mercoledì 30 ottobre 2013

Il mundial dimenticato - Lorenzo Garzella, Filippo Macelloni (2011)

(Id.)

Visto in Dvx.

In Patagonia viene ritrovato uno scheletro abbracciato ad una macchina da presa degli anni ’40. Quello risulta essere lo scheletro del cineoperatore che venne pagato per registrare il mondiale di calcio del 1942 proprio in Patagonia. Un mondiale non del tutto riconosciuto dalla FIFA, che in piena guerra fu fortemente voluto da un magnate locale. Questo mondiale dimenticato è al centro di questo documentario che ne ripercorre l’ideazione, a la pianificazione, al realizzazione, i ritratti dei personaggi principali e le interviste ai superstiti, inoltre viene mostrato il contenuto delle ultime riprese fatte, con la definitiva dimostrazione di chi vinse effettivamente quel mondiale.

Un mockumentary artigianale, lo si vede subito; non ha immagini di repertorio grandiose e le ricostruzioni sono eccessive (giustifica sempre l’enorme quantità delle riprese, ma per avere quelle immagini, soprattutto quelle non ufficiali, bisognerebbe avere come minimo le telecamere moderne); ma il punto non è li. Il punto è l’idea.

L’idea è grandiosa, la ricostruzione di une vento in un periodo di guerra, che semplicemente non può essere dimostrabile in alcun modo, con un’accuratezza nei dettagli enorme e con un tentativo di partecipazione emotiva, soprattutto nel finale, che dovrebbe aprire il cuore. Purtroppo un cast non ottimale ammazza un poco il trasporto emotivo e l’ironia che pervade il film dalla metà in poi ammazza molto la verosimiglianza del racconto. Rimane comunque un’idea bellissima che a metà smette di prendersi sul serio e diventa un’avvincente cialtronata. 

lunedì 28 ottobre 2013

A proposito di Nizza - Jean Vigo (1930)

(À propos de Nice)

Visto in Dvx.

Qualche tempo fa ho provato a guardare “L’Atalante”… purtroppo condizioni contingenti mi hanno obbligato ad addormentarmi durante la visione. Mentre aspetto che mi torni lo sgurz di riprendere in mano quel film, mi avvicino a Jean Vigo da lato con questo cortometraggio.
Questo è un cortometraggio che Vigo fece nel 1930 mentre si trovava a Nizza per curarsi dalla tubercolosi. Aiutato da un Boris Kaufman (come direttore della fotografia), fratello di quel Dziga Vertov che modificò completamente ilconcetto di cinema (almeno per quanto riguarda la ripresa della realtà) qualche anno prima.

Chissà quanta parte ebbe Kaufman nella realizzazione di questo corto. Qui c’è abbondanza di tutto: inquadrature dall'alto perpendicolari al terreno, macchina da presa che si muove in relazione alle forme architettoniche che inquadra, carrelli che mostrano in primo piano il marciapiede, inquadrature storte, montaggio che gioca con l’immagine (una donna ripresa con vestiti diversi fino ad inquadrarla nuda, un uomo abbrustolito dal sole). Vertov è ovunque, la sua lezione è ripetuta in maniera ossessiva; non conta molto quello che si inquadra, ma conta la possibilità di mettere in relazione la macchina da presa con quello che mostra, non è l’oggetto ad avere predominanza, ma il modo che si ha di inquadrarlo.

Poi vien fuori la parte sociale del documentario alternando scena dalla molle e sonnacchiosa vita dei borghesi nel loro buen retiro alternate a scene di povertà e degrado assoluti a volte anche molto pesanti; o mettendo in relazione dei frivoli festeggiamenti con il lavoro, la guerra e la morte (sempre come in Vertov tutto si può mostrare senza autocensure).

Un documento piuttosto piccolo, meno appagante de “L’uomo con la macchina da presa”, ma decisamente molto ben realizzato.

venerdì 25 ottobre 2013

Cash, Fate il vostro gioco - Éric Besnard (2008)

(Ca$h)

Visto in tv.

Un truffatore viene ucciso durante un colpo venuto male. Il fratello cerca vendetta e per farlo si unsice sempre a più persone nel tentativo di beccare l'assassino; e tutto parte da 50€ falsi...

