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domenica 29 novembre 2020

The walker - Paul Schrader (2007)

 (Id.)

Visto su Mubi, in lingua originale sottotitolato.


Harrelson è accompagnatore per signore dell'alta borghesia (politica) di Washington; non vi è nulla di sessuale nelle sue mansioni data la sua omosessualità (e un rapporto complicato con un ex), è una sorta di personal friend. Nel tempo libero lavora in un ditta di rivendita case. Rimane però invischiato in un omicidio in cui l'amica dell'infanzia si da alla macchia e tutte le prove (o meglio la volontà delle indagini) sembrano condurre a lui, nel frattempo sarà vittima di avvenimenti e minacce.

Doveva essere il seguito ideale di "American Gigolò", ma dopo il rifiuto di Gere, Schrader preferì cambiare linea oltre che sponda. 

Il film si fa notare subito per una confezione impeccabile. Movimenti di macchina precisi e ortogonali, vestiti impeccabili, interni ben confezionati e geometrici, una fotografia che esalta il lavoro fatto sull'estetica. Si fa notare anche una tendenza al chiacchiericcio non insolita in Schrader, ma più affettata con frasi taglienti e puntuali che sembrano venire da una versione sboccata di Oscar Wilde (che verrà citato, e tenuto a distanza, nel film stesso).

Il film sguazza in un paio di generi senza prendere una decisione vera e propria. Un'opera che vorrebbe essere un thriller politico (che ravvierebbe nei giochi di palazzo politici fuori dai palazzi politici) con dramma psicologico determinante per lo svolgimento degli eventi (che dovrebbe essere il vero genere di riferimento). Manca però tensione nella parte del thriller che rimane solo un meccanismo utile a far succedere cose, ma non riesce a incuriosire; mentre il dramma è piuttosto patinato, gestito con freddezza e ripetitività.

Il protagonista è la perfetta espressione del film stesso, impeccabile, azzimato, arguto, elegantissimo; ma distaccato, freddo, scarsamente coinvolto anche quando lo dovrebbe apparire di più. Il film è tutto sommato qua. 

Ottimo il cast (e per dire questo mi baso sul fatto che c'è Lauren Bacall, il che rende sempre ottimo il cast qualunque cosa faccia) femminile; fa piacere vedere Harrelson in una parte pulita e pettinata e si vede il tentativo di non scadere nel cliché continuo, ma il lavoro fatto di caratterizzazione rimane piuttosto banale (pochi cliché si, ma quei pochi determinanti per fare il personaggio).

lunedì 10 febbraio 2020

Transformer - Michael Bay (2007)

(Id.)

Visto su Netflix.

Io e Bay ci siamo lasciati quasi un ventennio fa con "Pearl Harbor", da allora c'è stato fra di noi solo un breve flirt (che però è stato stupendo). Volendo arrivare preparato a "6 underground" mi è toccato recuperare il rapporto con questo regista. Ho, quindi, visto per la prima volta il primo capitolo della saga... e mi sono divertito molto.

Bay ha codificato in maniera definitiva la sua estetica con colori acidi, movimenti di macchina circolari, un uso ossessivo (ma spesso adeguato) del ralenty.
A fronte di tutto ciò viene realizzato un film totalmente assurdo che nel primo terzo (primo dell'arrivo dei robot) è un divertentissimo teen movie interpretato da trentenni con un dinamismo da action. Il risultato è sorprendete e non può non entusiasmare. La regia muscolare di Bay improntata alla rapidità messa disposizione della sotria di un liceale sfigato, ma ambizioso è semplicemente perfetta e ha la giusta dose di autoironia.
Poi arrivano i robot.
A quel punto il film comincia una lenta trasformazione in un action tutti gli effetti con una serietà che aumenta di minuto in minuto fino alla preparazione dello scontro sulla diga (e lo showdown in città ovviamente) che non devia più verso il riso. Di questa trasformazione la trama ne perde moltissimo, ma non il ritmo che viene mantenuto altissimo e riesce a sostenere le scene d'azione.
Il film risulta godibile dall'inizio alla fine nonostante le lungaggini e si lascia ricordare con piacere (e Lebouf non risulta neppure antipatico!!).

Unico appunto, la CGI dell'epoca. I robot spesso inquadrati in maniera molto ravvicinata o quei ralenty continui potrebbero essere una necessità più che una scelta di regia. Bay riesce così a mostrare il meno possibile i movimenti del robot rapportati con glie seri umani per nasconderne una minor fluidità (?). In ogni caso l'operazione riesce in pieno.

venerdì 26 aprile 2019

Dead silence - James Wan (2007)

(Id.)

Visto in DVD.

Una giovane coppia riceve in regalo un pupazzo da ventriloquo (lo trovano davanti alla porta di casa... e fa inquietudine abbestia, io l'avrei lasciato li). Ovviamente ne pagheranno le conseguenze; la giovane donna morirà male. Affranto per la perdita della compagna l'uomo rintraccerà la costruttrice di quel pupazzo, una vecchia (ormai morta) proprio del suo paese natale; tornerà per indagare.

