Visualizzazione post con etichetta Film tv. Mostra tutti i post
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mercoledì 31 maggio 2017

Das Schloß - Michael Haneke (1997)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un agrimensore viene assunto in un villaggio sperduto tra le montagne; dovrebbe fare riferimento a un qualche superiore che lavora nel castello; una struttura più metafisica che fisica, vista l'impossibilità d'entrarvi e la maggiore difficoltà nel capirne le dinamiche.

Haneke realizza un film per la tv prendendolo da Kafka, scelta ovviamente ghiotta (e totalmente in linea con la sua passione per i supplizi inflitti ai suoi personaggi), ma decide di effettuare un'operazione tanto cinematografica quanto intellettuale; mette in scena non los tesso ambiente del libro, ma l'intero libro. Tutta la vicenda segue pedissequamente l'opera originale (l'ho letto ormai un decennio fa, sono possibili alcune differenze) utilizzando anche la voice off per inserire alcuni commenti dell'io narrante del libro che altrimenti dovrebbero essere spiegati con dialoghi. L'intento è tra il lodevole e il paraculo, soprattutto nell'ottica di aver scelto un libro incompiuto. L'effetto finale è quello di riuscire a rendere la vicenda kafkiana con un cinismo che dal libro risulta meno comprensibile e che ne aumenta l'effetto surreale.

A livello estetico l'algido Haneke ci sguazza in un mood kafkiano e si muovo con una freddezza impressionante. Frequenti campi medi con carrellate laterali (per gli esterni), primi piani nei dialoghi, ambienti scarni e senza tempo (con una gamma di colori dal bianco al terreo). Tutto è concertato e concorre a creare un mood perfetto. Se si aggiunge un'inquadratura nera a interrompere bruscamente le sequenze si avrà la cifra base di tutto il film.
Il cast ottimo, tutto di livello con un paio di facce che in quell'anno fecero di meglio.
Complessivamente abbastanza gradevole, ma senza un significato convincente.

venerdì 1 maggio 2015

L'ultima diva: Francesca Bertini - Gianfranco Mingozzi (1982)

(Id.)

Visto su youtube... ma ora non lo riesco più a trovare.

Negli anni 80, pochi anni prima della sua morte, la Bertini ritorna protagonista di un film, si tratta solo di un documentario per la tv, ma è tutto dedicato a lei.

Qualitativamente parlando non è niente di che, ha il difetto di essere un prodotto buono per la tv di quegli anni, quindi non ha la pretesa di essere esteticamente bello o accurato alla regia.
Piuttosto lungo e diviso in tre parti ripercorre la carriera della diva dagli esordi quasi fatalistici, cita e descrive brevemente tutta la sua produzione fino ad allora disponibile.
Il vero valore aggiunto (anzi l'unico vero e proprio pregio) del film è la presenza della Bertini stressa che commenta la propria carriera. Si ha davanti una novantenne incartapecorita e fragilissima, ma dalla volontà di ferro; sfotte il regista, si mostra pretenziosa e indocile; parla di sé con un'arroganza fantastica esagerando anche i pregi che le sono propri (fenomenale il suo commento sul fatto di essere lei la vera inventrice del neorealismo al cinema, con "Assunta Spina"); si fa grande promotrice di sé stessa, mostrando locandine e portando la macchina da presa alla cineteca per visionare i suoi film rimasti; incredibilmente amara nel notare che è stata rapidamente dimenticata e ancor più rammaricata che i suoi film siano relegati alla visione di pochi cinefili con permessi speciali (negli anni '80 era effettivamente l'unica possibilità). Un personaggio larger than life, degno di tutte le voci e i retroscena che si possono leggere in giro circa le lavorazioni dei suoi film.
Morì decisamente anziana; è però un peccato che non abbia potuto assistere all'avvento di internet; credo che sarbbe stata una grande sostenitrice del file sharing e di youtube, almeno per i suoi film; questi mezzi ora permettono di ottenere quello che lei sognava, che tutti potessero tornare a vederla giovane.

mercoledì 11 febbraio 2015

Grey Gardens, Dive per sempre - Michael Sucsy (2009)

(Grey gardens)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Film per la tv che mostra la vita delle due protagoniste dell'omonimo documentario degli anni '70; il favoloso passato negli anni '30 ricco di speranze e traumi, la vita fatua degli anni successivi, il degrado e la follia dagli anni '60 in poi, il posto al sole ricevuto, brevemente, dal successo di critica del film dei fratelli Maysles.

