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domenica 13 dicembre 2020

Il quarto uomo - Phil Karlson (1952)

 (Kansas city confidential)

Visto su Mubi, in lingua originale sottotitolato.


Un gruppo di sconosciuti fanno una rapina organizzata da un capo che li incontra solo mascherato. Dovranno incontrarsi dopo diversi mesi in Messico per dividere il bottino con calma. Nel frattempo viene indagato un corriere in realtà innocente. Dopo aver perso tutto si mette alla ricerca dei veri colpevoli per vendicarsi. Trovato uno e sostituitosi a lui andrà all'incontro messicano.

Film noir di serie B è, come spesso in questi casi, un insieme di idee e di ingenuità in pari misura; in questo caso condotto dall'ottimo artigiano Karlson.

L'incipit con il reclutamento dei complici con il capo mascherato è perfetto, crea un clima torbido e inquietante in cui far muovere gli antagonisti. Buona la rapina anche se con pochi lazzi e ottimo l'incontro fra il sospettato e il primo dei colpevoli con lo showdown all'aeroporto perfetto per la drammaticità un po meno per la tensione (la gag del poliziotto che va al telefono è piuttosto elementare e mal condotta).

La parte centrale della vicenda è meno interessante vittima della sceneggiatura che svela tutto fin dalla prima inquadratura e non lascia adito a dubbi.

La trama però (ripeto, zavorrata da ingenuità di scrittura evitabili) è un continuo cambio di registro (film di rapine, poliziesco classico, film di vendetta, thriller con infiltrato, ecc) encomiabile per lo sforzo e per i risultati in termini di godibilità e interesse, la parte della suspense è meno efficace e il cast troppo imbalsamato in stereotipi per spiccare pur con una riuscita media buona (van Cleef è già un caratterista pronto per film più impegnativi).

venerdì 29 marzo 2019

Un uomo tranquillo - John Ford (1952)

(The quiet man)

Visto in VHS.

Un pugile irlandese, dopo un combattimento finito male negli USA dove era cresciuto, se ne torna nel suo villaggio d'origine. Si ricomprerà la casa natale, sposerà la ragazza di cui si innamorerà appena arrivato, sarà ben accettato da tutti e, in ultimo, anche dal cognato.

Un film piuttosto lineare che rappresenta una delle prime vere e proprie storie d'amore per il pragmatico Ford.
Una storia d'amore nella trama che serve a supportare la dichiarazione d'amore del regista per la natia Irlanda inquadrata (anche se finta) spesso con campi lunghi o lunghissima e dipinta con un technicolor acceso ed espressivo.
Il film si muove con il ritmo della commedia (nonostante un innesto tragico che rimane comunque sullo sfondo) e con il piglio sfrontato di una commedia dei sessi (pur senza averne né la verve né la forza).
Allo stesso modo, però, il film si muove con il passo strascicato dell'opera irrimediabilmente invecchiata. Nessuna reale profondità, un minutaggio riempito di piccole gag superficiale, una gestione dei rapporti interpersonali che vanno dal sessismo allo stereotipo idiota dell'irlandese medio, l'utilizzo di una voce narrante totalmente inutile e l'innesto di un flashback, altrettanto non necessario, per portare quel pizzico di dramma (sequenza che rimane, però, la più interessante).

Tutto sommato un film incredibilmente fuori tempo massimo, utile solo per i completisti di Ford o per chi vorrebbe vedere Wayne svestire i logori panni del cowboy.

mercoledì 30 gennaio 2019

So che mi ucciderai - David Miller (1952)

(Sudden fear)

Visto in Dvx.

Una autrice di opere teatrali si innamora di un attore, bravo, ma che deve scartare. Lo sposerà e lo porterà a vivere con sé in California. Dopo mesi di vita gioiosa una donna tornerà del passato del neo marito.

Un noir nettamente diviso in due parti. La prima è un film romantico, molto zuccheroso, ma incredibilmente spigliato, senza melodrammi, ma semplice, lento innamoramento e poi vita di coppia con un florilegio di espansività affettuose, ma scarno di picchi drammatici; a conti fatti buono, fuori contesto e fuori dal mood che ci si aspetterebbe, ma è una ventata di freschezza per la sobrietà.
La seconda parte è un noir più classico per temi, ma dinamico per lo svolgimento della storia; con un'idea piuttosto cretina, il gioco di gatto col topo viene capovolto due volte e lo showdown finale riesce, con un colpo solo (e questa volta, sarà poco credibile, ma non mi è sembrato così cretino) a sistemare tutto per il meglio. Alla luce della seconda parte, la lunga prima metà è estremamente utile per disseminare quegli elementi fondamentali per il passaggio al noir vero, ma rimane anche un esercizio di stile interessante (sicuramente Miller intendeva rendere più spietata la svolta noir, ma sarebbe potuto bastare un minutaggio più contenuto).

