venerdì 17 febbraio 2012

Il dubbio - John Patrick Shanley (2008)

(Doubt)

Visto in tv. Mi permetto di citare per la trama:
E’ il 1964, a St. Nicholas nel Bronx. Un deciso e carismatico prete, Padre Flynn (Philip Seymour Hoffman), sta cercando di allentare i rigidi costumi della scuola, che vengono custoditi gelosamente da Sorella Aloysius Beauvier (Meryl Streep), la Preside con il pugno di ferro che crede nel potere della paura e della disciplina. I venti del cambiamento politico stanno soffiando all’interno della comunità e in effetti la scuola ha accettato il suo primo studente di colore, Donald Miller. Ma quando Sorella James (Amy Adams), un’innocente piena di speranza, condivide con Sorella Aloysius il suo sospetto che Padre Flynn stia prestando troppa attenzione a Donald, Sorella Aloysius è felice di iniziare una crociata sia per svelare la verità che allontanare Flynn dalla scuola; senza uno straccio di prova se non la sua sicurezza morale.

Questo è un film tratto da un’opera teatrale e lo si vede dalla rigida struttura, dagli spazi ripetuti di continuo, dall’importanza dei dialoghi sulle azioni. Ma quello che più di tutto salta all’occhio è che questo è, prima di tutto, uno scontro fra attori. Sono i due personaggi principali a fronteggiarsi, ma lo scontro vero e proprio è tra le grandi personalità e tra le recitazioni di Meryl Streep e Philip Seymour Hoffman. Per quanto il film sia empatico ed emotivamente convincente, in ogni attimo viene da pensare a quanto sia bravo Hoffman a sembrare sempre in bilico tra innocenza e colpevolezza a quanto sia brava la Streep a creare il personaggio di una vecchia acida e intuitiva. Prima di tutto c’è lo scontro fra questi attori che si contendono il dominio della scena a colpi di battute pronte, scene madri e piccoli tocchi continui.

Detto ciò veniamo al film. La trama è effettivamente ben fatta, tutta giocata (ovviamente) sul dubbio, il dubbio su ciò che sia accaduto fra il ragazzo ed il prete, il dubbio sulla fede del prete, il dubbio sull’aver agito per il meglio della giovane suora. E se il personaggio della Streep appare come il più negativo nella pervicace ricerca di una verità decisa in partenza, c’è anche da dire che il film non le da contro a priori, la mostra invisibilmente utile (aiuta la suora cieca senza farlo sapere per evitare che venga allontanata; aiuta la giovane suora a tenere la classe), vittima essa stessa del dubbio, ma soprattutto pronta a tutto ad abbattere il male assoluto rappresentato da un prete pedofilo (peccato che sia una convinzione senza prove reali). Dall’altra parte Hoffman offre un prete moderno, aperto e simpatico, ma che fin dall’inizio offre una certa ambivalenza, è solo un umore più che una realtà, ma esattamente come Maryl Streep, anche lo spettatore ha l’impressione che qualcosa non funzioni; poi quando il caso esplode si parteggia per forza con lui.

Come si è detto è un film di dialoghi; verboso oltre ogni immaginazione, ma terribilmente affascinante; personalmente voto come miglior dialogo il primo avuto apertamente fra Streep e Hoffman; come il più struggente quello avuto con la madre del ragazzo. Certamente aiuta la regia. Una regia sostanzialmente invisibile, che lascia agli attori il carico di responsabilità e visibilità che gli è dovuto, ma non si sottrae e non si prostra, non si limita a mettere il pilota automatico. C’è un profluvio di inquadrature sghembe e riprese dal basso; c’è un uso emotivo e/o simbolico degli oggetti dallo squillo del telefono come fattore di tensione o la finestra aperta. Gli oggetti vengono anche sfruttati, più banalmente, come veicoli di informazione o sfogo dello stress (la penna a sfera, la lampadina che si brucia) e poi c’è il vento, che da “Narciso nero” in poi ha sempre il suo peso.

In definitiva un film davvero coinvolgente, realizzato in maniera semplice, ma all’altezza della trama raccontata. Non un capolavoro, ma un film ben riuscito.

Nessun commento: