regge dall’inizio alla fine. Tratta con tale noncuranza il tema fantascientifico da renderlo credibile nonostante l’eccesso di sospensione dell’incredulità. Schwarzenegger è perfetto nella parte e può anche permettersi di non recitare come suo solito ottenendo comunque un ottimo risultato.

Poi volendo c’è anche tutto un discorso sulle similitudini tra i militari e l’alieno, tante e tali da far sembrare gli antagonisti legati dai medesimi principi e dalla medesima voglia di vincere una sfida.
Il finale, primordiale, con un corpo a corpo tra due entità così simili è la punta di diamante di un film davvero ben realizzato.

Il difetto principale, a mio avviso, è proprio la prima (e unica vera e propria) scena d’azione, quella dell’assalto ai guerriglieri. La sequenza è ricca di mitragliate ed esplosioni è vero, ma è confusa, casuale, senza una regia dietro che riesca a tirarne la fila.

domenica 22 maggio 2011

L'ultimo imperatore - Bernardo Bertolucci (1987)

(The last emperor)

Visto in VHS. La biografia dell’ultimo imperatore di Cina, dall’infanzia nella gabbia dorata della città proibita, alla giovinezza tra i locali in, all’età più matura come imperatore fantoccio di Manciuria nelle mani dei giapponesi, finito poi in un campo di rieducazione del regime comunista e infine giardiniere a Pechino.

Una parabola discendente descritta in maniera completament naturalistica, che si avvale di una fotografia eccellente come poche (ovviamente applausi a Storaro), costumi perfetti ed un cast azzeccato.

C’è di bello che quando Bertolucci è di buon umore e non si lascia prendere dall’intellettualismo diventa uno dei migliori narratori di storie del cinema italiano. Descrive la trama con un ritmo tutt’altro che serrato, ma che permette di godersi quasi 3 ore di film senza mai accusare il colpo. Sottolinea i vari momenti con movimenti e scene costruite in maniera adeguata al soggetto senza mai spiccare, con un ‘invisibilità invidiabile. Ciò senza essere mai a scapito dell’estetica, che ha reso giustamente famoso il film.
Decisamente da vedere.

domenica 1 maggio 2011

Il cielo sopra Berlino - Wim Wenders (1987)

(Der himmel über Berlin)

Visto in DVD.
Un angelo che accompagna la vita degli uomini li invidia, nonostante le loro sofferenze, perché loro vivono davvero, mentre lui non esperisce nulla di ciò che è la realtà.

L’inizio sembra un opera d’arte audiovisiva, per una mezzora neppure c’è una vera e propria trama e il film va avanti per accumulo d’immagini e situazioni, anzi il film parla con quelle immagini, mostra gradualmente i personaggi senza doverli spiegare; oggigiorno chiunque sa la storia, ma immagino che all’epoca l’effetto sorpresa nei confronti dei personaggi principali fosse notevole.

Il regista muove la macchina da presa in maniera chirurgica, è un occhio invisibile e asettico che si muove sinuoso come pochi tra la vari umanità messa in scena.

Estremamente contemplativo e intimista tanto da poter rompere le palle, eppure, miracolosamente, non sfocia mai nell’intellettualismo fine a se stesso (ok, ok, tranne nella parte del vecchietto poetastro che è li solo per fare poesia all’acqua di rose ed effettivamente smazza le gonadi) e, per me almeno, neppure arriva mai alla noia.

Una piacevole sorpresa.
PS: grande Falk, nella parte di se stesso che si rivela un angelo caduto.

giovedì 24 marzo 2011

Il signore del male - John Carpenter (1987)

(Prince of darkness)

Visto in VHS.
Ok, la storia non l’ho capita bene bene… certamente c’è il male chiuso in una acquario (una cosa simile comunque) nei sotterranei di una chiesa… che cosa sia questo male non è comprensibilissimo; o è Gesù, che si rivela essere l’emissario di un dio maligno che la chiesa cattolica ha modificato per i suoi scopi; oppure è una sorta di anti-Gesù (un Gesù opposto a quello da tutti conosciuto, che sta a quello come un’anti particella sta alla particella originale nella fisica quantistica) che viene sulla terra per richiamare al di qua dello specchio (fisicamente) un anti-Dio.

Comunque stiano le cose, il prete locale (il sempre ottimo Pleasence) chiama a raccolta una selva di scienziati di varie branche per studiare bene l’affare che tiene in cantina… peccato che mentre sono tutti dentro questo vecchio edificio, l’acquario cominci a prendere vita e richiama a se una serie di barboni/zombi che impediscono l’uscita agli scienziati; e qui Carpenter torna a giocare in casa creando un ottimo film d’assedio.

