mercoledì 20 febbraio 2013

Bande à part - Jean-Luc Godard (1964)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una coppia di amici circuiscono una ragazza per farsi aiutare a rubare nella casa di sua zia. Il film si dipana fra corsi di lingua, chiacchierate in macchina, bevute in un caffè e progetti rapinosi fino al colpo finale.
Se Godard affascina con la regia (un po’ tutti i cinefili), ma annoia a morte con il film in toto (questo vale solo per me), quest’opera è un’ottima via di mezzo.

La regia fascinosa si spacca; una rigida macchina da presa che un giorno sarà tarantiniana segue i ragazzi negli esterni; una macchina da presa mobile e folle come in Fino all'ultimo respiro (ma con più coscienza degli spazi) gestisce gli interni della casa. Al solito la regia gratifica sempre.

La trama di per se semplice e smorta è comunque una delle più ingenuamente carine di Godard, ma quello che vince è il tono. Il film è un’evidente presa in giro del noir che oggi diremmo classico, del noir americano (e molto meno del polar), con una voice off che vorrebbe essere profonda, ma si riduce ad essere superficiale; con un andamento della storia che continua  bloccarsi in tempi morti cretini, ma affascinanti (il ballo nel caffè è giustamente famoso quanto la corsa nel Louvre); ed il finale è il coronamento perfetto, seppure un poco eccessivo, di un film farsa.
Per carità i tempi morti “alla francese” ci sono comunque, soprattutto all’inizio, tuttavia è uno dei film di Godard che più ho apprezzato (e sopportato).

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