lunedì 22 aprile 2019
L'uomo dai mille volti - Joseph Pevney (1957)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
La vita di Lon haney, poche scene dell'infanzia e poi l'età adulta dagli spettacoli come clown al grande successo, mostrando soprattutto il rapporto combattuto con la prima moglie e l'amore incondizionato per il figlio.
Filmone erculeo che santifica la figura di Lon Chaney, immagino che all'epoca fosse ancora piuttosto quotata.
La prima parte si focalizza sul rapporto di coppia andando dritto verso la banalità del solito film melodrammatico; stucchevole, ma gradevole.
Nella seconda parte migliora nettamente; vengono mostrati alcuni minuti della Hollywood dell'epoca d'oro, si vira verso una galleria di personaggi dal gusto freak (non bisogna però aspettarsi Tim Burton, siamo pur sempre negli anni '50) e si introduce una devastante, grottesca, ironia sulla voce (o sulla sua mancanza) come leit motiv della vita (e della morte) di Chaney.
Complessivamente è un'operazione hollywoodiana in senso di superficiale e ad ampio spettro, stucchevole ed enfatica che azzecca solo i momenti più generalisti e rende poco il personaggio (anche se un porzione è dedicata alla cura che l'attore metteva nel costruire i suoi personaggi e la sua cassetta per il trucco); però il finale strappalacrime con il passaggio di consegne e la carrellata di volti, per me, è riuscita in maniera efficace.
Bravissimo Cagney, che fa tutto quello che può e anche quello che non può per recitare con ogni segmento del corpo (ottimo nella prima parte soprattutto per l'impegno, bravo nella seconda), ma non ha la presenza scenica dell'originale.
venerdì 2 settembre 2016
I vampiri - Riccardo Freda (1957)
Visto in Dvx.
A Parigi vengono rinvenuti cadaveri digiovani donne completamente svuotati dal sangue. La polizia indaga, mentre un giornalista... beh indaga meglio. Gli occhi di tutti si volgono verso la dimora di una duchessa che vive da sola con la bella e vivace nipote. Eppure le cose cominciano a sembrare sempre più sospette.
Uso un linguaggio idiota per evitare l'unico spoiler (intuibile dopo i primi dieci minuti) del film.
Di fatto in questo film non ci sono vampiri e neppure siamo davanti a un horror... seppure (per l'ambientazione presumo) viene considerato il primo film dell'orrore italiano (già ce n'era stato uno del periodo del muto, ma ora perduto).
Più che queto primato piuttosto farlocco questo film è interessante (e importante) per lo stile utilizzato.
Ambientazione gotica (gli interni del palazzo della contessa sono quanto di più bello abbia mai prodotto il cinema italiano d'atmosfera, tuttora imbattuto); macchina da presa mobilissima; omicidi misteriosi con detective improvvisati; serial killer; una ragazza rapita che rappresenta la base della suspense dell'intero film; twist plot finale; effetti speciali schockanti (ci torno). Per idee e per stile qui inizia il thriller italiano dei due decenni successivi, che sarà il filone in cui nascerà Argento e, quindi, il filone da cui trarrà vigore il nuovo cinema horror americano degli anni '70. In poche parole, qui nasce tutto.
La storia è piuttosto debole e mette in campo di tutto (esperimenti fatti d aunos cienziato pazzo, un maniaco, sospetto vampirsmo) per ottenere molto poco. Ma il punto di forza è tutto nell'estetica; oltre agli strabilianti interni il film è fotografato in maniera sublime (i film dei decenni successivi dello stesso genere se la sogneranno una cura del genere) anche grazie a un Bava alle prime armi (anche regista senza crediti in quanto venne assunto a fine riprese per allungare il brodo con scene ex novo delle indagini). Infine i già citati effetti speciali si limitano a due scene di invecchiamento accelerato, un effetto incredibile, perfetto, senza sbavature che impressiona ancora adesso.
mercoledì 28 ottobre 2015
Souvenir d'Italie - Antonio Pietrangeli (1957)
Visto in Dvx.
Una turista wasp anglofona perde l'auto in Liguria e si lascia convincere da due autostoppiste ad andarsene con loro verso Venezia, Pisa e poi Roma. Durante il viaggio si innamoreranno, abbandoneranno e/o verranno abbandonate fino ad accasarsi.
