mercoledì 30 gennaio 2019

So che mi ucciderai - David Miller (1952)

(Sudden fear)

Visto in Dvx.

Una autrice di opere teatrali si innamora di un attore, bravo, ma che deve scartare. Lo sposerà e lo porterà a vivere con sé in California. Dopo mesi di vita gioiosa una donna tornerà del passato del neo marito.

Un noir nettamente diviso in due parti. La prima è un film romantico, molto zuccheroso, ma incredibilmente spigliato, senza melodrammi, ma semplice, lento innamoramento e poi vita di coppia con un florilegio di espansività affettuose, ma scarno di picchi drammatici; a conti fatti buono, fuori contesto e fuori dal mood che ci si aspetterebbe, ma è una ventata di freschezza per la sobrietà.
La seconda parte è un noir più classico per temi, ma dinamico per lo svolgimento della storia; con un'idea piuttosto cretina, il gioco di gatto col topo viene capovolto due volte e lo showdown finale riesce, con un colpo solo (e questa volta, sarà poco credibile, ma non mi è sembrato così cretino) a sistemare tutto per il meglio. Alla luce della seconda parte, la lunga prima metà è estremamente utile per disseminare quegli elementi fondamentali per il passaggio al noir vero, ma rimane anche un esercizio di stile interessante (sicuramente Miller intendeva rendere più spietata la svolta noir, ma sarebbe potuto bastare un minutaggio più contenuto).

Il film si pregia della presenza di una Joan Crawford (qui anche produttrice esecutiva) estremamente brava nelle vesti della donna innamorata e semplicemente in parte per la metà thriller; come partner c'è un Jack Palance che ha gli stessi pregi e difetti del suo personaggio, bravo attore, ma senza il physique du rôle dell'affascinante seduttore.

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