Di fatto il solito Heist movie, decisamente sulla scia di Ocean’s eleven (di cui condivide il sottotitolo italiano), sia per la struttura in se, sia per i personaggi che continuano ad aumentare ogni dieci minuti. Non inventa nulla, gestisce bene diverse situazioni, presenta benissimo il twist finale, ci mette pure una sequenza di split screen (che a me piace quasi sempre) davvero ben fatta, ci fa vedere tutti gli attori che più ci piacciono… ma tutto finisce li.

Niente di nuovo, niente di fondamentale; ma intrattiene benissimo e poi c’è una Golino in una parte diversa dal solito.

mercoledì 23 ottobre 2013

Sacro GRA - Gianfranco Rosi (2013)

(Id.)

Visto al cinema

Non una storia, non un racconto unitario; ma neppure un insieme di storie che creino un affresco; questo Sacro GRA è qualcosa di più e qualcosa di meno. Una serie di persone e di personaggi, tutti autentici, ma tutti ripresi con un’attenzione da film di finzione. Non dei racconti, ma degli squarci di vita che, sommati gli uni agli altri, per accumulo, danno un’idea, un mood, una ritmo che dovrebbe essere quello della vita attorno al raccordo.

Non ne so molto di documentario, ma questa mi sembra un’idea nuova. Non si parla di concetti da spiegare, luoghi da mostrare o storie di persone; c’è un paesaggio umano e culturale. Un tipo di documentario nuovo che non ha nulla in comune con l’altro innovazione di Moore (non c’è una tesi, non ci sono interviste, non c’è la presenza del documentarista come trait d’union); ma neppure un documentario alla Herzog (fatto di persone/personaggi  spiegati, esplosi, in relazione al paesaggio, ma rimangono loro, o il loro rapporto con l’ambiente ad essere il centro di tutto). Qui no, qui c’è una visione entomologica degli uomini, un documentario sul modello di quelli della National geographic, ma senza voce fuori campo; dove l’animale uomo viene mostrato. In una parola una versione moderna del neorealismo.

Detto ciò, il film ha un passo un poco lento ed aspirazioni troppo vaghe per riuscire a convincermi del tutto. Lo considero un buon tentativo.

lunedì 21 ottobre 2013

Fedora - Billy Wilder (1978)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un produttore di Hollywood ridotto male cerca disperatamente di contattare una vecchia star (con cui ebbe una rapidissima avventura decenni prima) ormai in clausura da anni per sottoporle una sceneggiatura, sperando che accetti di recitare nel film che dovrebbe salvarlo economicamente. Tentando di approcciarsi all'attrice (la Fedora del titolo) si rende conto che la donna (rimasta giovane in maniera innaturale grazie agli interventi  sperimentali di un chirurgo che non la lascia mai sola) è circondata da un corteo di strane figure che sembrano essere quantomeno coercitive, se non addirittura causa di una follia degenerante.

Curioso esempio di film contro Hollywood a 28 anni di distanza da “Viale del tramonto” (film di cui condivide anche il protagonista). Del film degli anni ’50 però questo “Fedora” ha ben poco. La trama affascinante nella struttura di base si fa via via sempre più assurda e sembra che le occasioni offerte dall'idea siano più sprecate che sfruttate. Una regia tecnica, ma piuttosto canonica e una fotografia molto deteriorata (che fosse così in origine dato il low budget o che ci sia bisogno di un restauro?) no aiutano a far recuperare punti.
Nell'idea originale le parti da protagoniste avrebbero dovuto essere affidate alla Dietrich e Farrow, guadagnandoci certamente in fascino (e probabilmente anche in impegno), ma certamente non risollevando il film in toto. Vi sono in compenso le comparsate di Fonda e York nella parte di sé stessi.

La china discendente di Wilder sembra riprendere un poco fiato, ma le glorie del passato sono ancora distanti. 

venerdì 18 ottobre 2013

La terra trema: Episodio del mare - Luchino Visconti (1948)

(Id.)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in italiano.

Acitrezza, 1948, la famiglia di pescatori dei Valastro vede il ritorno di Antonio partito marinaio e tornato per continuare l’attività di famiglia. Però Antonio ha viaggiato, ha visto molti pezzi d’Italia (“Taranto, Bari, anche La Spezia”) ed è cresciuto mentalmente e non ci sta più a farsi sfruttare dai grossisti di pesce che continuano a pagare tutti una miseria e ad arricchirsi alle loro spalle. Dapprima proverà ad organizzare quella che sostanzialmente è una cooperativa di pescatori, ma si sa, le novità fanno paura; nessuno verrà convinto, ma la famiglia lo spalleggia e, impegnando la casa, si metterà in proprio. Come ai Malavoglia coi loro lupini (wikipedia mi ha appena avvertito che in effetti questo film è proprio tratto da I Malavoglia), anche ai Valastro la sfortuna sarà inclemente, tutto verrà perduto, la famiglia si disperderà e i soliti padroni vinceranno facilmente.

