lunedì 20 novembre 2017

Zangiku monogatari - Kenji Mizoguchi (1939)

(Id. AKA La storia dell'ultimo crisantemo)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Il figlio di un noto attore di kabuki sembra non aver preso il talento del padre; quando, per giunta, si innamorerà di una ragazza di umile estrazione si allontanerà dalla famiglia vivendo in povertà. Trascorsi 5 anni, e dopo un duro apprendistato, sarà divenuto un ottimo attore, la famiglia gli chiederà di tornare e la ragazza, per amor suo, si farà da parte senza che nessuno glielo chieda per permettere il ritorno. Il giorno del grande successo di pubblico del ragazzo, la ragazza starà morendo, ma vorrà che lui non le rimanga vicino per non togliergli il suo momento di gloria.

Mizoguchi è uno che ha sempre fatto melodrammi durissimi senza sfociare nel sentimentalismo più spitno in un miracolo di equilibrismo quasi sempre mantenuto. In questo film, non solo le regole del suo cinema sono rispettate, ma per tutta la durata non sembra neppure di assistere ad altro che a un dramma familiare, con un'impennata di melodramma nello straziante finale.
Da molti considerato il film più femminista di Mizoguchi, credo che la definizione sia esagerata, il personaggio femminile è il più potente della filmografia del regista e rappresenta in toto la figura della donna angelicata classica, ma ha più i contorni della martire che non della ragazza emancipata; più che un film femminista è un film femminile, o almeno con un grande rispetto per la sua protagonista (l'unica, a mio avviso, a uscirne bene).

Lo stile di regia è ottimo, basato tutto su lunghi piani sequenza, per lo più con carrelli laterali; evidentissimo nell'ottima scena del treno con l'inquadratura dall'interno all'esterno e molto ben realizzato nella lunga passeggiata notturna dell'inizio. Inoltre la macchina da presa si muove attorno o dentro le location sfruttando in toto gli spazi ricostruiti (in una sequenza il teatro viene mostrato nel suo complesso, anche se in porzioni distinte, prima la platea e il palco, poi il dietro le quinte e quindi lo spazio sotto il palco).

Unico neo sono, ovviamente, i ritmi dilatati che gonfiano il minutaggio in maniera eccessiva.

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