(Id.)
Visto al Festival di Cinema Africano (in concorso), in lingua originale sottotitolato.
Di fatto il vincitore di quest'anno, è il migliore di sempre ad aver vinto...
Il film è la storia di un pescatore che viene (controvoglia) assunto per portare una piroga dal Senegal alla Spagna con il suo carico di migranti.
Il variegato mondo umano che abita la piroga durante il viaggio della fortuna dovrà affrontare i limiti fisici del luogo, i limiti personali e gli incontri che faranno provocheranno non pochi problemi...
Il finale, non tragico, ma senza vittorie è il più asciutto e adatto che si potesse immaginare.
Di fatto il film meglio realizzato fra tutti quelli visti. Non avrà il coraggio d'osare (per tono e tema) di Taka takata e neppure l'innovazione di One man show; tuttavia è uno splendido film medio con tutte le sue parti ben bilanciate; vuol portare avanti una storia di esseri umani al limite e lo fa bene senza la pornografia delle emozioni degli statunitensi o l'insistenza noiosa dei film europei, queste due possibilità sono di fatto dei pregi, il fatto che manchino in effetti rende il film molto poco empatico rispetto a quanto poteva essere, un peccato. Se però questa anempatia (mi riferisco all'incontro della piroga con i motori rotti ad esempio) è una scelta, cosa possibile data l'asciuttezza generale della pellicola, complimenti per il coraggio e complimenti perchè il film scorre da dio anche senza prenderti del tutto.
Il film è stato anticipato dal corto documentario "In nome del popolo italiano", un cortometraggio che mostra un CIE da dentro. Di fatto non denuncia nulla, non spiega nulla dei perché ci si finisce, dei motivi, dei tempi, delle leggi; non è questo lo scopo. Lo scopo è solo mostrare che ci sono e far vedere cosa sono. Niente di più; e funziona.
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