Una sorta di documentario di finzione come è sempre il neorealismo più autentico (Umberto D. ad esempio) dove tutto quello che succede non è solo verosimile, ma anzi, è probabile. Tutto girato nella vera Acitrezza coi soliti attori presi davvero fra i pescatori del luogo (come al solito molto bravi essendo dei neofiti). E come spesso è anche quel genere di neorealismo un po’ paraculo, in fondo Visconti è un regista raffinato, ma ampolloso, vuole il realismo anche nella parlata, ma rendendosi conto che il dialetto di Acitrezza è troppo incomprensibile lo fa ridoppiare e visto che voleva la realtà lo fa doppiare in un dialetto siciliano… solo più chiaro (che comunque non ho capito quasi per nulla, per fortuna avevo i sottotitoli in inglese).
Inoltre, come spesso può succedere, questo è anche un grande affresco sociale, i ritmi della storia sono abbastanza lenti anche se le 2 ore e mezza sono ricche di avvenimenti, i dialoghi sono trascinati e l’attenzione rischia di calare spesso. Inoltre c’è una delle voci fuori campo più patetiche ed inutili di sempre.


Come contropartita però ci sono alcune immagini bellissime, una fotografia neorealista che trasforma ogni primo piano e ogni primissimo piano (ce ne sono pochi) in un’opera d’arte a se. Infine, come già detto, è quel neorealismo che fa un documentario con un film di finzione, l’esatto opposto dei mockumentary attuali.

PS: Realizzato, come si evince dal titolo, per essere il primo episodio di una trilogia "sociale", di fatto resterà l'unico ad essere girato.

mercoledì 16 ottobre 2013

Re della terra selvaggia - Benh Zeitlin (2012)

(Beasts of  the southern wild)

Visto al cinema.

Un padre ed una figlia vivono nelle paludi della... mah non viene mai detto, ma io mi sono immaginato la Lousiana, in un microambiente fatto di degrado; natura pervasiva; struttura sociale complessa, ma animalesca in tutto (nel bene e nel male). In questo ambiente la bambina si muove fra racconti di cinghiali giganti, piccole difficoltà quotidiane, una diga che sta uccidendo la comunità, l’arrivo dell’uomo bianco (inteso come lo stato) che porta la civiltà ed il rapporto di amore/odio (ma più amore che altro, magari un amore anch'esso animalesco) per il padre.

Un film che va apprezzato fin dall'inizio per due motivi. È ambientato ai giorni nostri, ma per più di metà film si ha l’impressione di essere in un ambiente postapocalittico, in una società regredita, invece è solo il mondo dietro l’angolo della provincia più distante dall'impero. Il secondo motivo è che un film indipendente americano, ma non ha nessuna caratteristica del modello Sundance… ce n’era bisogno; bravi.

Detto ciò il film è molto carino, fatto di piccoli momenti, alcune minuscole gag e tanta paraculaggine nel gestire i sentimenti del personaggi. Un finalone ruffiano più del resto del film e pieno di orgoglio non riesce ad ammazzare del tutto il sentimentalismo animale che pervade il resto della pellico.

Direi sopravvalutato, ma decisamente gradevole.

lunedì 14 ottobre 2013

Ragazze in uniforme - Leontine Sagan, Carl Froelich (1931)

(Mädchen in Uniform)

Visto in su youtube, in lingua originale sottotitolato.

In un collegio femminile in Germania vige un clima militaresco (anche perché le ragazze dovranno essere “mogli di soldati”) fatto di regole e limitazioni dei sentimenti e delle libertà personali (in fondo racconta un periodo che esploderà meno di dieci anni dopo). In questo ambiente viene introdotta Manuela, una ragazza nuova che verrà inserita nel dormitorio la cui referente è un’insegnante rigida, ma sentimentale, materna. Manuela, orfana di madre si affezionerà rapidamente a lei (come quasi tutte in realtà); anche se fin da subito il suo affetto non sarà esattamente come quello di una figlia. Quando, per caso, Manuela si ubriacherà dichiarerà il suo amore e scoppierà lo scandalo che si spegnerà in un tentato suicidio, la cui colpa ricadrà sulle dure leggi del collegio.

