venerdì 14 ottobre 2016

Reazione a catena. Ecologia del delitto - Mario Bava (1971)

(Id.)

Visto in Dvx.

Una anziana contessa viene trovata morta e il marito scomparso, la figliastra della contessa con il partner torneranno a indagare su quanto avvenuto e per mettere le mani sull'eredità. Nel mentre molti altri delitti vengono commessi e molti interessi sull'eredità saltano fuori.

Trama esagerata ed esagitata che tende sempre a spostare il abricentro del film verso l'inverosimiglianza, tuttavia la trama persegue un'idea precisa e lineare e realizzata in maniera cinicamente efficace. L'idea è quella del singolo delitto che, con un effetto domino esponenziale, causa moltri altri delitti di persone sempre meno coinvolte nella vicenda iniziale. L'idea è splendidamente contenuta nel doppio titolo italiano di cui il sottotitolo è anche un ironico commento sull'ambiente in cui qualunque dei delitti successivi al primo nasce e si sviluppa.

Alla regia ci troviamo di fronte agli ormai usuali virtuosismi di Bava, la macchina da presa in continuo movimenti, la dedizione per la soggettiva, panoramiche e inquadrature angolate, ma soprattutto gli zoom (incredibilmente mai fastidiosi) anche estremi. Una serie di virtuosismi quasi continui che però in questo caso sanno essere tenuti a bada e non diventano mai manierismo.
Difficile non vedere in questo stile (anche se non in questo film cronologicamente tardo) le origini stilistiche di Argento (e dunque, almeno in parte, di una buona fetta del cinema di genere italiano e americano anni '70).

Al di là di queste valutazioni, questo viene spesso considerato uno dei primi slasher moderne ed è assodato che sia stato a dir poco seminale nel gettare le basi di stilemi che diventeranno la base dell'horror ormai classico (la connessione fra la promiscuità sessuale e la probabilità di essere uccisi) e le influenze saranno ancor più evidenti nel cinema di Carpenter e molti suoi colleghi successivi.

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