Wan anche nei suoi momenti peggiori è bravo; è bravo a livello tecnico e lo è a livello di regista horror. Purtroppo qui è decisamente migliore come tecnico.
A livello visivo, infatti, "Dead silence" è un film perfetto. Tutto girato su tre colori fondamentali (il nero, il bianco e il rosso) che si intersecano in maniera impeccabile. Le scene sono spesso costruite in maniera efficace, soprattutto nei campi lunghi sembrano dei quadri dipinti da Tim Burton; infine un ottimo uso del buio.
Dall'altra parte abbiamo una storia terribilmente mediocre. Si costruisce una mitopoiesi buona su un antagonista ben realizzato (e con molte possibilità per il futuro), si crea un modo per mostrare che sta per giungere intelligente (il silenzio ovviamente; non c'è bisogno di far vedere nulla, ma impressiona più di un'esplosione); infine si imbastisce una scena iniziale... non perfetta, ma buona, che sfrutta (come Wan stesso dimostrerà di saper fare) le basi del cinema horror in maniera efficace. Vengono pure azzeccati un paio di twist plot...poco credibili, quasi ridicoli; ma che a me son piaciuti molto. E tutto questo per dare aria a una storia che scade nell'ovvio a ogni passo; senza un minimo di originalità e con un ritmo che cala rovinosamente a mano a mano che ci si avvicina al finale.

Diciamo che Wan doveva ancora riprendersi dall'ubriacatura post "Saw".

venerdì 15 febbraio 2019

Vacancy - Nimród Antal (2007)

(Id.)

Visto in Dvx.
Una coppia prende la consueta deviazione dalla strada principale durante un viaggio notturno, finiranno in un motel isolato in cui si renderanno presto conto che sarebbe stato meglio non avvicinarsi.

Un film horror di poche pretese che si rivela essere non solo un ottimo horror, ma anche un ottimo film.
Partendo da una trama canonica, senza troppa inventiva, ma comunque efficace, Antal tira fuori un horror onestissimo che crea tensione anche a una seconda visione (la mia in questo caso) giocandosi tutto su un uso degli spazi perfetto e tutto fuorché banale. Il film usa la claustrofobia degli ambienti consueti, di quelli più particolari (i tunnel) fino ad arrivare a creare claustrofobia con gli ambienti esterni (grazie a un buio denso come una parete) riuscendo a trasformare ogni scena in un labirinto senza speranze. Nella realizzazione di questo mood collabora in maniera decisiva una fotografia magnifica che sfrutta i colori densi (o più spenti dell'interno della camera di motel) per definire gli spazi e le luci che illuminano sempre pochissimo per quel senso di claustrofobia costante.
Scene pulitissime e un utilizzo di ogni elemento per creare tensione (il sonoro, l'intermittenza delle luci, l'arrivo della cavalleria) dovrebbero essere d'esempio per chiunque si accinga a fare un horror, anche a bassissimo costo.

Infine, il film, riesce nell'impresa di introdurre uno sviluppo dei personaggi che si muove con le scene di tensione e non a discapito loro; i rapporti sono piuttosto scontati, ma il loro crescere e la chiusura finale riescono ad essere efficaci senza compromettere nulla.

mercoledì 25 ottobre 2017

Shamo - Pou-Soi Cheang (2007)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un ragazzo, arrestato per aver massacrato i genitori, viene arrestato... in carcera subirà violenze d'ogni genere, finché un karateka accusato di aver cercato d'uccidere il primo ministro non lo inizierà alle gioie del combattimento. Diverrà una celebrità nel mondo delle pacche.

Non conosco l'omonimo manga, ma ne sono rimasto affascinato, una trama essenziale (anzi, pure piuttosto banale) ma con qualche sgurz, vista l'estetica del film mi sono fatto convincere... peccato.

Fotografia patinata, colori carichi, attori carini, personaggi sempre cool (anche quelli senza soldi abitano in attici finto-povero carichi di figaggine), location strepitose, luci mobili o fluo a uso ridere. Un concentrato di messe in scena fighette e rimasugli di postmoderno anni '90. In una parola... packaging buono, anche se del genere pretenzioso e vecchio nello stesso tempo.
Quello che manca è il contenuto.
La storia sarebbe, di per sé, lineare, ma i un film con almeno due lunghe sequenze di combattimento (più un altro paio importanti, ma più brevi) si vorrebbe che il regista fosse interessato a mostrare le pacche, non a impacchettarle e basta. Quelle sequenze sono, alla meglio, confuse, alla peggio sono prive di combattimenti veri e propri (si inquadra il pugno e poi il corpo dell'avversario che vola, eliminando completamente il gesto atletico nel mezzo... in alcuni casi si elimina pure il pugno iniziale). Impacchetta bene, ma si dimentica che cosa deve impacchettare e l'effetto è di noia e fastidio.

