(Zendegi va digar hich)
Visto in Dvx in lingua originale sottotitolato in inglese.
Un regista, alter ego di Kiarostami, torna sui luoghi di un suo vecchio film ("Dov'è la casa del mio amico?"); torna poiché in quei luoghi è appena avvenuto un terremoto e lui intende premurarsi che cercare il ragazzo che interpretò il protagonista del film stia bene.
Con questo film inizia a farsi conoscere il Kiarostami meta-cinematografico (grande leit motiv di tutto il cinema iraniano. Durante questo road movie atipico e dai tempi dilatati il finto regista incontrerà luoghi e personaggi del suo vecchio film che daranno il destro a dissertazioni sul rapporto tra realtà e finzione, ma soprattutto come i due mondi siano comunicanti e come gli oggetti, le persone o i fatti dell'uno possano e riescano a penetrare nell'altro (basti pensare alla casa dell'anziano). Di fatto l'intero film è una copia carbone di "Dov'è la casa del mio amico?", con il regista che si muove fra villaggi semisconosciuti, spaesato tra le indicazioni vaghe dei passanti cercando una persona che in ultimo neppure troverà.
Ma c'è anche un'altra lettura, un altro sottotesto. Come dice chiaramente il titolo c'è la dimostrazione di come le persone perseguano la normalità in ogni circostanza, della resilienza umana di fronte alle catastrofi. Il regista gira per villaggi colpiti dal terremoto e incontra persone che hanno perso poco o tutto, ma ognuno di loro dimostra di essere più proiettato verso il futuro che scornato dal presente; dai discorsi sulla morte fatti da un bambino a una donna che ha perso un neonato, da un giovane sposato il giorno stesso del terremoto fino al ragazzo che nel campo allestito per gli sfollati si preoccupa di montare un'antenna televisiva per vedere i mondiali.
Film dal ritmo lento, riesce a coinvolgere meno del precedente, ma a interessare di più.
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