Tecnicamente è un film molto consueto per l’epoca, con giusto qualche luce alla tedesca e qualche inquadratura drammatica; non per niente vinse proprio un premio tecnico al primo festival di Venezia nel 1932.

Il film viene però ricordato come il primo film saffico della storia ed in effetti tutte il film mostra un rapportarsi tra le ragazze sempre sottilmente lesbico, ma con una naturalezza e un’assenza di considerazioni morali che neppure oggi sarebbe possibile riproporre. Seppure il film si mostra come una delle tante opere in cui la nuova arrivata viene vessata da un ambiente castrante qui c’è qualcosa in più; la tematica omosessuale è un’ottica nuova, ma il finale in cui ad essere tacitamente accusato è il sistema castrante e non il sentimento può risultare scontato oggigiorno, ma non so quanto fosse accettabile in una Germania, di li a poco, completamente nazista (il film infatti sarà ritirato e, per quanto possibile, distrutto dal governo nazionalsocialista). 

Il ritmo un poco lento e diverse ingenuità lo rendono decisamente datato nei modi, ma non nei contenuti. Interessante anche ad essere uno dei pochi film sonori tedeschi pre-nazismo.

PS: da recuperare il remake del 1958 con Romy Schneider!

venerdì 11 ottobre 2013

Possession - Andrzej Zulawski (1981)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una coppia vive accanto al muro a Berlino, in una Berlino dechirichiana, disabitata, artificiale ed immobile. Quando il protagonista lascia il lavoro per stare accanto alla famiglia (moglie e un figlio) scopre che la moglie lo tradisce da almeno un anno. La moglie fugge per vivere con l’amante, il marito si mette alla ricerca di questo concorrente; lo scopre nei panni di un fricchettone di mezza età… ma scopre pure che lui, l’amante regolare, è da giorni che non vede più la donna… che si scoprirà avere un altro amante, una creatura tentacolare. Nel mentre l’uomo vedrà la maestra del bambino, una sosia perfetta della moglie…

Un film surreale dalla trama assurda, scene ripetitive, una recitazione sempre sopra le righe (spettacolare però il personaggio interpretato da Bennent), intere sequenze obiettivamente esagerate… eppure Zulawski centra perfettamente il pregio maggiore di registi come Lynch, fare un film surreale/simbolista narrandolo benissimo. Azzecca tutti i tempo, distribuisce bene gli acme emotivi, ti fa interessare a ciò che accade e le due ore di film (ho recuperato quella che credo essere la versione uncut) passano rapidamente. Non era un compito facile.
Seppure la recitazione, come dicevo, non mi abbia entusiasmato (troppo esagerati in tutto) il film si fregi di nomi enorme, una Adjani folle e un Sam Neill prima di diventare l’attore degli anni ’90.

La regia di Zulawski è qualcosa di magnifico, nervosissima e sinuosa, si muove di continuo, vorticosa sino all’inverosimile. Il mostro creato da Rambaldi (che secondo le leggende fu richiesto da Zulawski essere pronto in pochissimo tempo, quindi ecco spiegato l’approssimazioni della creatura nelle inquadrature ravvicinate) è invece un essere non particolarmente interessante.

Definirlo un horror questo film è un’esagerazione tassonomica; personalmente (senza pretendere d’averlo capito in toto, ma avendolo semplicemente apprezzato) mi metto nella scia di chi sostiene essere solo un dramma (o una disquisizione) sui tormenti del rapporto di coppia.

Per gli amanti del surreale è assolutamente da vedere.

mercoledì 9 ottobre 2013

Dylan Dog, Il film - Kevin Munroe (2010)

(Dylan Dog: dead of night)

Visto in tv.

Sono da sempre un appassionato di Dylan Dog, ho sempre desiderato avere i primi cento numeri originali, ho comprato dei fumetti anche solo perché disegnati da Freghieri o Ruju (lo dico io prima che mi si chieda chi sono i miei disegnatori preferiti), avevo una lista dei miei albi preferiti (grazie per la domanda, certamente metterei, in ordine sparso, Necropolis, L’angelo sterminatore, Sette anime dannate, Il signore del silenzio, Partita con la morte, poi non finisco la top ten per non tediare) e ricordo con affetto il primo numero comprato “Ai confini del tempo”, comprato perchè aveva dei dinosauri in copertina (ho cominciato col botto).

