mercoledì 20 maggio 2015

Bakha satang - Lee Chang Dong (1999)

(Id. AKA Peppermint candy)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un uomo si suicida durante un picnic organizzato per il ventennale della sua classe. Il film è composto da ampi segmenti che mostrano la vita di quell'uomo, ma vengono montati a ritroso fino a tornare proprio a quello stesso luogo del suo suicidio, ma venti anni prima.
Il film è composto da lunghe sequenze che mostrano la vita del protagonista in vari momenti della sua vita, ma sono montate a ritroso.
Si certo, come in "Memento", ma meno frenetico (e con un anno d'anticipo); chiaramente con meno motivi per poterlo fare. Eppure l'operazione riesce, non soltanto il senso invertito da più ritmo ad una storia che sarebbe altrimenti piuttosto ovvia, ma riesce anche a giocare con il pubblico, introducendo oggetti all'inizio del film (che è, in realtà la fine della vicenda) che sembrano all'apparenza banali o dall'oscuro significato, ma che vengono chiariti e resi densi di senso nel finale, facendo riconsiderare in toto quanto avvenuto; qualcosa di molto più simile a "500 giorni insieme".
Le caramelle del titolo, così come la macchina fotografica diventano veicoli di sentimenti in maniera maggiore che in un film tradizionale.
Il finale in cui si vede il protagonista ventenne andare nel luogo dove si suiciderà e sentirgli dire che pur non essendoci mai stato è come se conoscesse quel luogo è da applausi. Il magone che viene andando a ritroso e vedendo in che modo una vita piena di speranza è finita malissimo è perfettamente riuscito.
Non un film impeccabile, ma un'idea ben utilizzata che verrà riutilizzata in seguito con fortune alterne.

2 commenti:

Christian ha detto...

Questo è un mio "personal cult", con una sceneggiatura costruita benissimo (che peraltro anticipa "Memento", "Irreversible" e altri film "a ritroso") e un meccanismo da seduta psicanalitica (dove l'analista indaga sempre più all'indietro nella psiche e nei ricordi del paziente, per scoprire le cause dei suoi traumi, ciò che l'ha reso quello che è oggi. In più, la metafora dei binari del treno e la circolarità (come dici anche tu, si inizia nello stesso posto in cui si finisce, con premonizioni di essere già stati lì), molto orientale.

Lakehurst ha detto...

beh questo l'ho voluto vedere proprio dopo aver letto la tua recensione, mi aveva incuriosito e devo dire che rimane un film interessante, non impeccabile, ma da vedere