Il film si pregia della presenza di una Joan Crawford (qui anche produttrice esecutiva) estremamente brava nelle vesti della donna innamorata e semplicemente in parte per la metà thriller; come partner c'è un Jack Palance che ha gli stessi pregi e difetti del suo personaggio, bravo attore, ma senza il physique du rôle dell'affascinante seduttore.

venerdì 5 maggio 2017

Bellissima - Luchino Visconti (1952)

(Id.)

Visto in DVD.

Una madre di borgata della Roma dei primi anni '50 si lascia tentare da alcun provini per partecipare a una produzione di Blasetti. Porta la sua bimba che passa la prima selezione; da li entrerà in un vortice di ossessione e personaggi ambigui che cercheranno di favorirla o lucrarci o entrambe le cose.

Partiamo dalle cose fondamentali. Questo film è, prima di tutto, un monumento alla Magnani; recita con una naturalezza che fa sembrare la stessa cosa personaggio e attrice; si mangia ogni scena, tiene banco anche solo con il suo continuo bofonchiare sconclusionato. Forse il film dove l'ho notata e apprezzata di più (mi sa che devo riguardare "Roma città aperta").

Poi dietro alla Magnani c'è un ottimo film. Un film sentimentale, ma con ironia; per 3/4 è divertente, con la protagonista caciarona che si prodiga per far diventare qualcuno la figlia meno che decenne e, senza rendersene conto, si prosegue dentro a una storia di riscatto social attraverso (o per) la figlia (che già di per sé sarebbe da lacrime agli occhi) e che si conclude con un finale agrodolce che è compendio di tutte le attese, esagerato e adatto ad un melò, ma credibile e calzante.
Anche se per me la scena emotivamente più riuscita è il litigio finale fra moglie e marito che richiama tutto il palazzo.

Dietro la macchina da presa, Visconti, si muove con la consueta delicatezza, da vita a una storia dalla cadenza neorealista, ma con quel melodramma in più che fa piacere realizzandola con una fotografia impeccabile.

lunedì 8 febbraio 2016

Ultime della notte - Phil Karlson (1952)

(Scandal sheet)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un dirigente di un giornale senza troppi scrupoli (scelto dal consiglio di amministrazione per salvare un importante testata dal baratro economico) ha impostato il risanamento dei conti sul gossip, la morbosità e il giornalismo più sfrontato; sotto di lui lavora un giovane mastino disposto a passare sopra agli omicidi più brutali, battere la polizia sul tempo, sfruttare la credulità della gente. Tutto sembra andare per il meglio, finché il dirigenti non incontra la sua ex moglie che lo riteneva morto da tempo (lui aveva cambiato nome), l'incontro si conclude con uno scontro e lo scontro con l'omicidio involontario della moglie. Il dirigente cercherà di nascondere tutte le prove e insabbiare l'avvenimento, ma il suo protetto indagherà pensando di far saltare fuori uno scoop sensazionale... e non immagina quanto.

Film giallo (molto più che noir) sul modello che diverrà famoso con Colombo, vediamo l'assassino e ci godiamo l'accerchiamento da parte del detective di turno, mentre l'altro gioca in difesa.
Costruito come macchina per acchiappare il consenso ottenuto con "Luci sull'asfalto" risulta una macchina ben costruita nella storia, ma imprecisa nei dettagli e nella messa in scena (la colluttazione iniziale è estremamente finta), ma ha una regia fluida che si chiude in primissimi piani che danno significato o si muove attorno ai personaggi in lotta. Per il resto la trama si muove chiara e meccanica, intrattiene bene e permette a Crawford di esercitarsi in una lunga serie di sudate e paure trattenute.

Bello, godibile, conclude tutta la sua forza con la scena finale, appena spento il video è uno di quei film che si mettono da parte per ricordarcene a fatica.

venerdì 18 dicembre 2015

Il bruto e la bella - Vincente Minnelli (1952)

(The bad and the beautiful)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

La storia di un produttore Hollywoodiano dalle origini al successo, il tutto in tre lunghi flashback di tre suoi ex amici che vengono chiamati ad aiutarlo dopo un tracollo finanziario. Si vedrà il genio, il pragmatismo e la faccia tosta nel tradire (sempre per pragmatismo) e nel passare sopra gli altrui sentimenti.