Simpatica commediala dallo sforzo produttivo ingente (sceneggiatura con partecipazione di Dario Fo, alla regia Pietrangeli e nel cast una serie di nomi di peso usati come comprimari)... ci si aspetterebbe quindi qualcosa di più; invece rimane una commediola che si tinge di rosa in maniera fin troppo programmatica, si muove con garbo senza infamia e senza lode. Intrattiene, con la grazia che Pietrangeli riuscirebbe a infondere anche all'elenco del telefono (ma stavolta rimane molto in disparte senza mai mostrarsi).
Interessante solo per le allusioni piuttosto spinte per l'epoca o per i completisti delle filmografie dei grandi nomi impegnati in questa pellicola.
PS c'è pure un breve cameo di Fo nei panni della guida turistica che chiama sua madre.
mercoledì 11 marzo 2015
I dannati di Varsavia - Andrzej Wajda (1957)
Visto in tv.
La resistenza polacca a Varsavia è costretta a fuggire all'avanzata nazista, per farlo, dato che tutta la città è rasa al suolo dall'artiglieria tedesca, dovranno infilarsi nelle fognature per retrocedere. le fognature però sono un ambiente anche peggiore della superficie, l'acqua rende faticosissimo il cammino, i tentacolari cunicoli sono un labirinto in cui è facile perdersi, molte uscite sono presidiate o chiuse dai tedeschi, e psicologicamente la situazione è destabilizzante.
Enorme film di guerra che in realtà diventa rapidamente un dramma su un gruppo di persone allo sbando; una fuga per la vita dai toni cupi della tragedia.
Pur non amando il genere "di guerra" le scene iniziali dei combattimenti sono ben realizzata, chiare ed efficaci; la macchina da presa prosegue in lunghe carrellate che danno le dimensioni delle scene di massa; le scene (anche nei cunicoli) vengono spesso costruite su più piani senza utilizzare la profondità di campo, ma spostando rapidamente la messa a fuoco. La fotografia luminoso e secca degli esterni (così come il mood, ricco di disperazione, ma non con un senso di fine assoluta, ancora con un pò di speranza) cambia rapidamente una volta negli interni; tutto è buio e umido, la ombre si fanno più espressionista, i dialoghi diventano decisamente enfatici, i primissimi piani (bellissimi) e i movimenti rapidi si fanno decisamente più espressivi (qui non c'è più un gruppo di persone che combatte, ma una massa di singole unità che, da sole, cercano di sopravvivere).
La fuga nelle fogne si spezza in una moltitudine di storie dove diversi personaggi hanno ruolo e molti un apsicologia chiara; tutte hanno un finale amaro, spesso amarissimo. Nell'immediato la melodrammatica storia dei due innamorati mi è sembrata la più potente, ma con il passare del tempo la storia che chiude il film si prende spazio e diventa la più importante (e la giusta conclusione di un film fatto di eroismo e di assenza di speranza).
venerdì 1 novembre 2013
L'assalto dei granchi giganti - Roger Corman (1957)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.
mercoledì 20 marzo 2013
Piombo rovente - Alexander Mackendrick (1957)
Visto in Dvx.
sabato 8 dicembre 2012
I 27 giorni del pianeta Sigma - Wialliam Asher (1957)
Visto in Dvx, in una pessima versione registrata dalla tv.
mercoledì 28 settembre 2011
Il vampiro del pianeta rosso - Roger Corman (1957)
Visto in Dvx.

A me la fantascienza anni ’50 piace; così ingenua e sempliciotta che non può non essere godibile; e questo film è totalmente su quella scia, niente di epico e non inventa nulla, ma si lascia guardare senza annoiare anche se già si sa come finirà… e poi c’è una specie di verza di gommapiuma volante che uccide che vale la visione (a chi piace il genere).
Un Corman senza guizzi, ma piacevole.
giovedì 3 febbraio 2011
Arianna - Billy Wilder (1957)
Visto in dvx, in lingua originale con sottotitoli in inglese.
Uno dei film che più spezzano una lancia in favore dei vari bunga bunga nonostante la differenza d’età. Se è vero che la Hepburn non è minorenne, è comunque vero che Cooper potrebbe essere il suo sdentato nonnino, più che il suo focoso amante.
Comunque sia… la hepburn è la figlia di un investigatore privato (Chevalier), e per mettere una pezza sugli esiti di un’indagine del padre conosce (e salva la vita) a quel tombeur de femmes d’ospizio di Cooper. Com’è come non è, va a finire che lei se ne innamora pesantemente, mentre lei per lui non è che una delle tante. Per rendersi più interessante, lei finge una vita sentimentale piuttosto vispa e cerca di farlo ingelosire, ma quando finalmente anche lui sembra essersi innamorato si scopre la verità… Chevalier comprende e decide di non interferire, cerca solo di far capire a Cooper che non è il caso di giocare con una ragazza innamorata… di comune accordo gli amanti decidono di lasciarsi, ma ovviamente alla stazione dei treni si assisterà all’inevitabile happy ending.
Divertentissima commedia di Wilder del suo periodo d’oro (che va praticamente dagli anni 40 ai 60), che sa dosare con sapienza i sentimenti con l’ironia in un film sostanzialmente impeccabile. Tutti gli attori sono nella loro parte hollywoodiana classica, i comprimari sono sempre all’altezza della situazione (come sempre nei film di Wilder, si veda ad esempio il bravissimo McGiver nella parte del marito tradito) e lo spettatore non può che rimanere entusiasta dai duemila “tocchi alla Lubitsch” di cui il film è pieno, dalla stupenda scena del carrello del vino lanciato da Cooper all’orchestra, alla scena del treno finale, passando per tutti i momenti della vicina di camera col cane o delle situazioni in cui l’orchestra zingara compare in scena
martedì 7 settembre 2010
Le notti di Cabiria - Federico Fellini (1957)
Visto in DVD.
Fellini torna di nuovo al solito tema, all'umanità nascosta nei bassifondi, all'ingenuità di un personaggio solare, calato nelle brutture quotidiane (questa volta la Masina è addirittura una prostituta) alle quali risponde cercando costantemente la salvezza, senza mai darlo a vedere.
Il film si compone di episodi disgiunti quasi indipendenti, tutti tesi ad indirizzare lo spettatore verso la comprensione della protagonista e del suo celato bisogno di fuggire.
Il film (che personalmente apprezzo meno dei precedenti) si muove con la leggerezza di una fiaba, ma per la prima volta introduce l'idea di una società dell'apparenza, dei lustrini, che però marcisce dentro, senza riuscire a comprendersi, tema che verrà ampliato ed esploso nel successivo "La dolce vita". Il personaggio principale poi, pur nella scia di tutti i precedenti risulta meglio caraterrizzato, e sembra un connubio tra la sognante Amélie e la Rossella O'Hara che continua a rinascere dalle sue ceneri.
Il film ottenne un successo imbarazzante e lanciò la Masina, che, c'è da dirlo, è nel suo personaggio nella maniera più assoluta, ma anche stavolta risulta un poco forzata, un poco sopra le righe senza darne motivazioni (come poteva essere il ritardo mentale ne "La strada"), ma innegabilmente funziona.
Il film si fa ricordare soprattutto per il finale; la scena dell'ultimo inganno è quanto di più alto si possa trovare nel film e di sicuro una delle scene più empatiche di tutta la carriera di Fellini, mentre la scena successiva, quella del gruppo di ragazzi che cantano e suonano attorno alla Masina moralmente distrutta è di una grazia tale da fare impallidire e contiene in se tutto il linguaggio del regista. Nota d'encomio per Amedeo Nazzari che interpreta un divo del cinema un poco imbolsito e forse in declino (ma certamente solitario) non senza una buona dose di autoironia.
giovedì 2 settembre 2010
Il trono di sangue - Akira Kurosawa (1957)
Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato.
Per togliersi di dosso ciò che di deleterio succede nel mondo, non c'è nulla di meglio di un film di Kurosawa, e soprattutto Trono di sangue. Semplicemente riappacifica.
Il film è il Macbeth in versione medioevo giapponese, e giusto per non sembrare banale Kurosawa pensa bene di utilizzare gli stilemi (il trucco evidentissimo, lo stile di recitazione a tratti caricaturale) del teatro No giapponese, unendolo ad una regia geometrica e precisa da fare impressione. Il tutto poi si svolge in ambienti essenziali, che servono più a far muovere gli attori e la macchina da presa che non a descrivere una ambiente.
Le scene cardine sono innumerevoli, io personalmente adoro la comparsa/scomparsa del fantasma al banchetto, dove il tutto è permesso da dei carrelli spigolosi e precisi, oltre che dalla fisicissima interpretazione di Mifune.
Altro punto decisamente a favore è la creazione del personaggio di Lady Macbeth, quasi sempre immobile è l'antesignano dei moderni fantasmi orientali al cinema, glaciale, anzi spettrale, su tutte regna la scena in cui va a prendere il veleno e sembra ingoiata e poi risputata fuori dalle tenebre.
