venerdì 12 febbraio 2016

Kynodontas - Yorgos Lanthimos (2009)

(Id.)

Visto in DVx in lingua originale sottotitolato in inglese.

Una coppia di genitori oltre la mezza età tiene i 3 figli (ormai adulti) rinchiusi in una grande casa con enorme giardino. I figli credono che non si possa toccar eil terreno fuori dal giardino se non rischiando la vita, ma si può farlo andando in macchina. Purtroppo non si può varcare il cancello se primo non si sono persi i canini e non si può guidare se prima non sono ricresciuti. Inoltre i genitori hanno spiegato che i gatti sono gli animali più pericolosi in assoluto, e modificano le parole dando a quelle più imbarazzanti (parolacce ovviamente, ma anche tutti i riferimenti a oggetti o luoghi oltre i muri di casa come autostrada o mare) significati diversi (autostrada è un materiale con cui si costruiscono i pavimenti, telefono è la saliera, figa è un tipo di lampada). In tutto questo la vita prsegue, con rapporti sessuali forniti al figlio con donne pagate e giochi infantili.

Se l'idea di base (una famiglia oltre la disfunzionalità) non è originale, è anche vero che di solito questo tema viene utilizzato in generi di nicchia (soprattutto l'horror); personalmente trovo queste idee ormai scontate, ma sempre interessanti per le molteplici inclinazioni che possono prendere le vicende e per l'indubbia fantasia che bisogna mettere per render eil pretesto credibile e articolato.
Qui la creazione del microcosmo è molto dettagliata, si nota lo sforzo di costurire un mondo assurdo fino allo stremo, ma pur sempre verosimile; tuttavia l'intento metaforico è preponderante (cosa negativa) e lo svolgimento è molto pretestuoso, noioso e programmaticamente malato; la storia non esiste, si limita alla pedissequa descrizione della famiglia.
Il che è un peccato, perché lo sforzo di fantasia aveva portato a buone intuizioni (le già citate parole dal significato distorto, ma anche il dialogo silenzioso per non farsi sentire dai figli); però è evidente che l'operazione ha solo un intento intellettuale autocompiacente.
Un film sul modello di "Bad boy Bubby" (anche per gli intenti metaforici e intellettuali), ma meno incisivo e visivamente interessante (non ho neppure voluto sollevare il fatto che gli attori evitino di recitare per dare un senso di apatia che però si trasmette come un'incapacità di fare le cose fatte bene); si lascia guardare, ma si crogiola troppo nel suop essere estremo.

Nessun commento: