(Narayama bushikô)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
In un villaggio nel Giappone medievale, la tradizione prevede che, raggiunti i 70 anni, gli anziani debbano essere portati sul monte Narayama e lì essere abbandonati a morire. Una donna, amata dal figlio, ma disprezzata dal nipote (disprezzata per l'egoismo del nipote, ma in fondo solo perché lei è vecchia), si prepara al viaggio con una luminosa rassegnazione.
La trama del film viene da una leggenda tradizionale a cui, in questo film, viene data la cadenza (e la crudeltà) della fiaba. Il tema è trattato quindi con una leggerezza invidiabile, la remissività attiva della protagonista, la sua accettazione serena come di qualcosa di logico e inevitabile sono spiazzanti; così come sono alternativamente tenere o irritanti le reazioni dei parenti riuscendo, con pochi personaggi, a costruire una parabola sul rapporto umano con la morte (enorme l'idea del personaggio dell'anziano vicino di casa che non vuole morire e pertanto viene vessato dal figlio) e con l'età avanzata; non c'è un filo di intellettualismo in questa visione, ma un poco di cinismo anche nei sentimenti migliori.
Il film è strutturato come uno spettacolo di Kabuki, con canzoni che fungono da voice off (personalmente le canzoni le ho odiate quasi tutte, ma è fuori discussione che l'accompagnamento musicale quasi costante dato dal shamisen sia perfetto e calzante); addirittura la messa in scena si prostra al teatro realizzando una entusiasmante commistione fra cinema e kabuki (che è la cifra vincente di un film quasi perfetto).
Il film alterna scorci realisti a fondali palesemente dipinti, magnifiche scenografie mobili (con gli edifici che si aprono o la vegetazione che si fa da parte) per alcuni cambi di scena, luci irreali che virano il colore dell'intero ambiente e alcuni occhi di bue a isolare i personaggi; oltre a un'evidente gestione teatrale nella disposizione e nei movimenti di alcuni attori (si pensi al concilio degli anziani del villaggio). La macchian da presa si tuffa in questo ambiente così complesso con ampie carrellate (soprattutto circolari ad abbracciare personaggi e scenografie), molti piani medi, mentre i primissimi piani vengono tenuti per i momenti più emotivi. La costruzione delle immagini, dato il controllo totale permesso dalla ricostruzione in studio, è assoluta con inquadrature sempre belle che si fanno d'impatto notevole nel finale sul monte Narayama coperto di scheletri.
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