mercoledì 21 febbraio 2018

La donna di sabbia - Hiroshi Teshigahara (1964)

(Suna no onna)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Un professore di Tokyo, appassionato di entomologia, va per un weekend in una sperduta zona costiera giapponese; avendo perduto l'ultimo autobus per ritornare a casa decide di passare la notte da una dei gentili abitanti locali. Date le particolari condizioni orografiche le case sono infossate dentro a buche di sabbia dalle pareti ripidissime. Entrerà con una scala a pioli, ma non potrà più uscirne.

Straniante film di Teshigahara che collabora di nuovo (ma non per l'ultima volta) con Abe Kobo, mettendo su pellicola il suo romanzo più famoso. La prima cosa che si nota è la fedeltà al libro originale; riesce perfettamente nell'adattamento, lasciando nel film tutte le tracce necessarie, ma adattandole al mezzo diverso.
Teshigahara, ovviamente, lavora di immagini. Costruisce location perfette e incredibili; lavora di sovrapposizioni fra i volti dei personaggi e i paesaggi (o alcuni oggetti simbolici), si cocnentra su primissimi piani e dettagli che aumentano il senso di claustrofobia e, nella prima parte, inquadra ripetutamente il protagonista attraverso finestre o schiacciato fra oggetti messi in primo piano. Utilizza le luci e le ombre in maniera estetizzante raggiungendo uno dei vertici nella cerimonia degli abitanti del villaggio voyeur (la cura messa per inquadrare gli abitanti è tale da far diventare il "controcampo" dei due protagonisti mediocre).
Nonostante il ritmo non sia impeccabile regge egregiamente le oltre due ore chiusi in una location limitata con solo due personaggi in scena.

Le congetture circa il significato simbolico del film (parafrasi del totalitarismo; critica alla società giapponese dell'epoca; la parafrasi di un suicidio desiderato quanto temuto) per me si possono lasciare all'esegesi del libro; questo è comunque un film che riesce a trasmettere le sensazioni che voleva.

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