giovedì 27 ottobre 2011

This must be the place - Paolo Sorrentino (2011)

(Id.)

Visto al cinema. Una pop star anni ’80 vive in un isolamento d’orato in Irlanda, con la moglie più maschile di lui ed il rimorso per una paio di morti sulla coscienza. Ovviamente la pop star non si è più separata dal suo personaggio di 30 anni prima e gira ancora con trucco, smalto e capelli cotonati; e si trova in uno stato mentale infantile sul modello di Forrest Gump, con una lucidità mentale ed una comprensione delle cose decisamente superiore, molta ironia ed una piacevole dose di cinismo. La morte del padre (ebreo) lo costringerà ad imbarcarsi per gli USA (ha paura degli aerei). Una volta giunto al capezzale cercherà di sopire il rimorso dei decenni passati senza un dialogo con il genitore andando alla ricerca dell’uomo che, ad Auschwitz lo umiliò. Sulla strada maturerà, comincerà a fumare (solo i bambini non sentono il bisogno di fumare), si imbarcherà su un’aereo e una volta tornato a casa riuscirà a venire a patti con il suo aspetto ed il suo passato.

Diciamolo subito; Sorrentino è bravissimo come al solito, gestisce carrelli e dolly meglio di Scorsese, usa il montaggio come un Meyer o un Wes Anderson, ha la solita fotografia chiassosa e brillante e la solita colonna sonora che parla quanto le immagini (canzoni pop rock dagli anni ’70 in poi e musiche originali di David Byrne).

Poi diciamo anche che Sean Penn è eccellente, il personaggio è una macchietta, ma lui gli da uno spessore notevole senza essere mai eccessivo. Quasi non sembra lui.

Detto ciò questo film rispetto ai precedenti è al contempo più canonico e più inconcludente. Più canonico in quanto il protagonista è il solito personaggio alla Sorrentino (alienato, separato dal mondo in un egocentrismo particolare e da tic personalissimi, un freak moderno), che però stavolta ha un’evoluzione vera e proprio, una crescita che in quasi tutti gli altri film non c’era (tranne che ne Le conseguenze dell’amore). Più inconcludente perché è questa l’impressione che mi ha lasciato, il protagonista incontra persone, vive esperienze e visita luoghi che rimangono tutti quanti sullo sfondo, ognuno carico di storie e caratteristiche particolari che servono solo a riempire il film, non ad interfacciarsi con Sean Penn.

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