Beh si ovviamente ottimi gli attori, ma non c'è neppure bisogno di precisarlo.
Un film larger than life, assolutamente perfetto, in cui ogni dettaglio è ragionato e quando si arriva alla scena finale con Macbeth colpito da un mare di frecce (un pover'uomo vittima degli eventi più che della sua sete di potere) non si può trattenere una standing ovation.
lunedì 28 giugno 2010
La notte del demonio - Jacques Tourneur (1957)
Visto in dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Dopo vent'anni dai film mitici prodotti da Val Lewton, Tourneur torna all'horror. Il film che gli viene affidato è però molto diverso dai precedenti, in primo luogo la produzione gl'impone di mostrare il demone del titolo, e fin dalle prime immagini , inoltere è la storia in sé ad essere molto più classica, molto più concreta rispetto all'ambiguaità dei film precedenti, dove il mostro era parte integrante dei protagonisti. Qui semplicemente si parla di satanismo.
La storia è semplice, uno psicologo viene incaricato di studiare/investigare una setta satanica che pare aver già causato vittime; seppure molto scettico scoprirà ben presto, a sue spese, che esistono più cose in cielo ed in terra di quante ce ne siano nei suoi 5 anni di studi universitari.
Al di là del mostro (che comunque fa la sua porca figura, specie se inquadrato sulla distanza, un poco meno nei primi piani), che viene mostrato giusto quel paio di volte per obblighi contrattuali, il film resta comunque un'opera di Tourneur, il che vuol dire affidarsi del tutto all'atmosfera, agli esterni di notte, ai corridoi vuoti, e giocare con le aspettative dello spettatore, mostrando un affabile nemico che è pure amante dei bambini, nonchè spaventato dalle stesse forze che comanda. Ecco, in effetti uno dei punti meglio riusciti del film e proprio la costruzione dell'antagonista, meglio caratterizzato del banale eroe della psicologia.
Il clima generale di incertezza, di perpetua minaccia da una spada di Damocle invisibile, riesce nell'intento e fa di un film altrimenti grossolano un'opera che vale la pena di essere vista.
giovedì 11 febbraio 2010
Quando volano le cicogne - Mikhail Konstantinovič Kalatozov (1957)
Visto ad un cineforum, in lingua originale sottotitolato (male).
Un film strepitoso.
La storia è piuttosto semplice, una coppia di innamorati progetta di sposarsi, ma scoppia la seconda guerra mondiale e lui, stupidamente, parte come volontario. Lei lo aspetta, per un pò, poi vinta dalle fatiche e dall'attesa acconsente a sposare un'altro. Non smette però di attendere il ritorno del suo primo amore. Poi il marito è un un idiota, quindi si lasciano, e lei continua ad aspettare. Poi la guerra finisce e scopre che è morto, che ha atteso per niente.... non che non glil'avessero detto prima, però non voleva crederci.
La sceneggiatura si concentra sulle piccole cose, delineando molto bene la ragazza e descrivendo da dio il rapporto a due all'inizio del film.
Ma quello che più conta è la regia da urlo di Kalatozov, che con questo film costruisce un monumento alla panoramica. Credo che abbiano dovuto costruire delle rotaie quasi per ogni scena! Il che ovviamente da un dinamismo eccezionale alla pellicola; se poi si unisce un uso splendido del dolly e un tentativo di quello che credo essere camera a mano, si ottiene uno dei film più stupefacenti degli anni '50.
Mille sono le scene memorabili; quella della ragazza che scende dall'autobus e corre in mezzo alla folla durante la marcia dei carrarmati (panoramiche e dolly insieme) oppure quella delle scale all'inizio del film con la macchina da presa che gira su se stessa senza mai smettere di puntare al ragazzo. Splendida anche la scena onirica della ragazza che corre verso le rotaie del treno (con camera a mano).
Ma Kalatozov non si limita a questo. Costruisce anche scene con una complessità non indifferente, con primissimi piani dei protagonisti che si incastrano perfettamente con i personaggi sullo sfondo creando inquarature di una profondità enorme. E poi non rifiuta di gocare con le luci e le atmosfere, come nella scena del bacio sotto le bombe, con le luci delle esplosioni che squarciano il buio e le tende sbattute dal vento; magnifico.
Un film sorprendente e realizzato da dio, meritevolissimo vincitore a Cannes.