Come si è già avuto modo di dire, i film per la tv hanno raggiunto picchi di qualità insperata, in molti casi il merito è della HBO. Questo film non fa eccezione.
E credo sia da sottolineare quanto sia didattico questo film; idea di partenza bellissima e bankable fin da subito (il documentario è un cult negli USA e le due donne sono parenti dirette di Jackie O, La First Lady per definizione); messa in scena di primo livello con location costruite al computer senza troppo ferire e interni impeccabilmente ricostruiti (bellissimi per opulenza quegli degli anni '30, bellissimi per specularità con quelli reali quelli degli ultimi anni delle protagoniste); cast enorme che riproduce alla perfezione i personaggi già visti. A fronte di ciò un eccesso di fretta nel risolvere nel minor tempo possibile il maggior numero di anni; inoltre una tendenza all'ipertrofia, al voler mettere tutta la carne al fuoco anche se non ce ne sarebbe bisogno.

Per chi non ha visto, e non vuole vedere, il documentario; questo è un buon film che mostra come si possa partire dall'alto e morire rinchiusi in sé stessi senza che le persone a te più vicine si rendano conto di nulla o, peggio, coinvolgendo anche loro. In più ci sono due interpretazioni favolose delle protagoniste.

Per chi ha visto il documentario questo film è fondamentale; non so quanto sia vero, ma il perché del foulard della figlia o il come si sia arrivati a quel livello sono domande che il il film del '75 pone senza spiegare; qui invece si ottengono tutte le risposte.
In più c'è una Barrymore identica al personaggio reale nel muoversi, nei tic, nelle espressioni folli e negli atteggiamenti; dall'altra parte c'è una Lange meno copincollata esteticamente, ma che riproduce in maniera perfetta l'irritante vocetta stridula dell'originale (una ottima interpretazione in ogni caso).

venerdì 30 gennaio 2015

You don't know Jack, Il Dottor Morte - Barry Levinson (2010)

(You don't know Jack)

Visto in Dvx.

La vita di Jack Kevorkian, il medico americano che effettuò oltre 100 eutanasie (anche se tecnicamente permetteva alle persone di suicidarsi con metodi non dolorosi) su pazienti terminali e che lottò attivamente (in tribunale come nei media) per rendere completamente legale l'eutanasia e il suicidio assistito.

Se è vero che da anni la televisione (negli Stati Uniti e in Inghilterra soprattutto) ha alzato la qualità media delle serie (il recente "True detective" già dice tutto) e dei film tv prodotti, è anche vero che è la HBO a dettare il passo e a produrre (o solo a trasmettere) alcuni dei prodotti più interessanti. Nel campo dei film tv, i migliori (o i più intriganti) degli ultimi anni (penso ad RKO 281, Angels in America, Game change, Dietro ai candelabri, ecc...) vengono tutti da li; non tutti sono capolavori, ma tutti sono interessanti e tutti hanno un grande cast e budget invidiabili.

Detto ciò, questo è una di quelle produzioni. Un film tv girato da Dio (per gli standard televisivi) in colori delicati, macchina da presa che si sofferma a cogliere le luci soffuse sullo sfondo, che insiste nei volti dei personaggi; niente di epocale, ma una confezione ottima e delicata come vorrebbe essere la trama.
La storia è sorretta da un cast bellissimo, con una paio di nomi grossi infilati in parti secondarie (la Sarandon poco utilizzata, ma con un personaggio ben caratterizzato, Goodman colpevolmente troppo sullo sfondo, anche solo per un personaggio bello, ma piatto), una serie di comprimari all'altezza dell'obiettivo, ma soprattutto un Pacino in grandissima forma, invecchiato, anaffettivo, freddo, tagliente e deciso, praticamente irriconoscibile, praticamente una delle sue migliori interpretazioni da diversi anni.

Unica pecca è la storia. Ovvio che la trama parteggi per il protagonista, ovvio lo spingere sull'emotività, ovvio anche il dover far stare spunti diversi in un tempo limitato (la difficoltà di rendere una vita sullo schermo è proprio in questo), però il lavoro è fatto male. Si concentra sulla lotta a favore dell'eutanasia e scegli, per farlo, un tempo piuttosto lungo, dalla sua prima morte assistita al suo ultimo scontro in tribunale; nel mezzo però ci infila troppi spunti, diverse facce che vorrebbero rendere bene il personaggio, ma che alla fine portano via tempo al resto (la mostra dei suoi quadri, attitudine quella della pittura appena accennata in una scena precedente; il rapporto con la sorella risolto con uno spalleggiarsi mai spiegato e in una litigata; il rapporto con Goodman, sostanzialmente utile solo a mettere un altro nome importante di fianco a quello di Pacino; il personaggio della Sarandon, buono solo per far morire una persona vicina al protagonista); il risultato è quindi quello di dover accelerare sulle sequenze finali.
Con qualche decisione in più nella scrittura del plot si avrebbe avuto un film tv perfetto; al momento ci accontentiamo di un film tv molto bello.

mercoledì 27 novembre 2013

Sharknado - Anthony C. Ferrante (2013)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Una delle più grandi paure dell’uomo sono gli squali. Per fortuna è una paura autolimitante, si sta fuori dal mare e ogni problema è risolto… Era solo questione di tempo e prima o poi qualcuno avrebbe portato gli squali sulla terraferma; o meglio, il mare in città.
Un uragano si abbatte su Los Angeles con un carico di 20.000 squali. Un carico di 20.000 precisissimi squali, che ti piombano addosso con le fauci aperte e riescono a staccarti un braccio prima di schiantarsi sull'asfalto.

Filmaccio di serie B con effetti speciali ridicoli, ma dignitosi (no, non trovo che sia un controsenso); una regia di nome, ma non di fatto (tutto è costantemente sbagliato, dalle luci diverse da una scena all'altra, al montaggio). Quello che rimane è il gusto per l’idiozia che non si prende sul serio, ma anzi cavalca se stessa e propone esattamente quello che le si chiede; gambe staccate di netto, persone schiacciate da squali volanti, motoseghe dall'azione chirurgica, persone estratte vive (!), atti di inaudito (ma anche assurdo e scientificamente casuale) eroismo e giusto quel po’ di romanticismo e family drama che sono la base di ogni film made in USA. Insomma confeziona un film di serie B vero e proprio, non un omaggio canzonatorio, ma la materia prima cruda e onesta.

Se si ha un buon gruppo di amici e la birra giusta, la serata sarà un successo.

venerdì 12 luglio 2013

Addio Miss Marple - John Davies (1987)

(Agatha Christie’s Miss Marple: sleeping murder)

Visto in VHS.

Per chi è appassionato di gialli (o di Agatha Christie) i film con protagonisti Miss Marple/Poirot sono un genere a parte. Questo è un genere dove la storia non conta perché sai già che ti piacerà, è un genere dove i personaggi non contano perché sai già che ti piaceranno, non te ne frega niente  di ste cose.

Quello che conta è che l’ambientazione vintage (soprattutto anni ’20-’30, solo in pochi casi gli anni ’50) sia impeccabile e che gli attori protagonisti siano adatti.
Questo film per la tv si occupa della prima parte con un certo impegno; non furoreggia come nei migliori esempi con Poirot come protagonista, però fa il suo lavoro al minimo sindacale portando a casa la pagnotta.

Il vero problema qui è la protagonista. Assomiglia alla mia prozia di Como, vecchietta ben avanti con gli anni, simpatica, gentile, discreta, affilata (esteticamente), ma curiosa e sempre attenta a quello che le succede attorno… si insomma, niente di che come personaggio. Non interessa, non convince… non ha appeal. Di fatto il film è perso. (Joan Hickson è comunque brava nella parte e verrà spesso utilizzata dalla tv inglese, tuttavia non mi pare proprio la scelta migliore sulla piazza).

Se poi ci si aggiunge che questo film tv si trascina avanti per 2 ore con lentezza e noia direi che è del tutto perdibile.

Per la storia rimandiamo a fonti con più spoiler.

venerdì 29 marzo 2013

Game change - Jay Roach (2012)

(Id.)

Visto in tv.

La campagna elettorale di John McCain riceve uno scossone dalla scelta, improvvisa, di Sarah Palin come vicepresidente. Questo film per la tv della HBO ne descrive tutto lo svolgimento, dall’arrivo della Palin sul set politico nazionale fino alla sconfitta di McCain, dal punto di vista di un uomo dello staff di McCain stesso.

Strano come Jay Roach sia affascinato dalla politica, dopo una sana carriera come regista di film comici di un certo livello (tendenzialmente basso), questo è il secondo film tv sulle elezioni americane che realizza, non sorprende quindi che abbia infine unito le due passioni di una vita in “Candidato a sorpresa”.

