Visualizzazione post con etichetta 1997. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta 1997. Mostra tutti i post

venerdì 1 febbraio 2019

Insomnia - Erik Skjoldbjærg (1997)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

In un paese norvegese al di sopra del circolo polare artico viene uccisa una ragazza; data la difficoltà del caso vengono chiamati due ispettori svedesi (?). La morte di uno dei due causata dal primo, indizi trovati (o creati) in maniera non ortodossa, il sole costante notte e giorno e un rapporto con l'assassino che diventa sempre più personale renderanno la sua permanenza sempre più autodistruttiva.
Da quest'opera, pochi anni dopo, Nolan trarrà il suo film omonimo.

Il film vive tutto sul rapporto con l'ambiente in cui è girato. Il circolo polare artico, il freddo e la luce pervasiva del sole di mezzanotte. Tutto gira attorno a questo elemento; il protagonista algido e distaccato (ma sempre più sofferente), la fotografia desaturata che rende visibile il mood, il ritmo, continuo, ma rilassato che porta avanti una trama ricca di suggestioni e autodistruzione.
L'opera, insomma, è il contenitore che prende la forma del proprio contenuto, trasformando un normale giallo in un'epopea umana dell'ispettore svedese disposto a tutto per arrivare in fondo alla vicenda di cui è vittima e carnefice allo stesso momento.

Se la vicenda, ben scritta, si appoggia tutta all'estetica calma e senza speranza, la credibilità della trama trova una sponda fondamentale in (un giovanile) Skarsgård, protagonista impeccabile, che gioca con l'impassibilità professionale dell'inizio per poi deviare verso fastidio, desiderio e consunzione continua e e in costante peggioramento, una prestazione ottima.

venerdì 4 gennaio 2019

Gattaca. La porta dell'universo - Andrew Niccol (1997)

(Gattaca)

Visto in Dvx.

In un futuro in cui la lettura del DNA permette di prevedere le percentuali di rischio di ogni malattia, solo gli individui più geneticamente dotati vengono scelti per lavori superiori, mentre i portatori di, possibili, tare vengono relegati alla serie B senza possibilità di ascensione sociale. Un ragazzo con una buona probabilità di avere problemi cardiaci in giovane età vuole a tutti i costi diventare astronauta, metterà in piedi un elaborato sistema per eludere i continui controlli (con l'aiuto di un uomo dal DNA strabiliante, ma in sedia a rotelle per un incidente) e partire per la prima missione su Marte. Purtroppo i suoi piani sembrano dover essere scoperti a causa di un omicidio che porterà la polizia a indagare.

Un film che parte da una distopia vagamente huxleyana per portare avanti l'eterno topos americano della volontà che batte ogni costrizione, del self made man più forte dei suoi limiti e dell'ottusità del sistema. A conti fatti niente di veramente nuovo, ma, considerando l'anno d'uscita (la pecora Dolly nacque l'anno prima e il progetto genoma umano si trovava esattamente a metà percorso) è affascinante l'aver preso un concetto scientifico nuovo e pieno di potenzialità per immaginarne le storture in un futuro in cui questo sarebbe stato completamente sfruttabile; si, insomma, la fantascienza alla sua prova di forza speculatoria massima.

Alla sua opera prima Niccol scrive e dirige.
Scrive in maniera fin troppa convenzionale, ma provando a gestire il tutto come un thriller con twist plot e agnizione finale.
Dietro la macchina da presa riesce a fare anche peggio; elimina ogni punta di interesse e di ritmo, riducendo una storia semplice, ma potenzialmente interessante, in una lunga sequela di scene mal recitate (non da tutti, ma la media è negativa).

Quello che davvero si salva è il comparto estetico. Con un cast fatto di attori e attrici bellissimi, con vestiti impeccabili, location moderne senza futurismi impossibili e una fotografia da colori terrei e caldi con luci soffuse degni di ben altri sforzi. Ma ancora più di tutto questo c'è l'idea (da allora riutilizzata periodicamente) di creare un'idea di futuro non localizzabile nel tempo con dettagli (su tutti i vestiti anni '50) retrò, creando un mabiente futuribile, ma comprensibile, affascinante (sfociando facilmente nel dandy) e non databile.

A conti fatti, però, rimane solo una splendida scatola.

lunedì 3 dicembre 2018

Titanic - James Cameron (1997)

(Id.)

Visto al cinema.