Di fatto questo è un film il cui scopo non è lo sport e neppure un discorso più articolato sulla violenza (come lascia intendere il manga originale); è solo un prodottino ben confezionato per un pubblico young adult. 

lunedì 12 ottobre 2015

Seed - Uwe Boll (2007)

(Seed)

Visto in Dvx.

Un brutale serial killer viene condannato a morte; purtroppo la sedia elettrica è vecchiotta e per tre volte l'assassino sopravvive. Dato che per legge dovrebbe essere rilasciato tutti i presenti decidono di far finta di nulla e sotterrare l'uomo ancora vivo. Purtroppo l'uomo è pure un supereroe del male ed esce dalla bara per pigliarsi la sua vendetta.

Un horror di vendetta molto lineare, ma estremamente oscuro, qualche esagerazione ma una buona atmosfera. Tutto inizia con un incipit durissimo, ma tecnicamente ben pensato, parte con immagini vintage di violenze gratuite su animali (immagini dirette e brutali, che francamente non sono riuscito a sostenere del tutto) per poi passare all'inquadratura del mostro (incappucciato) che si gode le scene alla televisione, poi la sequenza di una dettagliata (e credibile) esecuzione per sedie elettrica... una serie di immagini semplici, ma poste una di fianco all'altra riescono efficacemente a passare un mood unico di atrocità (perfetto il senso che si trasmette dalla violenza sugli animali alla pena di morte), morte e sofferenza, un mood estremamente utile per il senso del film; uno degli incipit più efficaci nell'ottica di un film horror.
Detto questo il resto del film si muove su questo ritmo; una prima parte con l'arresto e il tentativo di assassinio dell'omicida e una seconda parte che è la fuga del mostro e la vendetta. La prima parte è dura e gioca con lo splatter e con la suspense in parti uguali (la sequenza dell'arresto nella catapecchia del mostro); nella seconda invece (che potrebbe essere la migliore sulla carta) la tecnica cala, aumenta la fretta (si pensi alle varie vendette, rapide e senza molti guizzi) e l'empatia va a farsi benedire (lomiciod della donna legata alla sedia sarebbe potuto essere qualcosa di inguardabile, in senso buono per un horror, invece diventa un lento esercizio di CGI malfatto e di ottime idee sprecate). Il film si riprende un pò nel finale, molto potente, ma che soffre della medesima malattia.
Altro neo la musica, brutta ed enfatica; ma si sa che Boll è uno che pensa più a cosa mostrare che a cosa ascoltare.

Non un film pulito e impeccabile come altri nella carriera di Boll, ma nel complesso efficace.

lunedì 14 settembre 2015

Irina Palm, Il talento di una donna inglese - Sam Garbarski (2007)

(Irina Palm)

Visto in tv.

Nonna inglese con nipotino morente bisognoso di cure in Australia decide di guadagnare i soldi necessari ad inviare il bimbo nell'altro emisfero. Per un eufemismo nelle offerte di lavoro si propone in un locale di lap dance. Decisamente troppo poco invitante per poter ballare sui tavoli, ma con mani morbide abbastanza le viene proposto di stare dietro un glory hole per masturbare i clienti; l'offerta monetaria è talmente ghiotta che non può dire di no. La sua vita viene rivoluzionata; si fa negare a parenti ed amici, le viene una epicondilite da seghe, riesce a mettere insieme i soldi per le cure, perde il rispetto del figlio, ma guadagna quello della nuora (con cui era in rotta)... lo dico? massì, alla fine troverà pure l'amore.

Insipido film inglese che pensa di aver già vinto l'interesse del pubblico solo per la storia originale; in realtà la trama è molto pretestuosa ed in più punti fa proprio acqua. La Faithfull recita per sottrazione ("recita per sottrazione" is the new "non cambia mai espressione") e ce ne vuole per riuscire a darle un po di empatia.
La regia si limita ad essere il solito cinema verità senza aggiungere nulla.

Il film si lascia guardare, anche perché, nonostante la ripetitività delle scene, riesce mantenere un certo ritmo, e il tono consolatorio scalda sempre. Però non lascia nulla.

lunedì 13 luglio 2015

Suxbad: Tre menti sopra il pelo - Greg Mottola (2007)

(Superbad)

Visto in Dvx.

Due amici alla fine del college devono gestire la loro separazione universitaria mentre cercano di portarsi a letto chiunque comprando illegalmente dell'alcool per la festa di fine anno.

A meno di dieci anni dall'uscita di questo film la sensazione è che sia passato molto più tempo perché ormai il suo stile è diventato lo stilema classico di un genere ad hoc, il bromance. nel bromance c'è proprio il fulcro del film; qui si crea un genere; qui si crea il personaggio dello sfigato a cui, per la prima volta nell'ampia produzione americana, viene concessa la dignità di avere una psicologia complessa; qui per la prima volta il rapporto d'amicizia fra due uomini viene gestito come un rapporto di coppia a tutti gli effetti (anche se le scaramucce sono usate solo come espediente comico, il rapporto fra i due protagonisti è l'idea centrale e tutto il film si può riassumere nello sguardo finale fra i due che si allontanano ognuno con la propria ragazza).
A parte l'innovazione apportata, quindi, quello che rimane è una commedia dalla trama scorrevole, che mostra un gruppo di adolescenti che vivono in un mondo di adolescenti (i poliziotti o la festa dei trentenni) supportandosi a vicenda; la componente comica però è molto diminuita; ci si diverte, ma senza ridere sguaiatamente... A parte McLovin (e la prima scena con i poliziotti al negozio di liquori) che rimane l'idea comica meglio riuscita.

Il film rappresentò il trmapolino di lancio per un Cera da un pò latitante sullo schermo e per un sorprendente Jonah Hill che da qualche anno si sta ritagliando il suo spazio. Incredbilemnte Mintz-Plasse (quello su cui avrei scommesso all'epoca) ha avuto il suo picco proprio con questo film, poi basta... (Ok, "Kick-ass", però da solo mi pare poca roba)

mercoledì 18 febbraio 2015

Kuchisake-onna - Kôji Shiraishi (2007)

(Id. AKA Carved, o The slit-mouthed woman)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una donna dalla bocca lacerata comincia a seminare il panico in una città del Giappone rapendo bambini sempre alla solita ora... Saranno una magrissima maestra e i suo attonito collega a mettersi a indagare.

Horror giapponese classico che vuol fare paure non nascondendo, ma mostrando la fonte della paura stessa. Purtroppo per riuscire a fare una buona pizza non basta essere italiano, sennò io starei facendo i soldi nella ristorazione; allo stesso mod  per fare questo genere di horror particolarmente complicato non basta essere giapponesi, bisogna essere in grado di creare suspense.
Ovviamente il povero Shiraishi dimostra di avere più chance come pizzaiolo.
Tratto da una leggenda popolare (in cui si può battere la donna lanciandole contro della frutta.. immagino angurie).
Horror noiosissimo, con un mostro che sarebbe quasi credibile la primissima volta che lo vedi, ma poi si svacca diventando una figura immobile che riesce a rapire bambini e uccidere persone solo perché i suoi antagonisti rimangono immobili dallo shock. Carina l'idea di non poterlo eliminare perché si impossessa di donne con la tosse e una volta uccise muore solo il corpo ospite... però neppure questo fa abbastanza paura da solo... ci vogliono delle doti.
Se a questo si aggiunge una coppia d protagonisti risibile, un twist plot finale che sarbebe ragguardevole se non fosse condito con l'idiozia di un attore cane che pensa di trasmetter eil dolore rimanendo impassibile.
Perdibilissimo... nonostante il successo di pubblico in patria che ha portato ad almeno due seguiti.

venerdì 23 maggio 2014

Saturno contro - Ferzan Ozpetek (2007)

(Id.)

Visto in tv.

In una famiglia allargata (amici, partner degli amici, ex e colleghi) che verte attorno ad una coppia omosessuale subentra una violenta crisi dopo il coma improvviso di uno dei due vertici. La crisi sarà emotiva per molti, famigliare per qualcuno, sociale per altri. L'elaborazione del lutto, l'affrontare i rapporti di coppia e il senso di abbandono (ma anche del tempo che passa) sarà un bisogno comune.

Ozpetek non lo conosco molto (inizio oggi), ma mi ha colpito la cura nel gestire gli spazi e la fotografia, gli oggetti disposti sulla scena ed i colori (su tutte sono un piccolo capolavoro le sequenze ambientate nel negozio di fiori, niente di esagerato e pacchiano, solo una disposizione ragionata delle cose), le location che permettono ambienti ampi in cui guidare la caterva di attori e di fatti che si susseguono, l'attenzione ai vestiti che devono essere in linea con il mood. Insomma un regista estetico, e la cosa mi piace.

Purtroppo però il film inizia male, con un susseguirsi di accomodanti scene di amicizia e amore piuttosto stucchevoli; certamente tutte utili per sottolineare la differenza che ci sarà dopo il coma e la morte, ma decisamente se ne poteva fare a meno. Il dinamico finale, accomodante e dal tono compiacente, ma dimesso è un capolavoro di demagogia e di già visto, che funziona perfettamente, ma mi ha lasciato ancora di più con l'amaro in bocca. Nel mezzo il film si muove meglio e si dispone a dare qualche momento veramente buono con il personaggio di Ambra Angiolini. Complessivamente però l'impressione che mi ha dato è di voler essere il film che il pubblico vorrebbe avere senza osare mai nulla, con una certa (ingiustificata) incertezza nella scrittura dei dialoghi. Il cast impeccabile (tranne Favino, ma lui si per una mia idiosincrasia; non lo riesco a tollerare) fa i salti mortali, ma il problema di sceneggiatura rende anempatica l'intera vicenda.

mercoledì 12 marzo 2014

REC - Jaume Balagueró, Paco Plaza (2007)

([REC])

Visto in DVD.

