martedì 1 luglio 2014

Synecdoche, New York - Charlie Kaufman (2008)

(Id.)

Visto al cinema.

Per prima cosa va detto: finalmente questo film è uscito pure da noi; considerando anche le enormi difficoltà che ho avuto per riuscire a vederlo per vie alternative...

Un regista teatrale (Hoffman) impegnato nella messa in scena de "Morte di un commesso viaggiatore" in cui sostituisce i personaggi anziani con dei giovani per scelta stilistica si ritrova ad avere una serie di sintomi sempre più inquietanti, il senso della malattia in avanzamento e della morte imminente cominciano a prenderlo. nel mentre la moglie pittrice sembra allontanarsi da lui, fino alla fuga in Germania con la figlia per una personale, non farà più ritorno.
Il protagonista vincerà un importante premio teatrale e deciderà di utilizzare il guadagno per la messa in scena di un lavoro originale che imiti il più possibile la vita; farà ricostruire una New York a grandezza naturale dentro ad un'enorme capannone, al cui interno ci sarà anche la copia del capannone stesso con un'altra New York in miniatura. sostituirà tutti i personaggi da lui incontrati con degli attori che li interpretino (l'idea è mettere in scena una giornata reale); a loro volta però questi personaggi sono interpretati da persone autentiche che prenderanno scelte autonome e dovranno pertanto divenire personaggi a loro volta; le sostituzioni verranno fatte in maniera sempre più spirituale (se mi si passa il termine) e meno realistica, sostituendo uomini con donne e viceversa. Nel frattempo il tempo stesso subisce variazioni, il protagonista non percepirò il fluire del tempo in maniera corretta e l'invecchiamento dei personaggi sarò a velocità diverse. Infine, la morte, sempre presente si farà sempre più addosso al protagonista, prima come idea (ossessione o volontà di rappresentazione), poi come reale decesso delle persone a lui vicine.

Film complessissimo di cui si può dire subito un paio di cose.
Regia inutile, non fa scelte eclatanti, non sottolinea in maniera impeccabile uno script enorme come era successo con i precedenti scritti di Kaufman. Purtroppo l'unico difetto da sottolineare è il ritmo a volte col freno a mano, che un regista migliore avrebbe, probabilmente, evitato.
Il cast è perfetto, tutti sono al loro meglio, credibili in ogni sequenza.

Detto ciò c'è da affrontare la storia. Perché Kaufman è un regista mediocre (viaggia nel mezzo senza enfasi), ma è uno scrittore titanico.
La storia è un continuo sostituire, personaggi, età, identità, gusti sessuali, parole e significati. Gli esempi sono innumerevoli e pervadono l'intero film; nonostante il tema inquietante e deprimente (perfetto il mood dell'incipit del film in cui la tensione, la paura della morte e della malattia sono di una densità palpabile) si trovano molti momenti ironici veramente divertenti.
La vera questione è: il film di cosa parla esattamente? Perché pur funzionando in maniera ottimale come veicolo di emozioni il senso ultimo del film sfugge. (apro una parentesi, il senso di un film a mio avviso non è necessario, come Lynch ci insegna, molto più utile è l'empatia che il film offre [la capacità di veicolare emozioni] e la fluidità di narrazione; tuttavia in un film del genere, dove gli stimoli sono multipli e molto particolareggiati, dove il film stesso si interroga sul senso di quello che viene fatto e, in cui l'autore è un noto scrittore di opere surreali, ma con un profondo senso dichiarato, ecco, in un film del genere, il fatto che ci sia un senso unico che racchiuda tutto questo è per me quasi una certezza).
Almeno quattro sono le ipotesi fattibili; che ordino qui dalla meno verosimile (per me), alla più realistica.
(ci sono alcuni spoiler, ma per la natura del film credo che non facciano perdere nulla del gusto della prima visione)