Il film evento degli anni '90 con incassi maggiori anche del (successivo) Matrix; un esperimento sociale di fidelizzazione delle regazzine più che una mera sperimentazione artistica. Giustamente riportato al cinema per il ventennale... e io per la prima volta me lo vedo.

All'epoca, allergico al battage puntato tutto su un target molto preciso dell'epoca (ma che presto esondò colpendo un pubblico molto più diffuso) decisi, orgogliosamente e non senza un'enorme dose di narcisismo che non lo avrei mai visto. Ho portato pazienza fino ad ora, ma l'idea di vedere un film del genere al cinema, forse per l'ultima volta mi ha convinto. E mi è piaciuto, molto.

Ad uno sguardo attento, il film è un perfetto concentrato di quel decennio, suddiviso in tre parti (non equilibrate):
Il film che mostra il successo della scienza e della tecnica (tutta la prima parte con le immagini del Titanic originale) che è un'immagine perfetta dello zeitgeist di quell'epoca (di cui "Jurassic Park" rappresenta il capolavoro).
Il film d'amore impossibile che... beh è tipico di ogni periodo del cinema, ma che non demorse neppure nei 90s.
Il disater movie!
Ecco, quello che più mi ha colpito è che Cameron attira un pubblico specifico con la storia d'amore, lo seduce fino a convincerlo ad ossessionarsi al film, poi gli butta addosso più di un'ora di distruzione totale con patemi d'animo che "Twister" non potrà mai raggiungere.
E il comparto tecnico è fenomenale. In epoca selvaggia per la computer grafica la (lunghissima) sequenza finale è incredibile, la regia gestisce la tensione in maniera impeccabile e, immagino, per chi all'epoca ancora non sapesse nulla l'impressione che i due potessero non farcela fin dentro la nave era palpabile.

Comparto estetico è, ovviamente, anche migliore, con una cura nella ricostruzione degli interni e dei costumi come solo la Hollywood piena di soldi si può permettere.

lunedì 23 luglio 2018

Il sapore della ciliegia - Abbas Kiarostami (1997)

(Ta'm e guilass)

Visto in Dvx.

Un uomo vorrebbe suicidarsi, ma vorrebbe anche che il suo corpo venisse sepolto subito dopo. Si aggira quindi per le strade della periferia di Teheran per trovare qualcuno disposto a farlo per soldi. Incontrerà un giovanissimo militare kurdo, un seminarista afgano e un uomo che lavora come tassidermista.

Il film è di una semplicità che sfonda il limite con l'inesistenza. Se le immagini chiare (e qualitativamente migliori rispetto ai film precedenti del regista) danno un senso di irreale serenità all'iniziale peregrinare del protagonista i vari incontri, che rendono chiarissimo l'intento, vorrebbero essere una sorta di intelligenza degli ultimi, dei semplici, ma tendono incredibilmente verso la noia con una ripetitività non giustificabile (certo, ci sono alcuni picchi come il momento in cui il soldato si trova "intrappolato" in macchina e si rifiuta di uscire a vedere la fossa). L'ultimo incontro, invece, con una dolcezza incredibile e una totale mancanza di retorica riesce a rendere perfettamente il senso di poesia che è la necessità stessa del film, ma anche qui con una nota di lentezza che è si, cifra stilistica, ma che riesce a stancare con facilità. L'impalpabilità della trama, l'ultimo incontro, ma anche la bellezza visiva del finale, avrebbero meritato di più, avrebbero meritato, forse un minutaggio inferiore; se si fa arrivare lo spettatore alla fine del film col fiato corto il film non può essere completamente riuscito.

lunedì 3 luglio 2017

Wishmaster. Il signore dei desideri - Robert Kurtzman (1997)

(Wishmaster)

Visto in Dvx.

Un Djinn (uno spirito d'origine persiana) viene risvegliato tramite un incidente con una statua antica. Il Djinn è di fatto la base da cui sono stati creati i geni delle fiabe, è dunque obbligato a realizzare i desideri delle persone, ma è essenzialmente malvagio, ma il suo potere può essere usato solo dopo che un uomo abbia espresso una richiesta; la realizzazione dei desideri pertanto non sarà mai come se l'aspetterebbero i richiedenti. Dopo aver esaudito tre desideri del suo padrone di turno potrà aprire la porta verso la dimensione dei Djinn e proliferare sulla terra. Una giovane diverrà la padrona del Djinn e sarà costretta a capire contro chi sta combattendo per poter cercare di contrastarlo.