Dico ciò per sottolineare le reazioni naturali alla notizia di un nuovo film sull’indagatore dell’incubo. Poi il resto è storia, quegli stronzi della Disney non hanno concesso i diritti sul maggiolone e la produzione si è (intelligentemente) inventata di usare la New Beetle; quei bastardi della fondazione Groucho Marx volevano troppi soldi e la produzione ha dovuto inventarsi di sana pianta una spalla comica abbastanza originale; infine la produzione era USA quindi ha salutato subito Londra, ma ha scelto la città più luciferina degli states, New Orleans.
Ecco, considerate tutte queste differenze l’approccio è stato negativo fin da subito, poi guardando il film mi sono dovuto ricredere…

Questo Dylan Dog non è un bel film, diciamolo subito, ma è talmente diverso dall’originale da cui trae l’idea che non può essere considerato uno svilimento del fumetto, è proprio tutt’altra cosa, solo che il protagonista ha il nome ed il vestiario del personaggio creato da Sclavi.
Il film è un commistione piuttosto carina di un noir moderno (tutto intrighi complicati, personaggi banali e prevedibili e gag che alleggeriscono l’atmosfera) infilato in un mondo fantasy, dove a fianco degli umani, vivono tutta una serie di creature più o meno integrate nella società (idea non più nuova, trattata con al dovuta superficialità, ma tutto sommato ben utilizzata).

In definitiva un film di intrattenimento con arredamento horror (non è che ci fosse necessità di tutti quei mostri) ben realizzato e senza pretese, con un finale largamente previsto che è forse la parte peggiore.

PS: quello che in realtà non sono riuscito ad accettare è l’idea che ad interpretare Dylan Dog sia stato considerato Brandon Routh.

lunedì 7 ottobre 2013

Ro.Go.Pa.G. - Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard, Pier Paolo Pasolini, Ugo Gregoretti (1964)

(Id.)

Visto in DVD.

Quattro episodi per altrettanti registi circa il tema, piuttosto vago, della fine del mondo.

Il primo episodio “Illibatezza” di Rossellini mostra lo stalkeraggio di una giovane hostess da parte di un maniaco (all’acqua di rose, non si pensi a nulla di estremo) che cambierà idea solo quando lei si dimostrerà più emancipata (e zoccola). Filmetto che definire con aggettivi 
dispregiativi pare un’esagerazione, si limita ad essere inutile con alcuni tratti patetici.

Il secondo episodio “Il nuovo mondo” di Godard. Una sorta di epidemia (in realtà è l’effetto di un’esplosione atomica) si diffonde per parigi causando apatia, aridità dei sentimenti ed incomunicabilità. Direi che il cazzeggio mentale tipico di un certo cinema di Godard c’è tutto, ma purtroppo manca completamente l’arte. Non ci sono intuizioni nuove, idee avvincenti o anche solo un’intenzione di fare qualcosa da “regista”.

Il terzo episodio è “La ricotta” di Pasolini. Questo è l’episodio per cu ancora ci si ricorda di questo film. Un regista americano (Orson Welles) sta dirigendo un film sulla passione di Gesù a Roma. Fra interviste, riprese immobili e momenti di attesa, si muove una comparsa che cerca di recuperare più cibo possibile per sfamare prima la famiglia, poi cerca di mangiare anche lui. Quando finalmente riuscirà diventerà un’attrazione per tutto il cast tecnico ed artistico, che cominceranno a dargli cibo come ad un animale al circo. Una volta messo sulla croce (la comparsa interpreta uno dei due ladroni), morirà… Film eccezionale, estetizzante fin dalle prime inquadrature in bianco e nero, si fa eccesso (in senso comunque positivo) nelle scene a colori delle deposizione dalla croce rubate alle pale d’altare di Rosso Fiorentino e Pontormo. Pasolini fa un film per immagini e lo infarcisce di ideologia, ironia, di opinioni personali camuffate, di citazioni artistiche d’ogni tipo, di uso della musica come sottolineatura o come paradosso e di un’infinita dose di poesia. Film molto bello, l’unico motivo per cui valga la pene di recuperare RoGoPaG.