Allora diciamolo subito, Carpenter crea un horror incredibilmente nichilista (se hai contro di te Dio, hai poco da fare, cioè dai, è onnipotente, come pensi di riuscire a batterlo?) e con il sotterfugio religioso riesce anche ad evitare l’utilizzo del diavolo come antagonista, personaggio questo che nell’horror moderno è ormai usuratissimo. L’atmosfera dunque è buona e quando il film vira verso il genere d’assedio funziona anche a dovere… però c’è poco da fare, la storia è confusa ed esposta malissimo, si risolve in una sequenza finale affascinante ma semplicistica (ok, c’è un sacrificio, ma tecnicamente è stato inutile, poteva evitarselo) e soprattutto viene messa troppa carne al fuoco (vada per l’idea religiosa, ma i sogni che vengono creati da tachioni inviati dal futura per aiutarci mi pare eccessivo, anzi è proprio inutile ai fini del film).

L’idea e le premesse sono ottime, ma non vengono sfruttate a dovere. Peccato sarà per la prossima volta.

PS: nel cast c’è pure Wong (!), il monaco caccoloso de “Il bambino d’oro”!

venerdì 18 marzo 2011

Nightmare III: i guerrieri del sogno - Chuck Russell (1987)

(A nightmare on Elm Street 3: dream warriors)

Visto in Dvx.

La Langenkamp torna in scena, appena tre anni dopo, e già è psicologa affermata. Comunque sia è qui per aiutare degli adolescentelli con problemi di sonno. Ovviamente sono le ultime vittime di Freddy figlie di genitori che ammazzarono il povero matto, e stavolta si trovano in un manicomio, perché tanto in asse non sembrano, ovviamente ci sono dottori buoni che li aiutano, ma più di tutto li capiscono e dottori cattivi… vabbe.

Il film è eccellente, realizzato bene (con diverse sequenze in passo uno realizzate malino e una sequenza in CGI realizzata da schifo; ma comunque apprezzabili entrambe), con nessuna caduta di stile, ma solo qualche pecca (l’assassinio alla tv, realizzato da dio, è un poco kitch, mentre quello col burattino umano è al limite della decenza, ma decisamente efficace; o ancora il mago, precursore di Harry Potter, che mette tanta tanta tristezza); ma soprattutto mille idee e mille innovazioni.

In primo luogo si da un passato a Freddy, che diventa figlio di una suora violentata da una miriade di matti. Poi si crea il personaggio come oggi lo conosciamo, ironico, divertente e strafottente. Infine vi è l’applicazione sociale dell’idea, il film, cioè, risponde alla domanda, cosa succederebbe se Freddy esistesse davvero? Ovvio, le vittime sarebbero chiuse in un ospedale psichiatrico fino a morirne ad una ad una.

Un film decente che non solo non sfigura con l’originale, ma anzi, ne è un degno seguito (e dire che da quanto mi ricordavo mi pare un’oscenità totale) che fa fare netti passi avanti all’intera saga… e anche stavolta ci mette la lingua bovina, che diventa ormai un must della serie.

PS: primi passi da urlo per la Arquette e per Laurence Fishburne (no dico, Morpheus nel regno di Krueger).

Forse vi ricorderete di me per scene come: su tutte il serpentone/Freddy che succhia la Arquette, idea magnifica, realizzazione a passo uno impeccabile e scena grandiosa. Poi si fanno ricordare con piacere gli artigli di Freddy che divengono siringhe e le bocche sulle braccia della tipa che cercano droga (pure un risvolto sociale!). Infine mi pregio di ricordare pure le faccette dei bimbi sul petto di Freddy, banale forse, ma efficace.

domenica 13 febbraio 2011

Opera - Dario Argento (1987)

(Id.)

Visto in VHS.

Non sto qui a descrivere la storia, è sempre il solito serial killer che ammazza, solo che al posto di un beduino che si mette ad indagare per conto proprio, abbiamo una che si ritrova sempre in mezzo ai delitti e prova a sopravvivere.

Prima cosa complimenti ad Argento. La storia sarà implausibile e molto squinternata, ma almeno è entro i limiti della decenza, con una buona dose di sospensione dell’incredulità (e del buon gusto) la si può accettare (non come il terribile “Suspiria”). Il film per il resto è un concentrato dei leit motiv del regista, il gioco del whodunit (e ormai va detto, il gioco è usurato, si capisce subito chi è l’assassino, anche perché come al solito è the last man standing), l’assassino mascherato, il gore estremo (stupenda per idea e per pudicizia nella realizzazione, la scena dell’omicidio della costumista, mai così efferato e brutale), le soggettive dell’omicida (e ancora di più la soggettiva dei corvi dentro al teatro; da urlo!!), ecc. il tutto coronato da qualche idea in più, la già citata soggettiva degli uccelli, il metodo di “tortura” della protagonista costretta ad assistere agli omicidi con degli spilli negli occhi (ma anche l’idea in se di un assassino che vuole fare vedere tutto alla protagonista è magnifica), o il battito del cuore reso anche con il movimento della macchina da presa. Le cadute di stile non mancano di certo, dalla voice off assolutamente fuori luogo, o il finale alpestre veramente imbarazzante che sembra un video dei Rammstein con Heide come protagonista.

Comunque sia un film usuale del regista, che si ripulisce dagli accessi anni ’70 migliorando decisamente, senza rinunciare allo splatter.