Di per se è un buon film considerando che è un film tv… Piuttosto rigido nella regia, scontato e con il pilota automatico in certe parti e con una tendenza allo stucchevole per velocizzare certi passaggi che altrimenti diventerebbero noiosi (quando la Palin fa il suo primo discorso si sente tutto lo staff esultare per le capacità della candidata, ma in realtà quello che io ho sentito era solo lo stralcio di un discorso senza particolare appeal).

Il motivo per cui il filmetto in questione può valer la pena d’essere visto è che la Palin tutto sommato diventa semplicemente una maschera. Rappresenta l’uomo di provincia, magari con convinzioni discutibili, ma onesto, sinceramente dedito al bene del paese (o quello che considera tale), realmente affascinato da chi gli sta al fianco; rappresenta l’uomo di provincia, dicevo, che viene preso da quel sistema politico perché utile alla causa e buttato allo sbaraglio, con qualche successo e molte sconfitte, con qualche soddisfazione e molte umiliazioni personali; con la sua grinta e la consapevolezza che è la sua unica possibilità e con tutto lo sconforto, l’insicurezza di cui è capace. Poi tutto questo viene affogato nei classici sentimenti statunitensi e la confortante morale del sii te stesso. Comunque il film intrattiene bene e lo si guarda senza rimpianti.

Ah già; Julienne Moore è identica in tutto e per tutto alla Palin. 

lunedì 25 marzo 2013

Film per non dormire: La stanza del bambino - Alex De la Iglesia (2006)

(Peliculas para no dromir: La habitación del niño)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una famiglia si trasferisce in una casa maledetta ed il marito, nel monitor che usano per guardare il bimbo neonato, comincia a vedere delle strane presenze. Inizierà ad essere scorbutico in famiglia, si rivolgerà a persone che potrebbero aiutarlo, ma che si limitano ad aggiungere minutaggio inutile al film, finchè non capirà cosa sta succedendo; ma il capire non significa essere in grado di evitare il peggio.

Alla prova tv De la Iglesia crolla rovinosamente. Imbastisce un film horror piuttosto classico, ma nello stesso tempo complicato e farraginoso, con diversi WTF che possono spuntare ad ogni angolo, gioca a fare il mestierante pacato e nella media, ma cade in maniera stupida. Non c’è tensione, non ci sono idee epocali (anche se si fa di tutto per sembrare originali), l’immaginario simbolico che viene mostrato è quello classico (cosa che De la Iglesia non si era mai abbassato a fare, creando sempre una serie di simboli personali anche quando si parlava di concetti mainstream come satana); ma soprattutto manca il mondo malato e cattivo di De la Iglesias. Il peggio è tutto qui, il film è ambientato nella realtà quotidiana, con personaggi normali; non c’è il solito campionario di freaks fisici e/o morali, non c’è il solito substrato originale e fuori di testa. È solo un film horror normale venuto male. 

venerdì 7 ottobre 2011

Don't drink the water - Woody Allen (1994)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale con sottotitoli in italiano.
Durante la guerra fredda, tre turisti americani in gita in un, non meglio precisato, paese dell’est. Braccati per sospetto spionaggio finiranno nell’ambasciata USA, in cui il figlio dell’ambasciatore sostituisce il padre che è tornato in patria. Ovviamente una serie di idiosincrasie e di sbagli condurranno fino al lieto fine.

Tratto da un’opera teatrale dello stesso Allen, già portata sullo schermo nel 1969 da Howard Morris con "Come ti dirotto il jet". Quel film però (che non ho visto) deve aver disgustato profondamente Allen, visto che a distanza di una trentina d’anni si sentì in obbligo di farne un remake come film per la tv.

Comunque sia la storia è il classico Woody Allen dei ’60, ironico, ma quasi mai del tutto divertente, che crea situazioni di ambiguità, cita la magia e un paio di altri suoi topoi classici.
Come regia Allen crea una serie di piani sequenza che girano intorno alle scene che si svolgono forse per omaggiare l’origine teatrale del film, o forse solo perché i soldi e il tempo erano pochi.

Il film intrattiene bene anche se non aggiunge nulla al curriculum del regista, va detto che si inserisce come una nota positiva nel declino che stava subendo la produzione di Allen negli anni ’90.

lunedì 13 dicembre 2010

La seconda guerra civile americana - Joe Dante (1997)

(The second civil war)

Visto in VHS.