Titolo indecente (per una volta non è colpa degli italiani che si limitano a imitare quello originale) che non rende minimamente il film che dovrebbe rappresentare. Qui siamo dalle parti di un "Citizen Kane" nel mondo del cinema ritagliato su un Minnelli decisamente meno cinico e tracotante di un Welles.
L'incipit è dirimente nel capire il piglio del film; si apre con un abuso (in senso buono) di dolly (cifra di tutto il film), un personaggio odiato dai suoi amici che si negano al telefono e un incontro in piena notte che rievoca il passato (se a questo si aggiunge che il protagonista sacrificherà i sentimenti in favore del successo credo che il parallelismo con "Quarto potere" sia completo).
Il film si muove come un'opera sul ventennio cinematografico precedente con il protagonista che nel primo episodio cita direttamente Val Lewton (ovviamente affiancato dal suo Tourneur) con gli "uomini gatto" che si decide di non mostrare mai;  poi indubbiamente il protagonista diventa un Selznick, ritrovandosi a essere un arrogante titano che imporrà le sue idee ai registi (specie durante la lavorazione di un film ambientato nel sud degli stati uniti durante la guerra civile).

Al di là delle strizzatine d'occhio e dell'idea alla base il film funziona per il ritmo ben tenuto, per l'ironia continua e il divertimento evidente e giocando con le aspettative dello spettatore (il protagonista che riesce a produrre i primi film perdendo al poker anziché vincendo; i commenti sul film horror per lo più positivi tranne l'unico mostrato; la Turner gettata in piscina; ecc...), tuttavia riesce a mantenere un alone generale di amarezza per la fine della carriera che già si vede all'inizio e per i dettagli deprimenti nelle vite dei personaggi.

Ma pure il comparto tecnico è impeccabile; se del dolly come cifra base del film si è già detto, va anche sottolineato l'uso enfatizzato delle luci nelle scene dove più è necessario (si pensi anche solo all'ideazione del film degli uomini gatto); inoltre si aggiungono alcuni twist di vera classe come la bella scena dell'incidente in macchina tutta ripresa dall'interno dell'auto.

Infine il film si avvale di un cast di classe dove però un Kirk Douglas lasciato a briglia sciolta titaneggia divorandosi tutti, compresa Lana Turner.

Un film magnifico, una scoperta bellissima.

venerdì 23 gennaio 2015

Il cappotto - Alberto Lattuada (1952)

(Id.)

Visto in tv.

Un dipendente del comune di Pavia degli anni '30 è un poveruomo, timido e bistrattato da tutti; si ritroverà coinvolto in una serie di colpi di sfortuna e rappresaglie personali per il semplice fatto di trovarsi (sempre) nel posto sbagliato al momento sbagliato. la sua vita cambierà quando deciderà di comprarsi, con tutti i suoi risparmi, un cappotto nuovo, molto costoso. Il cappotto però gli sarà rubato e il colpo sarà terribile. Fino alla fine si troverà nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Commedia nera tratta da Gogol, ma il tutto reso magnificamente all'italiana. Ambientata in una Pavia (location usualmente poco gettonata) lugubre e gelida, la storia riesce a concedersi molti momenti leggere nonostante il personaggio venga trascinato verso il basso.
Rascel, fisicamente perfetto per la parte, riesce a rendere del tutto la mitezza del personaggio, le sue grandi aspettative nonostante una vita così piccola. Nonostante l'amarezza riesce però a renderne anche il lato comico (bella per agrodolce la scena agli scavi romani).
Lattuada invece lavora di ombre come sa far lui, gioca con le luci e con i volti, trasforma i luoghi della città (il ponte coperto soprattutto) in location espressioniste, sostiene il ritmo nonostante una storia che gira su sé stessa, e lascia spazio agli attori di recitare o di caratterizzare in maniera caricaturale (il sindaco) se lo ritengono opportuno.
Vera nota dolente il finale. Se il film si fosse interrotto con l'inaugurazione con le autorità sarebbe stata una parabola impeccabile; il finalino soprannaturale moralista (ancorché comico) mi pare rovini un'atmosfera da parabola amara.
In ogni caso un film validissimo che mette in risalto un attore a me sconosciuto (Rascel appunto); da molti considerato il capolavoro di Lattuada (io gli preferisco ancora "Mafioso").


giovedì 30 dicembre 2010

Seduzione mortale - Otto Preminger (1952)

(Angel face)

Visto in DVD.

