mercoledì 16 gennaio 2013

Cloud atlas - Tom Tykwer, Andy e Lana Wachowski (2012)

(Id.)

Visto al cinema.

Non ci proverò neanche a spiegare la trama di questo film, basti sapere quello che tutti sanno, ci sono 6 storie ambientate tra il 1800 e il 2300 in cui si muovono le esistenze di diversi personaggi, tutti collegati fra loro non solo a livello spaziale, ma anche temporale, in maniera diretta (chi in un capitolo è il martire di una rivoluzione nel successivo è il dio di una religione, il componimento musicale di uno verrà ascoltato nel capitolo successivo ecc..), in maniera spirituale (la voglia a forma di stella cometa), in maniera emotiva (in ogni storia c’è sempre un nocciolo centrale formato dall'amore di una coppia, che è sempre la stessa anche se cambiano le fattezze) ed in maniera genetica (ogni attore interpreta diversi personaggi che inevitabilmente si somigliano).

Ecco detto ciò direi che si può dire senza eufemismo che ci si trova davanti ad un’opera colossale con ambizioni enormi. Se a questo si aggiunge che è un progetto europeo e totalmente indipendente capitanato dallo splendido Tykwer a cui si associano i Wachowski; beh, siamo dalle parti del mito. Il risultato però bisogna ammetterlo è sotto le aspettative. I difetti sono evidenti fin da subito, diversi problemi nella sceneggiatura (il capitolo della nuova Seul, incredibilmente simile a Matrix è anche eccezionalmente debole e dovrebbe essere la spia dorsale del film), un film lungo ed estremamente ostico alla comprensione rendono un’opera grandiosa qualcosa di vicino ad un successo mancato. Si, successo mancato perché di fatto non è il film epocale che poteva essere.
Tuttavia io l’ho trovato grandioso lo stesso. Al netto dei difetti prima citati (a cui si può aggiungere un trucco che non è sempre all'altezza del proprio compito o alcuni eccessi nel cast complessivamente buono) quello che si ottiene è un filmone.

Tre ore di film che però tiene botta dall'inizio alla fine, passano i minuti senza che ci si renda conto e le sei storie hanno il tempo di dipanarsi con grazia. Sei storie che sono quasi tutte complete, indipendenti e che potrebbero divenire opere a sé, che si distinguono per tono, significato e genere cinematografico (idea ancora più arrogante del resto), ambientante in luoghi incredibili dalla potenza visiva invidiabile. Sei storie connesse fra loro da fili sottilissimi (quelli citati nella spiegazione della trama) che non devono essere tali perché il significato ultimo non è che siamo tutti connessi nel tempo da ampie evidenze scientifiche, ma siamo connessi in maniera sottile e non matematica, qualcosa che è più percepibile che dimostrabile (questo punto è spesso visto come una pecca, a mio avviso ciò non è, ma è fuori discussione che si tratti dell’ennesimo colpo d’arroganza).

L’ultimo colpo di genio e di audacia è collegare visivamente le storie fra di loro non solo con il cast identico, ma con la regia. Il montaggio diviene parte integrante del racconto come non mai e affianca le diverse vicende con l’assonanza delle scene più che con tagli netti al termine di una sequenza completa, in maniera tale che per la scena dedicata ad un epoca da il tempo di mezza inquadratura per poi fare dieci minuti per la storia successiva. Il racconto diventa ostico da vedere, ma estremamente affascinante nello svolgersi e denota una voglia folle di fare un cinema che non si ripieghi costantemente sul già visto in fatto di messa in scena e denota altresì un incredibile fiducia nel pubblico.

Che poi i pregi del film non sono tutti qui, c'è anche tutto un magma di citazioni trasversali più o meno evidenti che vanno dalla letteratura (Solženicyn), ai film (Soylent green) ai manga (tutto l'episodio a neo Seul), che sono comunque solo i più evidenti (chissà quanti altri più sottili ce ne devono essere) e che costituiscono non un nozionismo fine a se stesso, ma vogliono significare qualcosa, si paragonano con quanto accade (o accadrà o è accaduto) per dargli significato.

Che poi le singole storie trattino di rivoluzioni compiute dalla consapevolezza acquisita da un solo personaggio è un classico dei Wachowski, non disdegnato da Tykwer, che fa sempre piacere vedere riproposto.

2 commenti:

Babol ha detto...

Un film ambiziosissimo, concordo, ma che alla fine si è rivelato più "semplice" del previsto, perché costruito su emozioni assai condivisibili.
Mi è piaciuto davvero molto, però ora vorrei rivederlo in inglese!

Lakehurst ha detto...

già, è un film che è stato decisamente sottovalutato e bistrattato rispetto a tutto quello che offre.

La lingua originale è effettivamente da consigliare anche per sentire come è stata realizzata in inglese la lingua del futuro (molto irritante in italiano)