Film horror anni '80 fatto e finito (nonostante sia stato realizzato nel 1997) prodotto da un intelligente Craven che deve aver ceduto all'idea di base, che rimane la più originale dai tempi di "Nightmare" (oltre che il vero valore aggiunto di un film altrimenti mediocre).
Gli effetti speciali (tra maschere e effetti materici misti al CG) sono tutti fra il cheap e l'accettabile, senza mai picchi di entusiasmo. Ottima fattura invece la maschera del mostro (ma d'altra parte Kurtzman nasce come creatore di effetti speciali e trucchi), che però viene svilita da un'estetica banalissima (possibile che tutti i mostri americani siano uguali?).
Al di là dei limiti tecnici il films frutta pesantemente l'idea di base (e fa benissimo) mostrando come la creatura esaudisce i desideri dei malcapitati; tuttavia si dilunga in citazioni di altre pellicole e in didascalismi disarmanti, fino ad arrivare a uno showdown finale che rasenta il ridicolo.
Credo che un film del genere meriterebbe un remake coi soldi.

mercoledì 31 maggio 2017

Das Schloß - Michael Haneke (1997)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un agrimensore viene assunto in un villaggio sperduto tra le montagne; dovrebbe fare riferimento a un qualche superiore che lavora nel castello; una struttura più metafisica che fisica, vista l'impossibilità d'entrarvi e la maggiore difficoltà nel capirne le dinamiche.

Haneke realizza un film per la tv prendendolo da Kafka, scelta ovviamente ghiotta (e totalmente in linea con la sua passione per i supplizi inflitti ai suoi personaggi), ma decide di effettuare un'operazione tanto cinematografica quanto intellettuale; mette in scena non los tesso ambiente del libro, ma l'intero libro. Tutta la vicenda segue pedissequamente l'opera originale (l'ho letto ormai un decennio fa, sono possibili alcune differenze) utilizzando anche la voice off per inserire alcuni commenti dell'io narrante del libro che altrimenti dovrebbero essere spiegati con dialoghi. L'intento è tra il lodevole e il paraculo, soprattutto nell'ottica di aver scelto un libro incompiuto. L'effetto finale è quello di riuscire a rendere la vicenda kafkiana con un cinismo che dal libro risulta meno comprensibile e che ne aumenta l'effetto surreale.

A livello estetico l'algido Haneke ci sguazza in un mood kafkiano e si muovo con una freddezza impressionante. Frequenti campi medi con carrellate laterali (per gli esterni), primi piani nei dialoghi, ambienti scarni e senza tempo (con una gamma di colori dal bianco al terreo). Tutto è concertato e concorre a creare un mood perfetto. Se si aggiunge un'inquadratura nera a interrompere bruscamente le sequenze si avrà la cifra base di tutto il film.
Il cast ottimo, tutto di livello con un paio di facce che in quell'anno fecero di meglio.
Complessivamente abbastanza gradevole, ma senza un significato convincente.

lunedì 4 aprile 2016

Qualcosa è cambiato - James L. Brooks (1997)

(As good as it gets)

Visto in tv.

Lui scorbutico scrittore di libri d'amore, vive solo intrappolato in fobie complesse. Lei verace e autentica cameriera è l'unica che riesce a tenergli testa, ma vive per il figlio gravemente malato. I due si ritroveranno a viaggiare insieme (con il vicino di casa gay di lui), inutile dire che dopo gli screzi nascerà l'amore. Inutile dire che dopo l'amore ci sarà un'incomprensione per una vaccata... indovinate come finisce.

Storiella d'amore che redime e buoni sentimenti di cui non si sentiva il bisogno. Però devo ammettere che il ritmo viene tenuto e il cast rende gustoso un piatto ormai freddato da decenni. Di fatto questo è un film che si guarda per vedere duellare i due protagonisti. Nicholson fastidiosamente gigioneggiante come se non ci fosse un domani (chi ama il Nicholson che fa le faccette amerà questo film, chi non lo sopporta quando fa così lo potrà odiare, personalmente lo tollero). La Hunt invece genuinamente brava; inzaccherata in una parte insapore riesce a tirare fuori il meglio dal peggio; sempre all'altezza del partner, riesce a fare la donna innamorata e la madre preoccupata, riesce a gioire senza freni o a disperarsi spezzata dal dolore, tutto come se non stesse mai facendo una scena madre; davvero brava.
Nella parte del vicino di casa gay c'è un Kinnear sotto tono e fuori luogo che si impegna nei più triti cliché; dall'altra ogni tanto compare un Gooding Jr su cui non voglio commentare tanto riesce a essere fuori parte qualunque parte faccia.

venerdì 28 dicembre 2012

Hollywood brucia - Arthur Hiller (1997)

(An Alan Smithee film: Burn Hollywood burn)

Visto in Dvx.

