lunedì 4 maggio 2020

Divine Horsemen: the living Gods of Haiti - Maya Deren, Cherel Ito, Teiji Ito (1985)

(Id.)

Visto su Mubi, in lingua originale sottotitolato.

Maya Deren è una regista surrealista degli anni '40 (e già solo con questo credo che potrebbe riempire un libro di storie interessanti) che conosco solo in maniera indiretta per l'aura vagamente mitica e per una citazione sostanziosa nel Dizionario snob del cinema.
Sono rimasto quindi sorpreso dal sapere della sua passione per il voodoo che la portò (tra gli anni '40 e i '50) a passare un lungo periodo ad Haiti, a entrare in contatto con i sacerdoti locali che le permisero di riprendere numerosi riti oltre che di essere edotta sui significati di quanto stava avvenendo. Morta improvvisamente nel 1961 il materiale raccolto non fu mai montato. Ci pensò il marito, Teiji Ito, a metterlo insieme con la collaborazione della quarta moglie, Cherel, e a presentarlo nel 1985 (in realtà a i quell'anno pure Ito era già morto).

Operazioni del genere le guiardo sempre con sospetto non potendo sapere come doveva essere il film (pur se in presenza di appunti come i questo caso).
Per questo film però c'è una sequenza che risulta montata e doppiata (mi pare) dalla Deren stessa e che risulta essere la base per le scene precedenti e successive (doppiate invece da una voce maschile). Ciò non garantisce una totale aderenza all'idea originale, ma probabilmente è la cosa più vicina possibile.

Detto ciò il documentario è estremamente interessante perché mostra una pratica ipercaricata di strutture e idee che poco hanno a che fare (derivate sopratutto dal cinema) facendone piazza pulita. La scena iniziale già dice tutto, una festa in piena luce con persone che ballano in maniera sempre più convulsa e il soggetto che viene "cavalcato" che va in una sorta di trance con occhi rivolti al cielo; immagine che nello stesso tempo elimina anni di mistificazioni e rende comunque un senso di spiritualismo.
Come pecca c'è una certa ripetitività e un gusto per l'elenco e il name dropping delle divinità voodoo che può soddisfare un antropologo, ma che difficilmente farà portare a termine con facilità la visione (pur breve) a uno spettatore meno interessato alle abitudini culturali haitiane.

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