Il governatore dell'Idaho stanco dei continui arrivi di bambini profughi dal Pakistan decide di chiudere le frontiere; questo ovviamente scatena le ire del governo centrale che gli impone di fare dietrofront, purtroppo pare che il governatore sia più intenzionato a sedurre nuovamente una giornalista piuttosto che interessarsi a questioni politiche, e ciò causerà seri problemi e... beh lo dice il titolo, la seconda guerra civile americana. Il tutto viene filtrato attraverso l'onnipresente occhio di una rete televisiva.
Commedia brillante di Dante (ah ah ah) che spara a zero su tutti; sulla tv ovviamente con le solite invettive; ma anche contro la stupidità o l'inaffidabilità dei governi; contro la fame di fama delle ong; ma soprattutto contro le enormi contraddizioni interne agli stati uniti (il momento migliore sono le reazioni dei vari stati alla dichiarazione di secessione dell'Idaho). Certamente non è priva di previdibili ingenuità o esagerazioni, tuttavia il quadro che ne esce è una rappresentazione ironica e calzante del patchwork culturale degli USA (completi di vizi consolodita e mitologie passate). Dalla sua poi Dante decide di non avere un punto di riferimento unico, ma di sfruttare un cast corale per un racconto ampio, utilizzando in maniera corretta quasi tutti i personaggi. Il cast poi è un tripudio di comprimare che qui finalmente vengono valorizzati (su tutti fa piacere vedere il buon James Earl Jones utilizzato come faccia pulita della tv e come voce narrante del film) con in più un paio di camei gustosissimi (Coburn come consigliere del presidente, ma soprattutto l'amato Corman come il tizio preoccupato per gli inserzionisti stranieri).
Il film ci prova, a volte sbava, ma il risultato finale vince e convince (e diverte).

PS: toh, imdb mi sussurra nell'orecchio che questo è un film per la tv... pensa te cosa riescono a fare in america mentre noi produciamo nonno libero.

venerdì 15 ottobre 2010

I clowns - Federico Fellini (1970)

(Id.)

Visto in DVD.

Semi-documentario e semi-film felliniano realizzato per la tv e che viene normalmente considerato l'inizio della trilogia sulla memoria (che si concluderà con "Amarcord", ovviamente).
L'incipit è stupendo, realizzato da dio, semplicemente una festa per gli occhi che mostrano quanto Fellini abbia influenzato il modo di percepire e di mettere in scena il mondo circense.
L'inizio è a mio avviso la parte migliore (ed in effetti è quella più cinematografica); con l'introduzione del circo nell'infanzia del regista stesso ed il paragone della follia dei personaggi che ne fanno parte con i corrispettivi presenti nel paese; come a sottolineare che il circo non è un mondo a parte ma un microcosmo che rispecchia la realtà entro cui i diseredati dal mondo si trovano più a loro agio in quanto la follia o la stranezza sono ben accette (ed in questo senso anche il gruppo di operatori che Fellini si porta dietro durante il film, a mio avviso serve allo stesso paragone; non per niente c'è Alvaro Vitali!).
Dopo l'incipit il film si perde in un documentario dignitoso ma inutile, abbastanza noioso in quanto tratta di un argomento con molto molto poco interesse. Fellini da signore com'è riesce perfettamente a rendere il senso di tempo perduto, di "fine della festa ora non ci resta che ripulire", ma il tutto si perde in gag assolutamente non divertenti e rendono solo il riflesso di quello che poteva essere il mondo rappresentato.
Un film abbastanza inutile, adatto agli appassionati del regista.

sabato 23 gennaio 2010

Un fidanzato per mamma e papà - Ron Underwood (2007)

(Holiday in handcuffs)

Visto in tv.

Banalissimo film sentimental/natalizio dalla trama solo più stupida del solito e personaggi più incoerenti, insensati e macchiettistici; una regia canonica e assolutamente ininfluente completa il quadro... allora perchè l'ho guardato?
Per due motivi fondamentali:
In primo luogo i due protagonisti sono Sabrina e Slater di Bayside school!!!! Come dire un ritorno nell'infanzia e nell'adolescenza nello stesso tempo (lei è invecchiata da far paura, mentre lui è sostanzialmente identico).
In secondo luogo, ha un inizio magnifico, o meglio magnificamente demente, con una cameriera folle che rapisce un tizio che sta per chiedere alla sua fidanzata di sposarlo, lo minaccia con una pistola, lo ammanetta con manette pelose e lo trascina non consenzientemente ad una cena dai suoi parenti spacciandolo per il suo fidanzato... e contro ogni pronostico e plausibilità il piano funziona nonostante i continui tentativi del ragazzo di fuggire (!). Un capolavoro di arte idiota che avrebbe meritato un trattamente migliore, e invece com'è prevedibile i due si innamorano lo stesso eccetera eccetera eccetera