Alan Smithee, regista, sta girando un film d’azione con cast stellare (Goldberg, Chan e Stallone), ma i produttori s’intromettono troppo, il film viene violentato e Smithee non ci sta, vuole uscirsene. Se un film viene ripudiato dal regista, il sindacato impone di accreditarlo a un nome fittizio, che purtroppo è proprio Alan Smithee (in realtà l’uso abituale di questo nome per le opere disconosciute è reale, ma non è un’imposizione). Il regista pertanto “rapisce” il suo film e inizia un’estenuante trattativa che arriverà a un nulla di fatto.

Simpatico film di Hollywood su Hollywood, che come d’abitudine butta uno sguardo disincantato a tutto tondo nel mondo del cinema californiano, dalle grandi manovre commerciali, alle star esaltate (con le partecipazioni di Stallone, Chan e Goldberg nelle parti di se stessi), fino agli indipendenti macchiettistici.
Il tutto viene ritratto nella modalità di un documentario con i protagonisti che parlano direttamente in macchina in varie situazioni (che tendono sempre più verso l’assurdo), inframmezzato da spezzoni “reali” che mostrano quanto successo.

Idea ottima, realizzazione decisamente migliorabile sotto molti punti di vista. Al di la della regia e di molta recitazione eccessiva, quello che veramente rende questo film solo un filmetto è la sceneggiatura all’acqua di rose, che ironizza con poca intelligenza, rende tutti delle macchiette da teen movie, si muove nel prevedibile e non affonda mai in qualcosa di graffiante.

giovedì 22 settembre 2011

Perdita Durango - Alex de la Iglesia (1997)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese. Una ragazza, Perdita Durango, dal passato duro che la resa anch’essa piuttosto dura, incontra un santero pazzo con il vizio dei lavori illegali (chessò, dico la prima cosa che mi viene in mente; trasportare feti umani ad una ditta di cosmetici a Las Vegas) e se ne innamora. Prima di ogni misisone, la coppia, deve sacrificare qualche umano (cadavere o vivente) ai suoi dei, prima dell’ultima missione purtroppo succede un po di casino, sono costretti a fuggire portandosi dietro i due ragazzotti che avevano rapito per il sacrificio.

Primo film americano di de la Iglesia, che per l’occasione utilizza i topoi classici degli USA, il road movie, gli ampi spazi, la storia d’amore ecc; ma non rinuncia ai proprio, l’ispanicità, il sangue che scorre spesso (le scene cruenti non mancano di certo e arriva pure a mostrare l’omicidio di due bambini; e siamo solo negli anni ’90!), l’amoralità dei protagonisti, la società in cui sono immersi che è amorale quanto loro (o troppo stupida per esserlo). Se nella storia il regista ci ha messo se stesso, nella regia invece rimane in disparte; niente svolazzi strappa applausi, ma neppure l’originalità e la sicurezza del mezzo che utilizza anche soltanto nel precedente El dia de la bestia.

Per carità il film è dinamico e divertente e certo non è più puritano degli altri (ripeto, ammazzano bambini e tagliano cadaveri come bere un gingerino), però non funziona, risulta confuso, pretenzioso, senza idee originali che non siano palesemente della pacchianate alla Rodriguez (no dico, il carico di feti per l’industria farmaceutica chi poteva pensarlo?!). Complessivamente il film non riesce mai a creare atmosfere realmente disturbanti, cupe o inquietanti (come invece riescono a fare gli altri film del regista nei momenti migliori), al massimo fa arredamento kitsch.

Bardem, nella parte del santero, è sensazionale, sempre credibile qualunque cosa faccia, dallo stupro con la ragazzina, allo squartamento di cadaveri, dalla lotta corpo a corpo allo sputare in faccia sangue alla gente dopo aver mangiato un cuore; riesce a fare tutto e a sembrare sempre e comunque autentico, neanche da dire che rubi completamente la scena alla tenutaria del titolo (e un bravo pure a Gandolfini).

giovedì 14 aprile 2011

L'uomo della pioggia - Francis Ford Coppola (1997)

(The rainmaker)

Visto in VHS.

Legal movie su commissione. Un giovane avvocatucolo, appena laureato entra nel fetido mondo dei legulei,e subito il suo idealismo sbatte contro la realtà… ma sono tutti così cattivi?