Ultimo episodio è “Il pollo ruspante”, di Gregoretti. La giornata di una famigliola che investita dal sogno del posto fisso non si rende conto di essere imprigionata in una serie di obblighi sociali che la borghesia richiede. Episodio tanto ideologico quanto urlato. Se per tutto l’episodio si cerca di sostener e un tema (cosa di per se irritante), il fatto che la tesi venga detta apertamente all’autogrill direi che peggiora solo le cose. Tognazzi fa il suo lavoro con onestà e gliene va dato il merito. Tutto sommato il meno peggio fra i tre episodi inutili.

venerdì 4 ottobre 2013

Mr. Smith va a Washington - Frank Capra (1939)

(Mr. Smith goes to Washington)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un giovane di provincia puro nelle intenzioni e idealista nel rapportarsi con le istituzioni americane (ammantante di quell’aura di misticismo e integrità che hanno solo loro) viene scelto come secondo senatore del suo stato. La scelta è stata pilotata da un magnate locale e dall'altro senatore (un tempo anch’esso puro); i due stanno tentando di far passare al congresso la costruzione di una diga che farà guadagnare loro parecchi soldi e cercano un nuovo senatore che non faccia troppe domande. Una volta a Washington per tenerlo buono gli offriranno al possibilità di portare avanti un suo emendamento circa la costituzione di un campo per ragazzi, purtroppo gli interessi di quella campo si scontreranno con quelli della diga; il neo eletto sarà pronto a denunciare i brogli, ma verrà battuto sul tempo e si attiverà una enorme macchina del fango.

Film  idealista fino alla nausea, semplice e lineare fino alla fantascienza si ricorda volentieri per lo sguardo disincantato che già in quegli anni c’era nei confronti delle istituzione (è vero che, comunque, questo sguardo serve a sottolineare l’assurda redenzione finale). Personalmente non ho molto apprezzato l’interpretazione di Stewart che da vita all'eterno suo personaggio del ragazzone semplice, ma qui è proprio eccessivo. Devo ammetter inoltre di non aver capito esattamente perché avrebbe dovuto convincere l’opinione pubblica della sua innocenza tenendo la parla 24 ore…

Tutto sommato è un film di Frank Capra (solare, idealista e buono), ma a questo gliene preferisco molti altri, qui è tutto eccessivo e troppo meccanico. Qualche buona idea non manca di sicuro, il cartoonismo della caccia a i giornalisti; l’enfasi esagerata, ma esteticamente impeccabile dell’arrivo a Washington; il mostrare i sentimenti di Stewart attraverso l’impossibilità di tenere il cappello in mano.

mercoledì 2 ottobre 2013

La fine del mondo - Edgar Wright (2013)

(The world's end)

Visto al cinema.

Ora scopro, con colpevole ritardo che c’era l’idea della trilogia del cornetto; non trovo molto di più scritto sulla mia unica fonte di informazione indipendente (wikipedia), quini immagino che l’intento fosse creare un film di genere, in versione commedia, ambientato nella provincia inglese più provinciale, con tutti i cliché e gli sviluppi inevitabili. Era prevedibile quindi che dopo l’horror e l’action ci sarebbe stato questo sviluppo… non voglio dire di più perché io sono andato a vederlo senza sapere nulla e la scena del bagno l’ho vissuto con un trasporto non prevedibile.

Wright dietro alla macchina da presa usa il solito stile rapido ed elegante per dare vita a quello che per metà film sembra un bromance sul tempo che passa, una versione cazzara e “30anni dopo” di Stand by me; poi, a partire dalla scena del bagno, il film cambia radicalmente, si butta in un genere di nicchia, senza però mollare mai dall'idea iniziale, anzi si spinge ancora più a fondo.

Le citazioni sono certamente meno rispetto ad Hot Fuzz, ma l’utilizzo è sempre lo stesso, intelligentissimo (su tutti il 6 sulla fronte che torna ad essere effettivamente il segno del male).
Un altro encomio alle scene di azione, originale, dinamiche, riprese in maniera sempre nuova, ma soprattutto sempre realizzate tenendo un occhio sul divertimento.

Uno show down finale un po troppo facile e cialtrone abbassa il livello, ma non può certamente corrompere un film tanto ben realizzato.

Cast all'altezza sotto ogni punto di vista… Ah già, poi si ride, parecchio. Che altro serve? 

PS: non so se sembrerò un cospirazionista, ma qui c'è una comparsata di Brosnan, così come in Hot Fuzz c'era quella di Dalton... un inchino alla più grande saga del cinema (inglese)?