1- Si parla del solito (per Kaufman) viaggio nella mente di un personaggio, o del solito (per il cinema americano) viaggio all'interno di un sogno. Questo è la prima sensazione che il film mi ha dato. I continui lavori di sostituzione di persone, confusioni sul sesso e sulla sessualità dei protagonisti, i giochi di parole che rappresentano anch'essi delle sostituzioni di senso, la cronologia alterata, singoli dettagli simbolici senza alcuna spiegazione (su tutti l'appartamento in fiamme della Morton) sembrano propendere verso questa spiegazione e, di fatto, motiverebbero ogni evento con un meccanismo mentale di difesa della psiche umana che cerca di confondere le acque dei propri ricordi (di fatto il protagonista si trova in analisi).

2- Simile al precedente, ma con sostanziali differenze; sempre un viaggio nella mente di una persona, ma più esattamente un viaggio nella sua malattia. Il protagonista si chiama Cotard come l'omonima sindrome psichiatrica (chi ne è affetto può ritenere di essere già morto), così come l'evidente ipocondria della prima parte del film ed il riferimento alla psicosi (e la figlia del protagonista che gli chiede se lui può averla). La presenza della terapeuta con i riferimenti al suicidio, la tendenza a sostituire le persone con altre fittizie, la tendenza al controllo e quegli stessi meccanismi mentali che possono valere per il sogno (quindi il simbolismo e le sostituzioni) possono essere riportati anche in questa teoria. Non la storia di una psiche, ma le dinamiche tortuose di una malattia psichiatrica.

3- La storia della morte del protagonista. Che sia l'intera vita che passa di fronte agli occhi del moribondo (piuttosto confusa, ma di fatto devono essere concentrati molti anni nel breve periodo di un decesso) piuttosto che un limbo dove un uomo tira le somme di quanto accaduto la cosa impronta poco. I riferimenti alla morte sono continui, la paura del protagonista che lo contagia fin dall'inizio, la domanda diretta della psicoanalista (parlando di un suicidio gli chiede "e tu perché lo hai fatto?"), la morte come presenza inquietante (l'articolo del Nobel a Pinter viene per prima cosa interpretato come un coccodrillo; al protagonista vengono consegnate riviste mediche; le malattie da consunzione che sembrano affliggere un Hoffman sempre più anziano e consunto, la stessa consunzione che sembra affrotnare la città), infine l'incoraggiamento/indicazione finale a Hoffman stesso di morire data da una persona irreale, ma onnisciente dopo che per più di due ore il protagonista sembra aver ripercorso la sua esistenza e sembra essere sceso a patti con le proprie scelte del passato.

4- Che sia una storia surreale che tenti di veicolare un mood e basta (condizione che ho escluso all'inziio) o che parli della antura umana senza un'indirizzo più specifico... beh c'è sempre la possibilità. I riferimenti alle opere di Pinter e Kafka, le simbologie dense, ma poco correlate ad un'idea più definita, il gioco ad incastri nel finale, l'andamento tortuoso... la possibilità c'è e non la si può escludere.

5- La sineddoche è la figura retorica che indica la parte per intendere il tutto, è quindi logico che un film che parla del tentativo di un'opera d'arte di rappresentare la vita con tutti i dolori, le assurdità e le difficoltà (ma anche con i dettagli da poco, le tortuosità e con le storielle inutile) parli effettivamente della vita cercando di rappresentarla con tutti i dolori, le assurdità e le difficoltà (ma anche con i dettagli da poco, le tortuosità e con le storielle inutile).

PS: consiglio questo ottimo articolo sul film, non spiega molto di più, ma accumula ancora più dettagli.

2 commenti:

A.R. ha detto...

Sono parecchia indecisa su questo film...il trailer è sicuramente ambizioso, PSH è sicuramente una certezza ma ho paura di uscire dalla sala totalmente scombussolata...

Lakehurst ha detto...

sullo scombussolamento stanne sicura; sappi che è un film di poesia e non di prosa... per dirla semplicemente, pone domande senza dare nessuna risposta. Se la cosa la puoi accettare vacci sicuramente