Per fortuna un’assicurazione fa la cattiva e il giovane idealista avrà di che sfamare la sua voglia di giustizia sociale.

Filmetto non voluto da Coppola, ma utilizzato per fare cassa… per carità, la storia, per quanto prevedibile, tiene bene, interessa e si fa seguire ed il film punta tutto sui sentimenti più bassi tanto che alla fine non si può non godere della vittoria del bene anche se lo si sa fin dall’inizio…

Un ottimo cast, non sfruttato a dovere, per un ottimo film da trasmettere in tv… ma Coppola è passato per il set solo per caso.

lunedì 13 dicembre 2010

La seconda guerra civile americana - Joe Dante (1997)

(The second civil war)

Visto in VHS.

Il governatore dell'Idaho stanco dei continui arrivi di bambini profughi dal Pakistan decide di chiudere le frontiere; questo ovviamente scatena le ire del governo centrale che gli impone di fare dietrofront, purtroppo pare che il governatore sia più intenzionato a sedurre nuovamente una giornalista piuttosto che interessarsi a questioni politiche, e ciò causerà seri problemi e... beh lo dice il titolo, la seconda guerra civile americana. Il tutto viene filtrato attraverso l'onnipresente occhio di una rete televisiva.
Commedia brillante di Dante (ah ah ah) che spara a zero su tutti; sulla tv ovviamente con le solite invettive; ma anche contro la stupidità o l'inaffidabilità dei governi; contro la fame di fama delle ong; ma soprattutto contro le enormi contraddizioni interne agli stati uniti (il momento migliore sono le reazioni dei vari stati alla dichiarazione di secessione dell'Idaho). Certamente non è priva di previdibili ingenuità o esagerazioni, tuttavia il quadro che ne esce è una rappresentazione ironica e calzante del patchwork culturale degli USA (completi di vizi consolodita e mitologie passate). Dalla sua poi Dante decide di non avere un punto di riferimento unico, ma di sfruttare un cast corale per un racconto ampio, utilizzando in maniera corretta quasi tutti i personaggi. Il cast poi è un tripudio di comprimare che qui finalmente vengono valorizzati (su tutti fa piacere vedere il buon James Earl Jones utilizzato come faccia pulita della tv e come voce narrante del film) con in più un paio di camei gustosissimi (Coburn come consigliere del presidente, ma soprattutto l'amato Corman come il tizio preoccupato per gli inserzionisti stranieri).
Il film ci prova, a volte sbava, ma il risultato finale vince e convince (e diverte).

PS: toh, imdb mi sussurra nell'orecchio che questo è un film per la tv... pensa te cosa riescono a fare in america mentre noi produciamo nonno libero.

lunedì 4 ottobre 2010

Kundun - Martin Scorsese (1997)

(Id.)

Visto in VHS.

Questo è il film di Scorsese che ho visto meno di recente in assoluto, ed in effetti lo ricordavo poco. In definitiva è la storia dell’ultimo Dalai lama dalla nascita al momento dell’esilio in India.

Il film è un piccolo gioiello di ecletticità del regista americano che mostra quant’è bravo a fermarsi quando è il caso di fermarsi e quando invece può giocare a fare il più grande artista vivente.

L’incipit è tutto in mano allo Scorsese classico, fatto di dettagli, di inquadrature sghembe e carelli, ovviamente tutto perfetto, ben calibrato e completamente in linea con l’ambientazione tibetana anni ’30; poi il film prosegue un poco più consueto, e il lavoro maggiore è affidato ai soliti noti, con un Ferretti mai così contenuto e con i costumi mai così realistico.

Scorse si mostra di nuovo in grande spolvero nel finale, sempre più spirituale e metafisico, dove anche la macchina da presa sembra trasportata in uno stato superiore di consapevolezza ed incornicia i fatti in un modo mai più così ai limiti del percepibile (basti il momento in cui la camera si avvicina al Dalai lama con una sequenza rapidissima di inquadrature fisse che dona a questa sorta di zoom le dinamiche e l’estetica di una visione o di un sogno).

Scorsese è perfettamente in linea con la storia qui rappresentata, anche se sembra lontana dal suo campo d’azione, in definitiva si tratta della parabola umana di un personaggio con indubbie capacità che però non lo porteranno alla vittoria effettiva, il tutto intriso in quel senso di spiritualità tanto cara al regista. Un film dimenticato, incomprensibilmente dimenticato.

venerdì 21 maggio 2010

Mai dire ninja - Dennis Dugan (1997)

(Beverly Hills ninja)

Visto in VHS, registrato dalla tv.

