(Id.)
Visto in DVD.
Un'orfana viene proposta in matrimonio, da padre della cattiva famiglia adottiva, a un bruto locale; lei è ovviamente innamorata di un altro, ricambiata. In un momento dir abbia l'amato viene arrestato e durante la prigionia la ragazza viene costretta a sposarsi. Gli amanti continueranno a vedersi.
Jean Epstain è stato uno dei primi teorici del cinema e ha realizzato diverse opere ormai dimenticate dal tempo, ma assolutamente ragguardevoli. la più nota è certamente "La caduta della casa Usher" che è anche uno dei film muti più efficaci che abbia mai visto.
Anche questo "Cuore fedele" non è da meno. La storia è di una banalità sconfortante, ma è evidente che l'interesse del regista è nel come porla in essere.
Se la prima cosa che colpisce del film è la fotografia molto nitida, presto ci si rende conto che quest'opera ha un occhio di riguardo sul montaggio; uno dei più moderni di quel decennio.
Nel montare questo film, non ci si è accontentati di descrivere o dare ritmo, ma viene data profondità e
significato a quello che viene inquadrato.
Gioca con una selva di inquadrature variegate che vanno dai primissimi piani ai campi lunghi (sempre utilizzati in maniera funzionale), spesso l'uno a intervallare l'altro; crea emozioni ed esalta ciò che avviene sulla scena come nel primo incontro fra i due uomini nel locale (una serie sempre più rapida di primissimi piani dei protagonisti e dettagli delle mani e delle bottiglie, tutti sempre più ravvicinati a mano mano che la velocità aumenta), questa scena è un vero capolavoro, ma l'intero film è costellato da scelte del genere (come la sequenza delle giostre o quella del musicista di strada); infine, con il montaggio, riesce a creare una delle prime sequenze di suspense vera e propria, con il marito che torna a casa ubriaco mentre i due amanti sono insieme.
Se il montaggio è la punta di diamante del film, la costruzione delle inquadrature è un secondo posta dignitosissimo. In quest'opera ci sono alcuni dei primi piani più intensi e più belli tra quelli pre-Dreyer; nelle inquadrature c'è un frequente uso di filtri, da quelli diegetici (pezzi di stoffa) all'uso delle veline, del fuori fuoco e della sovrapposizione di immagini, tutto per rendere la separazione, il distacco o, al contrario (nella scena dei due amanti con il mare), l'unione.
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lunedì 9 ottobre 2017
Coeur fidèle - Jean Epstain (1923)
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lunedì 11 agosto 2014
Ombre ammonitrici - Arthur Robison (1923)
(Schatten - Eine nächtliche Halluzination)
Visto in Dvx.
Una coppia invita quattro giovani ad una cena; per un gioco d'ombre il padrone di casa crede che la moglie lo tradisca... con almeno tre di loro; consumato dal dubbio e dalla rabbia mal gestisce la serata misinterpretando tutto quello che accade. Durante la cena arriva un ambulante con un teatrino di ombre cinesi; durante lo spettacolo l'ambulante proietta quello che accadrebbe se i presenti si lasciassero andare ai propri istinti (quelli sessuali degli invitati così come della moglie, la rapacità del servo e la rabbia del marito) in un dramma ferocissimo.
Film muto sostanzialmente perfetto per la totale assenza di cartelli; l'intera vicenda viene mostrata senza bisogno di sottolineature trascritte. Questo edulcora in parte l'impressione di eccessivo macchiettismo dei personaggi, forse costretti ad eccedere con le pose e le espressioni drammatiche per evitare i cartelli (o forse semplicemente sono io che sono a digiuno di film muti da troppo tempo e non ci sono più abituato).
Se la storia è affascinante di per se, il vero colpo vincente del film è l'uso delle luci; anzi, delle ombre. Mi pare ovvio che un film con questo titolo e in pieno espressionismo tedesco utilizzi le ombre in maniera continuativa, tuttavia la vera idea del film è utilizzare le ombre per mostrare ciò che avviene al posto di un'inquadratura dirette della scena. In questo film le ombre ingannano (il sospetto di tradimento), mostrano ciò che è nascosto (le ombre delle mani strette sotto al tavolo), evitano di dover mostrare il dramma pur facendo vedere ciò che accade (l'uccisione a fil di spada) e diventano sostituti dirette dei personaggi per aumentarne il senso drammatico.
Un esperimento affascinante.
PS: belli i titoli di testa realizzati "all'interno" del teatrino delle ombre cinesi.
Visto in Dvx.
Una coppia invita quattro giovani ad una cena; per un gioco d'ombre il padrone di casa crede che la moglie lo tradisca... con almeno tre di loro; consumato dal dubbio e dalla rabbia mal gestisce la serata misinterpretando tutto quello che accade. Durante la cena arriva un ambulante con un teatrino di ombre cinesi; durante lo spettacolo l'ambulante proietta quello che accadrebbe se i presenti si lasciassero andare ai propri istinti (quelli sessuali degli invitati così come della moglie, la rapacità del servo e la rabbia del marito) in un dramma ferocissimo.
Film muto sostanzialmente perfetto per la totale assenza di cartelli; l'intera vicenda viene mostrata senza bisogno di sottolineature trascritte. Questo edulcora in parte l'impressione di eccessivo macchiettismo dei personaggi, forse costretti ad eccedere con le pose e le espressioni drammatiche per evitare i cartelli (o forse semplicemente sono io che sono a digiuno di film muti da troppo tempo e non ci sono più abituato).
