lunedì 6 luglio 2015

Rosetta - Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne (1999)

(Id.)

Visto in Dvx.

Una ragazza figlia di un'alcolista e senza padre vive in un campeggio; licenziata da una fabbrica per riduzione del personale cerca disperatamente un lavoro; ma è un personaggio integerrimo, lo vuole regolare, nel frattempo cerca di sopravvivere con lavori provvisori.

Cosa succede se si mette il Dogma in mano a due documentaristi? Un film iperrealista per messa in scena e per trama (di fatto non succede nulla per tutto il film è solo il constante pedinamento della protagonista che cerca di tirare a campare) che pur sfruttando il sistema più abusato dagli autori europei che vogliono fare gli autori (appunto la camera mano e il pedinamento... si veda un più recente Mungiu), ma completamente scevro da ogni intellettualismo, serio, granitico, duro e sentimentale. Quel che vien fuori è un film sociale alla maniera inglese (la serietà inverosimile della ragazza mi ha ricordato Ken Loach e l'approccio distaccato, ma sentimentale anche Leigh), che empatizza subito, esalta le performance degli attori e permette di seguire con ritmo e stile una storia priva di trama o di fascino; e quando vengono mostrate scene banali di vita quotidiana, tutto risulta fradicio di sentimenti anche se inespressi; e quando arrivano i colpi bassi l'effetto è duro il doppio; e quando il finale, a cavallo fra il tragico e il consolatorio, finisce all'improvviso senza dare risposte, beh si è comunque d'accordo con i registi.
Se De Sica fosse un regista contemporaneo il suo neorealismo sarebbe fatto così.

Di fatto i fratelli Dardenne non inventano niente, ma riutilizzano benissimo una tecnica stanca che fino a quel momento aveva permesso di creare (capolavori quando si era fortunati, ma anche) film intellettualmente segaioli.

2 commenti:

Babol ha detto...

Angosciante ma bellissimo e, purtroppo, molto d'attualità.

Lakehurst ha detto...

con il finale (che diventerà classico per loro) aperto con una punta di positività e una d'angoscia