venerdì 26 aprile 2013

Canzoni del secondo piano - Roy Andersson (2000)

(Sånger från andra våningen)

Visto in Dvx in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un uomo da fuoco al proprio negozio per avere i soldi dell’assicurazione, si re-immette nel mondo del lavoro vendendo crocifissi su suggerimento dell’amico, ma la cosa non andrà a buon fine e l’uomo, dilaniato fra un figlio impazzito per troppa poesia, un altro incapace nel prenderne il posto ed un socio di lavoro morto suicida si ritroverà solo ad affrontare una sorta di apocalisse mai dichiarata.
Detto così sembra esserci una storia, in realtà questo riassunto prende vari spezzoni del film che sono inframmezzati da altri con personaggi avulsi dalla vicenda, ma che tornano periodicamente (l’impiegato gay che fugge all'aeroporto, l’ex generale filo nazista in casa di riposo ecc…). Inoltre l’atmosfera generale è un personaggio a se, un ambiente urbano asettico, ma mai riconoscibile, funestato da eventi inspiegabili (una casa che si muove), da un’umanità al limite e anche oltre (le persone vestite da ufficio che si fustigano per le strade) e una serie di eventi normali, ma che avvengono senza una causa (l’ingorgo d’auto); tutto questo si fonde a dare l’idea di una possibile fine del mondo, mai dichiarata (di fatto neppure nella buffa scena di fuga con le valige) e mai spiegata.

Il regista fa scelte precise e costanti: ambienti scarni, personaggi e vestiti anonimi, colori insipidi e malaticci, inquadrature fisse, tempi dilatati, lunghi silenzi, profondità di campo esagerata, un’azione principale svolta in primo piano spesso di dubbio interesse immediato e in secondo o terzo piano un’azione simbolica spesso folle. Tutto ciò concorre a creare un film che è atmosfera più che storia, che è allegoria più che dichiarazione d’intenti. Ovviamente un significato lo si trova ed è la rappresentazione di una società priva di valori che si va sfaldando, dove non c’è comprensione o complicità neppure all'interno delle famiglie dove tutto (dal rapporto genitori-figli ai rapporti sessuali fra coniugi) è declinato ad una freddezza meccanica e ottusa.

A livello di stile, quello che lo differenzia da film dai tempi dilatati tipici di un certo cinema nordico o della pretesa autorialità all'europea è l’ironia, il senso del grottesco che qui fanno da padroni quasi in tutte le scene, quasi su ogni smorfia dei personaggi o sui corpi degli attori. Poi in più c’è la surrealtà. Non ricordo un film surreale meglio realizzato (ma soprattutto meglio narrato) di questo che non fosse di Lynch.

Un film che è una curiosità facile da odiare, ma piuttosto soddisfacente se non ci si annoia.

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