(Id.)
Visto su Mubi, in lingua originale sottotitolato.
Era quasi inevitabile che Jarmush, facesse un documentario sugli Stooges, dato il suo precedente su Neil Young e la sua amicizia, quasi venerazione, per Iggy Pop.
E non c'è che dire, Jarmush si conferma un grande utilizzatore d'immagini. Dovendo attingere a molte foto, qualche raro filmato, riesce a mantenere una qualità e un colpo d'occhio magnifici. Soprattutto con le fotografie d'epoca, sembra sempre avere quella giusta per la situazione (di solito al limite) raccontata, come se fosse stata presa proprio per essere utilizzata in questo documentario. Dove non arriva lo storico si ripiega su un'animazione bidimensionale molto semplice, veloce ed efficacie.
Le interviste attuali invee si limitano al normale lavoro con camera fissa e una scelta delle location che sembra casuale; è evidente che al regista interessa di più gestire il resto.
Il vero limite del documentario però è un altro e lo condivide con la maggior parte dei biopic: tutto viene mostrato come inevitabile, tutta la giovinezza è un prodromo fatale del futuro che rappresenta il gruppo. ma ancora di più pesa l'edulcorante Jarmush.
Il fattore urticante, non accomodante, repulsivo degli Stooges e Iggy Pop in particolare, il loro appetito per la (auto)distruzione, il loro gigiallinare sul palo ben prima dell'eponimo GG è toccato qua e la di sfuggita, per lo più in maniera veloce e secondaria, arrivando a relativizzare collari e nazismo, istrionismo lesionista e droga in favore una più rassicurante invenzione dello stage diving o della disintossicazione.
Togliere tutto questo agli Stooges è togliere la loro anima e la potenza del loro impatto, fare tutto questo facendo sentire in totale 3-4 canzoni per lo più di sottofondo è quasi criminale.
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