(The big house)
Vist in Dvx, in lingua originale sototitolato in inglese.
Un uomo viene condannato per omicidio colposo, finirà in cella con una coppia di carcerati di lunga data, esperti nella gestione del penitenziario. Nonostante gli attriti, la fuga di uno dei due li riavvicinerà come cognati e una rivolta all'interno del carcera farà da deus ex machina.
Primo film sulla vita di carcere degno i questo nome, essenziale nella trama, ma già con tutti quelli che in futuro saranno gli archetipi di genere (lo scontro con il duro, il tentativo di fuga, la rivolta, il rigido direttore della prigione). Interessante anche che, a fronte di una trama lineare, il protagonista del film cambi circa a metà, passando dal ragazzo dell'inizio, al compagno di cella innamorato della seconda parte.
Al di là del switch di metà (che credo fosse dovuto al tentativo di dare dinamismo alla vicenda più che a un progetto alla Hitchcock), il film risulta ben realizzato con un ritmo di minima ben tenuto e una serie di personaggi che, pur non essendo ben caratterizzati, prendono posto sulla scena polarizzando l'attenzione. Ovvio che il migliore in questo senso sia il personaggio di Beery; personaggio che avrebbe dovuto essere interpretato da Chaney morto in quello stesso anno; Beery sopperisce egregiamente per presenza scenica, ma latita in capacità attoriali, rimanendo un buon caratterista (nomination all'oscar esagerata).
Ottimo anche l'utilizzo degli spazi, tutti costruiti in maniera regolare e spoglia con un ricercato gigantismo degli interni per sminuire le figure umane.
PS: sceneggiatura lineare, ma che vinse un Oscar, realizzata da Frances Marion che vinse il suo secondo premio solo due anni dopo con una storia di pugilato, esondando quindi per due volte in territori all'epoca "maschili".
Nessun commento:
Posta un commento