venerdì 10 luglio 2015

Io la conoscevo bene - Antonio Pietrangeli (1965)

(Id.)

Visto in Dvx.

Una (bella) ragazza della provincia toscana va a Roma a cercare il successo; lei si muove lieve tra un uomo e l'altro, tra un lavoro e l'altro, tra una persona e l'altra. Leggera e vacua com'è sembra essere inattaccabile dal dolore, ma anche lei mostra di avere dei sogni che vengono continuamente distrutti; finché, nel finale, non di mostrerà di non essere del tutto inattaccabile.

Difficile riassumere un film del genere; un film felliniano sotto molti punti di vista tra cui quelli della trama; un film composto da episodi disgiunti che si accumulano creando una storia, una trama, una psicologia e una vita di un personaggio che altrimenti sarebbe solo fatua, scioccherella, buona e distaccato. Il personaggio, proprio per queste caratteristiche è una Cabiria, meno combattiva e più passiva (oltre che molto più bella, dettaglio che ha il suo peso nella storia), ma assolutamente in linea con un personaggi della Masina standard.

Pietrangeli dietro la macchina da presa dimostra un dinamismo incredibile pur mantenendo quella levità che sembra essere la sua cifra stilistica (quella stessa levità presente in quel gioiellino di commedia leggere di "Fantasmi a Roma"), pur con i suoi movimenti di macchina e le scelte di regia molto pesanti, la messa in scena appare lieve, la trama sembra muoversi senza sforzo, ma con un effetto complessivo di empatia totale con la protagonista.
Beh come dicevo la regia è presente e visibilissima per tutto il film; con giochi di controluce, una vertiginosa inquadratura dal basso con il duomo di Orvieto (credo) alle spalle; inserti di flashback o montaggio parallelo per spiegare situazioni o rapporti senza usare le parole (o per sottolineare quanto viene detto); utilizzo estetizzante delle luci (bellissime quelle in notturna della scena dell’incidente per esempio); panoramiche circolari (la lezione di teatro dove il movimento si fonde con le parole); l’uso dei riflessi (negli specchi dell’ascensore, nei tavoli, nei parabrezza ecc).

A questo si deve aggiungere una serie di personaggi (interpretati da comprimari di lusso; si guardi il cast e si rimarrà sbalorditi) e diverse battute fulminanti ("O la macchina più grande o il vestito più piccolo") e tanto sentimentalismo, mai urlato e mai disturbante.

Pietrangeli lo conosco ancora poco, ma questo si candida a essere il suo film migliore; certamente è uno dei più grandi film italiani a essere quasi sconosciuto.

PS: Per storia, personaggi psicologie e intere sequenze... quanto mi ha ricordato "La grande bellezza" (basti la scena del salotto romano ).


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