lunedì 4 marzo 2013

Le mani sulla città - Francesco Rosi (1963)

(Id.)

Visto in Dvx.

Un faccendiere napoletano (Steiger), palazzinaro senza remore, è profondamente invischiato nella vita politica del comune, ma alla vigilia delle elezioni uno dei suoi palazzi crolla, apparentemente senza motivo. Le elezioni alle porte, le indagini di un consigliere dell'opposizione, l'arroganza del palazzinaro che vuole essere assessore a tutti i costi e le beghe interne al partito (mai nominato) provocheranno molte reazioni, non ultima la fuga del faccendiere dalla maggioranza per finire in un partito di centro (moralizzatore a parole) con cui riuscirà a costituire una nuova maggioranza.

Asciutto e spietato (ma con una certa tendenza all'ostentazione dei caratteri) Rosi delinea un mondo più che un singolo personaggio. Descrive un modo di vivere, un sistema che crea mostri e che si auto mantiene e riproduce. Si muove fra caratteri e personaggi, agli antipodi, ma solo perché rappresentano le due facce di una stessa moneta. Carica il lavoro di un nitore e una trasparenza impressionante e butta tutto il peso di un film densissimo sulle solide spalle di un ottimo Rod Steiger e su quelle più gracili, ma forse più esperte, di una selva di caratteristi tutti perfetti al loro posto. Quello che ne viene fuori è un film che sembra un documentario tanto è dettagliato, a che scorre via con la velocità e la grazia di una puntata di un telefilm, tanto è ben narrato. L’eternità della storia lo rende sempre attuale.
Magnifico, osannato con cognizione di causa.

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