Un film comico che parodia il genere arti marziali, con un ingenuo e obeso protagonista che dopo essere stato allevato in un monastero giapponese se ne esce (sfigato e incapace) pensando di valere qualcosa alla ricerca di una donna, che ovviamente abita a Beverly Hills.
Battute per lo più molto terra terra, con un uso dello slapstick che neanche gli stooges si sarebbero permessi (mi son chiesto per quanti anni ancora tenteranno di far ridere la genete con le botte in testa) e, quel che è peggio, la classica morale hollywoodiana alla fine. Quasi irrita la stupidità del protagonista, e ancora di più infastidisce che riesca sempre ad averla vinta.
Bisogna però concedere al film diverse scene in cui si ride per davvero, e soprattutto una sequenza che, a mio avviso, trasuda anni '90 da ogni fotogramma, quella in cui due ninja si colpiscono l'un l'altro le palle con un colpo aereo...
Incredibile pensare che il mozzarelloso protagonista all'epoca stesse realmente vivendo i sui 15 minuti di celebrità.
C'è pure un Chris Rock alle prime armi...

martedì 27 aprile 2010

Ovosodo - Paolo Virzì (1997)

(Id.)

Visto in DVD.

La vita di un ragazzo dei quartieri popolari di Livorno, dall'infanzia fino all'età adulta. La storia è un pò tutto qua. Si tratta di una storia di formazione di uno sfigatello locale, sfigatello si, ma pure intelligente e simpatico allo spettatore, che si divincola fra questioni sentimentali, amicizie, gli studi, il lavoro e le persone che gli stanno attorno, quasi tutte cattive, o meglio interessate più a se stesse che agli altri, ma tutte egualmente ferite, o, quantomeno, meritevoli di riscatto, di una possibilità.
Il film, nella migliore tradizione della commedia all'italiana, da riscatto a tutto, fa supoerare, non senza ferite, ogni situazione al duo protagonista, spesso più con il sorriso che stringendo i denti. Quello che ne viene fuori è una storia complessa, divertente, di un dinamismo difficile da trovare nei film italiani al giorno d'oggi e oggettivamente bella. Anche il protagonista (certamente buono) non è immune da vigliaccherie e sotterfugi, ma come si è detto, il film è complesso quanto è complessa la vita, dove tutti sono colpevoli ed innocenti nallo stesso modo... solo che questo film finisce bene, beh non si poteva pretendere altro, e poi si fa il tifo per l'happy end (!).

Il film poi, mi è parso essere uno dei pochi (di quelli che ho visto almeno) a parlare degli anni '90. Più di metà è inserita in quel decennio, e non fa quasi mai riferimenti a fatti epocali, a film o canzoni di quel periodo, ma l'aria che si respira, i riferimenti alle forze dell'ordine in Sicilia, del milione di posti di lavoro promessi, dell'avvento del pc per tutti, piccoli dettagli seminati in giro che rievocano però un periodo meglio di quanto possa fare un'intera colonna sonora cantata da Cobain.

Unico vero difetto del film è il cast. Non tutti gli attori sono all'altezza, e complessivamente la media è piuttosto bassa, ma grazie a dio i protagonisti sono accettabili e si perdona ai comprimari di non essere credibili... inoltre il livello basso permette di apprezzare la Braschi, che in questo film sembra addiruttura decente, anzi sembra aver raddoppiato le espressioni possibile, usandole tutte e 2 come se non ci fosse un domani.

lunedì 28 dicembre 2009

Boogie nights, l'altra Hollywood - Paul Thomas Anderson (1997)

(Boogie nights)

Visto in DVD.

Un film dove la trama corale che si sviluppa per almeno un decennio non vuol essere una saga, ma solo una serie di eventi, un pretesto per realizzare un film. Si insomma ci si trova pur sempre dalle parti di "Ubriaco d'amore", ma meno estremista; la storia c'è, non è molto importante, prosegue senza troppi alti e bassi, ma c'è.
Poi, come al solito c'è Paul Thomas Anderson dall'alto dei suoi Scorsesismi, dei soui piani sequenza, delle sue steady cam, dei suoi colori accesi, dei soui personaggi al margine; ed il film prosegue per due ore e mezza senza pesare assolutamente, divertendo qua e la senza mai strafare.
Un'opera ricca di invenzioni registiche che preannuncia la magnifica filmografia che seguirà. Non è fondamentale ma godibile.
Una carrellata di stelle, ex stelle e stelline emergenti fa da trampolino di lancio.