venerdì 5 febbraio 2016

Doppio gioco - Robert Siodmak (1949)

(Criss cross)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.

Un uomo cerca di riconquistare la sua ex moglie di cui è ancora innamorato; purtroppo lei si è risposata (sembra per disperazione) con un gangster violento. L'ex marito decide di tentare un colpo con il gangster per fregargli i soldi e fuggire con la donna. Siamo in un noir, il piano si risolverà in uno spargimento di sangue e tutti i progetti naufragheranno.

Erano mesi che non vedevo un noir e anni (letteralmente) che non vedevo un film di Siodmak. Splendido ritorno.
Un noir denso, teso certamente ai soliti giochi del destino (quanto viene calcata la mano al caso nell'incontro fra i due ex coniugi nella stazione centrale), ma con una tendenza agli inganni reciproci che è già dichiarazione d'intenti nel titolo. perché più che la sfiga, qui a governare è l'inganno dei personaggi, tutti stanno ingannandosi a vicenda, nessuno escluso; e ovviamente gli inganni si ritorceranno contro chi li ha orditi.

A livello di linguaggio Siodmak introduce una situazione di tensione che viene rapidamente messa in una luce molto diversa, per capire cosa sta succedendo si avvale del suo fidato flashback, uno stratagemma che rappresenta circa metà film; poi riprende il percorso normale della trama, ma avendo caricato di significati quello che sta succedendo e si lancia in una serie di scene memorabili.
Dal punti di vista estetico c'è un uso magistrale delle luci specie negli interne (bellissimo l'uso nelle scene nell'ospedale che caricano di ansia la lunga sequenza dell'uomo nel corridoio), Siodmak inoltre tende a inquadrare un personaggio di spalle in primo piano e gli altri in secondo piano a fuoco permettendo una estremizzazione dei dialoghi in campo e contro campo oltre all'uso enfatico di contrapposizione in certe scene (come nell'entrata di Lancaster nella sala dove si trovano i gangster nel locale a inizio film).

Come dicevo nel finale ci sono una serie di sequenze memorabili; su tutte la scena della rapina (totalmente inverosimile, ma esteticamente bellissima) costituita da colluttazioni, scontri e sparatorie incorniciate da una cortina di fumo; ma anche la scena finale con il villain che spunta dalla porta buia come uno zombie (o una Lady Macbeth alla Kurosawa).

Ottimo il cast con un Lancaster che ci sguazza sempre nel noir, un Duryea che si fa notare e una De Carlo meno brava nella prima parte, ma migliora nel finale.

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