Una tv locale segue una squadra di pompieri per un programma sui lavoratori notturni... scelta poco intelligente, proprio quella sera saranno chiamati in un condominio per aprire la porta di una vecchietta che si rivelerà non aver bisogno d'aiuto... quando sia ccorgeranno di essere davanti ad un problema più ampio di un singolo attacco di follia la polizia avrà circondato e sigillato il consominio; rischio biologico... inizierà una lotta per la sopravvivenza.

Un film che racchiude in se il survival movie più estremo (usualmente questo genere è utilizzato in ambiente selvaggio, molto interessante l'idea di metterlo in un contesto urbano contemporaneo circondato dalla civiltà), il film d'assedio (dove assediati e assedianti sono però nello stesso edificio e le zone "sicure" cambiano in continuazione) e il film di contagio più classico (non inventa proprio nulla in questo senso). Di per se è contemporaneamente un horror giocato solo su idee già sfruttate, ma anche un ensemble quasi originale e comunque ben condotto.

Diciamolo subito; non è un capolavoro; diverse situazioni assurde, alcuni momenti migliorabili, un twist demoniaco nel finale (che non ho affatto apprezzato, seppure aveva uno scopo... oltre al fatto che permette un seguito). Inoltre il grande difetto è il found footage e la macchina a mano, due peccati capitali dell'horror del XXI secolo (un found footage come al solito inutile perchè la telecamera riprende esattamente quello che inquadrerebbe se fosse esterna alla vicenda).
Tuttavia il film ha una serie di pregi non presenti in molte opere di questo genere che si ripiega su se stesso con estrema facilità. Alcuni dettagli terra terra di notevole effetto sono di sicuro la bambina incazzata, il vigile del fuoco volante, qualche divertente inserto durante le interviste degli inquilini, la vecchia che fa iniziare tutto (personaggio che già inquietava nel trailer).
Nell'insieme poi i due registi sono magistrali nel creare suspense; con un intro piattissimo, un picco iniziale, un secondo momento di calma, poi una corsa mozzafiato con un crescendo di tensione fino all'ultima inquadratura (anche se la prima parte rimane, per me impeccabile); e tutto questo utilizzando in maniera limitata (e non fastidiosa) i colpi improvvisi di paura, solo vera e proprio suspense, tensione nel vero senso della parola; in questo genere di film questo è un evento raro. I registi sono inoltre impeccabili nell'uso degli spazi; è un film fatto di un senso di claustrofobia in costante aumento dall'inizio fino alle ultime inquadrature (motivando quindi la scelta di avere un found footage). Inifine i difetti capitali tutto sommato qui servono; la macchina a mano certamente coinvolge di più, ma soprattutto aumenta il ritmo del film quando serve; il found footage, come detto prima, giustifica gli infrarossi del finale che sono fondamentali per le scene nell'attico e che rendono la claustrofobia totale.

Come dicevo un film non privo di sbavature; ma in questo genere erano anni che non vedevo qualcosa di così efficace e ben fatto.

lunedì 10 marzo 2014

Lo spaccacuori - Bobby Farrelly, Peter Farrelly (2007)

(The heartbreak kid)

Visto in tv.

Un quarantenne ormai realizzato si rende conto di non aver concluso nulla in ambito sentimentale. Conosciuta una ragazza la sposerà in poco tempo, ma durante la luna di miele in Messico scoprirà i suoi, terribili, difetti. Durante la stessa vacanza conoscerà un'altra ragazza di cui si innamorerà e comincerà a corteggiare...

Film dei fratelli Farrelly con Stiller a quasi 10 anni da quel "Tutti pazzi per Mary" che li lanciò tutti. L'idea sarebbe la stessa, comicità greve, un mondo malato fatto di vittime e persone perverse. Il sistema è lo stesso e la presenza di Stiller un valore aggiunto, ma i conti non tornano.
Di fronte ad una prima parte passabile, c'è una seconda che si prende troppi momenti inutili, una serie di immagini dai colori saturi che sembrano brochure di un'agenzia viaggi; ma quel che è peggio non si ride. Nella prima metà le idee divertenti ci sono e, almeno in parte funzionano, ma nella seconda parte c'è un degrado continuo dell'idea iniziale.
La presenza di Stiller è un valore aggiunto, come dicevo, ma è sprecato; ce la mette tutta, e, pur essendo molto imbolsito, riesce ad essere efficace e spesso divertente anche solo con l'espressione del viso, ma non può tenere in piedi da solo l'intero film.

lunedì 16 dicembre 2013

Spiral - Adam Green, Joel David Moore (2007)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato

Un ragazzo con un enorme problema di ansia e di socialità vivacchia lavorando in un ufficio asettico dove il suo unico amico è il suo superiore. Tra crisi superate a fatica  pranzi in solitudine tira avanti. Un giorno compare una ragazza che sembra interessarsi a lui, dapprima solo per amicizia, poi da cosa nasce cosa… ma la psicosi del protagonista riuscirà essere trattenuta solo fino ad un certo punto.
Film di Green in coppia con il protagonista Moore, esteticamente impeccabile; fotografia perfetta, fredda e distaccata, luci gelide e tutto il corredo di costumi e location di conseguenza.
Detto ciò, per il resto, è un film fatto tutto di faccette da pazzo, autismo, monosillabi bofonchiati, arte nell’accezione più snob; in una parola un’idea di plot piuttosto banale che gioca fra la realtà e la finzione fin dall’inizio in maniera sfacciata; a tal punto che fin dall’inizio ci si chiede quale delle due ipotesi più ovvie si sceglierà per il finale… la cosa buffa è che alla fine vengono scelte entrambe. Complessivamente esagerato nell’interpretazione e nella storia, oltreché nella regia…
La regia non è originale, ma ravana nel già visto nel genere horror con la sapienza di chi ci prova a costruire un buon prodotto; niente di fenomenale, ma giochi di fuoco e fuori fuoco, macchine a mano, dettagli del protagonista, vengono usati quando servono, ma anche quando francamente se ne potrebbe fare a meno. Un ritmo un poco fiacco conclude il tutto.
In una parola; non è il film che ti cambia la serata, ma la fa passare bene.

lunedì 4 novembre 2013

Espiazione - Joe Wright (2007)

(Atonment)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Storia di espiazione (CON SPOILER!).
Un film sul senso di colpa che impiega metà del tempo a mostrare da cosa nasce il fatale errore (se così si può chiamare); e nasce da un misto di amore e stupidità di una ragazzina preadolescente, in definitiva, nasce dal caso; poi si prende il resto del tempo per mostrare a che cosa portò il senso di colpa, al tentativo di espiazione e al tentativo di essere perdonata. Infine il tutto si chiude sull'ammissione di aver ingannato lo spettatore; il tentativo di espiazione ci fu, ma fu fatto a vuoto. Il finale lasciato alla Redgrave ammanta il tutto di un dolore senza speranza che non sarebbe stato possibile esprimere meglio; e la Redgrave si conferma una grande.
Il film però si fa notare soprattutto per la regia di Wright. Tutti citano (non a torto) il piano sequenza centrale sulla spiaggia; una carrellata geograficamente enorme (gli attori, ma anche la macchina da presa camminano per centinaia di metri), curato nei dettagli (visivi, sonori, di disposizione di attori ed oggetti) in maniera maniacale. Tuttavia, pur essendo un estimatore dei piani sequenza come vera caratteristica distintiva del cinema come arte a se; in questo caso non ci sta. L’ho molto apprezzato, ma è proprio privo di significato, non dice nulla, non mostra nulla di importante, non aggiunge significato a niente. Si tratta solo di una, bellissima, prova di forza di Wright.

La regia che più conta, a mio avviso, si concentra soprattutto nella prima metà. Li c’è tutto quello che si può volere da un regista. Fotografia impeccabile; punti di vista multipli (le scene vista vissute dai diversi personaggi si affiancano l’una all'altra senza che ne venga evidenziato il passaggio); carrelli come se piovessero; disposizione dei personaggi  sempre ragionata; ma su tutto regna l’utilizzo del sonoro. I suoni qui fanno la differenza; su tutti il rumore della macchina da scrivere è pervasivo (perché il film si apre con la protagonista che scrive, da grande diventerà scrittrice e racconterà proprio questa storia; perché la lettera galeotta sarà scritta a macchina) e da elemento del sonoro (espresso a volume aumentato rispetto al resto) diviene continuamente elemento musicale; è quel suono, il battere sui tasti, che fa da legante dell’intera vicenda, delle sequenze più distanti e di tutti i personaggi. Anche il rumore di colpi sull'auto della polizia avranno il loro momento di gloria, ma solo perché quell'episodio determina il passaggio dalla prima alla seconda metà.

mercoledì 29 maggio 2013

Gone baby gone - Ben Affleck (2007)

(Id.)

Visto in Dvx in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una bambina di un quartiere periferico viene rapita, la famiglia dopo un putiferio mediatico decide di affidarsi ad un giovane (anzi giovanile) investigatore privato che ha fama di buone capacità essendo nato e cresciuto in quello stesso, difficile, quartiere. Le indagini porteranno a scoprire diversi risvolti della vita della madre della bambina che la indicheranno più come colpevole involontaria che non vittima. Verso la metà del film il caso viene risolto, ma non finisce come si vorrebbe… a quel punto la storia riparte da zero, il caso ha portato crisi e ha lasciato ferite, ma presto l’investigatore si accorge che non tutto torna.

