lunedì 14 gennaio 2013

L'oro di Napoli - Vittorio De Sica (1954)

(Id.)

Visto in DVD.

Film a episodi diretto con gusto da un De Sica in gran forma e con una spiccata voglia di far commedia.
Nel primo Totò è un mattariello nella cui casa si è installato un boss di quartiere; nel secondo la Loren è una moglie fedifraga che per non dover dire dove ha realmente lasciato l’anello regalatole dal marito riferisce di averlo perduto nell'impasto delle pizze appena vendute; nel terzo De Sica stesso è un nobile a cui la moglie non lascia portar fuori di casa neppure un soldo per la smania di giocare a carte e la prerogativa di perdere sempre, si consolerà sfidando un bambino; nel quarto la Mangano è una prostituta che viene chiesta in moglie da un ottimo partito in modo assai ambiguo; nell'ultimo De Filippo è un saggio locale che dispensa consigli (sempre efficaci) a pagamento.

Gli episodi sono estremamente scarni, nella maggior parte si può a fatica trovare una storia vera e propria (quello con De Sica e De Filippo non hanno né incipit né fine) e tutti comunque peccano in una trama realmente appassionante… ma d’altra parte è evidente che l’obbiettivo non è questo. Gli episodi sono solo un pretesto per parlare di una certa Napoli, di una certa napoletanità (come viene apertamente scritto ad inizio film). Le storie non sono importanti in se, ma in quanto mostrano dei personaggi che in venti minuti schiudono tutto un mondo, una profondità che va ben oltre la durata della puntata stessa e, quasi in tutti, nel farlo regalano qualche piccolo momento di poesia (poche eccezioni, personalmente direi solo la Loren non ne ha) e molta ironia (ovviamente l’episodio della Mangano ne è completamente privo).

Impossibile dire quale sia il preferito perché tutti veicolano qualcosa ed è inutile fare una graduatoria degli attori perché tutti sono totalmente in parte, sembrano nati per fare quel personaggio e danno sfoggio di se e dei tic che li accompagnano sempre, ma declinandoli all'ombra del Vesuvio… indubbiamente però l’episodio che più mi è rimasto impresso è proprio quello della Mangano, l’unico dramma in mezzo a tante commedie non può non colpire in maniera particolare, e poi quella mancanza di speranza nel finale, quella rassegnazione sono una strizzatina d’occhio a quanto De Sica sa fare nell'ambito melodrammatico.

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