mercoledì 7 maggio 2014

The last performance - Pál Fejös (1927)

(Id.)

Visto qui.

Un mago si innamora della sua giovane aiutante (e le chiederà di sposarlo) e mantiene vicino a se un altro irritante aiutante. Una notte trova in casa sua un disperato che gli sta svaligiando la tavola imbandita; decide di dargli una possibilità e lo assume come aiutante dell'aiutante. Gli diverrà molto caro finché non scoprirà (grazie all'aiutante odiato) che se la fa con la sua innamorata (proprio la sera in cui voleva pubblico il loro futuro matrimonio). Poker face come pochi finge che nulla sia successo, ma durante una performance con le spade fa uccidere l'aiutante odioso dal suo concorrente in amore. In tribunale confesserà per amore...

Al di là del finale incomprensibile (come al solito), che però smaschera un meccanismo intelligente, questo è un ottimo film.
Veidt veterano dei palcoscenici e dell'agnizione da il viso gelido ad un uomo innamorato che medita una delle vendette più intelligenti in maniera impeccabile come di consueto.
Intanto dietro la macchina da presa lo sconosciuto (per me) Pál Fejös fa miracoli. Se la trama nella fase centrale rallenta molto, la regia è una delle più movimentate che ricordi nel cinema muto. Una serie di carrelli continui in avvicinamento e in allontanamento (si pensi alla cena dell'annuncio del matrimonio con la mdp che corre continuamente sul tavolo); costruisce veri e proprio piani sequenza (l'inizio del primo spettacolo o il fuggi fuggi in teatro dopo la morte dell'assistente) che vedo qui per la prima volta nel cinema degli anni '20 (ma ora mi devo documentare); ma se anche tutte queste creazioni non ci fossero state, sarebbe sufficiente la lunga sequenza dello spettacolo iniziale a far applaudire (inquadrature da ogni angolazione, scena mostrata di spalle per inquadrare la sala e dare profondità all'immagine, inquadrature oblique per mostrare il dietro le quinte).

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