Thriller tutt’altro che banale che regala almeno due film distinti racchiusi in uno. Alla sua prima regia Ben Affleck (che ha il buon gusto e la buona idea di non esserne il protagonista) regala un film stereotipato (l’investigatore che viene dal basso che risolve il caso, il capo di polizia buono, i popolani rozzi e stupidi, ecc…) che all'improvviso si stravolge per diventare altro; ma in entrambi i momenti, senza virtuosismi inutili, il film punta sulla solidità della regia, sullo squallore dei luoghi e delle persone, ma soprattutto punta tutto sui corpi degli attori. Se i protagonisti sono i soliti fighi americani, tutti i comprimari sono attentamente scelti per assomigliare ai veri volti e ai veri corpi che possono vivere in un quartiere degradato, un lavoro di casting fatto sui difetti, sui baffi e sulle movenze goffe che sarebbe degno di Friedkin.

Tutto sommato quindi Affleck confezione un thriller originale, un tantino esagerato nel finale vero, ma solido dall'inizio alla fine, con una serie di scelte estetiche azzeccate. Non vuole strafare, vuole solo fare un buon lavoro e ci riesce.

PS: buono il cast nel complesso, ma immenso Ed Harris.

martedì 5 febbraio 2013

Blades of glory: Due pattini per la vittoria - Josh Gordon, Will Speck (2007)

(Baldes of glory)

Visto in tv.

I due più grandi campioni di pattinaggio del mondo sono entrambi statunitensi, ma sono esattamente agli antipodi, uno calmo e molto tecnico, l’altro selvaggio creativo e dipendente da sesso. Verranno ostracizzato dalle gare di singolo maschile a causa della loro rivalità, ma non riuscendo a reinserirsi nel mondo riproveranno ad entrare nell'ambiente sportivo nella disciplina a coppie, gareggiando insieme.

Will Ferrel ha una comicità estremamente anni zero, che è un po’ quella di Ben Stiller o di Judd Apatow, quella di far ridere per il contesto e non per una battuta, una scena di un suo film, messa fuori contesto è assolutamente insignificante, messa nel posto giusto può essere vincente. Ma se Ben Stiller è il più raffinato in questa disciplina, Will Ferrel ne è la versione demenziale. La comicità è sempre quella, ma il contesto è estremizzato, i suoi personaggi sono macchiette viventi (sono dei ritardati al pari di quelli di Ben Stiller, ma estremamente più stupidi), le storie sono pura scusante (di fatto il filone sportivo di nicchia è un cliché già affrotnato in “Talladega nights”) e l’intero mondo attorno a loro è molto più demenziale, più estremizzato ed esteticamente più kitsch.

Questo film non esula dall'idea di base e di fatto rappresenta un esemplare classico di Will Ferrel; senza un’idea particolare, sempre con il solito concetto di fondo dell’amicizia virile (fino a un certo punto) che nasce nelle necessità si muove col pilota automatico azzeccando alcuni momenti e diventando un ottimo film medio (del filone demenziale eh, non va dimenticato). Niente di più.

lunedì 21 maggio 2012

Angel: la vita, il romanzo - François Ozon (2007)

(Angel)

Visto in DVD.
La vita di Angel, wannebe scrittrice con più manie di grandezza che non della banale arroganza o sicurezza di se. Scrive bene e a comando quel genere non meglio specificato, a che sembra essere il feuilletton. Fa successo e trascina nella sua fascinosa orbita tutte le persone che incontra, finchè non giunge Fassbender; sarà lei ad essere sedotta.
Film di Ozon sontuoso e magnificamente realizzato (gli interni sono incedibili, non spogli come i film a basso costo, non eccessivi come in Dante Ferretti; sono invece ricchi di dettaglia seguendo un gusto barocco che ben si addice alla protagonista, in una parola, sono realistici) in cui le caratteristiche principali del regista (l’omosessualità latente, il cambi di registro) pur essendoci sono molto slavate e si perdono velocemente nella cornice… in sostanza, Ozon costruisce bene un film su un personaggio irritante, non particolarmente interessante e ne descrive con dovizia tutto ciò che in effetti ha poco interesse per chi guarda. Non un brutto film e neppure noioso, semplicemente inutile.
Straordinario il cast che si permette d lasciare in terza o quarta film come comparsa parlante Charlotte Rampling.

martedì 3 aprile 2012

Sunshine - Danny Boyle (2007)

(Id.)

Visto in DVD. Il sole si sta spegnendo, l’unica possibilità è sganciare una bomba atomica al suo interno per creare una sorta di mini big bang che lo riaccenda, anni prima una missione identica finì nel nulla; ora l’ultima mega bomba, fatta con tutti i materiali rimasti sulla terra è l’ultimissima possibilità.
Ovviamente ormai lo spazio è un luogo estremo dove gli uomini ritrovano se stessi, impazziscono, vengono alla resa dei conti gli uni con gli altri (un po come il deserto). Questo film non fa eccezione. Ma lo spazio è anche una zona adatta all’orrore fisico e psicologico, alla morte atroce e solitaria (come già in Alien). Questo film non fa eccezione. Infine lo spazio è un luogo dell’anima, dove esperienze scientifico/metafisiche e lisergiche incornano l’apice (come già in 2001 o in Solaris). E questo film non è da meno.

Si insomma sembra che Boyle non sappia bene che strada prendere e nel dubbio el prende tutte. A dire il vero tutta la parte iniziale funziona, quella dove sono solo degli uomini messi di fronte all’ignoto e ad un compito sconosciuto e più grande di loro devono prendere decisioni da cui deriverà la vita o la morte degli esseri umani. Dico funziona, perché si soffre con loro, li si comprende, si partecipa al loro stato d’animo. E poi Boyle è bravo, ruba l’estetica un po da tutti i film che gli vengono in mente (Stalker e Alien sono riconoscibili), ma la utilizza bene e intrattiene con stile.

Poi arriva l’orrore (quando scoprono la nave perduta). E secondo me ancora funziona, anche se un po meno. La tensione c’è, le scene inquietano (soprattutto la presentazione del “mostro”), la sospensione dell’incredulità tentenna in più punti, ma poi si lascia travolgere dagli eventi. Qui Boyle dimostra di saper gestire meno la situazione; in quanto modi diversi si p non mostrare il villain? A Boyle ne viene in mente sostanzialmente uno solo, sfuocare l’immagine; idea credibile all’inizio quando il protagonista è abbagliato dal sole, ma poi comincia a rompere parecchio. Carina l’idea di non vederlo mai, ma poca la fantasia su come realizzarlo.

Infine la terza parte, il viaggio metafisico al centro del sole con show down finale del nemico… mah. Qui il film collassa del tutto. Già è difficile accettare il finale di “2001 Odissea nello spazio”, ma almeno c’erano delle cose originali; qui invece è tutto un rimasticare Escher, rivedere quanto al fisica ha da offrire ai fricchettoni e cercare di far sembrare il tutto una cosa profondissima… si insomma sembra “S. Darko” che fa piovere ipercubi dal cielo.

Se Boyle avesse preso qualche decisione in più e avesse copiano meno a mani basse il film sarebbe stato veramente buono, soprattutto perché dall’inquietudine che riesce a dare in certi momenti ci si libera a fatica.

mercoledì 9 novembre 2011

Denti - Mitchell Lichtenstein (2007)

(Teeth)

Visto in Dvx. Una ragazza della lega anti sesso scopre di essere la portatrice del più atavico degli incubi maschili; la vagina dentata. Ovviamente non sarà lei a farne le spese…

Il film ha il punto di forza di trattare seriamente la cosa. Certamente fa ridere in più di un punto, raggiungendo alcuni picchi di grottesco davvero notevole (su tutte, la lunga scena della visita ginecologica, vince senza contendenti). Tutto sommato il film è però trattato come uno pseudo-drammucolo, con derive comiche e alcune pennellate di splatter. Non si può proprio chiedere altro.

Tutto è eccessivo in questo film, è vero, tutto, dalla descrizione dei personaggi (lei bigotta in maniera esagerata, il fratello di lei esageratamente “contro”), all’ambientazione (la centrale nucleare dietro casa), alle scelte nella descrizione delle scene (con battute storiche come “non posso trattenermi, non mi masturbo da pasqua” o il grido del già citato ginecologo che disperato avverte “la vagina dentata esiste!”) o nell’indugiare della macchina da presa su simboli ginecologici o odontoiatrici. Tutto, come dicevo è eccessivo, me proprio per questo evita che il film scada nel ridicolo e lo aiuta ad essere divertente. Bravi tutti.

martedì 9 agosto 2011

Across the universe - Julie Taymor (2007)

(Id.)

Visto in DVD.
Un musical moderno con canzoni orecchiabili e per lo più conosciute che è ambientato nel periodo in cui quelle canzoni sono state scritte senza far mai riferimento diretto ai fab four.

Storia d’amore sospesa fra Inghilterra e USA nata agganciando alcune canzoni dei Beatles e pretendendo che avessero un senso unico. Ovviamente il tallone d’Achille di questo film è proprio qui, nella storia, pretenziosamente assemblata, lenta (banale è ovvio, ma un musical se lo può anche permettere) e con molti momenti inutile, personaggi abbozzati e alcuni veramente ininfluenti per l’economia della storia (Prudence a cosa serve?!).

Detto ciò i lati positivi. Questo musical è diretto da dio, con una visione eccessiva e sempre al limite del kitch dell’estetica anni ’60 molto simile in questo ad altri musical di poco successivi a quel decennio (come Tommy), ma le singole sequenze musicali fanno di tutto per non ripetersi e sembrano per lo più singoli videoclip musicali realizzati con molte idee, ma purtroppo con una costruzione delle scene solo parzialmente realizzata.

In definitiva un grande musical che finalmente crea qualcosa di nuovo, anche se poteva essere reso meglio e presenta diversi momenti di stanca mitigati dalle belle musiche.