mercoledì 23 novembre 2016

Joshû 701-gô: Sasori - Shunya Itô (1972)

(Female prisoner #701: Scorpion)

Visto in Dvx in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una donna viene sedotta da un poliziotta che la convince ad aiutarlo per incastrare dei criminali. Facendo da esca verrà picchiata e violentata e il poliziotto si dimostrerà totalmente disinteressato, lui puntava solo agli arresti e lei era solo un oggetto. Cercherà di vendicarsi, ma sarà arrestata; nel carcere diventerà la vittima preferita dei secondini e il target delle frustrazioni delle altre detenute.

Il film è di per se una risibile e grottesca galleria di violenze psicologiche e fisiche su una donna forte, dico risibile per il piglio cartoonesco che rende il tutto per nulla impressionabile e per l'insistenza voyeristica. Tutto ciò però può far perdere rapidamente interesse per un film che, per il resto, vive solo del numero (decisamente ragguardevole) di tette che vengono esposte. Per carità, queste sono le direttive per ogni buon film del genere donne in carcere... ma qui c'è di più.

Qui c'è una regia pazzesca, dinamicissima, fatti di montaggio rapido, inquadrature articolate e sghembe, rapidi movimenti di macchina da presa e zoom; il tutto con un occhio all'estetica generale (costruzione delle immagini e fotografia complessiva) senza farsi prendere troppo la mano sul colore. In poche parole, il meglio della regia tipica anni '70.
Ma ancora Itô non si accontenta e aggiunge alcune sequenze che rappresentato dei picchi di autorialità inaspettata (il flashback realizzato quasi in un'unica sequenza con scenografie mobili simile a quello che farà Coppola con "Un sogno lungo un giorno"), crossover di generi (la collutazione nella doccia con la donna trasformata in un demone da teatro kabuki) e spunti espressionisti (il cielo durante la rivolta delle carcerate con i badili).

Un film da vedere.

PS: protagonista la bellissima (e cinematograficamente violenta) Meiko Kaji (futura "Lady Snowblood") che canta la tarantiniana "Urami bushi".

PPS: il costume di Sasori (così come il nome) è citato in "Love exposure" di Sono... come un pò l'intera struttura del finale.

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