Se la storia è affascinante di per se, il vero colpo vincente del film è l'uso delle luci; anzi, delle ombre. Mi pare ovvio che un film con questo titolo e in pieno espressionismo tedesco utilizzi le ombre in maniera continuativa, tuttavia la vera idea del film è utilizzare le ombre per mostrare ciò che avviene al posto di un'inquadratura dirette della scena. In questo film le ombre ingannano (il sospetto di tradimento), mostrano ciò che è nascosto (le ombre delle mani strette sotto al tavolo), evitano di dover mostrare il dramma pur facendo vedere ciò che accade (l'uccisione a fil di spada) e diventano sostituti dirette dei personaggi per aumentarne il senso drammatico.
Un esperimento affascinante.
PS: belli i titoli di testa realizzati "all'interno" del teatrino delle ombre cinesi.
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mercoledì 19 dicembre 2012
Preferisco l'ascensore - Fred Newmeyer, Sam Taylor (1923)
(Safety last!)
Visto in Dvx.
Visto in Dvx.
Un ragazzo di provincia vuole
andare nella grande città a far fortuna per poter sposare la ragazza che ama. Il
tempo passa e lui rimane un inserviente in un grande magazzino, ma a casa
continua a raccontare della carriera sfavillante che sta avendo. Quando al
ragazza deciderà di andarlo a trovare inizieranno i guai, che lo porteranno a
dover essere un apripista del free climbing urbano scalando il proprio centro commerciale.
Harold Lloyd è il terzo genio dei
film comici del muto assieme a Chaplin e Keaton; eppure questo film risulta
essere addirittura più godibile di alcune opere di Buster.
Lloyd è, come i colleghi
dell’epoca, improntato alle gag slapstick, formatosi come imitatore di Charlot
se ne discosta con il suo personaggio occhialuto per l’insistenza nel creare
situazioni ambigue, in cui ciò che appare è solo dissimulato; questo film ne è
la quintessenza. Se per tutta la storia il protagonista deve uscire da
situazioni in cui si mostra contemporaneamente capo dell’azienda di fronte alla
ragazza, ma continua a fare il suo lavoro di fronte ai superiori come nella
migliore commedia degli equivoci, l’incipit dice tutto dell’idea di comicità di
Lloyd. La prima scena è il giovane dietro le sbarre, corrucciato, che saluta
due donne; l’inquadratura si allarga e si vede una guardia di fianco al
giovane, poi arriva un prete, in distanza si vede chiaramente un cappio che
dondola; poi si vede che le donne superano le sbarre passandoci di fianco ed il
film rende evidente che ci si trova in una stazione dei treni, fantastico.
Infine, la lunga scalata,
equivalente verticale di una corsa ad ostacoli, da la possibilità a Lloyd di
creare l’immagine simbolo dell’intera epoca del muto, lui sospeso sul vuoto aggrappato
alle lancette di un orologio; un’idea che sarà rubata continuamente, finanche
da Futurama.
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mercoledì 29 giugno 2011
I dieci comandamenti - Cecil B. DeMille (1923)
(The ten commandments)
Visto in DVD.
Il film è diviso in due parti. Nella prima c’è l’effettivo episodio biblico della fuga degli ebrei dall’Egitto a partire dalla decima piaga fino alla distruzione delle tavole della legge. Nel secondo è narrata la vicenda di due fratelli, uno credente ed uno ateo (ma ateo in maniera bizzarra, sembra essere assetato dall’iconoclastia verso i dieci comandamenti affermando più volte cose tipo “Perché dovrei crederci? Cos’hanno fatto i dieci comandamenti per me?”), il primo è un bambacione che lascia la donna amata (anche lei così maledettamente senza dddio) al fratello, l’altro è uno che vuole fare successo infrangendo ad uno ad uno i dieci comandamenti… io non so, dalle mie parti in bocciofila le bestemmie volano come fagiani nella stagione di caccia (e diversi altri comandamenti vengono infranti) eppure son tutti agricoltori con le pezze al culo lo stesso… comunque sia lui invece ce la fa. Ma vuoi che i nodi non vengano al pettine? Nel momento in cui infrangerà l’undicesimo comandamento “Non mischiare il cemento con la sabbia quando fai una cattedrale!” tutto quello che avrà costruito gli cadrà addosso (anzi, cadrà addosso alla madre). Lui sarà troppo oltre per essere salvato, ma la ragazza inizialmente contesa sarà ancora recuperabile…
Ok diciamolo subito, per essere un film muto si lascia guardare senza noia o momenti di stanca; ma la seconda parte è idiota sotto molti punti di vista (i personaggi, la storia, i personaggi di nuovo) e per questo divertente, la maestosità è lasciata nella parte finale. La prima parte invece è stupefacente.
Nella prima parti la pesante manona di De Mille si vede; scenografia pantagrueliche, un uso delle masse impressionante e alcuni degli effetti speciali migliori di tutti gli anni venti (dall’apertura del Mar Rosso, alla rappresentazione di Dio). Il tutto è giostrato perfettamente dal gusto estetico del regista che rende memorabile quasi ogni scena. La prima parte è storia del cinema.
Visto in DVD.

Ok diciamolo subito, per essere un film muto si lascia guardare senza noia o momenti di stanca; ma la seconda parte è idiota sotto molti punti di vista (i personaggi, la storia, i personaggi di nuovo) e per questo divertente, la maestosità è lasciata nella parte finale. La prima parte invece è stupefacente.
Nella prima parti la pesante manona di De Mille si vede; scenografia pantagrueliche, un uso delle masse impressionante e alcuni degli effetti speciali migliori di tutti gli anni venti (dall’apertura del Mar Rosso, alla rappresentazione di Dio). Il tutto è giostrato perfettamente dal gusto estetico del regista che rende memorabile quasi ogni scena. La prima parte è storia del cinema.
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