Visto che finora ho sottovalutato troppo Preminger ho deciso di darci dentro e vederne una lista di suoi film.


Questo Seduzione mortale è un noir atipico… una ragazza di famiglia ricca si innamora del paramedico Mitchum e cerca di portarlo sempre più vicino a se; non avrebbe idee negative nei confronti dell’uomo, ma ha troppa voglia di ammazzare la matrigna e anche lui rimarrà invischiato.

Noir atipico dicevo, in primo luogo per la femme fatale, che in questo caso è una via di mezzo fra una wannabe vamp e una ragazzina viziata, con il risultato di non riuscire quasi mai credibile agli occhi del protagonista e i cui tranelli sono evidenti a chilometri di distanza. In secondo luogo perché inizia soltanto come un noir, ma poi finisce come un dramma intimistico e cupo come pochi, fatto di rapporti umani distrutti e senza speranza.

Il film convince in quasi tutto e si fa lodare l’originalità dall’inizio al prevedibile, ma sconcertante, finale.

giovedì 21 ottobre 2010

Mezzogiorno di fuoco - Fred Zinnemann (1952)

(High noon)

Visto in DVD.

Bel film; veramente un bel film.
Non un western in senso stretto, anche se ci sono sparatorie, uno sceriffo e diversi fuorilegge; più che altro un film d'ambientazione western.
In una cittadina, il giorno del matrimonio del sindaco, un fuorilegge appena liberato sta arrivando per vendicarsi proprio del malcapitato tutore dell'ordine, arriverà con il treno di mezzogiorno... e li comincia un conto alla rovescia (in cui il tempo del film quasi coincide con quello reale) in cui il sindaco va alla disperata ricerca di un sostegno da parte della popolazione locale, amici, colleghi ecc... e qui si svolge la parte migliore del film; ovviamente tutti ad uno ad uno desisteranno dal dare una mano per i motivi più disparati (la parte migliore è certamente quella in chiesa in cui, molto democraticamente, ad uno ad uno i partecipanti alla funzione esprimono la loro opinione spiegando che se li si fosse ascoltati prima sarebbe stato meglio, e questo mentre mancano 15 minuti a mezzogiorno; il discorso finale poi, per il suo cambio di significato è stupendo); proprio come in "Cronaca di una morte annunciata" tutti sanno che lo sceriffo non avrà scampo in quel duello, tutti sanno che è una brava persona e bisognerebbe fare qualcosa, ma nessuno si muove. Sublime.
Zinnemann poi da il meglio di se, con una regia sempre al limite delle convenzioni dell'epoca, questo film mi basta da solo come scusa per vedere tutta la filmografia del regista.

Il finale, si lo dico, con happy ending è forse troppo hollywoodiano, soprattutto viste le premesse... però permette di realizzare la scena finale con il distintivo gettato a terra, entrata, non a torto, nella storia del cinema.

lunedì 27 settembre 2010

La spia - Russel Rouse (1952)

(The thief)

Visto in DVD.

Un ricercatore nell'ambito nucleare vende segreti di stato ad una qualche forza straniera attraverso un ben collaudato sistema di scambi tra persone. Però ci sono i rimorsi che cominciano a premere... poi l'ingranaggio perfetto s'incrina quando uno degli intermediari viene investito da un'auto.
Dopo qualche minuto in cui il film va avanti senza che venga pornunciata una sola parola mi son detto, "Se a rriva a dieci minuti di silenzio applaudo per lo sforzo". Dopo 13 minuti mi sono detto "Che figata se arriva a 15 minuti netti senza dialoghi". Al 18esimo minuto invece "Se arriva a 20 minuti comincerò il post parlando di questo incipit storico". Dopo mezzora ci si chiede solo se il film avrà la forza di arrivare alla fine senza fiatare e si rimane in fremente attesa, più per le sorti dei dialoghi che per quelle di Milland.
C'è da dire che il film riesce a dare tensione spontaneamente, e che Milland di suo da una buona interpretazione, solo talvolta sopra le righe. Ma quello che più colpisce è quanto riesca ad essere chiaro e comprensibile pur senza mai dire nulla e utilizzando solo 2 "cartelli". Il silenzio imposto poi non risulta fastidioso e quasi sempre innaturale come ne "L'isola nuda", qui, quasi quasi ci sta tutto (aumenta il senso di isolamento a cui il protagonista è costretto a causa del suo doppio gioco) e risulta pure credibile (comunicano attraverso squilli del telefono e biglietti, mai attraverso parole).
Un film che certamente colpisce, realizzato secondo tutti i crismi di un noir versione spionistica.