lunedì 22 luglio 2019

Cabin fever - Eli Roth (2002)

(Id.)

Visto in Dvx.

Un gruppo di giovani decide d passare una settimana in un bungalow in mezzo al bosco; verrà raggiunta da un uomo con una brutta infezione che scioglie la carne e fa sputare sangue, saranno tutti infettati.

Eli Roth, alla sua opera prima (divenuta un piccolo cult solo grazie alla fama raggiunta con "Hostel"), mi ricorda i motivi per cui lo odio e lo fa con una cura e un'attenzione quasi commoventi.

Roth è un  figlio di Tarantino, adora i film di serie B e la loro riproposizione estensiva e post moderna (che per lui vuol dire inondando tutto di ironia). Stupisce poco, quindi, vedere un film horror assolutamente canonico per assunti che cita costantemente altro (quasi ogni sequenza presenta idee degli horror classici anni '70 con qualche richiamo ancora più colto a "Shining" o "La notte dei morti viventi"). Stupisce poco e non è di per sé un problema.
Il tema poi viene declinato dalle parti della commedia horror con alcuni picchi veramente buoni (l'ormai famoso "fucile per i negri" o gli scoiattoli gay).

Il problema è tutto il resto. Se si può fingere comprensione per un cast inguardabile e per diversi buchi di sceneggiatura (eufemismo che sottende a una serie di scene scarsamente legate le une con le altre che condividono solo l'unità di luogo) quello che proprio non si può tollerare è la totale inapacità di raccontare.
Non c'è una storia in questo film, non viene narrato nulla, i personaggi sono assenti e ridicoli, e le emozioni non vengono trasmesse: la paura, l'ansia, il disprezzo, la claustrofobia vengono inquadrate e tanto basta a Roth per pensare che il pubblico debba soffrire con i protagonisti, non coinvolge, non fa empatizzare, fa soffrire delle persone senza preoccuparsi di creare un contatto con il pubblico.
In poche parole non sa dirigere un film, si limita a creare una serie di scene che titillino il suo gusto per il citazionismo o il suo ego del pretendere di ridere per qualche dettaglio scemo (fino al picco di cretineria camp del regazetto che fa mosse d'arti marziali). Anche l'obiettivo dello splatter è trattato ingenuamente, si impegna in dettagli volutamente ridicoli, ma si gira dall'altra parte per un pudore immotivato quando potrebbe ottenere molto con molto poco (il macello del maiale).

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